lunedì 7 maggio 2007

La Francia è salva!!

Sarkozy Presidente con il 53% dei voti del popolo francese!!


Nonostante tutti, nonostante i siti web nelle ultime settimane pubblicassero foto e articolo solo per "lei", Lui è riuscito nell'impresa!
Ha salvato la Francia e speriamo, ora, riporti il timone verso il filoamericanismo e a lavorare per un'Europa unita e in grado di essere portatrice di valori veri e non astratti, di essere una realtà concreta in politica estera e decisa su quella economica.
see u,
Giangiacomo

4 commenti:

G. ha detto...

Toccherà a un 'gollista' cancellare l'ultimo retaggio gollista che ancora ostacola il cammino dell'integrazione europea: Nicolas Sarkozy, che s'é oggi imposto nettamente sull'antagonista socialista Segolene Royal nel ballottaggio delle elezioni presidenziali francesi, è concettualmente pronto a cedere all'Europa almeno una quota di sovranità francese e a rinunciare ai riti dell'unanimità. Se ciò avverrà davvero, sarà la fine del diritto di veto, per difendere il quale, negli Anni Sessanta, il generale Charles de Gaulle, allora presidente francese, praticò a lungo la politica della sedia vuota, paralizzando, di fatto, le istituzioni comunitarie, in una delle crisi più gravi della loro esistenza. Resta da vedere se, come e quando Sarkozy tradurrà in pratica la consapevolezza, tutta intellettuale, espressa nella campagna che l'unanimità è paralisi in un'Ue ormai allargata a 27 Paesi. Ma l'ipotesi che ciò avvenga è il gancio cui appendere la speranza che il nuovo presidente francese voglia contribuire a rimettere in moto il processo d'integrazione, bloccato proprio dal no francese al progetto di Costituzione europea, pronunciato nel referendum popolare del maggio 2005.

La sconfitta della Royal, che non è disfatta della sinistra, come nel 2002 l'uscita di scena al primo turno di Lionel Jospin, cancella, intanto, gli scenari, più giornalistici che concreti, di un Mondo dei Grandi governato, sull'orizzonte 2008, da una triarchia femminile politicamente incongrua: Angela Merkel, cancelliere, centrista e prammatica, in Germania; la Royal, socialista e un po' idealista, in Francia: e Hillary Clinton, immagine liberal e svolta moderata, negli Usa. Per ora, al tavolo del G8, la Merkel resta sola, come sola fu a lungo, negli Anni Ottanta, la britannica Margaret Thatcher, prima donna a entrare nel club sfacciatamente maschilista del Vertice mondiale. L'elezione di Sarkozy consente alla Francia di riproporsi da protagonista in Europa, perché la presidenza zoppa di Jacques Chirac le aveva tolto, negli ultimi due anni, smalto e autorevolezza. Ma il ritorno di una protagionista indispensabile della dialettica europea non significa di per sé che la via del rilancio dell'integrazione sia spianata. Il Vertice europeo del 21 e 22 giugno, che, a Bruxelles, chiuderà il semestre di presidenza tedesca del Consiglio dell'Ue, resta denso d'incognite. L'ambasciatore Piero Calamia, ex rappresentante dell'Italia presso le istituzioni comunitarie a Bruxelles, e oggi protagionista del Gruppo dei Dieci, un 'think tank' italiano sulle prospettive dell'integrazione, avvertiva, nell'imminenza delle elezioni, che "sarebbe un messaggio sbagliato fare credere ai francesi che si possa facilmente e rapidamente rimettere mano al testo" della Costituzione europea, mentre Sarkozy progetta di ridurla a un 'mini Trattato' da varare senza referendum.

Senza contare, aggiungeva Calamia, chiosando un suo saggio, 'Il Trattato costituzionale e l'avvenire dell'Europà, che le modifiche alla Costituzione di cui si parla "nulla hanno a che vedere con le ragioni che nel 2005 spinsero francesi e olandesi a dire no" al rafforzamento dell'integrazione, in un clima avvelenato dall'ostilità popolare a un allargamento deciso al vertice e realizzato in tempi stretti, senza dare tempo e modo di approfondire gli elementi di coesione delle istituzioni europee. A prescindere dal risultato, le presidenziali francesi sono state, al ballottaggio come già al primo turno, una vittoria della democrazia all'europea, con percentuali di affluenza alle urne su livelli record: segno che, quando la posta in palio è alta, un grande Paese della Vecchia Europa sa rispondere con un livello di partecipazione e coinvolgimento che gli Stati Uniti, Super-Potenza Unica, non sanno neppure immaginare. Un dato che appare in linea con quelli che l'ambasciatore Calamia considera "i compiti dell'Europa" in questa fase storica e sociale di cambiamenti e trasformazioni: "Promuovere la prosperità, la solidarietà, la democrazia, la pace". (ANSA).


Giampiero Gramaglia
direttore dell'ANSA

G. ha detto...

I VOTI DI BAYROU ALLA PARI TRA SARKOZY E ROYAL
Gli elettori che hanno votato Francois Bayrou al primo turno si sono suddivisi ieri nel ballottaggio in modo quasi omogeneo tra la destra di Nicolas Sarkozy e la sinistra di Segolene Royal. Secondo un sondaggio Sofres, il 49% degli elettori di Bayrou ha scelto Sarkozy e il 40% Royal con un 20% che si è astenuto o ha votato scheda bianca. Un sondaggio Ipsos conferma il 40% per Sarkozy ma riporta un 38% per la Royal mentre un terzo sondaggio CSA dà un 45% al primo e un 47% alla seconda. Sui voti andati al presidente del Fronte Nazionale Jean Marie Le Pen il sondaggio Sofres indica un 66% per il candidato UMP e 15% per la candidata socialista; Ipsos indica un 63% e 12% e CSA 58% e 18%.

see u,
Giangiacomo

G. ha detto...

I RISULTATI DA DE GAULLE A SARKOZY
Ecco un breve riepilogo con le percentuali dei voti ottenuti dai due candidati nel ballottaggio delle elezioni presidenziali in Francia. L'elezione a suffragio universale del capo dello stato, per sette anni, e' stata sancita da una legge di modifica costituzionale nel 1962. Dal settembre 2000 il mandato presidenziale e' stato ridotto da sette a cinque anni.


- 1965 - CHARLES DE GAULLE: 55,2%. FRANCOIS MITTERRAND: 44,8%.
- 1969 - GEORGES POMPIDOU: 58,2%. ALAIN POHER: 41,8%.
- 1974 - VALERY GISCARD D'ESTAING: 50,8%. FRANCOIS MITTERRAND: 49,2%.
- 1981 - FRANCOIS MITTERRAND: 51,8% VALERY GISCARD D'ESTAING: 48,2%
- 1988 - FRANCOIS MITTERRAND: 54%. JACQUES CHIRAC: 46%.
- 1995 - JACQUES CHIRAC: 52,6% LIONEL JOSPIN: 47,4%
- 2002 - JACQUES CHIRAC: 82,2%. JEAN-MARIE LE PEN: 17,8%.
- 2007 - NICHOLAS SARKOZY 53,06% * SEGOLENE ROYAL 46,94% *

* Non comprende voto residenti all'estero.

see u,
Giangiacomo

Anonimo ha detto...

Nicholas Sarkozy, il presidente neoeletto francese, è un vero amico degli Stati Uniti, molto di più di quanto non lo sia il suo predecessore Jacques Chirac, l'uomo della profonda rottura sulla guerra in Iraq. Nessuno o quasi ha dubbi negli Usa, ma è anche vero che nessuno o quasi si fa illusioni: la politica estera della Francia, prerogativa presidenziale che resiste a qualsiasi cambiamento di governo, non si modificherà più di tanto. Lo stesso vale per l'ambiente, per cui non ci saranno concessioni: una delle prime dichiarazioni di Sarko - come lo chiamano i francesi - ha riguardato l'effetto serra, con un appello agli Stati Uniti perché prendano "la guida" di questa lotta, perché "la posta in gioco è la sorte dell'umanità".

Appena eletto Sarkozy ha tenuto a spiegare immediatamente che gli Usa possono contare sulla sua amicizia (anche se gli amici possono pensarla in modo diverso), e il presidente George W. Bush è stato il primo a fargli gli auguri (anche se spedendogli un messaggio identico a quello inviato a Chirac per la rielezione). I più entusiasti appaiono i quotidiani Usa, specie i più conservatori, che insistono sull'elezione di un presidente "amico degli americani".

Ma, al Dipartimento di Stato, come anche tra gli esperti dei think-tank di Washington, si è decisamente più prudenti, convinti per esempio che la politica mediorientale francese non cambierà più di tanto. L'estate scorsa, lo stesso Sarkozy, insistendo certo sulla necessità per Israele di difendersi, aveva però giudicato "eccessiva" la reazione del premier Ehud Olmert di invadere il sud del Libano. Sean McCormack, il portavoce del segretario di Stato Condoleezza Rice (che Sarko ha incontrato almeno una volta), non ha dimostrato l'entusiasmo dei suoi colleghi della Casa Bianca.

"Vedremo, vedremo": quando gli è stato chiesto se con l'elezione di Sarkozy la politica estera di Parigi cambierà -sottinteso se diventerà più atlantica- McCormack ha risposto in questi termini. Dopo avere sottolineato i profondi legami che uniscono i due paesi, dopo avere ricordato che la frattura sull'Iraq è già stata ricomposta e che c'é una grossa collaborazione su diversi temi internazionali, McCormack si è limitato a precisare che "se il presidente eletto Sarkozy ha piani, lo vedremo. Vedremo se la sua politica estera è diversa da quella di Chirac".

Prima della sua elezione a presidente, Sarkozy aveva lavorato e non poco per ricucire lo strappo tra Parigi e Washington. Uno strappo verificatosi a metà febbraio del 2003 quando l'allora ministro degli esteri Dominique de Villepin aveva detto al Consiglio di Sicurezza dell'Onu che la guerra "non è ora giustificata", raccogliendo non pochi applausi e di fatto umiliando il suo collega americano Colin Powell. E proprio a quel momento, le patatine fritte servite al Congresso degli Stati Uniti, a Washington, vennero ribattezzate 'liberty fries', invece di 'french fries'.

Sarko è venuto recentemente a New York e a Washington, come vicepremier del governo Villepin: l'11 settembre scorso per commemorare gli attacchi contro le Torri Gemelle e il Pentagono. Ha colpito in modo particolare la sua visita alla Casa Bianca, con Bush che a sorpresa lo ha ricevuto per oltre mezz'ora. L'allora ministro dell'interno aveva definito la rottura sull'Iraq "la crisi più grave dopo la partenza delle forse Usa dalle basi Nato in Francia" dicendosi pronto a fare di tutto per ricucire lo strappo.

La frase aveva spinto in particolare il leader socialista Laurent Fabius a definire Sarkozy "il barboncino di Bush". Ma é vero che anche il più tranquillo dei cani può mordere ed è anche vero che Sarko aveva visto anche Barack Obama, il senatore nero dell'Illinois, lanciatissimo verso la Casa Bianca.