La "Scuola di Formazione Politica Luigi Sturzo" in collaborazione con il "Centro Studi Tocqueville-Acton" e la "Fondazione Novae Terrae" ha organizzato un interessante Corso di formazione residenziale "Una politica nuova per rilanciare l'Italia" che si terrà a Castellanza (VA) da venerdì 7 a domenica 9 marzo 2008.
L'occasione vuole rappresentare anche l'inizio per una collaborazione stimolante e vivace fra "giovani pensanti" che si riconoscono nella tradizione del cattolicesimo liberale.
All'interno di una accogliente struttura universitaria -l' Università Carlo Cattaneo- per tre giorni i partecipanti saranno stimolati al confronto durante lezioni frontali, tavole rotonde e proiezioni.
Oltre alla presenza di docenti di varie Università del territorio nazionale, saranno presenti conosciute personalità del campo politico, economico ed imprenditoriale.
Sul sito www.formazionepolitica.eu potrete trovare il bando di partecipazione, la scheda del corso e la domanda di partecipazione.
see u,
Giangiacomo
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lunedì 4 febbraio 2008
sabato 14 luglio 2007
Il rinvio del rinvio
Non rimandare a domani quel che potresti fare oggi. L’aforisma di Benjamin Franklin non dev’essere popolare nei palazzi romani.
Come sembra dalle ultime notizie dei quotidiani, l’interminabile trattativa sulle pensioni starebbe per concludersi con un colpo ad effetto: il rinvio del rinvio.
Cerchiamo di ricostruire in cosa consiste questo nuovo record nell’arte del procrastinare.
Nel 2004, pressato dall’Europa per i conti pubblici in disordine e incapace di completare la riforma delle pensioni come anche previsto dalla legge approvata nel 1996, il governo Berlusconi lasciò in eredità ai posteri un incremento radicale e improvviso dei requisiti anagrafici per andare in pensione, il cosiddetto scalone. Si passava da 57 a 60 anni in una sola notte, quella del 31 dicembre 2007. Il Capodanno con scalone veniva collocato nella legislatura successiva, per non dovere difendere questo provvedimento draconiano di fronte alle piazze. Sarebbe stato un problema del governo futuro. Ora si sta facendo ancora peggio: arrivati ormai a ridosso dello scalone, si intende sostituirlo con uno scalino di un anno per poi attendere fino al 2010 e decidere cosa fare riguardo agli altri scalini. Insomma lo scalone è stato trasformato in scalini differiti. Come nei film di Walt Disney, questi scalini appariranno d’incanto al momento propizio. Tornando coi piedi per terra, questo rinvio del rinvio può costare fino a 9 miliardi di euro all'anno, che dovranno essere pagati tutti dai lavoratori, più a lungo da quelli più giovani. Non ci sono ragioni tecniche che giustifichino il nuovo rinvio. Non è vero che si avrà tempo di testare i premi che si vorrebbero concedere a chi andrà in pensione più tardi. Questi incentivi (pagati ovviamente anch’essi dai lavoratori più giovani) sono già stati introdotti nella passata legislatura e, a fronte di regali consistenti concessi soprattutto ai lavoratori più ricchi, hanno solo fatto ulteriormente lievitare la spesa previdenziale. La verità è che c'è solo una logica in queste scelte, come nel Dpef varato venerdì scorso, che rimanda ogni aggiustamento dei conti pubblici al 2009: si vuole guadagnare tempo, facendo fare le scelte impopolari a qualche altro politico o sindacalista (che spesso hanno ambizioni di carriera politica). Abbiamo sperimentato ampiamente questa prassi. La riforma previdenziale del 1996 comincerà ad entrare in vigore nel 2012 e si sta facendo di tutto per farla deragliare. I cosiddetti coefficienti di trasformazione (regole di calcolo della pensione sotto il nuovo metodo contributivo) dovevano essere aggiornati nel 2005. Altra patata bollente lasciata a questo governo che la sta «rimbalzando» al prossimo. Il fatto è che c’è un problema di incoerenza temporale in ogni legge o accordo ad attuazione differita. Se si offre domani la possibilità di rinegoziare un accordo sottoscritto oggi, chi rappresenta gli interessi dei lavoratori vicini alla pensione finirà per rinnegare gli impegni già presi, anche quando questi impegni hanno la forza cogente di una legge dello Stato. Leggi o accordi di questo tipo sono pura ipocrisia. Al tavolo il sindacato non ha voluto che si sedessero i giovani. O noi o loro hanno detto i leader sindacali. Capiamo bene perché. Non facendo oggi quel che si può fare domani saranno solo loro, i giovani, a pagare. Come avviene ormai da troppo tempo in questo Paese in cui si è maestri nel disinvestire sul futuro.
see u,
Giangiacomo
Come sembra dalle ultime notizie dei quotidiani, l’interminabile trattativa sulle pensioni starebbe per concludersi con un colpo ad effetto: il rinvio del rinvio.
Cerchiamo di ricostruire in cosa consiste questo nuovo record nell’arte del procrastinare.
Nel 2004, pressato dall’Europa per i conti pubblici in disordine e incapace di completare la riforma delle pensioni come anche previsto dalla legge approvata nel 1996, il governo Berlusconi lasciò in eredità ai posteri un incremento radicale e improvviso dei requisiti anagrafici per andare in pensione, il cosiddetto scalone. Si passava da 57 a 60 anni in una sola notte, quella del 31 dicembre 2007. Il Capodanno con scalone veniva collocato nella legislatura successiva, per non dovere difendere questo provvedimento draconiano di fronte alle piazze. Sarebbe stato un problema del governo futuro. Ora si sta facendo ancora peggio: arrivati ormai a ridosso dello scalone, si intende sostituirlo con uno scalino di un anno per poi attendere fino al 2010 e decidere cosa fare riguardo agli altri scalini. Insomma lo scalone è stato trasformato in scalini differiti. Come nei film di Walt Disney, questi scalini appariranno d’incanto al momento propizio. Tornando coi piedi per terra, questo rinvio del rinvio può costare fino a 9 miliardi di euro all'anno, che dovranno essere pagati tutti dai lavoratori, più a lungo da quelli più giovani. Non ci sono ragioni tecniche che giustifichino il nuovo rinvio. Non è vero che si avrà tempo di testare i premi che si vorrebbero concedere a chi andrà in pensione più tardi. Questi incentivi (pagati ovviamente anch’essi dai lavoratori più giovani) sono già stati introdotti nella passata legislatura e, a fronte di regali consistenti concessi soprattutto ai lavoratori più ricchi, hanno solo fatto ulteriormente lievitare la spesa previdenziale. La verità è che c'è solo una logica in queste scelte, come nel Dpef varato venerdì scorso, che rimanda ogni aggiustamento dei conti pubblici al 2009: si vuole guadagnare tempo, facendo fare le scelte impopolari a qualche altro politico o sindacalista (che spesso hanno ambizioni di carriera politica). Abbiamo sperimentato ampiamente questa prassi. La riforma previdenziale del 1996 comincerà ad entrare in vigore nel 2012 e si sta facendo di tutto per farla deragliare. I cosiddetti coefficienti di trasformazione (regole di calcolo della pensione sotto il nuovo metodo contributivo) dovevano essere aggiornati nel 2005. Altra patata bollente lasciata a questo governo che la sta «rimbalzando» al prossimo. Il fatto è che c’è un problema di incoerenza temporale in ogni legge o accordo ad attuazione differita. Se si offre domani la possibilità di rinegoziare un accordo sottoscritto oggi, chi rappresenta gli interessi dei lavoratori vicini alla pensione finirà per rinnegare gli impegni già presi, anche quando questi impegni hanno la forza cogente di una legge dello Stato. Leggi o accordi di questo tipo sono pura ipocrisia. Al tavolo il sindacato non ha voluto che si sedessero i giovani. O noi o loro hanno detto i leader sindacali. Capiamo bene perché. Non facendo oggi quel che si può fare domani saranno solo loro, i giovani, a pagare. Come avviene ormai da troppo tempo in questo Paese in cui si è maestri nel disinvestire sul futuro.
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Giangiacomo
sabato 28 aprile 2007
Precari & Politiche Giovanili a Torino - Petizione
Per chi volesse sostenere i precari del Settore Politiche Giovanili del Comune di Torino, fatevi un giro su
www.petitiononline.com/p7p7g5t5/petition.html, leggete l’appello e perché no… mettete anche una firma!
Come dice lo storico dell’arte Alessandro Morandotti “Le rivoluzioni più clamorose non fanno rumore”, come una firma.
Non vogliamo morire in silenzio” - Torino, aprile 2007
Cari amici, La necessità di rivolgerci a voi tramite queste note scaturisce dalle difficili condizioni di comunicazione e di accesso alle informazioni in cui molti di noi, giovani collaboratori del Settore Politiche Giovanili del Comune di Torino si trovano attualmente, a fronte di uno scenario di “smantellamento” del Settore medesimo: una scelta politica mai ratificata ufficialmente, ma più volte ufficiosamente evocata negli ultimi mesi. Tuttavia, avendo nel frattempo avuto modo di confrontarci con gran parte dei soggetti coinvolti dalle attività del Settore in questi anni, crediamo di poter esprimere in modo più appropriato i nostri interrogativi nella forma di una lettera aperta, sperando di poter tenere insieme la questione di ordine politico più generale con alcune note riferite a casi specifici: non tanto per pretendere di incidere sul nostro destino di precari impiegati presso un'amministrazione pubblica, quanto piuttosto per farci testimoni e interlocutori pubblici di un problema che ci coinvolge da vicino (per il mancato rinnovo dei nostri contratti), ma il cui ordine di incidenza è assai più vasto. Il problema politico a cui ci riferiamo è il brusco cambiamento di rotta intrapreso dal governo della Città in merito alle politiche per i giovani. Siamo tutti consapevoli delle difficoltà che l'Amministrazione si trova ad affrontare per la riduzione dei trasferimenti dallo Stato previsti dalla Finanziaria e il grave livello di indebitamento ereditato dalle Olimpiadi (a conti fatti, 161 milioni di investimenti complessivi, di cui 40 soltanto destinati al completamento della metropolitana). Tuttavia l'ordine di priorità politica che l'Amministrazione intende perseguire rispetto ai suoi settori di competenza non può essere riferita strettamente a questioni di bilancio: esistono numerose possibilità di sviluppo delle politiche giovanili che possono fare affidamento su fondi non direttamente legati alla disponibilità economica della Città. Ma anche all'interno delle voci di spesa dirette crediamo che sia lecito porre alcune questioni fondamentali. Il dibattito sui tagli del bilancio 2007 ha avuto una certa eco sui quotidiani per ciò che riguarda la cultura, ma solo marginalmente si è interessato alla ventilata dismissione del Settore Politiche Giovanili. E' curioso notare, a questo proposito, l'incongruenza tra le attuali posizioni della Giunta – che cancella dal bilancio intere voci di spesa e, in prospettiva, il Settore nella sua totalità - e il quadro nazionale ed europeo che le stesse parti politiche disegnano. Citiamo alcuni esempi: a.“ Il progetto europeo è giovane, in continua formazione e oggetto di continuo dibattito: per progredire, esso ha bisogno dell’ambizione, dell’entusiasmo, ma anche dell’adesione dei giovani ai valori su cui si fonda. È il momento di considerare la gioventù come una forza nella costruzione europea e non come un problema da gestire. Occorre dare loro i mezzi per esprimere le loro idee e confrontarle con quelle di altri attori della società civile” (Libro bianco della Commissione Europea “Un nuovo impulso per la gioventù europea”, 2001 b. il nuovo regolamento relativo al Fondo Sociale Europeo (regolamento CE n. 1081/2006, 5 luglio 2006) stabilisce il campo di applicazione dell'intervento in un ambito immediatamente riconducibile alle politiche giovanili: si parla di “migliorare l'accesso all'occupazione e l'inserimento sostenibile nel mercato del lavoro”; “individuazione precoce delle esigenze con piani d'azione individuali ed un sostegno personalizzato”; “coinvolgimento delle comunità locali e delle imprese” e altro ancora (art.3). c. il programma “Gioventù in azione” 2007-2013 è entrato in vigore nel Gennaio 2007, secondo la Decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, con uno stanziamento di 885 milioni di euro da destinare alle politiche giovanili. Il Governo italiano recepisce la Decisione con la costituzione di un'Agenzia nazionale (DL 27 dicembre 2006, n. 297), che attraverso bandi destinati a soggetti individuali, associazioni ed enti pubblici dà accesso ai fondi. d. Nel Documento di Programmazione Economica Finanziaria, presentato il 7 luglio 2006, il Governo ha fatto una scelta ben precisa: “ investire con forza anche sulla parte giovane del paese, sostenere e valorizzare le energie creative dei giovani. Investire nei giovani significa infatti investire nella ricchezza della nostra società di oggi e di domani.” In tal senso il Governo, attraverso il Ministero per le Politiche Giovanili si è impegnato “ad avviare un vero e proprio Piano Nazionale per i giovani che risponda agli obiettivi dell’accesso dei giovani alla casa, al lavoro, all’impresa, al credito e alla cultura.” (Fonte DPEF 2007-2011, pag. 88)
Il Piano Nazionale Giovani, con una dotazione di 130 milioni di euro annui a partire dal 2007 (tra gli ambiti di programmazione del Fondo si vedano il concorso “Giovani idee cambiano l'Italia” e i Piani Locali Giovani con i Comuni, secondo la convenzione Anci del dicembre 2006), ha come principali obiettivi: • Agevolare l’accesso dei giovani al mondo del lavoro • Sviluppare e valorizzare le competenze dei giovani • Favorire l’accesso alla casa e al credito dei giovani Considerando questo scenario, che prospetta occasioni di investimento consistenti sulle politiche giovanili e ne evidenzia la priorità politica, è difficile comprendere le ragioni secondo cui il Governo della nostra Città ritiene di potersi sbarazzare di un intero Settore. Non è questa la sede più opportuna per ribadire il valore strategico dei progetti di punta delle politiche giovanili torinesi, volti in prima istanza ad agevolare l’accesso al mercato del lavoro, all'integrazione e alla valorizzazione di iniziative altrimenti escluse dai percorsi istituzionali (servizi di collocamento, incubatori di imprese), alle politiche per la coabitazione e l'accesso alla casa. L'incongruenza pare ancor più evidente se si considerano le linee espresse dagli stessi soggetti politici nel promuovere in tempi assai recenti proprio questa “strategicità”; a titolo di esempio citiamo il documento di deliberazione del 25 Giugno 2003, per l'approvazione del progetto “Giovani e idee a Torino”, nelle parole dell'allora vicesindaco Calgaro: “La Città considera la valorizzazione delle opportunità rivolte ai giovani una priorità, un pilastro nelle politiche cittadine volte a garantire l'immissione di nuove energie nel percorso di sviluppo delle attività economiche e sociali che Torino dovrà necessariamente fronteggiare nei prossimi anni. Il rilancio dell'area metropolitana torinese, e la sua competitività su scala nazionale e internazionale, dipende anche dalla sua capacità di promuoversi come territorio aperto ad accogliere l'innovazione e la creatività dei giovani. Per questa ragione è opportuno che la comunità metropolitana, attraverso l'articolazione delle sue forze attive, pubbliche e private, avvii iniziative, attraverso una metodologia ed un'organizzazione concertata, che provochino e promuovano la partecipazione dei giovani alle politiche di sviluppo e diano spazio con strumenti concreti alla sperimentazione di buone idee.” A meno che non si voglia considerare revocata l'intera linea di pensiero espressa in tale documento, le posizioni di Calgaro e le prospettive di quattro anni fa paiono ad oggi completamente vanificate e contraddette. Tanto più se si distingue tra il valore prioritario delle politiche giovanili tout-court e i vincoli di spesa della Città: un conto è sostenere che “tutto si può fare, spendendo di meno”, un altro conto è rinunciare alle politiche per i giovani. Fatte alcune considerazioni di carattere generale, è necessario entrare nel merito della gestione di questo frangente così drammatico per il futuro del Settore Politiche Giovanili e per i giovani collaboratori precari che hanno speso la loro professionalità e le loro competenze all’interno del Settore. Tentiamo di farlo in sintesi, ponendo due questioni fondamentali. a. Nel 2007 il budget complessivo del Settore Politiche Giovanili a Torino sarà ridotto del44%passando dai 2,5 a 1,4 milioni di €; i contributi alle Associazioni che sviluppano attività sul territorio in collaborazione col Settore saranno ridotti del 76% passando dai 300.000 a 70.000 €.
Se davvero la Città di Torino non ha soldi da spendere per i giovani, potrebbe farsi veicolo di accesso ai fondi che lo Stato, l'Europa e la Regione mettono a disposizione per questi obiettivi. L'elenco incompleto delle opportunità aperte è già stato illustrato in precedenza, perché la Città non sta usufruendo di queste risorse? b. Anche ammettendo che i soldi siano pochi, le priorità di spesa (contenuta) restano incomprensibili. Come giustificare la scelta di abbandonare fino ad esaurimento i progetti che avevano costituito ancora pochi mesi fa le azioni di punta del Settore e contemporaneamente mantenere la spesa per le iniziative di “occasione”, non direttamente riconducibili agli obiettivi di “immissione di nuove energie nel percorso di sviluppo delle attività economiche e sociali”? Alcuni esempi chiarificatori: i progetti “Case giovani” e “Giovani & Idee” vedranno rispettivamente tagliati i loro contributi da 30.000 euro a 10.000 euro e da 130.000 euro a 78.000 euro, con la prospettiva di essere definitivamente abbandonati entro l'anno successivo. Esiste inoltre una determinazione di spesa di 23.500 euro destinati a “Giovani & Idee” attraverso l'affidamento all'AICS, tuttora disponibile, che non verrà – a quanto pare – utilizzata. Infine non possiamo non ricordare che ancora con una deliberazione del 31 ottobre 2006 è stato approvato il progetto definitivo per l'edificio di via Cecchi 17, da adibire a “Officina delle Idee”, per un importo previsto di 12.900.000 euro e inserito nel Programma Triennale delle opere pubbliche 2006-2008. “Officina delle Idee” avrebbe dovuto essere la realizzazione fisica di una nuova sede per i progetti delle politiche giovanili e in particolare la definitiva sede del progetto “Giovani & Idee” A meno che non si voglia difendere l'imperscrutabilità delle scelte politiche e di bilancio – a detrimento della democraticità e della trasparenza istituzionale – ci sentiamo legittimati a richiedere adeguate ragioni che spieghino tali radicali cambiamenti nelle azioni di governo e di gestione. La Città di Torino, dopo 30 anni di vita del Settore Politiche Giovanili e dopo aver anticipato le civilissime istanze rivolte ai giovani che oggi vengono perseguite in ambito nazionale ed europeo (il progetto Melandri “Giovani idee cambiano l'Italia” parla da sé), decide di rinunciare a questa dimensione della sua attività di governo, di chiudere i contratti con i giovani precari che si occupavano di altri giovani e di lasciare questi ultimi senza referenti e con i progetti aperti, senza prospettive di conclusione. (Nota: solo “Giovani & Idee”,nelle suoi tre anni di attività ha accolto presso di sé più di 1500 giovani e accompagnato più di 500 proposte di progetto, con il lavoro di 6 addetti, di cui 5 con contratto di collaborazione coordinata continuativa). Tale richiesta finora è risultata del tutto vana, per ora abbiamo soltanto ottenuto informazioni ufficiose e mai ratificate riguardo alla futura morte dei progetti sopra citati e ora sentiamo la necessità di un confronto serio e diretto per mettere al corrente i collaboratori precari del loro destino e per chiedere all’amministrazione cittadina qual’è la linea politica , tuttora incomprensibile, che determina tali scelte e strategie. Per questo motivo vi chiediamo di sostenere la nostra richiesta d’incontrare pubblicamente il Sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, e l’Assessore alle Politiche Giovanili, Marta Levi, attraverso la firma di questa petizione. E’ importante il sostegno di tutti, soltanto manifestando il proprio interesse e la propria preoccupazione nei confronti del futuro delle Politiche Giovanili a Torino possiamo ottenere risposte chiare e siamo ancora in tempo, se fossero confermati gli scenari descritti in questo documento, a far si che si apra un confronto proficuo con l’amministrazione sulle alternative possibili. ...Non vogliamo morire in silenzio...
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Giangiacomo
www.petitiononline.com/p7p7g5t5/petition.html, leggete l’appello e perché no… mettete anche una firma!
Come dice lo storico dell’arte Alessandro Morandotti “Le rivoluzioni più clamorose non fanno rumore”, come una firma.
Non vogliamo morire in silenzio” - Torino, aprile 2007
Cari amici, La necessità di rivolgerci a voi tramite queste note scaturisce dalle difficili condizioni di comunicazione e di accesso alle informazioni in cui molti di noi, giovani collaboratori del Settore Politiche Giovanili del Comune di Torino si trovano attualmente, a fronte di uno scenario di “smantellamento” del Settore medesimo: una scelta politica mai ratificata ufficialmente, ma più volte ufficiosamente evocata negli ultimi mesi. Tuttavia, avendo nel frattempo avuto modo di confrontarci con gran parte dei soggetti coinvolti dalle attività del Settore in questi anni, crediamo di poter esprimere in modo più appropriato i nostri interrogativi nella forma di una lettera aperta, sperando di poter tenere insieme la questione di ordine politico più generale con alcune note riferite a casi specifici: non tanto per pretendere di incidere sul nostro destino di precari impiegati presso un'amministrazione pubblica, quanto piuttosto per farci testimoni e interlocutori pubblici di un problema che ci coinvolge da vicino (per il mancato rinnovo dei nostri contratti), ma il cui ordine di incidenza è assai più vasto. Il problema politico a cui ci riferiamo è il brusco cambiamento di rotta intrapreso dal governo della Città in merito alle politiche per i giovani. Siamo tutti consapevoli delle difficoltà che l'Amministrazione si trova ad affrontare per la riduzione dei trasferimenti dallo Stato previsti dalla Finanziaria e il grave livello di indebitamento ereditato dalle Olimpiadi (a conti fatti, 161 milioni di investimenti complessivi, di cui 40 soltanto destinati al completamento della metropolitana). Tuttavia l'ordine di priorità politica che l'Amministrazione intende perseguire rispetto ai suoi settori di competenza non può essere riferita strettamente a questioni di bilancio: esistono numerose possibilità di sviluppo delle politiche giovanili che possono fare affidamento su fondi non direttamente legati alla disponibilità economica della Città. Ma anche all'interno delle voci di spesa dirette crediamo che sia lecito porre alcune questioni fondamentali. Il dibattito sui tagli del bilancio 2007 ha avuto una certa eco sui quotidiani per ciò che riguarda la cultura, ma solo marginalmente si è interessato alla ventilata dismissione del Settore Politiche Giovanili. E' curioso notare, a questo proposito, l'incongruenza tra le attuali posizioni della Giunta – che cancella dal bilancio intere voci di spesa e, in prospettiva, il Settore nella sua totalità - e il quadro nazionale ed europeo che le stesse parti politiche disegnano. Citiamo alcuni esempi: a.“ Il progetto europeo è giovane, in continua formazione e oggetto di continuo dibattito: per progredire, esso ha bisogno dell’ambizione, dell’entusiasmo, ma anche dell’adesione dei giovani ai valori su cui si fonda. È il momento di considerare la gioventù come una forza nella costruzione europea e non come un problema da gestire. Occorre dare loro i mezzi per esprimere le loro idee e confrontarle con quelle di altri attori della società civile” (Libro bianco della Commissione Europea “Un nuovo impulso per la gioventù europea”, 2001 b. il nuovo regolamento relativo al Fondo Sociale Europeo (regolamento CE n. 1081/2006, 5 luglio 2006) stabilisce il campo di applicazione dell'intervento in un ambito immediatamente riconducibile alle politiche giovanili: si parla di “migliorare l'accesso all'occupazione e l'inserimento sostenibile nel mercato del lavoro”; “individuazione precoce delle esigenze con piani d'azione individuali ed un sostegno personalizzato”; “coinvolgimento delle comunità locali e delle imprese” e altro ancora (art.3). c. il programma “Gioventù in azione” 2007-2013 è entrato in vigore nel Gennaio 2007, secondo la Decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, con uno stanziamento di 885 milioni di euro da destinare alle politiche giovanili. Il Governo italiano recepisce la Decisione con la costituzione di un'Agenzia nazionale (DL 27 dicembre 2006, n. 297), che attraverso bandi destinati a soggetti individuali, associazioni ed enti pubblici dà accesso ai fondi. d. Nel Documento di Programmazione Economica Finanziaria, presentato il 7 luglio 2006, il Governo ha fatto una scelta ben precisa: “ investire con forza anche sulla parte giovane del paese, sostenere e valorizzare le energie creative dei giovani. Investire nei giovani significa infatti investire nella ricchezza della nostra società di oggi e di domani.” In tal senso il Governo, attraverso il Ministero per le Politiche Giovanili si è impegnato “ad avviare un vero e proprio Piano Nazionale per i giovani che risponda agli obiettivi dell’accesso dei giovani alla casa, al lavoro, all’impresa, al credito e alla cultura.” (Fonte DPEF 2007-2011, pag. 88)
Il Piano Nazionale Giovani, con una dotazione di 130 milioni di euro annui a partire dal 2007 (tra gli ambiti di programmazione del Fondo si vedano il concorso “Giovani idee cambiano l'Italia” e i Piani Locali Giovani con i Comuni, secondo la convenzione Anci del dicembre 2006), ha come principali obiettivi: • Agevolare l’accesso dei giovani al mondo del lavoro • Sviluppare e valorizzare le competenze dei giovani • Favorire l’accesso alla casa e al credito dei giovani Considerando questo scenario, che prospetta occasioni di investimento consistenti sulle politiche giovanili e ne evidenzia la priorità politica, è difficile comprendere le ragioni secondo cui il Governo della nostra Città ritiene di potersi sbarazzare di un intero Settore. Non è questa la sede più opportuna per ribadire il valore strategico dei progetti di punta delle politiche giovanili torinesi, volti in prima istanza ad agevolare l’accesso al mercato del lavoro, all'integrazione e alla valorizzazione di iniziative altrimenti escluse dai percorsi istituzionali (servizi di collocamento, incubatori di imprese), alle politiche per la coabitazione e l'accesso alla casa. L'incongruenza pare ancor più evidente se si considerano le linee espresse dagli stessi soggetti politici nel promuovere in tempi assai recenti proprio questa “strategicità”; a titolo di esempio citiamo il documento di deliberazione del 25 Giugno 2003, per l'approvazione del progetto “Giovani e idee a Torino”, nelle parole dell'allora vicesindaco Calgaro: “La Città considera la valorizzazione delle opportunità rivolte ai giovani una priorità, un pilastro nelle politiche cittadine volte a garantire l'immissione di nuove energie nel percorso di sviluppo delle attività economiche e sociali che Torino dovrà necessariamente fronteggiare nei prossimi anni. Il rilancio dell'area metropolitana torinese, e la sua competitività su scala nazionale e internazionale, dipende anche dalla sua capacità di promuoversi come territorio aperto ad accogliere l'innovazione e la creatività dei giovani. Per questa ragione è opportuno che la comunità metropolitana, attraverso l'articolazione delle sue forze attive, pubbliche e private, avvii iniziative, attraverso una metodologia ed un'organizzazione concertata, che provochino e promuovano la partecipazione dei giovani alle politiche di sviluppo e diano spazio con strumenti concreti alla sperimentazione di buone idee.” A meno che non si voglia considerare revocata l'intera linea di pensiero espressa in tale documento, le posizioni di Calgaro e le prospettive di quattro anni fa paiono ad oggi completamente vanificate e contraddette. Tanto più se si distingue tra il valore prioritario delle politiche giovanili tout-court e i vincoli di spesa della Città: un conto è sostenere che “tutto si può fare, spendendo di meno”, un altro conto è rinunciare alle politiche per i giovani. Fatte alcune considerazioni di carattere generale, è necessario entrare nel merito della gestione di questo frangente così drammatico per il futuro del Settore Politiche Giovanili e per i giovani collaboratori precari che hanno speso la loro professionalità e le loro competenze all’interno del Settore. Tentiamo di farlo in sintesi, ponendo due questioni fondamentali. a. Nel 2007 il budget complessivo del Settore Politiche Giovanili a Torino sarà ridotto del44%passando dai 2,5 a 1,4 milioni di €; i contributi alle Associazioni che sviluppano attività sul territorio in collaborazione col Settore saranno ridotti del 76% passando dai 300.000 a 70.000 €.
Se davvero la Città di Torino non ha soldi da spendere per i giovani, potrebbe farsi veicolo di accesso ai fondi che lo Stato, l'Europa e la Regione mettono a disposizione per questi obiettivi. L'elenco incompleto delle opportunità aperte è già stato illustrato in precedenza, perché la Città non sta usufruendo di queste risorse? b. Anche ammettendo che i soldi siano pochi, le priorità di spesa (contenuta) restano incomprensibili. Come giustificare la scelta di abbandonare fino ad esaurimento i progetti che avevano costituito ancora pochi mesi fa le azioni di punta del Settore e contemporaneamente mantenere la spesa per le iniziative di “occasione”, non direttamente riconducibili agli obiettivi di “immissione di nuove energie nel percorso di sviluppo delle attività economiche e sociali”? Alcuni esempi chiarificatori: i progetti “Case giovani” e “Giovani & Idee” vedranno rispettivamente tagliati i loro contributi da 30.000 euro a 10.000 euro e da 130.000 euro a 78.000 euro, con la prospettiva di essere definitivamente abbandonati entro l'anno successivo. Esiste inoltre una determinazione di spesa di 23.500 euro destinati a “Giovani & Idee” attraverso l'affidamento all'AICS, tuttora disponibile, che non verrà – a quanto pare – utilizzata. Infine non possiamo non ricordare che ancora con una deliberazione del 31 ottobre 2006 è stato approvato il progetto definitivo per l'edificio di via Cecchi 17, da adibire a “Officina delle Idee”, per un importo previsto di 12.900.000 euro e inserito nel Programma Triennale delle opere pubbliche 2006-2008. “Officina delle Idee” avrebbe dovuto essere la realizzazione fisica di una nuova sede per i progetti delle politiche giovanili e in particolare la definitiva sede del progetto “Giovani & Idee” A meno che non si voglia difendere l'imperscrutabilità delle scelte politiche e di bilancio – a detrimento della democraticità e della trasparenza istituzionale – ci sentiamo legittimati a richiedere adeguate ragioni che spieghino tali radicali cambiamenti nelle azioni di governo e di gestione. La Città di Torino, dopo 30 anni di vita del Settore Politiche Giovanili e dopo aver anticipato le civilissime istanze rivolte ai giovani che oggi vengono perseguite in ambito nazionale ed europeo (il progetto Melandri “Giovani idee cambiano l'Italia” parla da sé), decide di rinunciare a questa dimensione della sua attività di governo, di chiudere i contratti con i giovani precari che si occupavano di altri giovani e di lasciare questi ultimi senza referenti e con i progetti aperti, senza prospettive di conclusione. (Nota: solo “Giovani & Idee”,nelle suoi tre anni di attività ha accolto presso di sé più di 1500 giovani e accompagnato più di 500 proposte di progetto, con il lavoro di 6 addetti, di cui 5 con contratto di collaborazione coordinata continuativa). Tale richiesta finora è risultata del tutto vana, per ora abbiamo soltanto ottenuto informazioni ufficiose e mai ratificate riguardo alla futura morte dei progetti sopra citati e ora sentiamo la necessità di un confronto serio e diretto per mettere al corrente i collaboratori precari del loro destino e per chiedere all’amministrazione cittadina qual’è la linea politica , tuttora incomprensibile, che determina tali scelte e strategie. Per questo motivo vi chiediamo di sostenere la nostra richiesta d’incontrare pubblicamente il Sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, e l’Assessore alle Politiche Giovanili, Marta Levi, attraverso la firma di questa petizione. E’ importante il sostegno di tutti, soltanto manifestando il proprio interesse e la propria preoccupazione nei confronti del futuro delle Politiche Giovanili a Torino possiamo ottenere risposte chiare e siamo ancora in tempo, se fossero confermati gli scenari descritti in questo documento, a far si che si apra un confronto proficuo con l’amministrazione sulle alternative possibili. ...Non vogliamo morire in silenzio...
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Giangiacomo
venerdì 13 aprile 2007
Scontro sui giovani tra Consiglio e Giunta Regionale in Piemonte
Trasmettiamo copia di un agenzia stampa sulla rete nazionale
A Torino scontro sui giovani tra Consiglio e Giunta Regionale
12 aprile 2007
Il consiglio regionale dei giovani in Piemonte
ROMA - "Siamo stanchi di questa situazione". Così Luca Yuri Toselli, presidente nazionale dell'Associazione Nazionale Giovani al Centro, associazione presente da tre legislature nell'organismo consultivo della Regione, commenta la riunione di oggi a Torino dell'Ufficio di Presidenza della Consulta Piemontese dei Giovani. Riunione in cui si dovevano votare alcune modifiche allo statuto per ampliare la base di rappresentanza dell'organismo. Ma i giovani si sono trovati di fronte a cose fatte. "Le politiche giovanili in Piemonte sono da tempo vincolate dallo scontro Placido-Oliva (rispettivamente VicePresidente del Consiglio Regionale e Assessore alla Cultura) e questo danneggia noi giovani: entrambe sono persone degne, ma non può essere questa la logica giusta. La Consulta si è insediata con un anno di ritardo, e la partecipazione dei giovani è in crollo verticale, perché di fatto in assemblea non si decide mai nulla e anche l’ufficio di presidenza, l’organo esecutivo, viene convocato solo per prendere atto di decisioni già prese dagli adulti. Nessun progetto è ideato, discusso, votato e realizzato realmente dai giovani, e diverse associazioni, stufe di questa situazione, si sono già consorziate in un forum autonomo dalla Consulta". Insomma, "questa realtà bicefala - continua Toselli - complicherà ulteriormente le cose. E comunque noi non possiamo essere il "feticcio" che gli adulti agitano quando devono legittimare decisioni sulle politiche giovanili che hanno già preso loro”.Il rischio è che la situazione piemontese abbia riflessi anche a livello nazionale, come spiega Luca Poma, presidente della Commissione Legislativa del Forum Nazionale Giovani: "Questa situazione rischia di avere dei riflessi seri anche in altre regioni d’Italia, perché il Piemonte è stato sempre regione laboratorio, alla quale molti enti locali guardano con estrema attenzione. Ora pare tutto ingessato, facciamo quindi un appello, affinché i giovani tornino ad essere i veri protagonisti. Alle istituzioni locali chiediamo di abbandonare logiche particolari e impegnarsi seriamente nell’interesse delle giovani generazioni".Priorità assoluta per Poma è "la riforma per intero della legge giovani, la 16/95 (in allegato), che è stata antesignana in Italia, e noi mettiamo a disposizione i nostri esperti per raggiungere questo obiettivo, ma la riforma – che è pendente da ben sette anni - va fatta subito, non con i soliti tempi eterni della politica degli adulti. Inoltre una Consulta regionale non è un ufficio di consulenze sulle politiche giovanili della Regione, da consultare solo quando è comodo e serve, ma è un luogo dove i giovani sono davvero protagonisti al 100% in ogni passaggio. Questo non mi pare che stia venendo pienamente compreso dalle autorità locali”.
see u,
Giangiacomo
A Torino scontro sui giovani tra Consiglio e Giunta Regionale
12 aprile 2007
Il consiglio regionale dei giovani in Piemonte
ROMA - "Siamo stanchi di questa situazione". Così Luca Yuri Toselli, presidente nazionale dell'Associazione Nazionale Giovani al Centro, associazione presente da tre legislature nell'organismo consultivo della Regione, commenta la riunione di oggi a Torino dell'Ufficio di Presidenza della Consulta Piemontese dei Giovani. Riunione in cui si dovevano votare alcune modifiche allo statuto per ampliare la base di rappresentanza dell'organismo. Ma i giovani si sono trovati di fronte a cose fatte. "Le politiche giovanili in Piemonte sono da tempo vincolate dallo scontro Placido-Oliva (rispettivamente VicePresidente del Consiglio Regionale e Assessore alla Cultura) e questo danneggia noi giovani: entrambe sono persone degne, ma non può essere questa la logica giusta. La Consulta si è insediata con un anno di ritardo, e la partecipazione dei giovani è in crollo verticale, perché di fatto in assemblea non si decide mai nulla e anche l’ufficio di presidenza, l’organo esecutivo, viene convocato solo per prendere atto di decisioni già prese dagli adulti. Nessun progetto è ideato, discusso, votato e realizzato realmente dai giovani, e diverse associazioni, stufe di questa situazione, si sono già consorziate in un forum autonomo dalla Consulta". Insomma, "questa realtà bicefala - continua Toselli - complicherà ulteriormente le cose. E comunque noi non possiamo essere il "feticcio" che gli adulti agitano quando devono legittimare decisioni sulle politiche giovanili che hanno già preso loro”.Il rischio è che la situazione piemontese abbia riflessi anche a livello nazionale, come spiega Luca Poma, presidente della Commissione Legislativa del Forum Nazionale Giovani: "Questa situazione rischia di avere dei riflessi seri anche in altre regioni d’Italia, perché il Piemonte è stato sempre regione laboratorio, alla quale molti enti locali guardano con estrema attenzione. Ora pare tutto ingessato, facciamo quindi un appello, affinché i giovani tornino ad essere i veri protagonisti. Alle istituzioni locali chiediamo di abbandonare logiche particolari e impegnarsi seriamente nell’interesse delle giovani generazioni".Priorità assoluta per Poma è "la riforma per intero della legge giovani, la 16/95 (in allegato), che è stata antesignana in Italia, e noi mettiamo a disposizione i nostri esperti per raggiungere questo obiettivo, ma la riforma – che è pendente da ben sette anni - va fatta subito, non con i soliti tempi eterni della politica degli adulti. Inoltre una Consulta regionale non è un ufficio di consulenze sulle politiche giovanili della Regione, da consultare solo quando è comodo e serve, ma è un luogo dove i giovani sono davvero protagonisti al 100% in ogni passaggio. Questo non mi pare che stia venendo pienamente compreso dalle autorità locali”.
see u,
Giangiacomo
giovedì 1 marzo 2007
Patto generazionale: lasciare il potere a 60 anni
Da Cuperlo a Meloni, da Floris a Profumo, il lungo elenco di coloro che hanno sottoscritto l'appello
Uscire di scena a sessant'anni, lasciando "da vincitori, senza che l'incedere del tempo, le dinamiche della societa' o la salute" ti costringano a farlo. Lasciare a altri il proprio posto direttivo, decidendolo ora, per dedicarsi alla formazione professionale dei giovani e favorendo un ricambio generazione, tanto auspicato, quanto puntualmente rimandato. E' l'obiettivo a cui punta l'appello promosso da Luca Josi, quarantenne, ex dirigente politico socialista e oggi manager in un grande gruppo editoriale scientifico che, dopo aver sentito per due decenni invocare la necessita' del 'ricambio', dello svecchiamento dell'establishmet pubblico e privato, ha deciso di rompere gli indugi e passare all'azione. Per un anno e mezzo ha lavorato intorno a un progetto: fare spazio ai giovani, eliminando la gerontocrazia nelle classi dirigenti. ''Mi pare un segnale formidabile per i gerontocrati ed ex sessantottini che tengono in ostaggio la vita politica italiana:un modo di far sapere, alle prossime generazioni, che almeno loro non saranno ne' un problema ne' un tappo sul loro futuro'', ha commentato oggi Filippo Facci in prima pagina sul 'Giornale' diretto da Maurizio Belpietro.
"Da una parte - scrive Josi nella premessa dell'appello- e' vero che una classe dirigente il potere se lo conquista, e che e' difficile che gli anziani lascino il posto spontaneamente ai cosiddetti giovani. Ma ho anche pensato che dietro questa fisiologica esigenza di ricambio, da parte mia o nostra, possa nascondersi un atteggiamento molto italiano per cui si chiedono cose che poi non domanderemo a noi stessi; chiedere ricambio generazionale, ossia, ma senza garantire che un domani, quando tocchera' a me, sapro' comportarmi di conseguenza".
Ora si cerca di passare dalle parole ai fatti. "Il 15 marzo faremo un'iniziativa pubblica a Roma -ha aggiunto Josi- per spiegare cosa vogliamo fare e come intendiamo attuarlo". Si parte da una certezza: "Non credo all'obbligo imposto da una legge. Mi piacerebbe che partisse un 'movimento generazionale', di gente convinta che, ad un certo punto, e' giusto lasciare il passo per dedicarsi ad altro. Parliamo di una scelta privata, di una convinzione intima e personale che non puo' essere forzata dalla legge dello Stato".
"L'appello -aggiunge Josi- non pretende di impegnare le generazioni che ci precedono e che oggi figurerebbero gia' fuori quota, perche' e' giusto o normale che la loro uscita di scena sia fisiologica. In molti casi si tratta di una gerontocrazia che ha contribuito all'esistenza di generazioni come le nostre, che talvolta hanno rimosso ogni avventura di responsabilizzazione e che sono cresciute nell'idea di essere ancora giovani a quarant'anni. E noi non possiamo sapere se tra dieci o venti anni cadremo nello stesso inganno, ma un segno possiamo darlo subito. E potrebbe essere un segno importante".
"Sentirsi insostituibili -prosegue Josi- e' una debolezza umana. Noi non possiamo sapere se tra dieci o venti anni cadremo nello stesso inganno, ma abbiamo la possibilita' di pensare, sin da oggi, a uno strumento che ci impedisca di interpretare a nostra volta un ruolo civilmente malsano. Sappiamo che un'indubbia gerontocrazia ha dato vita a generazioni che hanno rimosso e allontanato ogni avventura di responsabilizzazione, e che sono cresciute nell'idea di essere ancora giovani, ancora protette e inadeguate, magari all'eta' di quarant'anni".
"Chi di noi -domanda Josi- quindi, coerentemente a quando chiede ricambio e competitivita', e' disposto, oggi, a sottoscrivere un patto che lo impegni, raggiunta l'eta' dei 60 anni, a lasciare o non accettare un ruolo di leadership (cariche primarie della politica e dell'economia) continuando ad offrire il suo impegno nei ruoli di vice, di numero due, di saggio, di consulente o di qualsiasi altra posizione che consenta alla societa' di avvantaggiarsi e non disperdere la sua esperienza?".
Al 'patto' promosso da Luca Josi hanno gia' aderito: Federico Berruti (Sindaco di Savona, DS), Sandro Bicocchi (Compagnia delle Opere), Riccardo Bocca (L'Espresso), Italo Bocchino (Alleanza Nazionale), Francesco Bonami (gia' direttore Biennale di Venezia, museo arte contemporanea Chicago, Vanity Fair), Laura Castelletti (Presidente Consiglio Comunale Brescia), Fabio Corsico (Gruppo Caltagirone), Angelo Crespi (Il Domenicale), Edoardo Caovilla (Caovilla) Daniele Capezzone (Radicali), Gianni Cuperlo (DS, gia' segretario giovani comunisti), Giuliano Da Empoli (Marsilio e Zero), Federico De Rosa (Corriere della Sera) Filippo Facci (Mediaset, Il Giornale).
E poi Giovanni Floris (RAI), Marco Follini (Italia di Mezzo), Giorgio Gori (Magnolia), Simone Guerrini (Finmeccanica, gia' segretario Giovani Democristiani), Rula Jebreal (RAI, La7), Maria Latella (Anna), Gad Lerner (La7), Matteo Marzotto (Marzotto), Giorgia Meloni (Azione Giovani), Paolo Messa (Formiche), Chiara Moroni (Forza Italia), Alessandro Profumo (UniCredit), Riccardo Pugnalin (British American Tobacco), Sabina Ratti (Fondazione Mattei), Patrizia Ravaioli (Lega Italiana Lotta Tumori), Giuseppe Recchi (General Electric), Matteo Renzi (Presidente Provincia Firenze), Antonio Romano (Area), Ivan Scalfarotto (Citigroup), Luisa Todini (Todini), Silvia Vaccarezza (RAI), Francesco Valli (British American Tobacco), Alberto Versace (Ministero del Tesoro).
adnkronosUn Patto generazionale La notizia potrebbe sembrare che personaggi come Alessandro Profumo, Matteo Marzotto, Giovanni Floris, Marco Follini, Italo Bocchino, Gianni Cuperlo e Giorgio Gori hanno deciso che entro i 60 anni si dimetteranno da eventuali cariche istituzionali. Ma è qualcosa di meglio: un gruppo trasversale di persone di varia estrazione politica e professionale, su idea dell'imprenditore ex-politico Luca Josi, ha deciso di siglare un Patto generazionale nel quale sottoscrivere l'impegno a lasciare o non accettare ruoli di leadership istituzionale una volta raggiunti i 60 anni. Non si tratta di andare all'ospizio, ma di continuare a offrire il proprio apporto in qualità magari di vice, consulente, numero due, qualsiasi posizione che consenta alla società di avvantaggiarsi di un'esperienza senza disperderla.
Si parla ovviamente di politica o economia pubblica, e mi pare un segnale formidabile per i gerontocrati ed ex sessantottini che tengono in ostaggio la vita politica italiana: un modo di far sapere, alle prossime generazioni, che almeno loro non saranno né un problema né un tappo sul loro futuro. Ci hanno messo la firma in tanti, e trasversalmente: non avrei mai pensato di ritrovarmi in un Patto assieme a Gad Lerner, per dire. Ma chissà, forse anche così, un giorno, avremo un governo guidato da un quarantenne con vent'anni di responsabilità davanti a sé. Come Spagna, Gran Bretagna, Stati Uniti. giornale.itL'APPELLO DI LUCA JOSIMi chiamo Luca Josi.
Ho quarant'anni, ho due figlie da due matrimoni, ho due vite professionali ormai distanti tra loro ma sono ormai ventun anni che ricevo inviti per partecipare a convegni sul ricambio generazionale. Forse è per questo che quando parlo con uno straniero, e mi scappa imperdonabilmente un "noi giovani", rischio di passare per dislessico.
Da una parte è vero che una classe dirigente il potere se lo conquista, è che è difficile che gli anziani lascino il posto spontaneamente ai cosiddetti giovani. Ma ho anche pensato che dietro questa fisiologica esigenza di ricambio, da parte mia o nostra, possa nascondersi un atteggiamento molto italiano per cui si chiedono cose che poi non domanderemo a noi stessi; chiedere ricambio generazionale, ossia, ma senza garantire che un domani, quando toccherà a me, saprò comportarmi di conseguenza.
Perciò ho scritto l'appello che vi chiedo di leggere, e che è appunto sconta il linguaggio giocoforza ampolloso e un po' aulico di tutti gli appelli. Molti l'hanno già firmato così com'è, dunque lo lascio intatto nella sua sostanza. Il tema non è ideologico ma appunto generazionale, e sto provando a coinvolgere persone dalle esperienze e dagli orientamenti più diversi. E' un modo di far sapere, alle generazioni successive, che il problema del loro futuro, la coperta o il tappo, non saremo noi.
L'appello non ha la velleità di voler pregiudicare a un'intera generazione tutti gli scranni dell'universo mondo, ma impegna circa una manciata di incarichi istituzionali perlopiù pubblici. Riguarda, in pratica, la decina o quindicina di incarichi posti ai vertici della politica di un Paese. Difatti il privato, il mondo dell'impresa soprattutto multinazionale, non ha bisogno di appelli come questo: si è già regolato di conseguenza e già sa quanto il ricambio generazionale sia semplicemente una necessità e un investimento. L'appello, pure, non pretende di impegnare le generazioni che ci precedono, e che oggi figurerebbero già fuori quota, perchè è giusto o normale che la loro uscita di scena sia fisiologica. In molti casi si tratta di una gerontocrazia che ha contribuito all'esistenza di generazioni appunto come le nostre, che talvolta hanno rimosso ogni avventura di responsabilizzazione e che sono cresciute nell'idea di essere ancora giovani a quarant'anni. E noi non possiamo sapere se tra dieci o venti anni cadremo nello stesso inganno, ma un segno possiamo darlo subito. E potrebbe essere un segno importante.Ciò che desidero è ovviamente che tu possa sottoscrivere e firmare l'appello che qui segue, ma in qualsiasi caso mi piacerebbe avere la tua opinione.Grazie.
Un Patto
Una comunità è viva quando condivide un sentimento, una missione, quando si riconosce in una chiamata. Una comunità, assieme al piacere di ritrovarsi, può condividere una responsabilità che tuttavia la obbliga ad un impegno, ad un programma per chi verrà: non per decidere del destino altrui, ma per offrire il proprio.
Sentirsi insostituibili è una debolezza umana che col passare degli anni confonde molti uomini, e si tenta invariabilmente di allungare l'esistenza e di negarne le età. Noi non possiamo sapere se tra dieci o venti anni cadremo nello stesso inganno, ma abbiamo la possibilità di pensare, sin da oggi, a uno strumento che ci impedisca di interpretare a nostra volta un ruolo civilmente malsano.
Sappiamo che un'indubbia gerontocrazia ha dato vita a generazioni che hanno rimosso e allontanato ogni avventura di responsabilizzazione, e che sono cresciute nell'idea di essere ancora giovani, ancora protette e inadeguate, magari all'età di quaranta anni. E' in questo modo che una società, come figlia di genitori morbosamente protettivi, non si sviluppa e ritarda il suo confronto con la realtà al pari di un adulto privo di adolescenza.
Per questo, forse, può servire accendere nel nostro Paese un comportamento, un'attitudine e obbligare una generazione a svegliarsi. Darle un segno per spiegare che il problema del suo futuro, la coperta o il tappo, non saremo noi.
Per poter cambiare, dunque, serve il tuo e nostro esempio che trasformi in realtà una necessità. Se tu non sarai il primo a farlo, non potrai pretendere che altri lo facciano per te. Non potrai chiedere ad altri un impegno che per te non vale. Perciò serve un gesto, uno strappo, forse una rinuncia.
Chi di noi, quindi, coerentemente a quando chiede ricambio e competitività, è disposto, oggi, a sottoscrivere un patto che lo impegni, raggiunta l'età dei 60 anni, a lasciare o non accettare un ruolo di leadership (cariche primarie della politica e dell'economia) continuando ad offrire il suo impegno nei ruoli di vice, di numero due, di saggio, di consulente o di qualsiasi altra posizione che consenta alla società di avvantaggiarsi e non disperdere la sua esperienza?
Guerre e tragedie, ad altre generazioni, hanno rapito il domani. Noi abbiamo avuto molto, e, se anzichè chiedere saremo pronti a dare, ad autolimitare a soli altri vent'anni la finestra del nostro potenziale primato, tutto ciò richiamerà all'obbligo di crescere chi giovane lo è ancora davvero.
Una comunità che diventa leader anticipa il cambiamento, anticipa un futuro passo indietro per obbligare altri a farne in avanti. Così vivono le nazioni che emergono, che esplorano: dove l'errore è lecito perchè si cresce provando, mettendo alla prova nuovi talenti.
Forse così, senza stupore, un giorno avremo un governo guidato da un quarantenne come Stati Uniti, Gran Bretagna o Spagna. Un quarantenne con vent'anni di responsabilità avanti a sè. ADERISCI AL PATTO GENERAZIONALE
see u,
Giangiacomo
Uscire di scena a sessant'anni, lasciando "da vincitori, senza che l'incedere del tempo, le dinamiche della societa' o la salute" ti costringano a farlo. Lasciare a altri il proprio posto direttivo, decidendolo ora, per dedicarsi alla formazione professionale dei giovani e favorendo un ricambio generazione, tanto auspicato, quanto puntualmente rimandato. E' l'obiettivo a cui punta l'appello promosso da Luca Josi, quarantenne, ex dirigente politico socialista e oggi manager in un grande gruppo editoriale scientifico che, dopo aver sentito per due decenni invocare la necessita' del 'ricambio', dello svecchiamento dell'establishmet pubblico e privato, ha deciso di rompere gli indugi e passare all'azione. Per un anno e mezzo ha lavorato intorno a un progetto: fare spazio ai giovani, eliminando la gerontocrazia nelle classi dirigenti. ''Mi pare un segnale formidabile per i gerontocrati ed ex sessantottini che tengono in ostaggio la vita politica italiana:un modo di far sapere, alle prossime generazioni, che almeno loro non saranno ne' un problema ne' un tappo sul loro futuro'', ha commentato oggi Filippo Facci in prima pagina sul 'Giornale' diretto da Maurizio Belpietro.
"Da una parte - scrive Josi nella premessa dell'appello- e' vero che una classe dirigente il potere se lo conquista, e che e' difficile che gli anziani lascino il posto spontaneamente ai cosiddetti giovani. Ma ho anche pensato che dietro questa fisiologica esigenza di ricambio, da parte mia o nostra, possa nascondersi un atteggiamento molto italiano per cui si chiedono cose che poi non domanderemo a noi stessi; chiedere ricambio generazionale, ossia, ma senza garantire che un domani, quando tocchera' a me, sapro' comportarmi di conseguenza".
Ora si cerca di passare dalle parole ai fatti. "Il 15 marzo faremo un'iniziativa pubblica a Roma -ha aggiunto Josi- per spiegare cosa vogliamo fare e come intendiamo attuarlo". Si parte da una certezza: "Non credo all'obbligo imposto da una legge. Mi piacerebbe che partisse un 'movimento generazionale', di gente convinta che, ad un certo punto, e' giusto lasciare il passo per dedicarsi ad altro. Parliamo di una scelta privata, di una convinzione intima e personale che non puo' essere forzata dalla legge dello Stato".
"L'appello -aggiunge Josi- non pretende di impegnare le generazioni che ci precedono e che oggi figurerebbero gia' fuori quota, perche' e' giusto o normale che la loro uscita di scena sia fisiologica. In molti casi si tratta di una gerontocrazia che ha contribuito all'esistenza di generazioni come le nostre, che talvolta hanno rimosso ogni avventura di responsabilizzazione e che sono cresciute nell'idea di essere ancora giovani a quarant'anni. E noi non possiamo sapere se tra dieci o venti anni cadremo nello stesso inganno, ma un segno possiamo darlo subito. E potrebbe essere un segno importante".
"Sentirsi insostituibili -prosegue Josi- e' una debolezza umana. Noi non possiamo sapere se tra dieci o venti anni cadremo nello stesso inganno, ma abbiamo la possibilita' di pensare, sin da oggi, a uno strumento che ci impedisca di interpretare a nostra volta un ruolo civilmente malsano. Sappiamo che un'indubbia gerontocrazia ha dato vita a generazioni che hanno rimosso e allontanato ogni avventura di responsabilizzazione, e che sono cresciute nell'idea di essere ancora giovani, ancora protette e inadeguate, magari all'eta' di quarant'anni".
"Chi di noi -domanda Josi- quindi, coerentemente a quando chiede ricambio e competitivita', e' disposto, oggi, a sottoscrivere un patto che lo impegni, raggiunta l'eta' dei 60 anni, a lasciare o non accettare un ruolo di leadership (cariche primarie della politica e dell'economia) continuando ad offrire il suo impegno nei ruoli di vice, di numero due, di saggio, di consulente o di qualsiasi altra posizione che consenta alla societa' di avvantaggiarsi e non disperdere la sua esperienza?".
Al 'patto' promosso da Luca Josi hanno gia' aderito: Federico Berruti (Sindaco di Savona, DS), Sandro Bicocchi (Compagnia delle Opere), Riccardo Bocca (L'Espresso), Italo Bocchino (Alleanza Nazionale), Francesco Bonami (gia' direttore Biennale di Venezia, museo arte contemporanea Chicago, Vanity Fair), Laura Castelletti (Presidente Consiglio Comunale Brescia), Fabio Corsico (Gruppo Caltagirone), Angelo Crespi (Il Domenicale), Edoardo Caovilla (Caovilla) Daniele Capezzone (Radicali), Gianni Cuperlo (DS, gia' segretario giovani comunisti), Giuliano Da Empoli (Marsilio e Zero), Federico De Rosa (Corriere della Sera) Filippo Facci (Mediaset, Il Giornale).
E poi Giovanni Floris (RAI), Marco Follini (Italia di Mezzo), Giorgio Gori (Magnolia), Simone Guerrini (Finmeccanica, gia' segretario Giovani Democristiani), Rula Jebreal (RAI, La7), Maria Latella (Anna), Gad Lerner (La7), Matteo Marzotto (Marzotto), Giorgia Meloni (Azione Giovani), Paolo Messa (Formiche), Chiara Moroni (Forza Italia), Alessandro Profumo (UniCredit), Riccardo Pugnalin (British American Tobacco), Sabina Ratti (Fondazione Mattei), Patrizia Ravaioli (Lega Italiana Lotta Tumori), Giuseppe Recchi (General Electric), Matteo Renzi (Presidente Provincia Firenze), Antonio Romano (Area), Ivan Scalfarotto (Citigroup), Luisa Todini (Todini), Silvia Vaccarezza (RAI), Francesco Valli (British American Tobacco), Alberto Versace (Ministero del Tesoro).
adnkronosUn Patto generazionale La notizia potrebbe sembrare che personaggi come Alessandro Profumo, Matteo Marzotto, Giovanni Floris, Marco Follini, Italo Bocchino, Gianni Cuperlo e Giorgio Gori hanno deciso che entro i 60 anni si dimetteranno da eventuali cariche istituzionali. Ma è qualcosa di meglio: un gruppo trasversale di persone di varia estrazione politica e professionale, su idea dell'imprenditore ex-politico Luca Josi, ha deciso di siglare un Patto generazionale nel quale sottoscrivere l'impegno a lasciare o non accettare ruoli di leadership istituzionale una volta raggiunti i 60 anni. Non si tratta di andare all'ospizio, ma di continuare a offrire il proprio apporto in qualità magari di vice, consulente, numero due, qualsiasi posizione che consenta alla società di avvantaggiarsi di un'esperienza senza disperderla.
Si parla ovviamente di politica o economia pubblica, e mi pare un segnale formidabile per i gerontocrati ed ex sessantottini che tengono in ostaggio la vita politica italiana: un modo di far sapere, alle prossime generazioni, che almeno loro non saranno né un problema né un tappo sul loro futuro. Ci hanno messo la firma in tanti, e trasversalmente: non avrei mai pensato di ritrovarmi in un Patto assieme a Gad Lerner, per dire. Ma chissà, forse anche così, un giorno, avremo un governo guidato da un quarantenne con vent'anni di responsabilità davanti a sé. Come Spagna, Gran Bretagna, Stati Uniti. giornale.itL'APPELLO DI LUCA JOSIMi chiamo Luca Josi.
Ho quarant'anni, ho due figlie da due matrimoni, ho due vite professionali ormai distanti tra loro ma sono ormai ventun anni che ricevo inviti per partecipare a convegni sul ricambio generazionale. Forse è per questo che quando parlo con uno straniero, e mi scappa imperdonabilmente un "noi giovani", rischio di passare per dislessico.
Da una parte è vero che una classe dirigente il potere se lo conquista, è che è difficile che gli anziani lascino il posto spontaneamente ai cosiddetti giovani. Ma ho anche pensato che dietro questa fisiologica esigenza di ricambio, da parte mia o nostra, possa nascondersi un atteggiamento molto italiano per cui si chiedono cose che poi non domanderemo a noi stessi; chiedere ricambio generazionale, ossia, ma senza garantire che un domani, quando toccherà a me, saprò comportarmi di conseguenza.
Perciò ho scritto l'appello che vi chiedo di leggere, e che è appunto sconta il linguaggio giocoforza ampolloso e un po' aulico di tutti gli appelli. Molti l'hanno già firmato così com'è, dunque lo lascio intatto nella sua sostanza. Il tema non è ideologico ma appunto generazionale, e sto provando a coinvolgere persone dalle esperienze e dagli orientamenti più diversi. E' un modo di far sapere, alle generazioni successive, che il problema del loro futuro, la coperta o il tappo, non saremo noi.
L'appello non ha la velleità di voler pregiudicare a un'intera generazione tutti gli scranni dell'universo mondo, ma impegna circa una manciata di incarichi istituzionali perlopiù pubblici. Riguarda, in pratica, la decina o quindicina di incarichi posti ai vertici della politica di un Paese. Difatti il privato, il mondo dell'impresa soprattutto multinazionale, non ha bisogno di appelli come questo: si è già regolato di conseguenza e già sa quanto il ricambio generazionale sia semplicemente una necessità e un investimento. L'appello, pure, non pretende di impegnare le generazioni che ci precedono, e che oggi figurerebbero già fuori quota, perchè è giusto o normale che la loro uscita di scena sia fisiologica. In molti casi si tratta di una gerontocrazia che ha contribuito all'esistenza di generazioni appunto come le nostre, che talvolta hanno rimosso ogni avventura di responsabilizzazione e che sono cresciute nell'idea di essere ancora giovani a quarant'anni. E noi non possiamo sapere se tra dieci o venti anni cadremo nello stesso inganno, ma un segno possiamo darlo subito. E potrebbe essere un segno importante.Ciò che desidero è ovviamente che tu possa sottoscrivere e firmare l'appello che qui segue, ma in qualsiasi caso mi piacerebbe avere la tua opinione.Grazie.
Un Patto
Una comunità è viva quando condivide un sentimento, una missione, quando si riconosce in una chiamata. Una comunità, assieme al piacere di ritrovarsi, può condividere una responsabilità che tuttavia la obbliga ad un impegno, ad un programma per chi verrà: non per decidere del destino altrui, ma per offrire il proprio.
Sentirsi insostituibili è una debolezza umana che col passare degli anni confonde molti uomini, e si tenta invariabilmente di allungare l'esistenza e di negarne le età. Noi non possiamo sapere se tra dieci o venti anni cadremo nello stesso inganno, ma abbiamo la possibilità di pensare, sin da oggi, a uno strumento che ci impedisca di interpretare a nostra volta un ruolo civilmente malsano.
Sappiamo che un'indubbia gerontocrazia ha dato vita a generazioni che hanno rimosso e allontanato ogni avventura di responsabilizzazione, e che sono cresciute nell'idea di essere ancora giovani, ancora protette e inadeguate, magari all'età di quaranta anni. E' in questo modo che una società, come figlia di genitori morbosamente protettivi, non si sviluppa e ritarda il suo confronto con la realtà al pari di un adulto privo di adolescenza.
Per questo, forse, può servire accendere nel nostro Paese un comportamento, un'attitudine e obbligare una generazione a svegliarsi. Darle un segno per spiegare che il problema del suo futuro, la coperta o il tappo, non saremo noi.
Per poter cambiare, dunque, serve il tuo e nostro esempio che trasformi in realtà una necessità. Se tu non sarai il primo a farlo, non potrai pretendere che altri lo facciano per te. Non potrai chiedere ad altri un impegno che per te non vale. Perciò serve un gesto, uno strappo, forse una rinuncia.
Chi di noi, quindi, coerentemente a quando chiede ricambio e competitività, è disposto, oggi, a sottoscrivere un patto che lo impegni, raggiunta l'età dei 60 anni, a lasciare o non accettare un ruolo di leadership (cariche primarie della politica e dell'economia) continuando ad offrire il suo impegno nei ruoli di vice, di numero due, di saggio, di consulente o di qualsiasi altra posizione che consenta alla società di avvantaggiarsi e non disperdere la sua esperienza?
Guerre e tragedie, ad altre generazioni, hanno rapito il domani. Noi abbiamo avuto molto, e, se anzichè chiedere saremo pronti a dare, ad autolimitare a soli altri vent'anni la finestra del nostro potenziale primato, tutto ciò richiamerà all'obbligo di crescere chi giovane lo è ancora davvero.
Una comunità che diventa leader anticipa il cambiamento, anticipa un futuro passo indietro per obbligare altri a farne in avanti. Così vivono le nazioni che emergono, che esplorano: dove l'errore è lecito perchè si cresce provando, mettendo alla prova nuovi talenti.
Forse così, senza stupore, un giorno avremo un governo guidato da un quarantenne come Stati Uniti, Gran Bretagna o Spagna. Un quarantenne con vent'anni di responsabilità avanti a sè. ADERISCI AL PATTO GENERAZIONALE
see u,
Giangiacomo
Torino, Chiamparino e l'Assessorato alle Politiche Giovanili
E' stato un sogno!
Dopo anni e anni, dopo la prima volta di Giampiero Leo negli anni '90, abbiamo ammirato e lodato Chiamparino (io stesso ad una trasmissione televisiva su una radio locale) per aver ripristinato un Assessorato del Comune di Torino totalmente dedicato alle politiche giovanili!
E' durato poco!!
Nella Giunta del Comune di Torino, lo scorso 27 Febbraio, è stato deciso dallo stesso Sindaco di Torino che le politiche giovanili fossero una delega da delegittimare, l'ultima delle cose a cui pensare e... anzi... inserendolo all'interno dei compiti dell'Assessorato al decentramento Marta Levi.
ottima mossa per abbassare l'importanza di politiche così decisive e che riguardano diverse discipline (edilizia, lavoro su tutte) e per pensare di destinare, un giorno, secondo Chiamparino molto vicino, le politiche giovanili alle circoscrizioni!
un assessorato così importante, creato e ucciso in soli 200 giorni... solo per sminuire i giovani e per far notare che, come al solito, sono sempre usati a fini elettorali!
poveri noi!
see u,
Giangiacomo
Dopo anni e anni, dopo la prima volta di Giampiero Leo negli anni '90, abbiamo ammirato e lodato Chiamparino (io stesso ad una trasmissione televisiva su una radio locale) per aver ripristinato un Assessorato del Comune di Torino totalmente dedicato alle politiche giovanili!
E' durato poco!!
Nella Giunta del Comune di Torino, lo scorso 27 Febbraio, è stato deciso dallo stesso Sindaco di Torino che le politiche giovanili fossero una delega da delegittimare, l'ultima delle cose a cui pensare e... anzi... inserendolo all'interno dei compiti dell'Assessorato al decentramento Marta Levi.
ottima mossa per abbassare l'importanza di politiche così decisive e che riguardano diverse discipline (edilizia, lavoro su tutte) e per pensare di destinare, un giorno, secondo Chiamparino molto vicino, le politiche giovanili alle circoscrizioni!
un assessorato così importante, creato e ucciso in soli 200 giorni... solo per sminuire i giovani e per far notare che, come al solito, sono sempre usati a fini elettorali!
poveri noi!
see u,
Giangiacomo
domenica 18 febbraio 2007
Il Circolo Giovani dell'Università di Torino
13 Febbraio 2007 - ore 19.00
I Circoli: una nuova politica culturale
Sala conferenza G.A.M. di Torino
Corso Galileo Ferraris 30
IL CIRCOLO nasce a Milano nel 1999 per iniziativa di Marcello Dell’Utri.
E’ un’associazione culturale al di fuori e al di sopra delle divisioni classiche dei partiti, ma non apolitica, in quanto vuole contribuire a costruire l’anima culturale del centro-destra stimolando il dibattito e la riflessione dei cittadini sulle principali tematiche di interesse nazionale attraverso
l’organizzazione di incontri, dibattiti, convegni, corsi di formazione, seminari e ogni altra manifestazione atta allo scopo.
Nel 2002 nasce IL CIRCOLO giovani.
Oggi le sedi in tutta Italia sono oltre 1500.
Nel gennaio 2007 inizia il processo di affiliazione all’Associazione Nazionale Circolo delle Libertà, seguito da Michela Vittoria Brambilla.
In questa occasione è' nato il Circolo Giovani dell'Università di Torino!!
Il Presidente è TheJustChoice.blogspot.com!
auguri e complimenti per l'iniziativa!!!
see u,
Giangiacomo
sabato 10 febbraio 2007
I giovani in Italia - alcuni dati...
Quanti sono
Il numero di residenti in Italia ha raggiunto al 1° gennaio 2006 quasi i 59 milioni anche grazie all’immigrazione che ha registrato un aumento rispetto all’anno precedente di 302.618 unità.
Sempre a questa data i giovani fra i 15 e i 34 anni sono 14.483.654 così suddivisi:
fra i 15 e i 19 anni 2.897.878
fra i 20 e i 24 anni 3.171.630
fra i 25 e i 29 anni 3.798.714
fra i 30 e i 34 anni 4.615.432
Il nostro Paese è però il più “vecchio” d’Europa: cioè quello con il più alto rapporto tra gli abitanti con più di 65 anni e quelli sotto i 15 anni. Quasi un italiano su cinque raggiunge i 65 anni e gli ultraottantenni arrivano ormai al 5%. Di contro la percentuale di popolazione con meno di 15 anni, pari al 14,1 % è in costante, ma contenuto declino. (Fonte: Istat 2006)
Formazione
È in continuo aumento il tasso di scolarità relativo alla scuola secondaria di secondo grado, passato dall’ 87,6% del 2000/2001 al 92,2% del 2004/2005. (Fonte: Istat 2006)
Dal 1995 al 2004 gli studenti universitari sono più che raddoppiati in Grecia, Ungheria, Islanda e Polonia.In Italia l’aumento è stato del 16 % a seguito dell’introduzione della laurea triennale. Oggi si iscrive all’università o a corsi equivalenti, il 55 per cento dei diciannove/ventenni: poco più della media Ocse che è del 53 %. Australia, Finlandia, Polonia e Svezia superano il 70 % di iscritti allUniversità. (Fonte: rapporto annuale Ocse sull’Istruzione 2006)
Il valore del titolo di studio in Italia sta diminuendo: In Italia il tasso di disoccupazione dei giovani tra 20 e 29 anni è pari al 24% tra i laureati, 13% tra chi ha un titolo di studio medio e 10% tra chi ha un titolo di studio basso. Situazione che è completamente diversa in Europa con il 9,3% di disoccupati tra i laureati, 14% tra chi ha un titolo medio e 20% tra chi ha un titolo basso. (Fonte: Eurostat)
Le donne studiano di più: tra 20-24enni la quota di diplomati di scuola secondaria superiore è infatti pari al 58,5 % per gli uomini e al 67,3 % per le donne; i 25-29enni con titolo accademico sono l’11,9 % tra gli uomini e il 18,3 % tra le donne.
Lavoro
…ma lavorano di meno: a pari titolo di studio le donne registrano tassi di disoccupazione più alta rispetto agli uomini. (Fonte: Istat 2006)
Tra il 2003 e il 2005 la quota dei contratti a termine dei giovani che si è trasformata in contratti a tempo indeterminato è fortemente diminuita. Due anni fa era il 40 %. Secondo gli ultimi dati disponibili viene stabilizzato il lavoro solo del 25 % dei giovani. Nel mezzogiorno la situazione è ancora più grave (il 19 %) mentre al Nord ovest la percentuale di conversione è del 33,2 %. (Fonte: Indagine Isfol 2006 per l’analisi e la valutazione delle politiche per l’occupazione)
Cresce il numero dei giovani inattivi al Sud: il 20 % dei giovani meridionali non studia e non cerca lavoro. Fra questi, due su tre sono donne. (Fonte: Indagine SVIMEZ 2006- AGI)
Casa
I giovani fra i 25 e 34 anni, celibi e nubili, che vivono con almeno un genitore sono 3.852.442 (il 60% circa dei quali maschi). Fra questi avrebbero “probabilmente” o “certamente” intenzione di lasciare la casa di origine entro i prossimi tre anni, rispettivamente, 1.905.374 e 555.969 giovani. Dalla stima sono escluse le giovani coppie sposate che vivono in casa di una delle due famiglie di provenienza quindi si tratta di una stima per difetto. (Fonte: Istat, dati 2003)
In Italia gli studenti fuori sede sono 400.000. (Stima Anci 2004)
Una recente inchiesta condotta su un campione di 2.000 ragazzi ha calcolato che in media la spesa per l’affitto della stanza si aggira sui 360 euro per studente al mese.L’indagine rivela inoltre che:
41 % sono gli studenti con affitto in nero
28 % utilizza il canone concordato previsto dalla legge 431 del 1998
20 % utilizza un vecchio contratto 4+4
11 % ha un contratto uso foresteria
Internet e nuove tecnologie
Esistono Paesi come l’Islanda o la Svezia in cui il 98% degli studenti usa la Rete almeno una volta la settimana. Invece solo due terzi degli studenti italiani usa abitualmente la Rete ed il 19% di loro non l’ha mai usata.
Attività sportiva
Lo sport è un’attività del tempo libero tipicamente giovanile: su circa 12 milioni di italiani (il 20% della popolazione) che fanno sport in maniera continuativa, 3 milioni sono tra i 6 e i 18 anni. Due terzi dei giovani tra gli 11 ed i 14 anni pratica sport una o più volte a settimana.
see u,
Giangiacomo
Il numero di residenti in Italia ha raggiunto al 1° gennaio 2006 quasi i 59 milioni anche grazie all’immigrazione che ha registrato un aumento rispetto all’anno precedente di 302.618 unità.
Sempre a questa data i giovani fra i 15 e i 34 anni sono 14.483.654 così suddivisi:
fra i 15 e i 19 anni 2.897.878
fra i 20 e i 24 anni 3.171.630
fra i 25 e i 29 anni 3.798.714
fra i 30 e i 34 anni 4.615.432
Il nostro Paese è però il più “vecchio” d’Europa: cioè quello con il più alto rapporto tra gli abitanti con più di 65 anni e quelli sotto i 15 anni. Quasi un italiano su cinque raggiunge i 65 anni e gli ultraottantenni arrivano ormai al 5%. Di contro la percentuale di popolazione con meno di 15 anni, pari al 14,1 % è in costante, ma contenuto declino. (Fonte: Istat 2006)
Formazione
È in continuo aumento il tasso di scolarità relativo alla scuola secondaria di secondo grado, passato dall’ 87,6% del 2000/2001 al 92,2% del 2004/2005. (Fonte: Istat 2006)
Dal 1995 al 2004 gli studenti universitari sono più che raddoppiati in Grecia, Ungheria, Islanda e Polonia.In Italia l’aumento è stato del 16 % a seguito dell’introduzione della laurea triennale. Oggi si iscrive all’università o a corsi equivalenti, il 55 per cento dei diciannove/ventenni: poco più della media Ocse che è del 53 %. Australia, Finlandia, Polonia e Svezia superano il 70 % di iscritti allUniversità. (Fonte: rapporto annuale Ocse sull’Istruzione 2006)
Il valore del titolo di studio in Italia sta diminuendo: In Italia il tasso di disoccupazione dei giovani tra 20 e 29 anni è pari al 24% tra i laureati, 13% tra chi ha un titolo di studio medio e 10% tra chi ha un titolo di studio basso. Situazione che è completamente diversa in Europa con il 9,3% di disoccupati tra i laureati, 14% tra chi ha un titolo medio e 20% tra chi ha un titolo basso. (Fonte: Eurostat)
Le donne studiano di più: tra 20-24enni la quota di diplomati di scuola secondaria superiore è infatti pari al 58,5 % per gli uomini e al 67,3 % per le donne; i 25-29enni con titolo accademico sono l’11,9 % tra gli uomini e il 18,3 % tra le donne.
Lavoro
…ma lavorano di meno: a pari titolo di studio le donne registrano tassi di disoccupazione più alta rispetto agli uomini. (Fonte: Istat 2006)
Tra il 2003 e il 2005 la quota dei contratti a termine dei giovani che si è trasformata in contratti a tempo indeterminato è fortemente diminuita. Due anni fa era il 40 %. Secondo gli ultimi dati disponibili viene stabilizzato il lavoro solo del 25 % dei giovani. Nel mezzogiorno la situazione è ancora più grave (il 19 %) mentre al Nord ovest la percentuale di conversione è del 33,2 %. (Fonte: Indagine Isfol 2006 per l’analisi e la valutazione delle politiche per l’occupazione)
Cresce il numero dei giovani inattivi al Sud: il 20 % dei giovani meridionali non studia e non cerca lavoro. Fra questi, due su tre sono donne. (Fonte: Indagine SVIMEZ 2006- AGI)
Casa
I giovani fra i 25 e 34 anni, celibi e nubili, che vivono con almeno un genitore sono 3.852.442 (il 60% circa dei quali maschi). Fra questi avrebbero “probabilmente” o “certamente” intenzione di lasciare la casa di origine entro i prossimi tre anni, rispettivamente, 1.905.374 e 555.969 giovani. Dalla stima sono escluse le giovani coppie sposate che vivono in casa di una delle due famiglie di provenienza quindi si tratta di una stima per difetto. (Fonte: Istat, dati 2003)
In Italia gli studenti fuori sede sono 400.000. (Stima Anci 2004)
Una recente inchiesta condotta su un campione di 2.000 ragazzi ha calcolato che in media la spesa per l’affitto della stanza si aggira sui 360 euro per studente al mese.L’indagine rivela inoltre che:
41 % sono gli studenti con affitto in nero
28 % utilizza il canone concordato previsto dalla legge 431 del 1998
20 % utilizza un vecchio contratto 4+4
11 % ha un contratto uso foresteria
Internet e nuove tecnologie
Esistono Paesi come l’Islanda o la Svezia in cui il 98% degli studenti usa la Rete almeno una volta la settimana. Invece solo due terzi degli studenti italiani usa abitualmente la Rete ed il 19% di loro non l’ha mai usata.
Attività sportiva
Lo sport è un’attività del tempo libero tipicamente giovanile: su circa 12 milioni di italiani (il 20% della popolazione) che fanno sport in maniera continuativa, 3 milioni sono tra i 6 e i 18 anni. Due terzi dei giovani tra gli 11 ed i 14 anni pratica sport una o più volte a settimana.
see u,
Giangiacomo
sabato 27 gennaio 2007
Domanda e risposta dal Ministro Melandri: i soliti sporchi giri di denaro
24 Gennaio 2007, il Ministro MELANDRI si presenta a Casa Universiade
Ore 17, Giovanna Melandri entra presso una delle sale di Casa Universiade (Palazzetto Aldo Moro dell'Università degli Studi di Torino).
Il Ministro per lo Sport e le Politiche Giovanili sarebbe interessato ad incontrare gli studenti torinesi.
Di fianco a Lei l'intellighenzia e i dirigenti massimi del comunismo in Piemonte: il Rettore Ezio Pelizzetti (rosso già dal naso), la zarina Bresso e un'altra assessora sconosciuta (tanto per tutti parla sempre la Bresso).
Il Ministro avrebbe dovuto rispondere alle domande che sarebbero state poste dagli studenti sulle politiche legate al mondo giovanile e sui prossimi interventi legislativi che il Governo intende proporre in materia. Doveva essere inoltre l'occasione anche per discutere delle realtà associazionistiche locali.
solo chiacchiere...
Il Ministro si dichiara già in ritardo causa nebbia e il suo volo in aereo di Stato non può tardare: si concede solamente 30 minuti.
Inizio io con la prima domanda: il bando "giovani idee cambiano l'europa", che il ministero ha da poco promulgato, prevede che solo i gruppi informali di giovani possano fare domanda. in questo modo le associazioni che già sono costituite sono tagliate fuori. le chiedo di spiegarmi la ratio di tale decisione... concedere finanziamenti a pioggia come può essere utile? giovani si raggruppano, propongono un'iniziativa, questa viene finanziata e poi... controllo sull'opera? nel caso l'idea perda di fattibilità o i giovani aggregati si sfaldino? i soldi come vengono recuperati? verrebbero totalmente persi! come ministero cercate di strutturare un incubatore di imprese? non mi sembra spetti a voi il compito... e come?
dopo altre domande pertinenti, il Ministro prende in mano il microfono e...
parla di sè! parla di sè stessa!!
è una conferenza stampa. i giornalisti le sono addosso e si mettono davanti a lei non permettendo neanche alla prima fila della platea di osservare la sua magnifica belta e presenza femminile (è veramente affascinante!!)
non risponde. parla dei progetti futuri e prossimi
un'altra volta i giovani, attirati da false promesse, richiamati e convocati per "fare notizia", sono presi in giro.
un'altra generazione di giovani dovrà aspettare la prossima (nel 2020) per vedere i progetti futuri (ora, nel 2007) attuarsi e prendere forma!
morale: il bando nazionale "giovani idee cambiano l'italia" è identico al bando di finanziamento della attività ricreative socioculturali degli studenti promosso dall'EDISU Piemonte... una schifezza! sono premiati coloro che hanno conoscenze, coloro che hanno conflitti di interesse. nessuna valutazione del merito. nulla di nulla! sono un modo più semplice per rubare i soldi allo Stato e alla pubblica amministrazione con l'aiuto di consiglieri di amministrazione conniventi!
ecco, ora ho capito l'innovazione che evoca la Melandri! finanziare sempre i soliti, i partiti le cooperative e le associazioni legate ai propri bacini e provenienze attraverso bandi giovanili e non più tramite i vecchi e noti appalti del PCI
see u,
Giangiacomo
Ore 17, Giovanna Melandri entra presso una delle sale di Casa Universiade (Palazzetto Aldo Moro dell'Università degli Studi di Torino).
Il Ministro per lo Sport e le Politiche Giovanili sarebbe interessato ad incontrare gli studenti torinesi.
Di fianco a Lei l'intellighenzia e i dirigenti massimi del comunismo in Piemonte: il Rettore Ezio Pelizzetti (rosso già dal naso), la zarina Bresso e un'altra assessora sconosciuta (tanto per tutti parla sempre la Bresso).
Il Ministro avrebbe dovuto rispondere alle domande che sarebbero state poste dagli studenti sulle politiche legate al mondo giovanile e sui prossimi interventi legislativi che il Governo intende proporre in materia. Doveva essere inoltre l'occasione anche per discutere delle realtà associazionistiche locali.
solo chiacchiere...
Il Ministro si dichiara già in ritardo causa nebbia e il suo volo in aereo di Stato non può tardare: si concede solamente 30 minuti.
Inizio io con la prima domanda: il bando "giovani idee cambiano l'europa", che il ministero ha da poco promulgato, prevede che solo i gruppi informali di giovani possano fare domanda. in questo modo le associazioni che già sono costituite sono tagliate fuori. le chiedo di spiegarmi la ratio di tale decisione... concedere finanziamenti a pioggia come può essere utile? giovani si raggruppano, propongono un'iniziativa, questa viene finanziata e poi... controllo sull'opera? nel caso l'idea perda di fattibilità o i giovani aggregati si sfaldino? i soldi come vengono recuperati? verrebbero totalmente persi! come ministero cercate di strutturare un incubatore di imprese? non mi sembra spetti a voi il compito... e come?
dopo altre domande pertinenti, il Ministro prende in mano il microfono e...
parla di sè! parla di sè stessa!!
è una conferenza stampa. i giornalisti le sono addosso e si mettono davanti a lei non permettendo neanche alla prima fila della platea di osservare la sua magnifica belta e presenza femminile (è veramente affascinante!!)
non risponde. parla dei progetti futuri e prossimi
un'altra volta i giovani, attirati da false promesse, richiamati e convocati per "fare notizia", sono presi in giro.
un'altra generazione di giovani dovrà aspettare la prossima (nel 2020) per vedere i progetti futuri (ora, nel 2007) attuarsi e prendere forma!
morale: il bando nazionale "giovani idee cambiano l'italia" è identico al bando di finanziamento della attività ricreative socioculturali degli studenti promosso dall'EDISU Piemonte... una schifezza! sono premiati coloro che hanno conoscenze, coloro che hanno conflitti di interesse. nessuna valutazione del merito. nulla di nulla! sono un modo più semplice per rubare i soldi allo Stato e alla pubblica amministrazione con l'aiuto di consiglieri di amministrazione conniventi!
ecco, ora ho capito l'innovazione che evoca la Melandri! finanziare sempre i soliti, i partiti le cooperative e le associazioni legate ai propri bacini e provenienze attraverso bandi giovanili e non più tramite i vecchi e noti appalti del PCI
see u,
Giangiacomo
lunedì 22 gennaio 2007
La Melandri esulta per le norme antigiovani?
Il ministro Melandri - augurandoci che sia in buona fede - non deve essere molto pratica di numeri. Non si spiegherebbe altrimenti il suo entusiasmo per la manovra Finanziaria appena varata dalla maggioranza. Come è possibile giudicare in modo positivo una Finanziaria che oggettivamente colpisce le giovani generazioni, dai parasubordinati agli autonomi, dagli studenti ai neo-magistrati? Delle politiche giovanili del Governo Prodi per il momento ne ha beneficiato solo la Melandri, aggiudicandosi un posto da ministro e centinaia di migliaia di euro per pagare le sue marchette.
Il Governo, continuando a spostare gli oneri sulle spalle delle generazioni future, sta aumentando il divario generazionale.
Dopo questa Finanziaria non ci sono dubbi, per la Melandri è davvero il caso di dire missione fallita.
see u,
Giangiacomo
Il Governo, continuando a spostare gli oneri sulle spalle delle generazioni future, sta aumentando il divario generazionale.
Dopo questa Finanziaria non ci sono dubbi, per la Melandri è davvero il caso di dire missione fallita.
see u,
Giangiacomo
domenica 21 gennaio 2007
Un ottimo esempio di sussidiarietà: Forum Regionale Giovani piemontese
Come nasce il Forum Regionale Giovani piemontese
Sussidiarietà questa sconosciuta.
In molti si chiedono cosa sia, un termine che appare dagli anni '90 sulle bocche di tutte, sugli articoli di molti, in ogni testo dell'Unione Europea e del Parlamento di Bruxelles...
dagli esempi si capisce meglio.
poniamo l’attenzione sulla “partecipazione”. I politici dicono “io sono eletto, io decido”. E’ vero, non è giusto depauperare chi quel potere decisionale se l’è sudato, ma questo sarebbe giusto se la classe politica fosse realmente rappresentativa di tutte le fasce di popolazione. Ma le nuove generazioni sono assenti, questa dei nostri giorni è una “gerontocrazia”!! da una ricerca promossa dal Forum Nazionale Giovani risulta che l’età media dei parlamentari italiani è circa di 54 anni, è desolante, non esiste ricambio generazionale. E’ importante far tesoro dell’esperienza di chi ha 60 anni oggi, ma questa saggezza dev’essere confrontata e fusa con le nostre idee nuove, ma questo non accade purtroppo quasi mai (e si rischia la stagnazione!).
Le istituzioni DEVONO DEVONO DEVONO cedere quote di sovranità alle giovani generazioni, perlomeno per quanto concerne le decisioni che le riguardano da vicino, e questa cosa raramente viene capita.
Per questo motivo è nato (sta nascendo) il Forum Regionale Giovani piemontese (www.gruppoforumgiovanipiemonte.it)
Davanti all'inerzia generale, prima 5, poi 10, dopo ancora 15 associazioni si sono autoconvocate.
Ora siamo 80 associazioni a livello regionale, rappresentantive sia delle comunità montane, sia delle piccole cittadine, sia delle 8 province piemontesi. Grandi e piccole associazioni, satelliti di organizzazioni nazionali e realtà comunali, che lavorano dal volontariato al teatro, dalla mobilità internazionale alla formazione.
Il gruppo promotore ha lavorato un anno e mezzo e ora, tra poche settimane, l'organismo verrà istituito da noi tutti delle associazioni, e, sembra, verrà riconosciuto quasi “a forza” dalle istituzioni pubbliche.
Per forza dovrà essere riconosciuto: siamo rappresentativi, veramente. siamo interessati ai valori che portiamo. siamo una forza politicamente trasversale. conosciamo esattamente i nostri pensieri, la nostra creatività, i punti di eccellenza di ognuna delle associazioni con cui partecipiamo. siamo indipendenti dalla politica!
conosciamo i nostri bisogni, le nostre esigenze!
chi meglio di noi può interrogarsi sulle politiche giovanili, chi meglio di noi può essere ascoltato in merito alle leggi da attuare che si occupino di giovani (dai 18 ai 35 anni secondo lo standard europeo)????
il Forum Regionale dei Giovani sta funzionando proprio per il fatto che è un meccanismo nato "dal basso", dai giovani stessi, dalle loro preoccupazioni, dai loro credo, dalle loro posizioni e dalle loro aspettative.
c'è chi invece come qualche politico locale (un vicepresidente della regione piemonte ad esempio) che ritiene che lo strumento della Consulta Regionale dei Giovani sia l'organismo migliore per parlare di giovani.
ma come? il presidente è di diritto un politico, quindi legato agli interessi di partito, legato ad un'ideologia politica e vicepresidente del consiglio regionale. nella scorsa legislatura aveva 45 anni, in questa ne ha 55... non è giovane!!
la consulta rappresenta a mala pena 10 associazioni (molte delle quali già all'interno del Forum), un consigliere regionale per ogni gruppo consiliare e un giovane (non eletto, ma designato!!) dai gruppi consiliari.
come fa una macchina burocratica e burocratizzante a parlare, a discutere con i giovani?
come fa un elefante vecchio ad essere l'interlocutore del Consiglio Regionale in merito ai piani triennali e alle leggi sui giovani quando non è rappresentativo?
in ultimo, il paradosso: per legge la consulta può essere consultata (e il parere non è neanche vincolante) solamente per le leggi che riguardano l'assessorato alla cultura!! conseguenza devastante e fuori da ogni logica è che quando l'assessorato al lavoro discuta di una legge in merito all'apprendistato o l'assessorato all'edilizia discuta di legislazione legata alla prima casa e agli affiti, i giovani non abbiano un'opportunità per far sentire la propria voce!!!
morale: le vere esigenze dei giovani sono messi dietro ad un politico che ha bisogno di un fondo di bilancio per foraggiare la sua base elettorale, per pagare le cambiali in bianco firmate durante la sua campagna elettorale, che "ha necessità" di mantenere invariate le sue prerogative, anche quando queste non siano utili e seguano il bene comune!
basta parlare di giovani solo quando si leghi la posizione a problematica giovanile (droga, alcool, prevenzione)!
basta ostacolare i giovani perchè si ha paura di perdere la propria poltrona!
i giovani devono essere visti come una risorsa per la propria azienda, per il proprio territorio, per il proprio Stato!
valorizziamo il capitale umano che abbiamo... i giovani sono la nostra ricchezza!
see u,
Giangiacomo
Sussidiarietà questa sconosciuta.
In molti si chiedono cosa sia, un termine che appare dagli anni '90 sulle bocche di tutte, sugli articoli di molti, in ogni testo dell'Unione Europea e del Parlamento di Bruxelles...
dagli esempi si capisce meglio.
poniamo l’attenzione sulla “partecipazione”. I politici dicono “io sono eletto, io decido”. E’ vero, non è giusto depauperare chi quel potere decisionale se l’è sudato, ma questo sarebbe giusto se la classe politica fosse realmente rappresentativa di tutte le fasce di popolazione. Ma le nuove generazioni sono assenti, questa dei nostri giorni è una “gerontocrazia”!! da una ricerca promossa dal Forum Nazionale Giovani risulta che l’età media dei parlamentari italiani è circa di 54 anni, è desolante, non esiste ricambio generazionale. E’ importante far tesoro dell’esperienza di chi ha 60 anni oggi, ma questa saggezza dev’essere confrontata e fusa con le nostre idee nuove, ma questo non accade purtroppo quasi mai (e si rischia la stagnazione!).
Le istituzioni DEVONO DEVONO DEVONO cedere quote di sovranità alle giovani generazioni, perlomeno per quanto concerne le decisioni che le riguardano da vicino, e questa cosa raramente viene capita.
Per questo motivo è nato (sta nascendo) il Forum Regionale Giovani piemontese (www.gruppoforumgiovanipiemonte.it)
Davanti all'inerzia generale, prima 5, poi 10, dopo ancora 15 associazioni si sono autoconvocate.
Ora siamo 80 associazioni a livello regionale, rappresentantive sia delle comunità montane, sia delle piccole cittadine, sia delle 8 province piemontesi. Grandi e piccole associazioni, satelliti di organizzazioni nazionali e realtà comunali, che lavorano dal volontariato al teatro, dalla mobilità internazionale alla formazione.
Il gruppo promotore ha lavorato un anno e mezzo e ora, tra poche settimane, l'organismo verrà istituito da noi tutti delle associazioni, e, sembra, verrà riconosciuto quasi “a forza” dalle istituzioni pubbliche.
Per forza dovrà essere riconosciuto: siamo rappresentativi, veramente. siamo interessati ai valori che portiamo. siamo una forza politicamente trasversale. conosciamo esattamente i nostri pensieri, la nostra creatività, i punti di eccellenza di ognuna delle associazioni con cui partecipiamo. siamo indipendenti dalla politica!
conosciamo i nostri bisogni, le nostre esigenze!
chi meglio di noi può interrogarsi sulle politiche giovanili, chi meglio di noi può essere ascoltato in merito alle leggi da attuare che si occupino di giovani (dai 18 ai 35 anni secondo lo standard europeo)????
il Forum Regionale dei Giovani sta funzionando proprio per il fatto che è un meccanismo nato "dal basso", dai giovani stessi, dalle loro preoccupazioni, dai loro credo, dalle loro posizioni e dalle loro aspettative.
c'è chi invece come qualche politico locale (un vicepresidente della regione piemonte ad esempio) che ritiene che lo strumento della Consulta Regionale dei Giovani sia l'organismo migliore per parlare di giovani.
ma come? il presidente è di diritto un politico, quindi legato agli interessi di partito, legato ad un'ideologia politica e vicepresidente del consiglio regionale. nella scorsa legislatura aveva 45 anni, in questa ne ha 55... non è giovane!!
la consulta rappresenta a mala pena 10 associazioni (molte delle quali già all'interno del Forum), un consigliere regionale per ogni gruppo consiliare e un giovane (non eletto, ma designato!!) dai gruppi consiliari.
come fa una macchina burocratica e burocratizzante a parlare, a discutere con i giovani?
come fa un elefante vecchio ad essere l'interlocutore del Consiglio Regionale in merito ai piani triennali e alle leggi sui giovani quando non è rappresentativo?
in ultimo, il paradosso: per legge la consulta può essere consultata (e il parere non è neanche vincolante) solamente per le leggi che riguardano l'assessorato alla cultura!! conseguenza devastante e fuori da ogni logica è che quando l'assessorato al lavoro discuta di una legge in merito all'apprendistato o l'assessorato all'edilizia discuta di legislazione legata alla prima casa e agli affiti, i giovani non abbiano un'opportunità per far sentire la propria voce!!!
morale: le vere esigenze dei giovani sono messi dietro ad un politico che ha bisogno di un fondo di bilancio per foraggiare la sua base elettorale, per pagare le cambiali in bianco firmate durante la sua campagna elettorale, che "ha necessità" di mantenere invariate le sue prerogative, anche quando queste non siano utili e seguano il bene comune!
basta parlare di giovani solo quando si leghi la posizione a problematica giovanile (droga, alcool, prevenzione)!
basta ostacolare i giovani perchè si ha paura di perdere la propria poltrona!
i giovani devono essere visti come una risorsa per la propria azienda, per il proprio territorio, per il proprio Stato!
valorizziamo il capitale umano che abbiamo... i giovani sono la nostra ricchezza!
see u,
Giangiacomo
domenica 14 gennaio 2007
La parola ai giovani
pochi giorni fa, 28 Dicembre 2006, è stato pubblicato un editoriale su La Stampa a firma di Tito Boeri.
(brevi cenni su Tito Boeri: ha ottenuto il Ph.D. in Economia presso la New York University, è stato senior economist all'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) dal 1987 al 1996. E' stato consulente del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della Commissione Europea e dell'Ufficio Internazionale del Lavoro. E' direttore di un corso di laurea presso l'Università Bocconi di Milano dove insegna Economia del Lavoro. E' Direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti e collabora con La Stampa. E' fondatore dell' economic policy watchdog website www.lavoce.info)
impressionante... negativamente! da una parte è un paradosso che un "vecchio" (non so quanti anni possa avere, ma sicuramente oltre 35, il limite europeo x essere ritenuti giovani) indichi la strada ai giovani e non siano i giovani ad averla avviata e un giornalista a riprenderla successivamente.
in secondo luogo, è proprio vero che i giovani non siano interessati, non si rendano conto di essere tessuto della società civile.c i sono poche, pochissime eccezioni di giovani interessati al mondo della politica, del volontariato, dell'associazionismo. pochissimi i giovani che davanti all'inerzia generale, si autoconvocano e cerchino di costruire piattaforme concrete per farsi ascoltare e vedere.
da qualche settimana, è all'ordine del giorno la riforma delle pensioni.
posto che il sottoscritto sia a favore di una riforma (i termini e le condizioni non sono da disquisire in tale sede), ma caspita, ai giovani verrà ridotta in modo netto, il governo e il parlamento non ha contattato nessun nostro rappresentante per essere ascoltati e per consultarci, noi stessi pagheremo la pensione a coloro che lavorano da almeno 10 anni fino ai nostri genitori e nonni e... nulla? assenza completa?
nessuno striscione? fiaccolata? manifestazione? mobilitazione? ci facciamo usare? rimaniamo passivi??
io non ci sto.
scusatemi, ma io non mi faccio prendere in giro.
sto pensando e organizzando qualcosa...
se avete voglia/interesse, fatevi sentire.
facciamoci sentire!
Editoriale di Tito Boeri, pubblicato su La Stampa il 28 Dicembre 2006
La parola ai giovani
Ieri il governo ha abrogato con decreto una norma votata dal Parlamento meno di una settimana fa e non ancora entrata in vigore. Al di là del contenuto censurabile del comma 1343 sulla sanatoria degli illeciti contabili, non è certo un bel precedente. Nei prossimi mesi l’esecutivo dovrà cimentarsi in una correzione in corso d’opera ancora più impegnativa: modificare una legge che è già in vigore, ma che avrà effetto solo fra 12 mesi perché graziosamente tramandata ai posteri dal governo Berlusconi. Si tratta del cosiddetto scalone introdotto dalla riforma Maroni-Tremonti, quello che porterebbe in una sola notte, quella del Capodanno 2008, ad alzare di ben 3 anni i requisiti contributivi necessari per accedere alle pensioni di anzianità per tre generazioni di lavoratori.Il governo in carica si è impegnato con gli elettori ad abolire lo scalone, ma, al tempo stesso, non può permettersi di cancellare i risparmi di spesa che proprio lo scalone consente. Sarebbe come buttare via l’unico vero risultato portato a casa con la Finanziaria appena varata, il ritorno a un deficit strutturale al di sotto del 3 per cento del Pil. Per abolire lo scalone senza rinunciare ai suoi effetti sul bilancio 2008 occorreva anticipare gli interventi sulle pensioni al Capodanno 2007. Ora che si è all’ombra dello scalone, è quasi impossibile ottenere gli stessi risparmi con interventi più graduali, più efficaci e meno iniqui.C’è un solo modo con cui il governo può superare questa difficile prova. Deve riuscire a varare la riforma definitiva, l’ultima riforma delle pensioni, quella che completerà la lunga stagione delle riforme previdenziali iniziata 15 anni fa. Se riuscirà in questo compito il governo sgombrerà le menti di molti dal tormentone che da tempo fa loro passare notti insonni. E oltre alla riconoscenza degli italiani, potrà trarne benefici nell’arco della legislatura in termini di maggiore crescita, quella derivante dall’allungamento della vita lavorativa di chi è maggiormente produttivo. È possibile con una riforma definitiva ottenere, in valore atteso, risparmi ben più consistenti di quelli dello scalone Maroni-Tremonti, senza violare il patto intergenerazionale su cui si regge il sistema previdenziale pubblico, anzi rendendolo più sostenibile. Bisogna però saper guardare in là, anticipando l’entrata in vigore delle regole di calcolo della pensione che varranno per chi ha iniziato a lavorare negli ultimi 10 anni e introducendo automatismi, regole contingenti, che rendano inutili nuovi interventi d’imperio dell’autorità pubblica, per compensare gli effetti di andamenti demografici ed economici imprevisti. Tre interventi, in particolare, sono indispensabili per raggiungere questo risultato.La prima misura è l’aggiornamento e la revisione automatica dei cosiddetti coefficienti di trasformazione. Quando si va in pensione, questi coefficienti convertono il montante di contributi accumulati durante la vita lavorativa in prestazioni annuali. Il coefficiente tiene conto (è decrescente) della speranza di vita perché una vita attesa più lunga implica che le prestazioni devono essere versate per più tempo. Si tratta ora non solo di aggiornare i coefficienti in linea con le raccomandazioni del nucleo di valutazione della spesa previdenziale, ma anche di rendere le revisioni automatiche in base agli aggiornamenti delle tavole di mortalità compilate dall’Istat. Questo eviterebbe di intervenire sempre in ritardo (e a danno dei lavoratori più giovani) nell’adeguare il sistema previdenziale alla dinamica demografica.La seconda misura è l’introduzione di riduzioni attuariali (i cosiddetti disincentivi) per chi va in pensione prima del raggiungimento di una soglia di età che dovrà avvicinarsi rapidamente ai 65 anni. Si tratta, in altre parole, di permettere all’Inps di liquidare, in valore attuale, lo stesso importo a chi va in pensione prima e a chi va in pensione a 65 anni, impedendo che chi lavora più a lungo sia, come oggi, penalizzato. Anche in questo caso si tratta di una riforma che porta ad armonizzare i trattamenti fra generazioni successive di pensionandi, evitando le attuali odiose disparità di trattamento a svantaggio dei lavoratori più giovani. Applicata alla sola parte retributiva delle pensioni, questa misura porterebbe a risparmi dell’ordine di un quarto di punto di Pil ogni anno, con un risparmio cumulato che supererebbe quello previsto dalla riforma Tremonti-Maroni. La terza misura è l’introduzione di un sistema di rendicontazione dei diritti previdenziali acquisiti uguale a quello introdotto dalle cosiddette «buste arancione» in Svezia, per cui ogni contribuente è informato ogni anno, in maniera chiara e tempestiva, sulla propria situazione previdenziale in termini di versamenti effettuati e di probabile pensione futura. Questo sistema sarà utilissimo anche nel promuovere il decollo della previdenza integrativa nell’operazione di smobilizzo del Tfr perché permetterà ai lavoratori di meglio valutare di quanto debbano cercare di integrare gli accantonanti all’Inps per assicurarsi un adeguato tenore di vita quando andranno in pensione.Non è certo difficile mostrarsi più lungimiranti del governo della passata legislatura. Ma anche questo esecutivo deve fare i conti con una classe politica e con rappresentanze sociali che hanno orizzonti cortissimi. Lo stesso scalone, accettato quasi senza colpo ferire due anni fa e ora al centro delle rivendicazioni del sindacato, è la controprova di questa acuta miopia. Se il governo vuole davvero allungare gli orizzonti delle sue decisioni su temi che riguarderanno le generazioni future dovrebbe cominciare dall’invitare al tavolo del confronto chi potrà maggiormente beneficiare dalle riforme, a partire dalle rappresentanze degli studenti universitari (ad esempio il Cnsu) e di quelli delle scuole secondarie. Saranno loro i futuri lavoratori, quelli che pagheranno le nostre pensioni. Non possono non avere voce in capitolo.
see u,
Giangiacomo
(brevi cenni su Tito Boeri: ha ottenuto il Ph.D. in Economia presso la New York University, è stato senior economist all'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) dal 1987 al 1996. E' stato consulente del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della Commissione Europea e dell'Ufficio Internazionale del Lavoro. E' direttore di un corso di laurea presso l'Università Bocconi di Milano dove insegna Economia del Lavoro. E' Direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti e collabora con La Stampa. E' fondatore dell' economic policy watchdog website www.lavoce.info)
impressionante... negativamente! da una parte è un paradosso che un "vecchio" (non so quanti anni possa avere, ma sicuramente oltre 35, il limite europeo x essere ritenuti giovani) indichi la strada ai giovani e non siano i giovani ad averla avviata e un giornalista a riprenderla successivamente.
in secondo luogo, è proprio vero che i giovani non siano interessati, non si rendano conto di essere tessuto della società civile.c i sono poche, pochissime eccezioni di giovani interessati al mondo della politica, del volontariato, dell'associazionismo. pochissimi i giovani che davanti all'inerzia generale, si autoconvocano e cerchino di costruire piattaforme concrete per farsi ascoltare e vedere.
da qualche settimana, è all'ordine del giorno la riforma delle pensioni.
posto che il sottoscritto sia a favore di una riforma (i termini e le condizioni non sono da disquisire in tale sede), ma caspita, ai giovani verrà ridotta in modo netto, il governo e il parlamento non ha contattato nessun nostro rappresentante per essere ascoltati e per consultarci, noi stessi pagheremo la pensione a coloro che lavorano da almeno 10 anni fino ai nostri genitori e nonni e... nulla? assenza completa?
nessuno striscione? fiaccolata? manifestazione? mobilitazione? ci facciamo usare? rimaniamo passivi??
io non ci sto.
scusatemi, ma io non mi faccio prendere in giro.
sto pensando e organizzando qualcosa...
se avete voglia/interesse, fatevi sentire.
facciamoci sentire!
Editoriale di Tito Boeri, pubblicato su La Stampa il 28 Dicembre 2006
La parola ai giovani
Ieri il governo ha abrogato con decreto una norma votata dal Parlamento meno di una settimana fa e non ancora entrata in vigore. Al di là del contenuto censurabile del comma 1343 sulla sanatoria degli illeciti contabili, non è certo un bel precedente. Nei prossimi mesi l’esecutivo dovrà cimentarsi in una correzione in corso d’opera ancora più impegnativa: modificare una legge che è già in vigore, ma che avrà effetto solo fra 12 mesi perché graziosamente tramandata ai posteri dal governo Berlusconi. Si tratta del cosiddetto scalone introdotto dalla riforma Maroni-Tremonti, quello che porterebbe in una sola notte, quella del Capodanno 2008, ad alzare di ben 3 anni i requisiti contributivi necessari per accedere alle pensioni di anzianità per tre generazioni di lavoratori.Il governo in carica si è impegnato con gli elettori ad abolire lo scalone, ma, al tempo stesso, non può permettersi di cancellare i risparmi di spesa che proprio lo scalone consente. Sarebbe come buttare via l’unico vero risultato portato a casa con la Finanziaria appena varata, il ritorno a un deficit strutturale al di sotto del 3 per cento del Pil. Per abolire lo scalone senza rinunciare ai suoi effetti sul bilancio 2008 occorreva anticipare gli interventi sulle pensioni al Capodanno 2007. Ora che si è all’ombra dello scalone, è quasi impossibile ottenere gli stessi risparmi con interventi più graduali, più efficaci e meno iniqui.C’è un solo modo con cui il governo può superare questa difficile prova. Deve riuscire a varare la riforma definitiva, l’ultima riforma delle pensioni, quella che completerà la lunga stagione delle riforme previdenziali iniziata 15 anni fa. Se riuscirà in questo compito il governo sgombrerà le menti di molti dal tormentone che da tempo fa loro passare notti insonni. E oltre alla riconoscenza degli italiani, potrà trarne benefici nell’arco della legislatura in termini di maggiore crescita, quella derivante dall’allungamento della vita lavorativa di chi è maggiormente produttivo. È possibile con una riforma definitiva ottenere, in valore atteso, risparmi ben più consistenti di quelli dello scalone Maroni-Tremonti, senza violare il patto intergenerazionale su cui si regge il sistema previdenziale pubblico, anzi rendendolo più sostenibile. Bisogna però saper guardare in là, anticipando l’entrata in vigore delle regole di calcolo della pensione che varranno per chi ha iniziato a lavorare negli ultimi 10 anni e introducendo automatismi, regole contingenti, che rendano inutili nuovi interventi d’imperio dell’autorità pubblica, per compensare gli effetti di andamenti demografici ed economici imprevisti. Tre interventi, in particolare, sono indispensabili per raggiungere questo risultato.La prima misura è l’aggiornamento e la revisione automatica dei cosiddetti coefficienti di trasformazione. Quando si va in pensione, questi coefficienti convertono il montante di contributi accumulati durante la vita lavorativa in prestazioni annuali. Il coefficiente tiene conto (è decrescente) della speranza di vita perché una vita attesa più lunga implica che le prestazioni devono essere versate per più tempo. Si tratta ora non solo di aggiornare i coefficienti in linea con le raccomandazioni del nucleo di valutazione della spesa previdenziale, ma anche di rendere le revisioni automatiche in base agli aggiornamenti delle tavole di mortalità compilate dall’Istat. Questo eviterebbe di intervenire sempre in ritardo (e a danno dei lavoratori più giovani) nell’adeguare il sistema previdenziale alla dinamica demografica.La seconda misura è l’introduzione di riduzioni attuariali (i cosiddetti disincentivi) per chi va in pensione prima del raggiungimento di una soglia di età che dovrà avvicinarsi rapidamente ai 65 anni. Si tratta, in altre parole, di permettere all’Inps di liquidare, in valore attuale, lo stesso importo a chi va in pensione prima e a chi va in pensione a 65 anni, impedendo che chi lavora più a lungo sia, come oggi, penalizzato. Anche in questo caso si tratta di una riforma che porta ad armonizzare i trattamenti fra generazioni successive di pensionandi, evitando le attuali odiose disparità di trattamento a svantaggio dei lavoratori più giovani. Applicata alla sola parte retributiva delle pensioni, questa misura porterebbe a risparmi dell’ordine di un quarto di punto di Pil ogni anno, con un risparmio cumulato che supererebbe quello previsto dalla riforma Tremonti-Maroni. La terza misura è l’introduzione di un sistema di rendicontazione dei diritti previdenziali acquisiti uguale a quello introdotto dalle cosiddette «buste arancione» in Svezia, per cui ogni contribuente è informato ogni anno, in maniera chiara e tempestiva, sulla propria situazione previdenziale in termini di versamenti effettuati e di probabile pensione futura. Questo sistema sarà utilissimo anche nel promuovere il decollo della previdenza integrativa nell’operazione di smobilizzo del Tfr perché permetterà ai lavoratori di meglio valutare di quanto debbano cercare di integrare gli accantonanti all’Inps per assicurarsi un adeguato tenore di vita quando andranno in pensione.Non è certo difficile mostrarsi più lungimiranti del governo della passata legislatura. Ma anche questo esecutivo deve fare i conti con una classe politica e con rappresentanze sociali che hanno orizzonti cortissimi. Lo stesso scalone, accettato quasi senza colpo ferire due anni fa e ora al centro delle rivendicazioni del sindacato, è la controprova di questa acuta miopia. Se il governo vuole davvero allungare gli orizzonti delle sue decisioni su temi che riguarderanno le generazioni future dovrebbe cominciare dall’invitare al tavolo del confronto chi potrà maggiormente beneficiare dalle riforme, a partire dalle rappresentanze degli studenti universitari (ad esempio il Cnsu) e di quelli delle scuole secondarie. Saranno loro i futuri lavoratori, quelli che pagheranno le nostre pensioni. Non possono non avere voce in capitolo.
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Giangiacomo
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