domenica 14 gennaio 2007

La parola ai giovani

pochi giorni fa, 28 Dicembre 2006, è stato pubblicato un editoriale su La Stampa a firma di Tito Boeri.
(brevi cenni su Tito Boeri: ha ottenuto il Ph.D. in Economia presso la New York University, è stato senior economist all'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) dal 1987 al 1996. E' stato consulente del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della Commissione Europea e dell'Ufficio Internazionale del Lavoro. E' direttore di un corso di laurea presso l'Università Bocconi di Milano dove insegna Economia del Lavoro. E' Direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti e collabora con La Stampa. E' fondatore dell' economic policy watchdog website www.lavoce.info)

impressionante... negativamente! da una parte è un paradosso che un "vecchio" (non so quanti anni possa avere, ma sicuramente oltre 35, il limite europeo x essere ritenuti giovani) indichi la strada ai giovani e non siano i giovani ad averla avviata e un giornalista a riprenderla successivamente.
in secondo luogo, è proprio vero che i giovani non siano interessati, non si rendano conto di essere tessuto della società civile.c i sono poche, pochissime eccezioni di giovani interessati al mondo della politica, del volontariato, dell'associazionismo. pochissimi i giovani che davanti all'inerzia generale, si autoconvocano e cerchino di costruire piattaforme concrete per farsi ascoltare e vedere.

da qualche settimana, è all'ordine del giorno la riforma delle pensioni.
posto che il sottoscritto sia a favore di una riforma (i termini e le condizioni non sono da disquisire in tale sede), ma caspita, ai giovani verrà ridotta in modo netto, il governo e il parlamento non ha contattato nessun nostro rappresentante per essere ascoltati e per consultarci, noi stessi pagheremo la pensione a coloro che lavorano da almeno 10 anni fino ai nostri genitori e nonni e... nulla? assenza completa?
nessuno striscione? fiaccolata? manifestazione? mobilitazione? ci facciamo usare? rimaniamo passivi??
io non ci sto.
scusatemi, ma io non mi faccio prendere in giro.
sto pensando e organizzando qualcosa...
se avete voglia/interesse, fatevi sentire.
facciamoci sentire!

Editoriale di Tito Boeri, pubblicato su La Stampa il 28 Dicembre 2006
La parola ai giovani
Ieri il governo ha abrogato con decreto una norma votata dal Parlamento meno di una settimana fa e non ancora entrata in vigore. Al di là del contenuto censurabile del comma 1343 sulla sanatoria degli illeciti contabili, non è certo un bel precedente. Nei prossimi mesi l’esecutivo dovrà cimentarsi in una correzione in corso d’opera ancora più impegnativa: modificare una legge che è già in vigore, ma che avrà effetto solo fra 12 mesi perché graziosamente tramandata ai posteri dal governo Berlusconi. Si tratta del cosiddetto scalone introdotto dalla riforma Maroni-Tremonti, quello che porterebbe in una sola notte, quella del Capodanno 2008, ad alzare di ben 3 anni i requisiti contributivi necessari per accedere alle pensioni di anzianità per tre generazioni di lavoratori.Il governo in carica si è impegnato con gli elettori ad abolire lo scalone, ma, al tempo stesso, non può permettersi di cancellare i risparmi di spesa che proprio lo scalone consente. Sarebbe come buttare via l’unico vero risultato portato a casa con la Finanziaria appena varata, il ritorno a un deficit strutturale al di sotto del 3 per cento del Pil. Per abolire lo scalone senza rinunciare ai suoi effetti sul bilancio 2008 occorreva anticipare gli interventi sulle pensioni al Capodanno 2007. Ora che si è all’ombra dello scalone, è quasi impossibile ottenere gli stessi risparmi con interventi più graduali, più efficaci e meno iniqui.C’è un solo modo con cui il governo può superare questa difficile prova. Deve riuscire a varare la riforma definitiva, l’ultima riforma delle pensioni, quella che completerà la lunga stagione delle riforme previdenziali iniziata 15 anni fa. Se riuscirà in questo compito il governo sgombrerà le menti di molti dal tormentone che da tempo fa loro passare notti insonni. E oltre alla riconoscenza degli italiani, potrà trarne benefici nell’arco della legislatura in termini di maggiore crescita, quella derivante dall’allungamento della vita lavorativa di chi è maggiormente produttivo. È possibile con una riforma definitiva ottenere, in valore atteso, risparmi ben più consistenti di quelli dello scalone Maroni-Tremonti, senza violare il patto intergenerazionale su cui si regge il sistema previdenziale pubblico, anzi rendendolo più sostenibile. Bisogna però saper guardare in là, anticipando l’entrata in vigore delle regole di calcolo della pensione che varranno per chi ha iniziato a lavorare negli ultimi 10 anni e introducendo automatismi, regole contingenti, che rendano inutili nuovi interventi d’imperio dell’autorità pubblica, per compensare gli effetti di andamenti demografici ed economici imprevisti. Tre interventi, in particolare, sono indispensabili per raggiungere questo risultato.La prima misura è l’aggiornamento e la revisione automatica dei cosiddetti coefficienti di trasformazione. Quando si va in pensione, questi coefficienti convertono il montante di contributi accumulati durante la vita lavorativa in prestazioni annuali. Il coefficiente tiene conto (è decrescente) della speranza di vita perché una vita attesa più lunga implica che le prestazioni devono essere versate per più tempo. Si tratta ora non solo di aggiornare i coefficienti in linea con le raccomandazioni del nucleo di valutazione della spesa previdenziale, ma anche di rendere le revisioni automatiche in base agli aggiornamenti delle tavole di mortalità compilate dall’Istat. Questo eviterebbe di intervenire sempre in ritardo (e a danno dei lavoratori più giovani) nell’adeguare il sistema previdenziale alla dinamica demografica.La seconda misura è l’introduzione di riduzioni attuariali (i cosiddetti disincentivi) per chi va in pensione prima del raggiungimento di una soglia di età che dovrà avvicinarsi rapidamente ai 65 anni. Si tratta, in altre parole, di permettere all’Inps di liquidare, in valore attuale, lo stesso importo a chi va in pensione prima e a chi va in pensione a 65 anni, impedendo che chi lavora più a lungo sia, come oggi, penalizzato. Anche in questo caso si tratta di una riforma che porta ad armonizzare i trattamenti fra generazioni successive di pensionandi, evitando le attuali odiose disparità di trattamento a svantaggio dei lavoratori più giovani. Applicata alla sola parte retributiva delle pensioni, questa misura porterebbe a risparmi dell’ordine di un quarto di punto di Pil ogni anno, con un risparmio cumulato che supererebbe quello previsto dalla riforma Tremonti-Maroni. La terza misura è l’introduzione di un sistema di rendicontazione dei diritti previdenziali acquisiti uguale a quello introdotto dalle cosiddette «buste arancione» in Svezia, per cui ogni contribuente è informato ogni anno, in maniera chiara e tempestiva, sulla propria situazione previdenziale in termini di versamenti effettuati e di probabile pensione futura. Questo sistema sarà utilissimo anche nel promuovere il decollo della previdenza integrativa nell’operazione di smobilizzo del Tfr perché permetterà ai lavoratori di meglio valutare di quanto debbano cercare di integrare gli accantonanti all’Inps per assicurarsi un adeguato tenore di vita quando andranno in pensione.Non è certo difficile mostrarsi più lungimiranti del governo della passata legislatura. Ma anche questo esecutivo deve fare i conti con una classe politica e con rappresentanze sociali che hanno orizzonti cortissimi. Lo stesso scalone, accettato quasi senza colpo ferire due anni fa e ora al centro delle rivendicazioni del sindacato, è la controprova di questa acuta miopia. Se il governo vuole davvero allungare gli orizzonti delle sue decisioni su temi che riguarderanno le generazioni future dovrebbe cominciare dall’invitare al tavolo del confronto chi potrà maggiormente beneficiare dalle riforme, a partire dalle rappresentanze degli studenti universitari (ad esempio il Cnsu) e di quelli delle scuole secondarie. Saranno loro i futuri lavoratori, quelli che pagheranno le nostre pensioni. Non possono non avere voce in capitolo.

see u,
Giangiacomo

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