domenica 21 novembre 2010

Fini nel Paese delle meraviglie. Vera e falsa destra

Il giornalista Massimo Gramellini non è certo un uomo di destra. Ma è difficile dargli torto quando, sulla prima pagina de La Stampa del 17 novembre, scrive che quelli proposti da Gianfranco Fini come elenchi dei valori della destra «non erano elenchi, ma frasi fatte». La questione può apparire priva di senso in un’epoca di «dittatura del relativismo» – l’espressione, com’è noto, ricorre spesso nel Magistero di Benedetto XVI – in cui ognuno dà alle parole il significato che più gli aggrada. Il dittatore segreto del mondo che ci circonda è il malvagio Humpty Dumpty di Attraverso lo specchio (1872), il fortunato seguito che Lewis Carroll (1832-1898) diede al suo Alice nel Paese delle meraviglie (1865). Nel sesto capitolo di Attraverso lo specchio troviamo questo dialogo fra Alice e Humpty Dumpty:

«Quando io uso una parola, – disse Humpty Dumpty in tono d'alterigia, – essa significa ciò che appunto voglio che significhi: né più né meno.

- Si tratta di sapere, – disse Alice, – se voi potete dare alle parole tanti diversi significati.

- Si tratta di sapere, – disse Humpty Dumpty, – chi ha da essere il padrone. Questo è tutto».


In questa pagina di grande letteratura troviamo un tema sviluppato da Benedetto XVI nel discorso di Ratisbona del 2006 e nelle encicliche Spe salvi del 2007 e Caritas in veritate del 2009: o la ragione accetta di farsi misurare dalla verità oppure sarà misurata soltanto dal potere. Che cosa sia la verità o che cosa significa una parola sarà deciso dal «padrone», da chi controlla la comunicazione e i media. Se tutte le parole hanno un padrone, che opera contro la verità, siamo di fronte allo scenario apocalittico evocato da un altro geniale scrittore inglese, don Robert Hugh Benson (1871-1914) nel suo Il Padrone del mondo (1907).

L’Apocalisse e la sacra Scrittura non ci portano lontano dal nostro tema. È qui infatti che troviamo l’origine delle espressioni «destra» e «sinistra». Un commentario alle lettere di san Pietro e alla lettera di san Giuda spiega che dopo l’Ascensione «Cristo è ormai “alla destra” di Dio. Per comprendere tale posizione bisogna ricordare la valenza positiva della “destra” nella Scrittura e nella civiltà antica e il significato negativo della sinistra. […] [Nella Scrittura] la destra assume il significato di lato positivo, fortunato, salvifico, divino, mentre la sinistra assume significato negativo, maledetto e satanico; così i salvati-benedetti saranno collocati da Gesù alla destra e i maledetti alla sinistra (cfr. Mt 25, 31-46)» (Michele Mazzeo, Lettere di Pietro, Lettera di Giuda, Paoline, Milano 2002, p. 141).

Non è dunque un caso se dopo la Rivoluzione francese, restaurata la monarchia, coloro che si opponevano ai principi rivoluzionari andarono a occupare la parte destra dei banchi del Parlamento e coloro che accettavano tali principi o almeno non li condannavano radicalmente la parte sinistra, così dando origine ai moderni concetti politici di «destra» e «sinistra». Agli inizi del secolo XIX che cosa queste parole volessero significare era dunque chiaro. Era di destra chi si opponeva ai principi della Rivoluzione francese. Era di sinistra chi non vi si opponeva.

Ma è necessario un rapido approfondimento. La destra non era costituita da semplici nostalgici della monarchia così com’era esistita prima del 1789. Secondo l’osservazione di un pensatore cattolico della generazione successiva, René de La Tour du Pin (1834-1924), chi avversa la Rivoluzione francese non è interessato a tornare al 1788, perché sa che un anno dopo verrà il 1789. La monarchia del 1788 soffriva già dei morbi dell’assolutismo e del centralismo, che la Rivoluzione non avrebbe curato ma esasperato. L’ordine cristiano della monarchia tradizionale – che è cosa ben diversa dalla monarchia assoluta – riconosceva che sopra al sovrano c’è un limite costituito dalla legge di Dio e dalla legge naturale. Il sovrano non può emanare norme che contraddicano la legge iscritta da Dio nella natura: se lo fa, non si tratta di vere leggi né si è tenuti a rispettarle. Se rispetta questo limite in alto, il sovrano rispetterà anche un limite in basso, costituito dai diritti non del «cittadino» astratto, invenzione dell’Illuminismo, ma delle persone concrete riunite in comunità e corpi intermedi.

La scienza politica formulerà poi questo rispetto del limite in basso come principio di sussidiarietà e come federalismo. Ma non c’è rispetto del limite in basso senza rispetto del limite in alto. La destra si oppone quindi a ogni potere assoluto, solutus ab, sciolto dal limite della legge naturale in alto e quindi sciolta dal limite del rispetto dei diritti delle persone e delle comunità in basso. Come scrive un pensatore cattolico del secolo XX, il brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira, «l’atteggiamento della “destra” concorda maggiormente con i princìpi di ordine, di gerarchia, di autorità e di disciplina, che contraddistinguono l’ordine medioevale. “Sinistra” significa poi l’allontanarsi da questi princìpi e perciò, ipso facto, l’esser legati ai princìpi opposti» (Prefazione per un’edizione tedesca, in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Edizione del cinquantenario (1959-2009) con materiali della «fabbrica» del testo e documenti integrativi, a cura di Giovanni Cantoni. Sugarco, Milano 2010, p. 336).

L’«ordine medioevale» però non ha nulla a che fare con la monarchia assoluta, proprio perché non è «assoluto» ma riconosce i limiti in alto e in basso. E la destra non si caratterizza solo per un momento negativo – il rifiuto della Rivoluzione francese, e del processo di allontanamento dalla verità naturale e cristiana che l’ha preceduta e seguita – ma anche per un momento positivo che fa riferimento in alto alla legge naturale, il cui autore è Dio, e in basso ai diritti della persona, dei corpi intermedi e delle comunità locali – di qui il principio di sussidiarietà e la preferenza federalista – garantiti appunto dal rispetto della legge naturale. Le forme di Stato e di governo sono secondarie rispetto a questa definizione di destra, che è primaria. La democrazia, per esempio, può rispettare la legge naturale e il principio di sussidiarietà, ma – come insegna la dottrina sociale della Chiesa, fino a Benedetto XVI – non garantisce affatto in modo automatico tale rispetto.

Se per «Rivoluzione» intendiamo non solo la Rivoluzione francese, ma un processo più ampio che nega la legge naturale iniziato ben prima del 1789 e che continua fino ai nostri giorni, la geografia della politica – continua Corrêa de Oliveira nel brano citato – diventa più chiara. «Vi è stata una Rivoluzione. Anche gli uomini si lasciano classificare secondo tre tendenze: quelli che riconoscono la Rivoluzione – almeno confusamente – e vi si contrappongono: la destra; quelli che sono al corrente della Rivoluzione e la portano a termine rapidamente o lentamente: la sinistra; quelli che non sanno della Rivoluzione in quanto tale, ne percepiscono solo aspetti superficiali e si sforzano, mediante la conservazione dello status quo, di trovare una pacificazione con la Rivoluzione: il centro» (ibid., pp. 336-337). Capita che le necessità della politica impongano alleanze di centro-destra o di centro-sinistra. In tal caso, almeno in tesi, «centro e destra si sforzano di lottare contro la Rivoluzione. Centro e sinistra si sforzano di far progredire la Rivoluzione senza però cadere nell’estremo» (ibid., p. 337).

Ma ben presto arriva Humpty Dumpty, il quale è precisamente qualcuno che pensa di avere un potere «assoluto», sciolto da ogni limite morale, anche sulle parole. Dal momento che la parola «destra», per ragioni che come si è visto sono antiche addirittura quanto la Bibbia, evoca valori che suscitano un certo consenso anche elettorale, a mano a mano che il processo rivoluzionario avanza nascono quelle che Corrêa de Oliveira chiama «false destre». In particolare, nel corso del secolo XIX emerge una prima «falsa destra», costituita da coloro che accettano i principi liberali nella loro versione del 1789 ma rifiutano il socialismo. E con l’affermazione del marxismo-leninismo nel secolo XX nasce anche una seconda «falsa destra», costituita da quei socialisti che rifiutano il comunismo, pur mantenendo fermi numerosi elementi del pensiero socialista. E così via. Le «false destre» sono innumerevoli, perché il loro orizzonte si sposta continuamente. Rifiutano l’ultima fase, la più estrema, del processo rivoluzionario, ma accettano le fasi precedenti. E queste «destre» sono chiamate a buon diritto «false» perché, a ogni generazione, accettano porzioni sempre più grandi dei principi della sinistra.

La questione si complica con il «fusionismo». Spesso si pensa che questa espressione sia nata negli Stati Uniti per designare l’idea di mettere insieme tutte le possibili «destre» per sconfiggere la sinistra. In realtà nacque già tra i monarchici francesi alla fine del secolo XIX, dalla proposta della famiglia Orléans di riunire tutti i monarchici – che fossero cattolici ostili al 1789, liberali disposti a difendere almeno alcuni aspetti della Rivoluzione francese e anche massoni e anticlericali – intorno al comune progetto di restaurare la monarchia in Francia. I fascismi sono, a loro modo, «fusionismi» che cercano di mettere insieme destre diverse: quella vera e quelle false. I cartelli elettorali «fusionisti» spesso funzionano, tanto più nel sistema elettorale degli Stati Uniti. Ma dottrinalmente il «fusionismo» implica un certo relativismo, un certo atteggiamento che fa prevalere l’interesse elettorale sulle idee. E in un clima relativista la falsa destra più omogenea al relativismo fatalmente prevale sulle altre destre e dà il tono a tutto l’insieme. Né va sottovalutata la forza di corruzione del relativismo, nel mettere al suo servizio parole d’ordine apparentemente «di destra», il cui senso è poi sovvertito fino a significare il contrario. «Quando a una parola faccio far tanto lavoro, – disse Humpty Dumpty, – la pago di più» (Attraverso lo specchio, cap. 6).

Che c’entra tutto questo con Gianfranco Fini? C’entra molto, perché chi mi ha seguito fin qui dovrebbe avere ricavato almeno il criterio per distinguere la destra autentica dalle false destre. È vera destra quella che chiede al potere di rispettare un limite in alto costituito dalla legge naturale, quindi – come logica conseguenza – un limite in basso, definito dal principio di sussidiarietà come rispetto da parte dello Stato dei diritti delle persone, dei corpi intermedi e delle autonomie locali. La posizione di Fini è molto confusa quanto al limite in basso. Se talora afferma di non opporsi al federalismo, più spesso difende il centralismo e lo statalismo insieme al pilastro economico che li sorregge, il sistema «tassa e spendi» che caratterizza l’assistenzialismo di Stato.

Come si è visto, c’è un criterio sicuro per prevedere se una certa politica rispetterà il limite in basso. Occorre chiedersi se comincia con il rispettare il limite in alto costituito dal riconoscimento teorico e pratico dell’esistenza di una legge naturale. Nel libro da lui firmato – non importa qui se davvero scritto da lui - Il futuro della libertà. Consigli non richiesti ai nati nel 1989 (Rizzoli, Milano 2009) Fini afferma di rifiutare il «dogmatismo […] di tipo religioso» (ibid., 118). Da questo rifiuto fa subito discendere l’affermazione del diritto degli uomini e delle donne all’autodeterminazione in campo bioetico e la forte rivendicazione della posizione a suo tempo assunta in tema di procreazione assistita (ibid., 119), ma anche – perché non si tratta solo di bioetica – un’idea di nazione, quindi di cittadinanza – con riflessi sulla questione degli immigrati – come una realtà dinamica, plastica, plasmabile che continuamente muta e si ridefinisce nel tempo.

A proposito di Eluana Englaro (1970-2009), Fini plaude alla sua soppressione in nome di una presunta «sovranità del singolo […] su se stesso, sulla propria vita e sul proprio lasciare la vita» (ibid., 103). Gli esempi potrebbero continuare – in ogni occasione, Fini insiste sull’urgenza di un riconoscimento giuridico delle unioni di fatto, anche omosessuali – ma forse non occorre insistere troppo per convincersi che Fini non riconosce nella legge naturale un limite per l’azione dello Stato e delle sue leggi a proposito della vita e della famiglia. Non occorre, come si dice, bere il mare per concludere che è salato.

Non si tratta di problemi secondari: anzi, come ricorda Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate sono questi oggi i problemi cruciali della vita sociale e il terreno dove si gioca la battaglia per la definizione della vera libertà e del vero futuro dell’uomo. «Campo primario e cruciale della lotta culturale tra l’assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell’uomo è oggi – spiega l’enciclica – quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio» (n. 74); «la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica» (n. 75). Nel momento in cui Fini ribadisce la sua posizione, antitetica a quella cattolica, sulla fecondazione assistita, sul caso Englaro e sulle unioni omosessuali non sta parlando di questioni marginali, ma del «campo primario e cruciale» della politica.

Non si tratta, naturalmente, di affermare che solo un cattolico o un credente può essere «di destra», né di arruolare la dottrina sociale della Chiesa al servizio delle scelte tecniche di una parte politica, il che sarebbe sbagliato e arbitrario. Certo è un fatto storico che la destra nasce cattolica, ma la legge naturale è accessibile alla ragione umana anche a prescindere dalla fede e quindi s’impone a ogni uomo dotato di retta ragione: che sia credente o non credente, che sia cattolico, ebreo o buddhista. Non si tratta dunque d’indebita ingerenza della Chiesa o del «dogmatismo» religioso – una vecchia espressione massonica, che è significativo vedere ripresa da Fini – ma di riconoscere o meno la legge naturale. Se le parole hanno un senso, e non siamo nel regno di Humty Dumpty, chi riconosce la legge naturale è di destra e chi non la riconosce è di sinistra.

Proprio in tema di fine vita, Fini accusa i sostenitori del mantenimento in vita di Eluana Englaro di essersi mostrati prigionieri di vecchie «linee […] dell’“essere”, vale a dire le linee, in definitiva rassicuranti ma immobili, dell’“identità”» (ibid., 103), mentre si tratta di passare alle «linee contemporanee del “fare”» (ibid.), a una politica giudicata «per ciò che realizza» e non «per ciò che rappresenta» (ibid.). «In principio era l’azione», per dirla con il Faust di Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) e con i futuristi tanto cari a Fini. Ma per la vera destra in principio era il Verbo, cioè la verità, e Faust non è un modello ma una semplice vittima del Diavolo.

Né si tratta solo di bioetica, perché quelle di Fini sulla vita e sulla famiglia sono applicazioni di principi generali sull’autodeterminazione, e su una libertà svincolata da una legge morale naturale e non negoziabile, che emergono anche in altri campi. L’evocazione della libertà e del futuro non è specificamente «di destra». Né lo è quella della legalità come obbedienza formale alla legge, a meno che sia accompagnata dalla chiara affermazione secondo cui le leggi che non rispettano i principi del diritto naturale non sono vere leggi. Inoltre, il rispetto della legge naturale e del principio di sussidiarietà non può non accompagnarsi a un giudizio storico preciso su chi ha costruito una politica che ha teorizzato la negazione di quella legge e di quel principio, dai padri della Rivoluzione francese a molti di quelli del Risorgimento, ideologia statalista e centralista da tenere distinta dal fatto storico dell’unità politica dell’Italia. I giudizi storici di Fini vanno precisamente in senso contrario.

In un contesto democratico nessuno può naturalmente vietare a Fini di presentare le sue idee e i suoi programmi all’attenzione degli elettori. Si può però contestare la sua pretesa di spacciarli come «di destra». E si può – anzi, si deve – svolgere un’opera pedagogica che richiami le nozioni di vera e di falsa destra. Humpty Dumpty, quando pretende che il significato delle parole sia indipendente dalla realtà e sia diventato una questione di puro potere, non è soltanto grottesco ma è anche pericoloso. Va combattuto seriamente. Alimentando la speranza con la filastrocca che Alice «ripeteva dolcemente a se stessa:

Humpty Dumpty sedeva sul muro,

Humpty Dumpty cascò sul duro,

tutti i fanti che accorsero tosto

non seppero alzarlo e rimetterlo a posto» (Attraverso lo specchio, cap. 6).

(17 novembre 2010)

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Giangiacomo

domenica 14 novembre 2010

che sta succedendo?

Copio spudoratamente da http://www.stranocristiano.it/2010/11/che-sta-succedendo/

Che sta succedendo?

Vediamo di semplificare.

1.La prossima settimana in parlamento si decideranno le sorti della legislatura: il PD e IdV presenteranno una mozione di sfiducia alla Camera, e pare che il neo-terzo polo, FLI (Fini) Udc (Casini) e API (Rutelli) ,ne presenterà un’altra, e dovrà comunque decidere come votare su quella della sinistra. Il PdL, da parte sua, presenterà una mozione di fiducia al Senato. Sarà una gara a chi approva per primo la sua…
2.NON VOGLIONO le elezioni: il grosso del Pd, i finiani, Udc. Questi vorrebbero un governo cosiddetto tecnico, lo chiamano così come se i componenti potessero essere, che so, elettricisti, idraulici, metalmeccanici… tutti rigorosamente apolitici, marziani scesi all’improvviso sul pianeta. In verità questi vogliono un governo fatto da loro stessi, che hanno perso le elezioni, e vogliono che rimanga fuori chi le ha vinte, e cioè Berlusconi. Una grande lezione di democrazia …. ma d’altra parte, che ci si può aspettare da quelli che fino a due mesi fa andavano in gita a Predappio?
3.La scusa della riforma elettorale, che vogliono quelli del cosiddetto “governo tecnico”, è semplice: vogliono fare una riforma che faccia entrare in parlamento i loro partitini, per impedire a Berlusconi di governare. Non è in gioco il bene del paese, ma la loro sopravvivenza politica: una riforma elettorale su misura per Fini&Casini&D’Alema: ancora però non riescono a mettersi d’accordo su quale debba essere, perchè ognuno la vuole adatta al suo partito in particolare. Insomma, vogliono il “governo tecnico” per fare la cosa più politica che c’è: una riforma elettorale.
4.VOGLIONO le elezioni: PdL e Lega, e pure Vendola e Renzi del Pd. Se si andasse adesso al voto, Berlusconi vincerebbe ancora, e Fini andrebbe a fare definitivamente l’uncinetto con la Tulliani e la suocera, magari pure nel tinello della casa di Montecarlo, dove il cognatino lo aspetta fiducioso…..
5.Napolitano difficilmente può fare un governo “tecnico” tenendo fuori del tutto PdL e Lega: se adesso Berlusconi e Lega fossero sbattuti all’opposizione e Fini & Udc & Pd al governo, alle prime elezioni Berlusconi e Lega prenderebbero almeno il 75% e Fini&Casini&D’Alema sarebbero pronti per l’uncinetto collettivo e perenne….
Da segnalare, a futura memoria:

- Fini e i suoi vogliono sfasciare tutto, e la colpa di questa crisi gravissima è tutta la loro. Ma ve lo immaginate un governo con Bocchino e Granata ministri? E magari Fini premier, e la Tulliani “first lady”? Vediamo chi si imbarazza, poi…..

- Pierferdinando Casini, che governa con il Pd e pure con IdV in giro per l’Italia, dopo essersi alleato pure con la Bresso, adesso è d’amore e d’accordo con Fini, quello che ha promesso di rendere moderna l’Italia con il riconoscimento delle coppie di fatto e con i cosiddetti “diritti civili”. E si aspetta pure i voti cattolici? E Buttiglione, che si è arrampicato sugli specchi per spiegare l’alleanza con la Bresso, che si inventa adesso per giustificare quella con Fini?

- La faccenda di Ruby è finita nel niente, come era facile immaginare

- Tutti contro Berlusconi, a cominciare dalla Tv di stato: v.Fazio & Saviano, che adesso ospitano pure Bersani&Fini. Ma d’altra parte, si sa: comunisti e fascisti, due facce della stessa medaglia sono.

E intanto il nostro paese deve andare avanti…


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Giangiacomo

1932, quando Topolino diventò massone

di Massimo Introvigne (Avvenire, 13 novembre 2010)

Il numero 34 della collezione – preziosa per l’attenta ricostruzione filologica – Gli anni d’oro di Topolino, pubblicata dalla RCS Quotidiani e intesa a ripresentare in italiano tutto il Topolino di Floyd Gottfredson (1905-1986), fa cenno, riproducendone la tavola iniziale, a una serie del tutto ignota in Italia. Si tratta di Mickey Mouse Chapter, realizzata a partire dal dicembre 1932 da un animatore e disegnatore della Walt Disney, Fred Spencer (1904-1938). La peculiarità di questa serie di Topolino è che è apparsa su una pubblicazione massonica, l’International DeMolay Cordon, e che in queste storie a fumetti il topo più famoso del mondo aderisce all’organizzazione giovanile della massoneria, anzi ne fonda una loggia.

Che cosa era successo? La massoneria degli Stati Uniti si è preoccupata per tempo del reclutamento delle nuove leve, fondando nel 1919 a Kansas City l’Ordine Internazionale di DeMolay, aperto ai ragazzi dai 12 ai 21 anni, cui sono insegnati i principi massonici e che li prepara a un’eventuale adesione alla massoneria. Se la simbologia è patriottica e vagamente cavalleresca, profondamente massonico è il riferimento ai templari e al loro Gran Maestro Jacques de Molay (ca. 1240-1250-1314). Molti storici pensano che de Molay fosse in realtà un buon cattolico, ingiustamente calunniato e mandato a morire sul rogo dal re di Francia Filippo il Bello (1268-1314), che – forse bello, ma certamente squattrinato – voleva impadronirsi delle favolose ricchezze dei templari. Ma nella simbologia massonica settecentesca e ottocentesca de Molay diventa – in modo piuttosto anacronistico – un campione del libero pensiero, vittima dell’alleanza della monarchia di Francia e della Chiesa Cattolica, e i massoni s’impegnano a vendicarlo combattendo i troni e gli altari. Questi riferimenti mostrano come l’organizzazione giovanile della massoneria – che conta ancora oggi diciottomila membri, in cui si è formato per esempio Bill Clinton, e che ha una sua piccola filiale anche in Italia – non sia completamente innocua.

È nota l’appartenenza massonica di Walt Disney (1901-1966). Meno noti sono l’entusiasmo con cui egli accompagnò le prime attività dell’Ordine DeMolay, e la sua amicizia con il fondatore di questa massoneria per ragazzi, l’imprenditore Frank Sherman Lang (1890-1959). Fino a quando compì quarant’anni, benché fosse ormai fuori età, Disney continuò a portare con orgoglio al dito l’anello dell’Ordine DeMolay. Assunse pure come animatore un altro ex-membro del DeMolay, appunto Fred Spencer, il quale – con l’approvazione dello stesso Disney – nel dicembre 1932 iniziò a disegnare tavole con Topolino, di specifico orientamento massonico, per l’International DeMolay Cordon il quale, nonostante il nome pomposo, era poco più che un bollettino dell’Ordine.

Qui comincia una sorta di mistero, perché – benché anche produzioni minori siano sempre state archiviate dalla Disney – di questa serie “segreta” non c’è traccia negli archivi della Walt Disney Company, e lo stesso Ordine DeMolay dichiara di non avere conservato la collezione del bollettino. Gli storici disneyani, che non sono pochi, sono stati in grado finora di recuperarne solo tre tavole. Nella prima Topolino con alcuni amici, fra cui Orazio, fonda un chapter (“capitolo”, l’equivalente di quella che per gli adulti è una loggia), del DeMolay. Nella seconda e nella terza Pluto fa irruzione in una riunione di loggia, creando notevole scompiglio. S’ignora perfino quando la serie sia finita, probabilmente già molto prima della tragica morte di Spencer in un incidente stradale nel 1938.

Sbaglierebbe chi da questo curioso episodio – e dalla dichiarata passione di Disney per la massoneria – volesse ricavare un giudizio su tutta la produzione disneyana come ispirata ai valori massonici. Da una parte, Disney si è limitato alla supervisione di prodotti confezionati da numerosi artisti, di diversissime sensibilità. Molti dei principali disegnatori e sceneggiatori disneyani non solo non erano massoni ma s’ispiravano a valori piuttosto conservatori e anche esplicitamente cristiani. Dall’altra, nella California dell’epoca in cui Disney diventa massone, negli anni 1920, i membri delle logge sfioravano i centomila. Questo significa che essere massoni – al di fuori dei cattolici, ben consapevoli della condanna della Chiesa – in California non era riservato a un’élite: era del tutto comune per i borghesi, e anche per i piccoli borghesi di successo. Una forma – lo hanno notato storici delle idee come Margaret Jacobs – di “sociabilità diffusa”, pur sempre massonica come dimostrano i simboli scelti ma lontana dalla forte caratterizzazione ideologica delle logge italiane o francesi dell’epoca. Tranne che nella serie “sparita” di Fred Spencer Topolino, dunque, non è massone, e l’affiliazione massonica del suo creatore non è penetrata nelle storie, specie quelle delle origini, scritte da non massoni e ricche di valori morali, oltre che di delicatezza e di poesia. La serie DeMolay resta dunque solo una curiosità.

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Giangiacomo

giovedì 11 novembre 2010

Gordon Gekko, Wall Street

Una volta vinci e una volta perdi. Ma continui a combattere!

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Giangiacomo

domenica 7 novembre 2010

Rom: sono un problema!

Colgo l'occasione di uno spunto datomi da una persona che NON stimo, per sottolineare quanta ipocrisia, demagogia e moralismo ci sia nelle persone che tentano di difendere i Rom senza se e senza ma.

I Rom non lavorano.
Quindi per continuare a vivere (e a procrearsi purtroppo) saccheggiano i cassoni dell'immondizia o rubano. La prima modalità è sotto gli occhi di tutti gli abitanti di San Salvario a Torino. Alle 7.30 am arrivano in squadre, aprono i cassoni, squarciano i sacchetti dell'immondizia alla ricerca di qualcosa utile per loro, lasciano aperti i cassettoni così che l'odore possa diffondersi per le strade e passano a quello successivo. La seconda modalità è sotto gli occhi di poliziotti e di alcuni amici politici che recentemente hanno fatto visita ai loro campi nelle periferie delle strade: rame, oro, tv, cellulari... tutti natualmente rubati!!

Sarkozy si è mosso in modo corretto: da un punto di vista nazionalistico e di bene comune, per sconfiggere il male (impossibile purtroppo), ha iniziato a combattere piccoli pezzi di quest'ultimo. Prima analizzando le banlieus, poi quest'estate con i Rom.
Quale altro strumento era possibile se continuano a non capire? quale altro strumento era possibile se continuano a voler vivere in un modo primitivo, neanche vicino a quella che è una situazione umana accettabile? Non ditemi che si è contenti in qualche modo a vivere in mezzo ai topi, a vedere i bambini con le orecchie morsicate nella notte da roditori, con bambini che non si lavano se non in fiumi già sporchi e inquinati, che non apprezzano l'educazione e non mandano i propri figli a scuola (gratis grazie al nostro welfare state assistenzialista!!)!!!!!!!!
NON SONO CONVENZIONI DELLA SOCIETA' ATTUALE, ma BUON COSTUME!

C'è ancora chi parla di popoli che devono andare rispettati, di finezza, profondità e sofferenza. Bene. Sono tutti elementi che hanno anche gli andalusiani, i napoletani, i baschi: qualsiasi popolo del mondo. Ma non mi sembra che questi non si siano integrati o rubino quotidianamente!

I soliti falsi e ipocriti...

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Giangiacomo
C'è chi

lunedì 1 novembre 2010

Ti amo campionato...

Per chi non se lo ricordasse...

http://www.youtube.com/watch?v=UIy4PLw3bJw

ne vale la pena!

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Giangiacomo