giovedì 20 dicembre 2007

La sussidiarietà è libertà e serve anche nel fisco

Sussidiarietà altro nome della libertà. Ne parlava già Aristotele quando indicava la libertà come “base di uno stato democratico”. Credo sia difficile trovare ai giorni nostri qualcuno disposto a negare questo principio. Tutti, a torto o ragione, parlano di libertà, ne declinano le caratteristiche, mettono a punto ricette più o meno perfette per garantirla. C’è un campo, però, in cui un concetto così nobile stenta ad affermarsi. È quello fiscale.L’idea che lo Stato sia finalmente sussidiario, dando la possibilità ai cittadini di decidere liberamente come utilizzare la proprie imposte, è dura da digerire. Così, nonostante se ne parli un po’ ovunque, la sussidiarietà fiscale non riesce a decollare. Un esempio su tutti è quello del 5 per mille, misura sperimentale inserita per la prima volta da Giulio Tremonti nella Finanziaria 2006.Un meccanismo semplicissimo che ricalca quello dell’8 per mille: nel compilare la denuncia dei redditi i contribuenti decidono, liberamente, di devolvere una minima parte delle loro tasse ad associazioni di volontariato, comuni o ad enti di ricerca scientifica e sanitaria. Un modo per sostenere tutte quelle realtà, pubbliche e private, che svolgono servizi essenziali per i cittadini.Ebbene, ormai da due anni, nonostante le difficoltà, il 5 per mille è diventata un’interessante novità del panorama fiscale italiano. Nel 2006, ad esempio, quasi 16 milioni di contribuenti hanno deciso di usufruire di questa possibilità destinando 345 milioni di euro ad associazioni di volontariato (192 milioni), enti ed università che svolgono ricerca scientifica (51), soggetti che svolgono ricerca sanitaria (46,7) e comuni (38). Un successo in larga parte imprevisto e imprevedibile.Successo che, stando ai primi dati del 2007, è destinato a crescere. In attesa di ultimare i controlli amministrativi (mancano ancora i dati delle preferenze espresse da quei contribuenti che non sono tenuti all’obbligo di dichiarazione o hanno utilizzato i canali di trasmissione di banche e poste) l’Agenzia delle entrate ha reso noto che oltre 14 milioni di cittadini, pari al 55% dei contribuenti, hanno effettuato la scelta. Ancora una volta in testa alla classifica delle preferenze il volontariato, seguito dalla ricerca sanitaria e da quella scientifica.Insomma, tutto sembra procedere per il meglio. Non è così. Nonostante i numeri, infatti, il 5 per mille resta marginale nelle politiche del governo. Per il secondo anno consecutivo la Finanziaria uscita dal Consiglio dei ministri non conteneva questa misura. Una “svista” a cui l’esecutivo ha cercato, in extremis, di porre rimedio. Purtroppo, come spesso accade, il rimedio è risultato peggiore del male. Ad oggi, infatti, la manovra contiene sì il 5 per mille, ma gli fissa un tetto di 100 milioni di euro. Che tradotto vuol dire: se i contribuenti decideranno di versare una cifra superiore, le risorse in eccesso andranno direttamente allo Stato.È per questo che l’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà, organismo che raccoglie oltre 260 parlamentari di maggioranza e opposizione, ha intrapreso una battaglia per modificare questo punto della Manovra. Tre le novità che vorremmo introdurre: innalzare a 400 milioni il tetto, introdurre tra i beneficiari le Fondazioni che operano senza scopo di lucro e, soprattutto, rendere finalmente strutturale il 5 per mille. In prima lettura al Senato l’emendamento, nonostante l’impegno del governo, non ha trovato spazio. Ora sia il relatore che il governo si sono nuovamente impegnati ad accogliere le nostre proposte. Speriamo non si tratti dell’ennesima dichiarazione di intenti.

see u,
Giangiacomo

1 commento:

Anonimo ha detto...

oggi ti ho visto in "vetrina": facevi jogging in palestra direttamente su via san francesco da paola.
molto interessante...

bye