sabato 1 dicembre 2007

La moschea di Bologna e quella legge del 1948

Magdi Allam - Il Corriere della sera, 26 novembre 2007

All'inizio degli anni Sessanta un quotidiano nazionale pubblicò, per non incorrere nell'ingiunzione di un magistrato, la rettifica di un detenuto realmente rinchiuso nel carcere di San Vittore, in cui negava di essere mai stato arrestato e denunciava che, a suo avviso, l'aver scritto che si trovasse incarcerato rappresentava un fatto lesivo della sua onorabilità. A calce della rettifica palesemente infondata che negava l'evidenza del fatto, il quotidiano specificò: «Prendiamo atto che la lettera proviene dal carcere di San Vittore». Questo può accadere in Italia perché la legge n. 47 dell'8-2-1948 prescrive che «il direttore è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità». Cioè è sufficiente che siano «ritenuti lesivi» anche se sulla base del più assoluto arbitrio, non che lo siano effettivamente sulla base di prove inconfutabili, per obbligare il giornale a pubblicare la rettifica entro due giorni. Trascorso questo termine «l'autore della richiesta di rettifica (…) può chiedere al pretore, ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione». Ed è così che la nostra stampa finisce per diventare il ricettacolo di scritti che dicono tutto e il contrario di tutto, che mettono sullo stesso piano e attribuiscono pari valore al vero e al falso. Ebbene corrisponde allo stesso atteggiamento arbitrario e menzognero, fondato sulla mistificazione e negazione della realtà, la lunga lettera dell'Ucoii, a
firma del suo presidente Mohamed Nour Dachan, pubblicata dal Corriere il 9 novembre scorso. In essa si negano con la massima spregiudicatezza quattro fatti manifesti e documentati:
1) che l'Ucoii sia la controparte del Comune di Bologna nell'assegnazione di una mega-moschea; 2) il legame ideologico, religioso e giuridico dell'Ucoii con i Fratelli Musulmani e con l'apologeta del terrorismo islamico Youssef Qaradawi; 3) la predicazione d'odio, di violenza e di morte dell'Ucoii contro Israele e legittimante il terrorismo palestinese di Hamas; 4) la sospensione della Consulta per l'islam d'Italia proprio a causa delle posizioni inaccettabili dell'Ucoii su Israele e sull'intesa con lo Stato. Da parte dell'Ucoii tutto ciò avviene all'insegna della taqiya, la dissimulazione, eretta a precetto di fede per imporre il proprio potere teocratico e assolutista, così come ammesso nella versione italiana del Corano a cura dell'Ucoii a commento dei versetti 105-106 della sura XVI. Basti considerare, per quanto concerne la dissimulazione e negazione della realtà sul progetto della mega-moschea di Bologna, come ha rilevato anche Marco Guidi sul Resto del Carlino del 12 novembre, che: 1) il terreno di via Felsina, oggetto di permuta con il terreno della futura mega-moschea, appartiene all'Ente gestione beni islamici, ovvero Al Waqf Al Islami, organizzazione dell'Ucoii (http://www.islam-ucoii.it/ vedi alla sezione «Chi siamo»); 2) il Centro di cultura islamica di Bologna diretto da Radwan Altoungi, futuro gestore della moschea, è associato all'Ucoii, come dichiarato sia nello Statuto di questa associazione, sia nel sito www.corano.it/menu_sx.html; 3) in un documento ufficiale del Comune di Bologna del 18 ottobre 2007 www.comune.bologna.it/partecipazione/culto-islamico.php si afferma che «l'organizzazione nazionale alla quale è affiliato il Centro (di cultura islamica di Bologna, ndr) è l'Ucoii». Lancio dunque un accorato appello al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, quale massimo garante della Costituzione, al governo e al Parlamento tutori dell'interesse nazionale, affinché intervengano subito e con determinazione per abrogare quest'incivile e insana norma penale che dà facoltà a un pretore di imporre a un giornale di pubblicare delle menzogne, senza alcuna verifica giudiziaria della loro fondatezza e veridicità. Proprio questo relativismo cognitivo ed etico è il male diffuso che alimenta in seno alla nostra società la perdita della certezza nella verità che si radica nei fatti e il venir sempre meno della fiducia nelle istituzioni rappresentative dello stato di diritto e della democrazia.

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Giangiacomo

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