domenica 10 giugno 2007

Un vincitore a Roma

Bush è un leader forte, che ha guidato l’occidente in una guerra giusta

Benvenuto a un presidente forte, che non avrà paura di restare se stesso fino all’ultimo giorno, e poi sarà la democrazia americana a decidere.
Bush ha vinto in Afghanistan e in Iraq, dopo il trauma dell’11 settembre. Ha portato violenza liberatoria e impegno di ricostruzione democratica dove regnava una violenza terroristica che incubava schiavitù per tutti noi.
Dopo di lui non ci sarà un presidente americano così folle da riconsegnare al radicalismo islamista armato il governo degli equilibri di forza nel grande medio oriente, dagli altopiani che fanno da corona a Kabul al triangolo sunnita intorno a Baghdad, fino alle minacce prenucleari iraniane che offendono la sicurezza di Israele.
Chi lo ha duramente contrastato ha già pagato il prezzo dell’irrilevanza, da Kofi Annan all’ex presidente francese Jacques Chirac. Nonostante le chiacchiere della nuova maggioranza congressuale democratica, le truppe, che un presidente deve avere il coraggio di impegnare quando è in gioco la sicurezza del suo paese e delle sue alleanze, resteranno dove sono finché sarà opportuno, secondo il modello storico coreano se necessario.
Questa è la vittoria strategica di George W. Bush e della sua amministrazione, aver reagito dandosi i mezzi imperiali per reagire con un uso democratico decisionista del potere esecutivo, e una simile eredità non cancella gli errori, e il costo di impopolarità di ogni grande impresa, ma li rende pressoché trascurabili.
Bush ha tagliato le tasse, e ha governato in tempi di vacche magre una crescita conquistata giorno dopo giorno nei mercati mondiali, così preziosa perché diversa dalla bolla speculativa dell’era Clinton.
La sua America ha impegnato risorse generose nel programma compassionevole di un conservatorismo liberale che trova nell’evoluzione sociale e tecnologica del paese, come ha notato Karl Rove, l’architetto della presidenza, la propria giustificazione.
Un giorno gli avversari ortodossi del big government, come gli ideologi pavidi di fronte alle repliche della realtà e della storia, neoconservatori pentiti e realisti troppo stanchi e pigri, capiranno che alla politica di Bush non c’era alcuna alternativa seria. Ma Bush e il suo magnifico staff hanno avuto anche il coraggio di portare alla Casa Bianca gli embrioni scartati, adottati e cresciuti bambini per una storica photo-opportunity.
Hanno tenuto duro sui fondi federali per le staminali embrionali, fino a farsi dare ragione non soltanto dall’umanità ma anche dai progressi della scienza, che non ha bisogno se ben guidata di sacrifici umani. Hanno intaccato il tabù dell’aborto vietando la tortura del feto attraverso la tecnica barbarica della nascita parziale.
Hanno punito i secondini sadici di Abu Ghraib. Hanno costruito una Corte Suprema che non si farà dettare le sentenze dall’ultimo numero del New Yorker, e cercherà di fare cultura e costume attraverso una nozione severa del diritto costituzionale.
Hanno continuato a cambiare l’America, un processo lungo, quello della right nation, cominciato tanti anni fa, e che è destinato a continuare come una grande ondata di rivoluzione politica, forte delle ragioni profonde della cultura e della fede di un popolo pioniere, anche con (eventuali) future presidenze liberal.

da Il Foglio, 9 Giugno 2007

see u,
Giangiacomo

2 commenti:

G. ha detto...

perchè sostengo Bush:

Islam e terrorismo: George W. Bush
Forse un giorno si capirà che il presidente George W. Bush è stato tra i migliori leader che il mondo moderno abbia avuto e solo allora si comprenderà l'insostituibile compito che quest'uomo è stato chiamato a svolgere; quasi come il leader di cui non si poteva fare a meno dopo l'attacco sferratto all'Occidente dal terrore islamico.

Perhaps one day we will understand the unreplaceable role played by the president George W. Bush. He has been one of the best leader that modernity has benefited from, the right person at the right time. If we only think about the attack to the Western world performed by islamic terror, only one thought springs to our mind: we couldn't do without him.

see u,
Giangiacomo

G. ha detto...

Paul M. WEYRICH
Bush comprende bene il principio cattolico di sussidiarietà
tratto da Tempi, anno X, 4.08.2005, n. 32-33, p. 13.

L'articolo che qui segue Paul M. Weyrich l'ha reso pubblico il 13 marzo 2001. Sono passati anni eppure l'intuizione centrale, irrobustita da molti fatti e gesti di governo, è valida ancora di più. Tutto sta nell'ipotesi articolata da Marvin Olasky, testa d'uovo dell'Università del Texas di Austin, con la formula-libro «Conservatorismo compassionevole» (prefazione di George Bush, trad. it. Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005): ossia più società, meno Stato, e la famiglia sempre al centro. E il tutto nel quadro sociale descritto dall'azione delle libere iniziative dell'associazionismo, del privato sociale e del non profit nati da una intuizione di comunione orante tra laici. La "Dottrina Bush" per gli States è questa e Weyrich ne rintraccia (e ne proclama) la scaturigine cattolica. 61 anni, presidente della Free Congress Foundation creata nel 1974 un anno dopo aver fondato, con altri, la prestigiosa Heritage Foundation, Weyrich è una delle colonne portanti del movimento conservatore Usa. Ascoltato, e molto, nel Partito Repubblicano, svolge anche il ruolo di efficace liaison fra i litigiosissimi mondi neoconservatore e paloeconservatore. Di origine europeo-orientale, è cattolico melchita e protodiacono di questo rito nella diocesi di Arlington, Virginia.
Marco RESPINTI, Capitale umano USA


«Prima di entrare nel merito della mia telefonata», ho avuto un giorno occasione di dire a Karl Rove, il guru politico del presidente George W. Bush jr., «le sarei grato se volesse riferire un mio messaggio al presidente». Rove si mostrò disponibilissimo. «Gli dica che padroneggia con grande maestria l'arte del governare cattolico», feci io. Rove rispose: «Ottimo per un metodista». Poi aggiunse che il presidente Bush comprende bene il principio cattolico della sussidiarietà. Ora, il sottoscritto non è il solo a pensare che sia davvero così. La Società statunitense per la Difesa della Famiglia, della Tradizione e della Proprietà (Tfp), un gruppo decisamente tradizionalista, afferma in privato che Bush è più cattolico di qualsiasi altro cattolico che sia realisticamente possibile eleggere presidente in questo Paese.

Se si esamina attentamente il discorso rivolto da Bush ai delegati del Partito Repubblicano riuniti nella Convention di Filadelfia del 2000, ci si accorge del tono profondamente cattolico che lo pervade. Analogamente, il suo primo discorso inaugurale del 2001, per quanto breve, possiede anch'esso una cornice cattolica. Tutto questo è il risultato di molto più che l'opera di qualsivoglia speech-writer. Riflette, con tutta ovvietà, alcune delle sensibilità che animano più fortemente Bush. Se, come suggerisce Rove, Bush comprende davvero a fondo il principio di sussidiarietà, questa è per certo una buona notizia per gli Stati Uniti. Ed è cosa perfettamente compatibile con il nostro sistema di governo costituzionale. Il principio di sussidiarietà esige che per sovvenire alle necessità di qualcuno s'inizi dall'unità sociale più vicina alla famiglia. Solo se se non si riesce a soddisfare quei bisogni a tale livello ci si spinge oltre rivolgendosi ai corpi intermedi. Se poi queste strutture sociali non bastano, si ricorre al governo, incominciando però dai suoi livelli locali. E, ancora, solo se il governo locale non è in grado di ottemperare ai bisogni è ammissibile rivolgersi al livello superiore, così via. In questo sistema, l'enfasi è posta sulla famiglia in quanto unità fondamentale della società. Dopo la famiglia, sono dunque le istituzioni private a venire mese al centro. Il governo viene infine chiamato in causa solo quando le istituzioni private risultano insufficienti e in questo caso è il livello di governo più vicino alle persone a essere messo al centro.

George Bush è insomma un presidente diverso. E' un conservatore di tipo molto differente da quelli che abbiamo avuto finora. E' più autenticamente religioso di qualsiasi presidente gli Stati Uniti abbiano avuto da molto, molto tempo. Il suo conservatorismo non è Libertarianism. Ha più del conservatorismo culturale. Nei suoi confronti non sono certo mancate le valutazioni sbagliate e le incomprensioni. Credo però che fino a quando sia i suoi amici sia i suoi critici non inizieranno a comprenderne la cattolicità, George Bush continuerà a mandare le persone in confusione. L'esercito dei giornalisti di stanza a Washington non è molto ferrato in teologia. Prima che questo mandato presidenziale giunga a conclusione potrebbe aver bisogno di qualche ripetizione. (traduzione di M.R.)

see u,
Giangiacomo