giovedì 8 marzo 2007

Il caso Mastrogiacomo: è andata a cercarsela!!

Il caso Mastrogiacomo.
così come le due Simone, il nostro "supereroe" della Repubblica, colonna del comunismo in Italia e organo di stampa filogovernativo, è volato in Afghanistan alla ricerca di un superstramega capo Talebano da intervistare.
cosa avrebbe reso noto? "I Talebani sono uomini pacifici, bravi, belli, moderati, sono stati offesi dai cattolici, vogliono la libertà e non essere subordinati a nessuno, vogliono fare i contadini (non dicendo di coltivare oppio!!)" e simili castronerie...

bene!
ora sono contento che sia là!!
è andata a cercarsela!!!

ora, il deputato libanese vicino agli Hezbollah amico di D'Alema non riesce ad aiutare la liberazione del loro "compagno" giornalista di Repubblica?

see u,
Giangiacomo

4 commenti:

Anonimo ha detto...

L'oppio per Al Qaida
di Massimo Introvigne (il Giornale, 7 marzo 2007)
Marx insegnava che la religione è l’oppio del popolo. I suoi nipotini dell’Unione tendono la mano al popolo dell’oppio, e propongono di tenere buoni i terroristi e le milizie al soldo delle mafie internazionali che proteggono le piantagioni afgane - fonte di oltre il novanta per cento dell’eroina mondiale - acquistando oppio in Afghanistan da destinare non alla droga ma alle industrie farmaceutiche. La proposta non è né nuova né realistica: le piantagioni di oppio si trovano nelle zone controllate dai terroristi. Non sono controllate da piccoli coltivatori indipendenti, ma dai talebani e da Al Qaida, con cui non si capisce bene in che modo l’Italia vorrebbe trattare, e che hanno già un cliente che non ama essere scontentato: il cartello delle mafie internazionali.

La proposta sembra piuttosto l’oppio del popolo rosso: la si avanza per addormentare e tenere buona la sinistra radicale dal cui voto dipende la sopravvivenza politica del governo, e cui intanto D’Alema offre le sue lacrime per le tragiche ma inevitabili vittime civili dell’offensiva Nato in corso.

Da Washington ormai si chiede brutalmente se l’Italia in Afghanistan è parte del problema o della soluzione. Non è certamente in discussione la professionalità dei nostri Alpini, che nel 2003 - ma allora c’era il governo Berlusconi - hanno dimostrato le loro capacità tenendo lontani i terroristi da una zona montana considerata proibitiva. Sono in questione gli ordini che ricevono da Roma. Prodi e D’Alema non possono permettersi la madre di tutte le figuracce internazionali, il ritiro dei soldati italiani da una missione come quella in Afghanistan condotta dalla Nato con tutti i timbri e i bolli delle Nazioni Unite, un evidente esempio di quel «multilateralismo» tanto caro all’Unione. Ma per sopravvivere al Senato il governo ha bisogno che in Afghanistan non muoia neppure un soldato. Lo ha scritto perfino il più filo-governativo dei settimanali italiani, L’Espresso: «La volontà di evitare perdite sembra avere preso il sopravvento sulle ricerca dei risultati, mettendo così in crisi il ruolo dei militari».

Parliamoci chiaro: se lo scopo è «evitare perdite», il modo più sicuro di raggiungerlo è tenere i soldati in Italia. Se invece li si mantiene in un'area che è ormai di guerra, bisogna armarli come si conviene. Ora, gli armamenti dei soldati in Afghanistan sono gestiti dal governo Prodi al risparmio, giocando sulla pelle dei militari. Mentre persino Zapatero manda carri armati e artiglieria, Prodi taglia le spese e confida su qualche autoblindo. Non è tanto questione di soldi - la missione italiana costa comunque ottocento milioni di euro - ma di non spaventare Giordano e Diliberto che, sentendo parlare di carri armati, non riuscirebbero più a vendere alla loro base la favola secondo cui i nostri militari partecipano a una distribuzione di viveri e medicine e non, come avviene, a una guerra. Le truppe americane e inglesi possono commettere qualche errore: sono stanche, nervose e sottoposte a turni massacranti. Ma questo, dicono a Washington, avviene anche perché ci sono governi, come quello di Roma, che non fanno la loro parte. Salvo poi piangere lacrime di coccodrillo quando fra i civili ci scappano i morti. E proporre di trasformare una missione militare in un Paese in guerra in una variopinta carovana che non solo propone improbabili conferenze di pace, ma ora vorrebbe sedersi al tavolo con i talebani e Al Qaida e finanziarli - in concorrenza con la mafia - comprando partite di oppio da loro.

Massimo Introvigne
Il Giornale, 7 marzo 2007

Anonimo ha detto...

La Repubblica di oggi titola
"Ore di ansia per Mastrogiacomo"...

ma chissenfrega!
chisseneimporta!!!

se lo merita!

Anonimo ha detto...

Daniele Mastrogiacomo??
sembra essere vivo!
tornerà e dirà a tutti che gli Hezbollah vogliono Prodi al Governo, che in realtà sono avversi solo al vecchio Governo che gli aveva mandato i soldati, che leggono tutti Repubblica, ecc ecc

basta con questa dittatura e questo regime!
w la libertà di stampa!!

G. ha detto...

CALDEROLI su Mastrogiacomo: "Ha obbligato l'Italia a cedere ai ricatti"

Per liberare il giornalista sono stati liberati terroristi-macellai e, presumibilmente, è stato anche pagato un riscatto.

«Per ottenere questa liberazione - si domanda il senatore della Lega Nord Roberto Calderoli - è stato necessario rilasciare dei criminali? Se davvero è così, ci si rende conto che sono stati liberati dei criminali o dei terroristi per cui, magari, ci sono state persone che hanno perso la loro vita per riuscire a farli arrestare e metterli in condizione di non poter più fare del male a nessuno, vanificando così il loro sacrificio?». «Ci si rende conto - osserva Calderoli - che, forse, si è aperta la cella a soggetti pericolosi, che adesso potrebbero tornare a colpire, magari attaccando le nostre truppe in Afghanistan o le nostre basi? O colpendo a casa nostra o in qualunque altra parte del mondo? Sono questi i Talebani che Fassino vorrebbe far sedere al tavolo internazionale della pace?».

«Per la liberazione di Mastrogiacomo - continua Calderoli - è stato pagato un riscatto in termini economici? Riteniamo di sì e in questo caso è bene ricordare che si tratta di soldi dei contribuenti, e dunque di risorse preziose che potevano essere destinate ad altro scopo».

Calderoli, giustamente, se la prende con «chi, andando in giro a proprio piacimento in zone considerate ad alto rischio, obbliga poi a dover cedere a odiosi ricatti come quelli prima elencati per poterlo tirare fuori da quei guai in cui lui stesso si è cacciato».

see u,
Giangiacomo