domenica 18 febbraio 2007

Riflessioni dell'On. Bondi sulle nuove Brigate Rosse

Intervento On. Sandro Bondi
Camera dei Deputati
14 febbraio 2007

La dettagliata relazione del ministro Amato ha confermato che le nostre forze dell'ordine, carabinieri e polizia, e i nostri servizi segreti, a cominciare dal Sisde, sono in grado di garantire la sicurezza dello Stato e dei cittadini da una minaccia eversiva che, a trent'anni dalla stagione delle P-38, resta purtroppo concreta e attuale, come se il tempo non fosse passato. Agli apparati dello Stato che vigilano sulla nostra vita democratica, e ai quali non abbiamo mai fatto mancare il nostro leale sostegno, va dunque il ringraziamento forte e convinto di Forza Italia e del suo gruppo parlamentare. Ma la domanda che dobbiamo subito porci, cari colleghi, è se - a fronte dello strenuo impegno delle forze dell'ordine - la politica ha fatto interamente la sua parte nel recidere ogni legame con i gruppi eversivi e nel togliere ogni spazio di sopravvivenza a chi propugna ancora la rivoluzione armata in nome del marxismo-leninismo. Io sono convinto che dal Parlamento della Repubblica, oggi, debba uscire una risposta forte, chiara e unitaria da parte di tutte le forze democratiche al rinascente terrorismo rosso, ma davanti a un pericolo eversivo che si ripresenta con una impressionante carica di pericolosità, ritengo che non sia utile rifugiarsi nelle solite - scontate - invocazioni all'unità, perché l'unità non è un valore se non è fondata sulla verità. E la verità che si è affermata in questi anni sento il dovere di dirlo, non per aprire una sterile polemica, ma per scongiurare che si ripetano gli atteggiamenti ambigui e le rischiose contiguità che hanno caratterizzato l'atteggiamento di una parte della sinistra nei confronti dei reduci degli anni di piombo, anche nei confronti di coloro che non hanno mai rinnegato la loro appartenenza alle formazioni terroristiche. Sembra quasi che si sia voluto calare un velo di oblio sulle responsabilità di tanti uomini e donne che avevano scelto di dedicare la propria vita all'idea e alla pratica dell'insurrezione rivoluzionaria e alla lotta armata per il comunismo. Si è voluto dare per morto il mostro brigatista mentre questo dimostrava, con gli omicidi di due servitori dello Stato, i giuslavoristi D'Antona e Biagi, di essere ancora perfettamente vivo, se non vitale come trent'anni fa. E si è fatto, purtroppo, di più e di peggio, dando l'impressione di tenere in considerazione più i responsabili degli anni di piombo che la memoria e la concreta solidarietà ai familiari delle loro vittime. E' uscito un libro, recentemente, che raccoglie le testimonianze di padri, madri, mogli e figli degli uomini morti sotto il fuoco br, un libro che la invito a leggere, signor ministro, perché contiene storie di umiliazioni gratuite e di disinteresse da parte dello Stato verso persone che hanno pagato con la distruzione della loro famiglia il conto di una stagione di follia ideologica e sanguinaria. Questa gente chiede ancora giustizia e attende un segnale da parte dello Stato e della politica. Ci vuole un soprassalto di responsabilità per ristabilire la verità sul passato e per costruire un futuro in cui non occorra più spargere il sangue per difendere la democrazia. E un primo segnale forte potrebbe arrivare proprio da lei, ministro Amato: sfratti subito dal suo ufficio al ministero dell'Interno l'ex brigatista Roberto Del Bello, segretario particolare del suo sottosegretario, Francesco Bonato, di Rifondazione Comunista. E' intollerabile che un ex terrorista, condannato a quattro anni con sentenza passata in giudicato, abbia un ufficio e una scrivania al Viminale, laddove si muovono le fila delle più delicate inchieste sull'eversione. MA VI RENDETE CONTO DELL'ENORMITA' E DEL SIGNIFICATO MORALE DI QUESTA VICENDA?
Debbo anche ricordare, solo per fare un altro triste esempio, che a Giovanni Senzani, ideologo delle Br negli anni '80, che mai si è pentito, è stato commissionato in Toscana un progetto pubblico di "cultura della legalità".
La sinistra, dunque, ha il dovere di aprire una seria riflessione sul fatto che a trent'anni dal '77, l'anno più tragico della stagione del terrore, nel nostro Paese c'è ancora chi è pronto a uccidere in nome del comunismo. C'è ancora troppa ambigua tolleranza nei confronti di centri sociali che rischiano di trasformarsi in santuari eversivi, e troppi cattivi maestri si sentono autorizzati e incoraggiati a salire ancora in cattedra, in politica e perfino nelle istituzioni.
Dalla relazione del ministro dell'Interno emerge poi un'altra terribile verità, e cioè che il nucleo brigatista smantellato mentre era in procinto di agire, è composto da vecchi arnesi dell'eversione (che hanno trovato a Parigi un comodo rifugio per preparare una nuova stagione di sangue), e da nuove leve del terrorismo, giovani nati negli anni '80 che erano pronti a compiere il tragico salto dal movimentismo alla lotta armata.
C'è un filo rosso dell'eversione, dunque, che non è mai stato reciso.
E deve far riflettere che quasi la metà degli arrestati appartenessero alla Cgil. Questo dimostra che l'eversione ha ancora radici perfino nel sindacato, che pure negli anni '70 seppe diventare un baluardo della legalità democratica, e che è giunto il momento di alzare definitivamente una diga a sinistra, isolando tutte quelle zone grigie in cui l'estremismo politico rischia di degenerare in terrorismo.Devo rilevare con amarezza, purtroppo, che una parte della sinistra radicale sembra più preoccupata dalla buona riuscita della manifestazione antiamericana di Vicenza che dal riapparire della minaccia terroristica. Non ha, evidentemente, insegnato nulla che uno dei brigatisti arrestati si era già distinto, in prima fila, nella protesta anti-Tav in Val di Susa. La sinistra estrema parla ancora il linguaggio della lotta totale a vari livelli con una intensità per cui la violazione della legge e della vita possono diventare l'atto più coerente e definitivo. Soltanto in Italia, tra tutti i Paesi che lo hanno conosciuto, il terrorismo rosso è ancora attuale, ha ucciso e minaccia di uccidere. Quando affermiamo che vi è ancora in Italia una matrice rivoluzionaria che fa del nostro Paese una eccezione in Europa, non cadiamo in un eccesso di anticomunismo, ma descriviamo semplicemente la realtà. Vi è una cultura in Italia che mantiene la tensione eversiva con parole eversive e che ha creato negli avversari politici la figura del nemico da abbattere. Purtroppo attorno alle parole spesso nascono i fatti: e la violenza verbale in Italia aiuta a produrre la volontà e l'atto della violenza reale. Per questo non ci meravigliamo che le Brigate Rosse considerino gli avversari politici e gli studiosi riformisti l'obiettivo da abbattere. Le condanne rituali, dunque, non bastano più, bisogna dare segnali concreti alle nuove generazioni, segnali che educhino alla legalità e alla difesa dell'ordine e della democrazia.
E concludo con un'altra nota sconfortante: in queste ore, da parte di qualcuno, si è ancora una volta cercato di imputare al leader dell'opposizione democratica, il presidente Berlusconi, primo obiettivo del nuovo terrorismo, un linguaggio che avrebbe incitato all'odio.
Questo ribaltamento della verità rientra perfettamente nella vostra tradizione e nella vecchia lezione leninista che vi porta continuamente a mistificare la realtà.
Che cosa è se non questa mentalità che vi autorizza ad attaccare il leader dell'opposizione, nel giorno stesso in cui si scopre che è il primo bersaglio del terrorismo, senza che nessuno di voi abbia sentito il dovere di esprimergli (tranne Mastella e Rutelli) la propria solidarietà, a Berlusconi e al suo partito, come noi avremmo fatto!
Ancora una volta, e in un momento che più di sempre richiederebbe spirito unitario e senso di responsabilità, si è cercato di ribaltare la verità. Quella verità storica e politica, cari colleghi della sinistra, senza la quale non sarà mai possibile far diventare l'Italia un Paese normale.

see u,
Giangiacomo

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