L’operazione militare italo-britannica che ha permesso la liberazione degli italiani rapiti in Afghanistan e l’uccisione dei loro sequestratori è stata resa possibile, come ha spiegato il ministro della Difesa, dalla capacità dell’intelligence militare di individuare con grande tempestività la “prigione” nella quale venivano tenuti incatenati i nostri connazionali.
La decisione di non cercare la strada delle trattative con i terroristi e i loro amici, ma di intervenire immediatamente in forze, esprime la considerazione di cui ancora gode il servizio di informazione militare, il Sismi, e che essa è ben riposta. Il ministro della Difesa e il presidente del Consiglio hanno resistito alle solite pressioni dell’estrema sinistra, ribadite nel dibattito parlamentare, che continua a preferire quel metodo di interlocuzione che, nel caso del rapimento di Daniele Mastrogiacomo, aveva portato alla liberazione di pericolosi assassini e al massacro degli accompagnatori del giornalista italiano.
La questione tuttavia sul piano politico resta aperta, tra Romano Prodi che, giustamente, rivendica il carattere di monito anche per il futuro della dura punizione inflitta ai rapitori e le posizioni di chi, come il sottosegretario verde Paolo Cento, insiste a chiedere che il blitz non diventi “una regola”, cioè venga ripetuto in casi analoghi.
L’efficienza dimostrata dal Sismi in queste difficili condizioni dimostra che la struttura è riuscita a mantenersi solida nonostante i colpi che ha subito, in patria, dalla magistratura e dalla politica sul caso Abu Omar, che ha comportato la decapitazione dei suoi vertici.
Anche questo fatto, oltre all’evidente necessità di disporre di un’intelligence robusta e capace di agire in una situazione che vede truppe italiane dislocate in aree assai pericolose, dovrebbe pesare sulla discussione che è in corso sulla riforma dei servizi di sicurezza e di informazione.
La tentazione, che pareva finora prevalente nelle forze di maggioranza, di accontentarsi di una sorta di servizio di polizia, privo delle prerogative tipiche di un vero servizio segreto, dopo gli ultimi avvenimenti, potrebbe essere ridimensionata. Se c’è un campo nel quale non si può certo risparmiare è il presidio della sicurezza dei cittadini insidiata dal terrorismo interno e internazionale e la protezione dei militari impegnati in missioni decise dal Parlamento. Smantellare ora il Sismi, o anche solo continuare a indebolirlo, sarebbe, come mostrano i fatti, un pessimo affare.
Il Foglio
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Giangiacomo
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