Nel suo viaggio in Austria Benedetto XVI è idealmente tornato a Ratisbona e al memorabile discorso che lì tenne un anno fa. Un discorso che molti ricordano solo per la critica all’islam, che in realtà era assunto come elemento di contrasto per mostrare come l’Europa dovrebbe essere e come purtroppo non è.
La «questione essenziale» per Benedetto XVI non riguarda la fede ma la ragione. La grande domanda è - come ha detto il Papa a Vienna - se la ragione «stia al principio di tutte le cose e a loro fondamento o no». Questa domanda ha una risposta positiva, che nasce dall’eredità greca, dall’ebraismo e dal cristianesimo.
La cultura laica europea ha certamente dato nuovi significati - non tutti accettabili per la Chiesa - alla parola libertà. Ma questa idea di libertà - ha ricordato Benedetto XVI in Austria con le parole del filosofo non credente Jürgen Habermas - nasce sulle fondamenta ebraiche e cristiane del primato della ragione: «È un’eredità immediata della giustizia giudaica e dell’etica cristiana dell’amore», un lascito - aggiunge Habermas - cui «fino ad oggi non esiste alternativa». Solo se si crede che la ragione sia un principio e fondamento universale si può credere nella verità.
Credere, cioè, che alcune norme e valori siano veri per tutti gli uomini in quanto tali. La stessa fede cattolica può avanzare la sua pretesa unica di verità, che il Papa ha ricordato sabato a Mariazell precisando che «non significa disprezzo per le altre religioni», solo se, prima di cominciare a parlare di Dio, si è d’accordo sul fatto che esiste la verità e che la ragione può conoscerla.
Ma, ha aggiunto, alla domanda cruciale sulla ragione purtroppo non tutti rispondono di sì. C’è un’ampia parte della cultura europea che oggi pensa che «la ragione sia un casuale prodotto secondario dell’irrazionale e nell’oceano dell’irrazionalità, in fin dei conti, sia anche senza un senso». A Vienna e a Mariazell, il Papa ha mostrato come per l’Europa l’abbandono del primato della ragione porta a una «rassegnazione che considera l’uomo incapace della verità». Se non esiste «la» verità, non esistono «le» verità, né valori universali.
Nasce da qui la grande lezione del Papa sulla domenica, che o è occasione per mettere nel nostro tempo un «ordine interiore» intorno alla verità, o è semplice «tempo libero» che diventa «tempo vuoto». E «se per l’uomo non esiste una verità egli non può neppure distinguere tra il bene e il male». Si penserà così che il Papa sia contro l’aborto, l’eutanasia, le manipolazioni di una scienza che, senza limiti morali, diventa una «terribile minaccia» capace di «distruggere l’uomo» per un suo «interesse specificamente ecclesiale», senza comprendere che la Chiesa difende la vita in nome della ragione prima ancora che della fede. E si perderà anche la speranza, costruendo un’Europa ricca di beni materiali ma «povera di bambini». Contro questo «invecchiamento spirituale» il Papa chiede a tutti, anche ai non cristiani e ai non credenti, di tornare a riconoscere il primato della ragione.
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Giangiacomo
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