mercoledì 25 aprile 2007

Quanto ci costa la Cgil... il sindacato difende i furbastri

L'incredibile storia, purtroppo vera, raccontata nel libro di un piccolo imprenditore di Pavia. Così leggendo Volevo solo vendere la pizza, ci si imbatte in una realtà dove Cgil, ispettorati del lavoro e Inps ci fanno impazzire con lacci e lacciuoli. Una faccia del Paese che sarebbe daprendere a sberle

Guglielmo Epifani dovrebbe tenere a mente questo nome: Maria Esposito. La donna, in realtà, non esiste. La sua storia però, raccontata nel libro di Luigi Furini Volevo solo vendere la pizza con la sola accortezza di usare un nome inventato, è vera e documentata. E dimostra con chiarezza accecante come talvolta il sindacato, seguendo ottusamente gli schemini studiati a memoria (operaio buono /padrone cattivo), possa schierarsi dalla parte dei furbi in battaglie indecenti.
Siamo a Pavia. Furini e la moglie aprono una pizzeria al taglio, superano le forche caudine burocratiche e assumono un po' di persone tra cui una giovane napoletana, ribattezzata Maria Esposito. Per un annetto, tutto bene. Poi arriva il primo certificato medico di Maria: per un paio di settimane non può venire. A ruota, un altro: è incinta e ha una gravidanza a rischio. Figurarsi se più stare al forno a fare Margherite. Previsioni: sei mesi di malattia più i cinque per legge a cavallo del parto.
Neanche il tempo di recuperare un altro pizzaiolo e riappare "più vispa che mai". Ma non era una gestante a rischio?
"I dubbi crescono con il passare del tempo quando la vedo trafficare, proprio di fronte a me, con elettricisti e falegnami, idraulici e muratori". Cosa ha in mente?
"Sta per aprire una pizzeria sua, proprio di fronte alla mia". Si licenzia? Per niente! "Puntualissima, alla fine di ogni mese attraversa la strada e viene a ritirare la busta paga con dentro il mio assegno".
Furini va all'ispettorato del lavoro: "Una mia dipendente, in malattia da mesi, si è messa in proprio e lavora in un proprio locale". "Ci scriva qui nome, cognome e indirizzo. Però non garantiamo che andremo a controllare".
Va all'Inps: "Cosa gliene frega, tanto paghiamo noi".
Va all'Associazione Commercianti: "Licenziarla? Impossibile: una donna in gravidanza non si licenzia".
Esasperato, Furini prende una macchina fotografica, immortala la dipendente-concorrente dietro il bancone, fa certificare la data delle foto e spedisce alla donna un telegramma: lei è licenziata. Non l'avesse mai fatto...
Convocato dalla Cgil, viene invitato a chiuderla lì, con un indennizzo di duemila euro. Risponde negativamente.
Lo convocano alla commissione di conciliazione e butta sul tavolo le foto: "Le metta via subito o la denunciamo per violazione della privacy".
Sapete com'è finita? Il piccolo imprenditore preso per i fondelli ha potuto licenziare la casa MAria solo perchè, violando l'articolo 2105, faceva concorrenza con la sua pizzeria al datore di lavoro. Se avesse aperto una pasticceria sarebbe lì, ancora alle dipendenze di Luigi Furini. A fargli "marameo" dall'altra parte della strada.

Combattiamo amici...
non a fianco loro, come vorrebbero, ma contro un sindacato i cui delegati hanno fucili nascosti nel proprio cortile!
queste persone sono fuori dal mondo e vivono in qualche libro dell''800 di Karl Marx!!

see u,
Giangiacomo

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