lunedì 21 gennaio 2008

Invettiva

un importante amico mi ha scritto...

Eleonora forse ha ragione.
“A Napoli siamo circondati da ciò che il mondo è e produce: munnezz’”.
La situazione di emergenza di questi giorni a Pianura è solo la punta di un iceberg. Meglio, è una metafora del nostro paese. Un paese costantemente in emergenza, che si trova ad affrontare il problema solo quando esplode sui media o solo quando c’è da inviare l’esercito. Accade sempre così: si inizia a parlare di riduzione degli stipendi dei parlamentari dopo che un libro punta l’indice. Si iniziano a prendere provvedimenti negli stadi quando ci scappa il morto. Si fa mea culpa, proprio quando la situazione diventa irrecuperabile.
Si, vi avverto, questa è una invettiva contro il mio paese. Contro il paese che amo e odio allo stesso tempo. Contro quel paese che ha una classe dirigente piccola piccola, che gli italiani continuano a votare nonostante siano sempre gli stessi da 20 anni. Contro quel paese che, a fronte di un dinamismo associativo incredibilmente eterogeneo ed efficiente, non riesce a organizzare un movimento di piazza per dire basta a tutto questo (fatta eccezione per quella cosa chiamata girotondi). I fatti di questi giorni che disturbano i nostri pranzi e le nostre cene sono nulla di fronte al sottosviluppo dell’America Latina e dell’Africa subsahariana, alle pulizie etniche in Kenya, ai massacri in Darfur bendetti dai cinesi. Ma in quanto italiani, non possiamo fare finta di niente. I fatti di Pianura sono la metafora di un paese che vive sull’emergenza, incapace di programmare sul lungo periodo. Vi prego smentitemi, ditemi che sto sbagliando. Ditemi che abbiamo una classe politica che guarda al domani, che non pensa solo a fare un grezzo inciucio elettorale. Vi prego, persuadetemi. Non farò molte obiezioni come il professor Antiseri mi ha insegnato. Mi lascerò convincere.
Si, lo ammetto, questa è un’invettiva contro il mio paese. Il paese che amo e che odio allo stesso tempo. Il paese che risponde a Grillo e se la prende con Ruini quando non c’è nessun altro da buttare nel calderone. Che bello vedere in questi giorni lo spirito italico esercitarsi in una di quelle cose che ci riesce meglio: il sempreverde scaricabarile. La regione se la prende con il comune, il comune si arrabbia con il governo, l’assessore all’ambiente della regione è serenamente e pacatamente in vacanza, i verdi non c’entrano nulla, l’opposizione è irresponsabile, i media esagerano il problema (non ci sono le lettere maiuscole perché non le meritano). Per non parlare di alcuni parlamentari dell’opposizione, che non sono capaci nemmeno di strumentalizzare la questione per quanto sono distanti, fisicamente e nei contenuti, da ciò che avviene (mi verrebbe da dire, quale opposizione?).
Però, fra le tante accuse e urla di piazza, qualcuno dimentica la CAMORRA. Capisco la gente che vive nel timore della ritorsione, che è costretta a pagare il pizzo se vuole aprire un esercizio commerciale. Ma perché nessuno, “in alto”, parla di camorra dio santo? Perché i media nazionali, a cui ho smesso di credere da tempo, non parlano di quella cosa chiamata camorra? Perché non si fa uno speciale del TG1 sulle implicazioni del crimine organizzato nella gestione dei rifiuti? Forse perché l’unico che lo ha fatto è sotto scorta e non partecipa nemmeno ai convegni organizzati nelle università? Aspettiamo che il dossier lo faccia The Economist per poi dire che gli inglesi ci vogliono male e parlano sempre male di noi? Forse perché fa paura. Forse perché, come Falcone e Borsellino, lo hanno sempre scritto nelle loro memorie che bisogna rischiare la vita se si vuole liberare il paese dalla schiavitù della menzogna. Forse perché “o’ sistema”, sempre più indebolito nelle guerre intestine, ancora è riuscito a mantenere il business. Perché l’idiota Emilio dice solo che Prodi deve dimettersi ? Forse il centro destra avrebbe gestito meglio la cosa?
Da italiano, da figlio di una famiglia campana, sono profondamente rattristato. L’irresponsabilità di alcuni esponenti dell’attuale opposizione è semplicemente imbarazzante. L’incapacità del centrosinistra che ha governato comune e regione è quasi alla pari. La classe politica italiana, che la si chiami casta o meno, non è capace di assumersi una responsabilità. Non ne è capace.
Si, lo confesso, questa è un’invettiva contro il mio paese. Il paese che amo e che odio allo stesso tempo. Il paese che è preso per culo da mezzo mondo con le immagini di CNN e BBC. Anche al-Jazeera ha sospeso per qualche giorno i contatti con il jihad per occuparsi del tema. L’Europa ci deride.
Non credo che servisse il caso di Pianura per fare capire che il nostro Paese sta subendo un declino palese. Ma Pianura è servita per aumentare l’indignazione di chi scrive, questo si. Se dalla merda nascono ancora i fiori, allora speriamo che Pianura torni a essere colorata di Bellezza. Per far andare i bambini a scuola senza che si trovino un ratto nei corridoi. Per farli studiare e per far crescere dentro loro una rabbia sana. Una rabbia che un domani li porti a non essere schiavi dell’emergenza.

Antonio De Napoli
http://dintornididna.desus.it/

see u,
Giangiacomo

1 commento:

Anonimo ha detto...

«Non avrebbe senso la filosofia se non ponesse il suo fondamento ultimo e la ragione della sua esistenza nella ricerca dell'Assoluto [...].
Solo rispetto all'Assoluto può avere un senso miusrare la vita, darsi un compito, scegliersi dei valori [...].
L'impotenza creativa, l'incapacità di essere nel reale e di penetrarlo, rivivono sostanzialmente in due posizioni fondamentali della filosofia moderna: l'una intellettualistica, e l'altra pragmatistica. [...]
Destino convergente di entrambi le impotenze è l'utopia, l'abdicazione del reale per l'irreale. [...]
Sintetizzando il ventaglio delle filosofie moderne spiantate dall'Essere, si può dire che l'irrealismo sfocia in due versioni: l'Astrazione e la Distrazione.
L'Astrazione, ossia la stupefazione del concetto a spese del reale, [...].
[...] la Distrazione, ossia il fare senza cognizione di causa e l'assorbire il tutto in dato secondario e subordinato.
[...]
Perduto l'uomo nella sua integrità, nascono gli orribili tronconi.
Scava nell'uomo e non troverai più l'uomo ma il suo cervello e, da convinto razionalista, lo identificherai con l'uomo intero, facendo dell'uomo un concetto.
Poi scenderai nel suo ventre e fari di esso la sua molla, ritenendo che "l'uomo è ciò che mangia". Scendendo ancora, incontrerai il suo sesso e nella pulsione sessuale indicherai la scaturigine del suo modo d'essere.
Stanco del suo tronco scenderai alle sue gambe e crederai che l'uomo non è solo quel che produce; il suo destino è camminare e calpestare, cioè divenire e rivoluzionare; è l'apoteosi dell'attivismo, che è il pensare con i piedi.
Poi, così scomposto l'uomo come una bambola in pezzi, non ti riconoscerai più nei suoi brandelli, non crederai più all'uomo e nealche al mondo. Comincerai a provare la colpa di esistere, l'angoscia di non essere un altro o il disgusto di essere te stesso, sentendo il mondo superfluo a te tu superfluo al mondo, in un reciproco "di troppo", per esprimersi con Sartre.
Intanto vedrai dissolversi la dea materia in energia, grazie alla fisica einsteniana; poi sarà la volta dell'istinto sessuale, di cui scoprirari con Lacan l'inesistenza e dissolverai quel fantoccio in una energia ineffabile e inquieta, l'impulso. Indi capirai con la Scuola di Francoforte, che bisogna interpretare il reale, ciò che è, nei termini di ciò che non è. Infine, ma è l'ultimo atto che conosciamo, non l'ultimo in assoluto, scoprirai che l'uomo non esiste ma è solo un'emissione fonetica, un flatus vocis, una convenzione per intendersi e dirai con Levy-Strauss che "lo scopo ultimo delle scienze umane non è di costruire l'uomo, ma di dissolverlo".
L'uomo diviene un semplice rapporto di strutture, la sua vita una funzione, il suo essere una "semplice piega del sapere", come si esprime Foucalult.
Così intonerai il "De profundis" all'uomo e canterai l'incedere del nulla».

Marcello Veneziani, Julius Evola tra filosofia e tradizione, Roma, Ciarrapico, 1984, pp. 23-29.