mercoledì 16 gennaio 2008

Articolo 21 della Costituzione Italiana

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”

Non è una dichiarazione di qualche personalità, bensì l'art. 21 della Costituzione repubblicana, che compie 60 anni in questi giorni e ieri è stata clamorosamente sbugiardata e vilipesa dai facinorosi che non hanno reso possibile la visita del Papa alla “Sapienza”.

Credo di interpretare il sentimento comune nel dire che oggi ci vergogniamo di essere italiani, di essere ostaggio di una minoranza di ignoranti e intolleranti, che stanno facendo perdere la dignità a questo paese.
Abbiamo sempre pensato che la Cuba di Fidel Castro fosse l'emblema moderno di un’ideologia totalitaria, sconfitta dalla storia. Ebbene, dieci anni fa la “comunista” Cuba e il suo “lider maximo” hanno ricevuto con tutti gli onori Papa Giovanni Paolo II. Oggi, l'Italia guidata da Prodi non è in grado di garantire l'ordine pubblico per una visita del Santo Padre all'Università più grande di Roma e (fino a ieri) tra le più prestigiose d'Europa.
La deriva che sta seguendo questo Paese è pericolosissima: dal crocifisso alle battaglie etiche, dalla moratoria sull'abortoalla difesa delle nostre tradizioni stiamo cedendo sui valori, ostaggi di una cultura laicista che rifiuta il confronto, che non accetta posizioni diverse dalle proprie. Si sta facendo strada un messaggio devastante: la cultura della tolleranza vale per fare parlare un imam musulmano che predica il fondamentalismo e la guerra santa contro l'occidente, non vale quando il capo della religione più radicata, da millenni in questo Paese, è invitato a esprimere i propri pensieri in un luogo che dovrebbe essere per antonomasia sede di confronto di idee.
La rabbia per quanto accaduto aumenta pensando in quali ambienti e di fronte a quali “cattivi maestri” i nostri figli rischiano di formarsi e venire magari emarginati perché portatori di valori e ideali che questi massimalisti e giacobini degli anni 2000 ritengono ormai retaggio della storia.

In pochi giorni questo Paese somma due vergogne planetarie (i rifiuti di Napoli e l'intolleranza laicista), che ci pongono nel ridicolo di fronte alla comunità internazionale.

Non può passare inosservata o sotto silenzio questa ennesima prova della peggior cultura liberticida di un “branco di asini” (libera citazione dall’intellettuale Giuliano Ferrara), che ha pure la pretesa di formare le nostre coscienze.

W la libera espressione (di tutti!)

see u,
Giangiacomo

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Benedetto XVI alla Sapienza
Elogio laico della ragione e della libertà


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Come già accaduto a Regensburg, in Germania, e nell’antico e prestigioso ateneo italiano di Pavia, il Rettore della università La Sapienza ha invitato Benedetto XVI a partecipare alla inaugurazione dell’anno accademico.

Per la nostra università è un onore e una grande opportunità, non solo per quello che Benedetto XVI rappresenta per tutti noi, per l’Europa e per il mondo, ma anche e soprattutto per ciò che egli ha fatto, in forza della sua stessa esperienza di fede, in quanto defensor rationis.

È sotto gli occhi di tutti, infatti, che questo Papa si è reso protagonista, non per un vezzo accademico, ma per una sofferta consapevolezza della situazione in cui ci troviamo, di uno dei più laici e appassionati appelli a quell’uso «ampio e allargato» della ragione da cui dipende originalmente tutta la nostra scienza e, più ancora, l’immediato futuro della nostra convivenza e civiltà.

Le università sono o dovrebbero essere il luogo elettivo di una pratica della razionalità senza pregiudizi e senza veti ideologici, aperta all’inesauribile ricchezza del reale, all’inesausto richiamo delle cose. Non sempre, tuttavia, in esse domina il coraggio della ragione. Spesso sono gli steccati vecchi e nuovi e le logiche del tornaconto politico a governare la scena, anche al prezzo di palesi assurdità e strumentalizzazioni, come si è visto una volta di più in occasione di questa visita papale: in forza di un preconcetto si giudica ancora prima di avere ascoltato.

È con viva e profonda cordialità che noi accogliamo la presenza di Benedetto XVI alla Sapienza, insieme a moltissimi altri studenti delle più diverse estrazioni, i quali non hanno avuto e probabilmente non avranno l’onore delle cronache, ma ci sono e sono, con buona pace di tutti, la stragrande maggioranza.

Gli universitari di “Comunione e liberazione” della Sapienza

Roma, 15 gennaio 2008

Anonimo ha detto...

Pero' cita la fonte... ciao un abbraccio

G. ha detto...

In una conferenza del 1990

Quando Ratzinger

difese Galileo alla Sapienza

Giorgio Israel*

È sorprendente che quanti hanno scelto come motto la celebre frase attribuita a Voltaire — «mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso» — si oppongano a che il Papa tenga un discorso all'università di Roma La Sapienza. È tanto più sorprendente in quanto le università italiane sono ormai un luogo aperto ad ogni tipo di intervento ed è inspiegabile che al Papa soltanto sia riservato un divieto d'ingresso. Che cosa di tanto grave ha spinto a mettere da parte la tolleranza volterriana? Lo ha spiegato Marcello Cini nella lettera dello scorso novembre in cui ha condannato l'invito fatto dal rettore Renato Guarini a Benedetto XVI. Quel che gli appare «pericoloso» è che il Papa tenti di aprire un discorso tra fede e ragione, di ristabilire una relazione fra le tradizioni giudaico-cristiana ed ellenistica, di non volere che scienza e fede siano separate da un'impenetrabile parete stagna. Per Cini questo programma è intollerabile perché sarebbe in realtà dettato dall'intento perverso, che Benedetto XVI coltiverebbe fin da quando era «capo del Sant'Uffizio», di «mettere in riga la scienza» e ricondurla entro «la pseudo-razionalità dei dogmi della religione». Inoltre, secondo Cini, egli avrebbe anche prodotto l'effetto nefasto di suscitare veementi reazioni nel mondo islamico. Dubitiamo però che Cini chiederebbe a un rappresentante religioso musulmano di pronunziare un mea culpa per la persecuzione di Averroè prima di mettere piede alla Sapienza. Siamo anzi certi che lo accoglierebbe a braccia aperte in nome dei principi del dialogo e della tolleranza.

L'opposizione alla visita del Papa non è quindi motivata da un principio astratto e tradizionale di laicità. L'opposizione è di carattere ideologico e ha come bersaglio specifico Benedetto XVI in quanto si permette di parlare di scienza e dei rapporti tra scienza e fede, anziché limitarsi a parlare di fede.

Anche la lettera contro la visita firmata da un gruppo di fisici è ispirata da un sentimento di fastidio per la persona stessa del Papa, presentato come un ostinato nemico di Galileo. Essi gli rimproverano di aver ripreso — in una conferenza tenuta proprio alla Sapienza il 15 febbraio 1990 (cfr J. Ratzinger, Wendezeit für Europa? Diagnosen und Prognosen zur Lage von Kirche und Welt, Einsiedeln-Freiburg, Johannes Verlag, 1991, pp. 59 e 71) — una frase del filosofo della scienza Paul Feyerabend: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto». Non si sono preoccupati però di leggere per intero e attentamente quel discorso. Esso aveva come tema la crisi di fiducia nella scienza in sé stessa e ne dava come esempio il mutare di atteggiamento sul caso Galileo. Se nel Settecento Galileo è l'emblema dell'oscurantismo medioevale della Chiesa, nel Novecento l'atteggiamento cambia e si sottolinea come Galileo non avesse fornito prove convincenti del sistema eliocentrico, fino all'affermazione di Feyerabend — definito dall'allora cardinale Ratzinger come un «filosofo agnostico-scettico» — e a quella di Carl Friedrich von Weizsäcker che addirittura stabilisce una linea diretta tra Galileo e la bomba atomica. Queste citazioni non venivano usate dal cardinale Ratzinger per cercare rivalse e imbastire giustificazioni: «Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità». Esse piuttosto venivano addotte come prova di quanto «il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica».

In altri termini, il discorso del 1990 può ben essere considerato, per chi lo legga con un minimo di attenzione, come una difesa della razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della cultura postmoderna. Del resto chi conosca un minimo i recenti interventi del Papa sull'argomento sa bene come egli consideri con «ammirazione» la celebre affermazione di Galileo che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico.

Come è potuto accadere che dei docenti universitari siano incorsi in un simile infortunio? Un docente dovrebbe considerare come una sconfitta professionale l'aver trasmesso un simile modello di lettura disattenta, superficiale e omissiva che conduce a un vero e proprio travisamento. Ma temo che qui il rigore intellettuale interessi poco e che l'intenzione sia quella di menar fendenti ad ogni costo. Né c'entra la laicità, categoria estranea ai comportamenti di alcuni dei firmatari, che non hanno mai speso una sola parola contro l'integralismo islamico o contro la negazione della Shoah. Come ha detto bene Giuseppe Caldarola, emerge qui «una parte di cultura laica che non ha argomenti e demonizza, non discute come la vera cultura laica, ma crea mostri». Pertanto, ripetiamo con lui che «la minaccia contro il Papa è un evento drammatico, culturalmente e civilmente».

*Professore ordinario di Matematiche complementari Università di Roma La Sapienza