venerdì 10 agosto 2007

La corsa alle moschee: una ogni 4 giorni!

Che strano Paese è l'Italia dove nasce una moschea ogni quattro giorni e le istituzioni si affannano a permetterne la continua crescita; dove si ha la certezza dell'attività terroristica nelle moschee e i terroristi vengono regolarmente assolti; dove si è consapevoli che l'attività dell'intelligence è fondamentale per prevenire gli attentati terroristici e si indebolisce e disincentiva l'operato dei servizi segreti. Ecco i fatti. Nella relazione del 1˚agosto del Cesis, ribattezzato Dis (Dipartimento per le informazioni per la sicurezza), si chiarisce che le moschee in Italia sono più che raddoppiate in meno di 7 anni.
Sono passate da 351 nel 2000 a 735 nel primosemestre di quest’anno. Con un’impressionante accelerazione del tasso di diffusione che registra la nascita di 39 nuove moschee negli ultimi cinque mesi. Se si considera che la percentuale dei fedeli che frequentano abitualmente le moschee potrebbe oscillare tra il 5 e l’8 per cento del circa un milione di musulmani in Italia, se ne deduce che al massimoogni 100 fedeli dispongono di una moschea. Eppure sembra che le moschee non bastino mai. È in atto una vera e propria offensiva per l’accaparramento di nuove moschee, sempre più grandi, a Genova, Firenze, Bologna, Torino, Roma, Napoli, Colle Val d’Elsa (in Toscana).
E molte di queste moschee sorgono grazie alla disponibilità delle amministrazioni locali di sinistra, pronte a concedere il terreno, lo stabile e anche i finanziamenti per la costruzione. Il caso più recente è stato documentato da Alessandra Erriquez sul Corriere del Trentino di ieri, che cita la dichiarazione del sindaco diessino Alberto Pacher: «Garantire a una comunità che opera correttamente il diritto di professare la propria religione è un segno di civiltà. Tanto più che non chiedono finanziamenti ma solo uno spazio urbanistico compatibile». Dal canto suo il sedicente imam di Trento, il vicepresidente dell’Ucoii (Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia) Abulkheir Breigheche, ha spiegato che dal momento che la raccolta di fondi in seno alla moschea non è in grado di soddisfare la richiesta di acquisto di una nuova moschea che sia di almeno 500 metri quadri, «a questo punto il Comune dovrebbe venirci incontro e indicarci uno stabile, anche già esistente, che sia consono all’attività che svolgiamo».
Ebbene per il sindaco e l’imam l’offerta di uno stabile è da considerarsi un’operazione a costo zero. Secondo Breigheche «le moschee sono luoghi di convivenza, insegnamento, ascolto e assistenza. Per tutto questo è necessario uno spazio più grande». Peccato che non sia passato molto tempo da quando a Ponte Felcino, alle porte di Perugia, è stata scoperta l’ennesima moschea trasformata in una scuola di aspiranti terroristi islamici e in un arsenale di armi chimiche che avrebbero potuto essere utilizzate per inquinare gli acquedotti e provocare stragi tra gli italiani. Peccato che l’Ucoii sia ideologicamente l’emanazione dei Fratelli Musulmani, un movimento estremista che predica la distruzione di Israele, inneggia ai kamikaze palestinesi e persegue l’obiettivo di imporre un califfato islamico globalizzato.
Altro fatto. Due giorni fa sono stati assolti «perché il fatto non sussiste» il sedicente imam di Varese, Abdelmajid Zergout, e due suoi collaboratori, nonostante sia stato riconosciuto che tutti appartengono al Gruppo islamico combattente, e nella sentenza si sottolinea che «mostrano una chiara adesione alla ideologia islamica fondamentalista; raccolgono denaro per la causa comune e esaltano la lotta contro gli infedeli». L’assoluzione è stata conseguente al ritardo con cui è stata presentata una richiesta di rogatoria in Marocco, da addebitare al ministero della Giustizia. E per un errore burocratico ci ritroviamo in libertà tre persone di cui abbiamo la certezza che appartengono a un gruppo terrorista e di cui ne condividono il pensiero e l’attività.
E ancora. Il Sole 24 Ore di ieri preannuncia, in un’ampia inchiesta sui servizi segreti a firma di Marco Ludovico, che inizia così: «Per gli 007 italiani oggi il rischio più alto non è il terrorismo islamico o il ritorno brigatista: è quello di perdere il posto ». Si spiega che tra i 500 e gli 800 agenti, su un totale di 3.700, potrebbero essere esonerati dai loro incarichi. Si specifica che gli agenti «operativi», quelli che effettivamente sono impegnati sul terreno nell’opera di contrasto del terrorismo o dell’eversione, sono solo 400. E che oltretutto, con la riforma che ne ha modificato le sigle, i servizi segreti saranno fortemente limitati nella loro attività dal controllo del Parlamento e delle Procure.

Magdi Allam

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Giangiacomo

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