domenica 8 luglio 2007

Un viaggio al Lingotto

Il lancio della candidatura di Veltroni a guidare il costituendo Partito Democratico si è concluso. Per qualche settimana i media ci hanno spinti su questo tema. Come responsabile di importanti Associazioni cattoliche sono stato colpito dall’attiva ed entusiasta partecipazione di suor Giuliana, coordinatrice del volontariato del Cottolengo. Questa almeno la percezione leggendo i titoli dei quotidiani (e.g. Suore e banchieri in fila da Walter) e osservando i generosi sorrisi in compagnia di Evelina Christillin organizzatrice delle recenti olimpiadi invernali. Pur sentendomi impegnato come cattolico non meno di Suor Giuliana, non ho sentito la necessità di portarmi al Lingotto e allora vorrei capire ed eventualmente rimediare.
Perché sui quotidiani sia stato dato questo spazio alla presenza di una religiosa attiva in una Istituzione così benemerita è abbastanza evidente. Il titolo citato sopra riassume bene le attenzioni elettorali cui guarda il neonato Partito Democratico costituito grosso modo per 2/3 da ex PCI e da 1/3 ex DC.
Ma quale potrebbe essere l’interesse per il mondo cattolico?
La risposta probabilmente è così sintetizzabile “Nel Partito Democratico ci sono i cattolici e allora bisogna rafforzare la loro presenza. Inoltre è noto e consolidato che a sinistra tutti condividono l’attenzione per i poveri, gli ultimi, gli emigrati, l’ingiustizia e quindi perché non sottolineare e dare una mano? ”.
Ma l’aiuto ai poveri, agli emigrati e in generale agli ultimi non sono esclusiva dei cattolici e neanche dei partiti della Sinistra. Infatti, se ti guardi attorno non trovi nessuno che si dichiari per l’ingiustizia e per l’incremento della povertà…
Mi viene perciò il sospetto che sia proprio il fascino dell’eguaglianza-miraggio “sinistra=solidarietà” il motore della trasferta di alcuni cattolici al Lingotto per osannare Veltroni candidato sotto le insegne del motto di don Milani “I care”.
Una passeggiata proprio dal Cottolengo al Lingotto, in una Città governata e dominata ininterrottamente da oltre 32 anni da questa Sinistra, potrà certamente verificare l’eguaglianza di sopra senza scomodare i massimi sistemi.
Il percorso è semplice, ma è assai didattico e potrebbe proprio lui, con la sua realtà fattuale, aiutarci a capire. Il vento non si vede, ma se si vedono i segni, possiamo intuire che “aria tira”.
Si parte dalla Casa della Divina Provvidenza dove la vita degli uomini, di ogni uomo (anche di quelli “difettosi”) è sacra; vita come dono di Dio e non il soddisfacimento di requisiti psicologici, genetici o morfofunzionali stabiliti da medici che giocano con la statistica.
Usciti dal Cottolengo, affrontiamo Porta Palazzo: il dominio dell’illegalità. Troviamo decine di nordafricani nulla facenti, a parte lo spaccio di stupefacenti e la vendita di merce rubata. I commercianti rimasti sono residuali e rassegnati alla “nuova legge imposta dai nulla facenti” e non osano mettere il naso fuori dal negozio. Si sale leggermente per via della Consolata dove salta all’occhio l’edificio ben curato delle Suore di Sant’Anna, quelle fondate dai Marchesi di Barolo. Curioso: un laico, un sindaco di Torino, che fonda un ordine religioso!. Le Suore ospitano la scuola fondata dal Marchese Carlo Tancredi di Barolo, scuola pubblica (aperta a tutti) paritaria (riconosciuta dallo Stato) desiderata dalle famiglie (lunghe liste di attesa). Il Contributo della Giunta comunale di Torino, che è la stessa di Roma (motto: I care), è di 4,36 euro/anno per bambino. A meno di cento metri c’è una scuola materna comunale, contributo del Comune 6000 euro/anno per bambino.
Dopo piazza Savoia non si può non notare, sempre in via della Consolata, il maestoso palazzo dei Marchesi Saluzzo di Paesana con la bella libreria delle Paoline. In vetrina immagini di arte sacra, titoli importanti: Deus Charitas est… e nel palazzo di fronte il pornoshop con i divieti per i minori di 18 anni. Per qualcuno semplicemente due proposte educative e culturali.
Proseguiamo badando a non inciampare nelle lastre di pietra sconnesse della pavimentazione di via Cernaia (il lavoro non si può fare bene una sola volta?) e prendiamo poi corso Vittorio facendo i portici. Per le Olimpiadi è stato un fatto un grande sforzo finanziario per mettere un po’ di ordine. Bene, andiamo avanti, non pensiamo né a quanto denaro è stato speso per tinteggiare i portici (10 milioni di euro), né alla loro conversione in aiuti al Cottolengo, né ai graffiti sui muri altrimenti ci vien male.
A parte i costi, questi graffiti cosa significano? Saranno i segni di un deficit educativo? A proposito di educazione guardandomi indietro mi viene in mente che anche al Cottolengo c’è una scuola con 200 allievi, anche qui, scuola pubblica paritaria e ogni anno la carità del Cottolengo ripiana un deficit di circa 500.000 euro. Contributo del Comune di Torino? 4,36 euro/bambino per anno.
Per evitare i cantieri di via Nizza facciamo via Saluzzo e passiamo San Salvario anche se sembra di essere tornati indietro a Porta Palazzo. Mi domando: perché anziché migliorare Porta Palazzo si è fatta un’altra Porta Palazzo? Misteri.
Passiamo su via Madama Cristina e ci sentiamo subito più sicuri man mano che si va verso le Molinette, il più grande ospedale d’Italia intitolato a San Giovanni Battista. Per tutti un aiuto per la salute, pagato con le nostre tasse. Ma anche al Cottolengo c’è un ospedale dove si curano i cittadini. Chi si fa carico delle spese? Lasciamo perdere, l’importante è che siano curati (we care). Meglio non interrogarsi troppo…
Percorrendo via Nizza giungiamo presto al Lingotto, ma con la coda dell’occhio da corso Spezia
vediamo là in fondo il S.Anna, l’ospedale ostetrico intitolato alla nonna di Gesù. Non sappiamo se indugiare un momento o no. Ci piacerebbe pensare alle 4500 mamme che lì ogni anno vanno a partorire il loro bimbo ma non possiamo non pensare alle 3500 mamme/anno, di fatto lasciate sole, che vanno ad abortite il loro bambino e ai 3500 bambini/anno che avremmo potuto abbracciare e che avrebbero potuto allietare le nostre case e scuole.
A questo punto penso ce ne sia abbastanza per aprire gli occhi e cogliere la differenza tra miraggio e realtà, tra gli slogan enunciati e quelli vissuti, la necessità di agire per curare il disagio e per prevenirlo, ma soprattutto per prendersi qualche responsabilità tenendo conto che anche chi tiene il sacco coopera all’impresa.
Al termine di questa passeggiata nella realtà torinese penso si capisca bene soprattutto la differenza tra un “Charitas Christi urget nos” di San Giuseppe Benedetto Cottolengo praticato e vissuto da migliaia di persone senza pubblicità e un “I care “ preso in prestito a Barbiana nella scuola cattolica di don Milani, adattato e usato come specchietto per le allodole al Lingotto.
E’ proprio vero “Charitas Christi urget nos” basta e forse può risparmiare anche la strumentalizzazione. Quindi ho fatto bene a non andare alla recita del Lingotto.

M.C.

see u,
Giangiacomo

4 commenti:

Anonimo ha detto...

bello

Anonimo ha detto...

un'amica ti dice che le neo-mamme all'anno sono ben di più: quasi 10.000. e gli aborti altrettanti all'anno...

Anonimo ha detto...

ha ragione Berlusconi quando dice che Veltroni si è presentato come qualcosa di nuovo, di innovativo; ma come sia possibile rappresentare qualcosa di nuovo una persona che ha 40 anni di politica e poltrone occupate alle spalle...

ipocrita!

G. ha detto...

Veltroni - Un uomo da nomination


Certo, chi ne dubita?, un Paese serio non può farsi incantare da un comico scambiandolo per una guida politica.

Ma forse non dovrebbe neppure essere troppo contento di cadere nelle mani di una sorta di tycoon di Cinecittà.

«La cavalcata di Walter Veltroni verso la trionfale nomination a segretario del Pd è prima di tutto un matrimonio mistico con il cinema» ha scritto l’altro giorno sulla Stampa Fabrizio Rondolino.

Proprio così: ormai non si riesce più ad aprire un giornale senza leggere l’intervista del noto attore che inneggia al candidato, la dichiarazione del celebre regista che ne illustra la sensibilità, l’elenco delle sue iniziative, dei suoi sostenitori tutti belli o famosi; e sono già quattro le riduzioni cinematografiche delle opere veltroniane. Bene, siamo contenti per lui.

Ma non emana qualcosa di invincibilmente giullaresco, di neroniano, di poco serio, da un Paese che mischia con tale compiacimento scena pubblica e scena teatrale, politica e spettacolo?



Ernesto Galli della Loggia - Il Corriere della Sera
2 Ottobre 2007