giovedì 14 febbraio 2008

Non c’è bene comune senza tensione al Bene

La caduta del Governo Prodi ci consegna la fotografia di un Paese che negli ultimi due anni ha fatto più passi all’indietro che in avanti.

Nella primavera del 2006 esprimevamo la nostra posizione sulle elezioni politiche parlando di correnti radicali e massimaliste, che rischiavano di mettere a tacere le posizioni moderate, e di uno “statalismo rigido” che avrebbero causato gravi danni sui temi dell’economia, della famiglia, della politica internazionale, della scuola, del welfare.
Nell’immediato post-voto, constatando che le urne avevano disegnato un Paese diviso a metà, avevamo chiesto che le forze riformiste di entrambi gli schieramenti si mettessero insieme per mettere mano alle riforme necessarie per il Paese. Ma non è successo; e oggi ne paghiamo le conseguenze. Ora si torna ai nastri di partenza, appesantiti da due anni di Governo che hanno creato un clima sociale da “tutti contro tutti”, una ostilità verso la politica e una maggiore distanza della politica dai problemi dei cittadini, un freno allo sviluppo economico dettato da politiche fiscali preoccupate soprattutto di punire (in omaggio a quella grossolana ossessione di giustizia
sociale esplicitamente dettata dal motto “anche i ricchi piangano” e a un’ostilità ideologica verso le piccole e microimprese, e il popolo delle partite Iva) con tutto ciò che ne consegue in termini di peggioramento del benessere del Paese
.
C’è davvero da augurarsi che il prossimo Governo sia più amico del popolo, delle imprese, della famiglia, di chi costruisce il bene per sé e per tutti.

Ma le speranze per il nostro futuro non sono appese alla formazione del nuovo Parlamento e del nuovo esecutivo. Come ci siamo ripetuti altre volte, non è dalla politica che possiamo aspettarci il cambiamento.
Nell’Allocuzione per l’incontro con l’Università di Roma La Sapienza, il Papa sottolinea il rischio di una prassi politica in cui prevalgano logiche dettate da interessi particolari invece che la ricerca della verità. Scrive il Papa: ”Essi [i partiti politici] avranno immancabilmente di mira soprattutto il conseguimento di maggioranze e con ciò baderanno quasi inevitabilmente ad interessi che promettono di soddisfare; tali interessi però sono spesso particolari e non servono veramente all'insieme. La sensibilità per la verità sempre di nuovo viene sopraffatta
dalla sensibilità per gli interessi. Io trovo significativo il fatto che Habermas parli della sensibilità per la verità come di elemento necessario nel processo di argomentazione politica, reinserendo così il concetto di verità nel dibattito filosofico ed in quello politico”. E’ in questa tensione alla verità che sta la nostra speranza: una tensione alla verità che si esprime in ogni cosa che si fa, e quindi innanzitutto nel lavoro.
Ed è proprio da questo punto che nasce e rinasce continuamente l’esperienza di Compagnia delle Opere. Come ci siamo ricordati all’Assemblea Generale di CDO dello scorso novembre, se vogliamo dare un senso nuovo alla realtà, se vogliamo una vita nuova, dobbiamo ritornare alla ricerca del destino in ogni cosa che si fa, per cui ogni circostanza è plasmata nel suo significato, realizzata quindi nel modo più vero, più leale, più utile. Perché la vita umana diventi più vera, più leale, più utile. Diventi migliore.
Questa tensione è la nostra responsabilità nel momento che il Paese sta attraversando: non c’è bene comune senza la tensione di ciascuno al Bene.

see u,
Giangiacomo

2 commenti:

G. ha detto...

by Compagnia delle Opere

Anonimo ha detto...

"Bipolarismo ideologico"

di Giorgio Vittadini*


Due anni fa, prima delle elezioni politiche, autorevoli esponenti pubblici facevano il tifo per un bipolarismo basato su due schieramenti del tutto eterogenei al loro interno ed entrambi caratterizzati dalla censura delle proprie radici storico-culturali.
Dopo due anni, tale disegno ha mostrato tutto il suo carattere ideologico e astratto: la mancanza di coesione culturale ha acuito all’infinito la litigiosità, non solo tra schieramenti, ma all’interno degli schieramenti, dimostrandosi del tutto incapace di risolvere i problemi di un Paese in grave crisi di identità.

Inoltre lo sradicamento dei partiti dalle realtà popolari e dagli ideali che ne sono alla radice ha di fatto affievolito nei singoli una vera educazione a servire il bene comune e, nel complesso, il nesso tra la politica e i problemi reali. Di fronte a questa situazione, gli stessi che avevano favorito il bipolarismo delle coalizioni arlecchino hanno proposto via via soluzioni peggiori dei mali cavalcando l’antipolitica, alcune inchieste giudiziarie “spregiudicate”, l’asservimento della politica a una finanziarizzazione selvaggia dell’economia come toccasana per ogni male.

In questi due anni si è anche assistito al triste spettacolo di un’antipolitica qualunquista, irresponsabile e sfasciacarrozze di personaggi a metà tra Masaniello e Robespierre; è capitato che inchieste giudiziarie abbiano richiesto l’intervento di organi di autogoverno della Magistratura a ripristino della legalità; si è dimostrato come la finanziarizzazione senza regole dell’economia sia uno dei peggiori pericoli per il benessere mondiale.

Il popolo, se interpellato senza faziosità, ha dimostrato di essere ben più responsabile. Nella recente indagine "Sussidiarietà e riforme istituzionali" è risultato infatti che la gran parte degli italiani vuole riforme condivise a larga maggioranza ed è interessata alla politica al punto tale da volere elezioni dirette del primo ministro, preferenze e primarie; è favorevole a un federalismo reale, anche fiscale, ben diverso da quello attuale, confuso e contraddittorio; aspetta una reale sussidiarietà orizzontale, caratterizzata da libertà di scelta dei servizi supportata finanziariamente da voucher.

E’ possibile che l’attuale crisi ci porti a un “bipolarismo mite”, attento a queste reali esigenze del popolo e che isoli gli estremisti di ogni colore e i maitre a penser gravemente responsabili dello sfascio attuale?
Come diceva un volantino della Compagnia delle Opere dell’11 aprile 2006, attuale oggi più di allora: “Ci vorrebbe subito un accordo tra le componenti realmente riformiste dei due schieramenti (sull’esempio dell’Intergruppo per la Sussidiarietà).

Occorre [prima o dopo eventuali elezioni] qualcuno che compatti le parti più responsabili di maggioranza e opposizione, che riunifichi il Paese e, sulla base di ciò che è più urgente, sappia affrontare la crisi economica, politica e, soprattutto, ideale che l’Italia attraversa. Occorre guardare alla risorsa più grande che resta all’Italia: un popolo che ha dimostrato, ancora una volta, di essere vivo”.

*Presidente Fondazione per la Sussidiarietà