sabato 7 novembre 2009

L'Europa e il crocifisso

L’Europa e il crocefisso, la cristianofobia al potere
di Massimo Introvigne

Ci siamo. Da diverso tempo si accumulavano i segnali di un prossimo colpo delle istituzioni europee contro il cristianesimo e la Chiesa Cattolica. Qualche mese fa, il 4 marzo 2009, avevo avuto occasione di partecipare come esperto a Vienna a una conferenza dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) dove era stato lanciato l’allarme su una montante «cristianofobia», che in diversi Paesi non si limitava più alla propaganda ma si esprimeva in leggi e sentenze contro la libertà religiosa e di predicazione dei cristiani e contro i loro simboli. L’attacco anticristiano si era finora svolto in modo prevalentemente indiretto, attraverso la proclamazione di presunti «nuovi diritti»: anzitutto, quello degli omosessuali a non essere oggetto di giudizi critici o tali da mettere in dubbio che le unioni fra persone dello stesso sesso debbano godere degli stessi riconoscimenti di quelle fra un uomo e una donna. Tutelando gli omosessuali non solo – il che sarebbe ovvio e condivisibile – da violenze fisiche, ma da qualunque giudizio ritenuto discriminante ed etichettato come «omofobia», le istituzioni europee violavano fatalmente la libertà di predicazione di tutte quelle comunità religiose, Chiesa Cattolica in testa, le quali hanno come parte normale del loro insegnamento morale la tesi secondo cui la pratica omosessuale è un disordine oggettivo e uno Stato bene ordinato non può mettere sullo stesso piano le unioni omosessuali e il matrimonio eterosessuale.

La sentenza Lautsi c. Italie del 3 novembre 2009 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo segna il passaggio della cristianofobia dalla fase indiretta a una diretta. Non ci si limita più a colpire il cristianesimo attraverso l’invenzione di «nuovi diritti» che, proclamando il loro normale insegnamento morale, le Chiese e comunità cristiane non potranno non violare, ma si attacca la fede cristiana al suo cuore, la croce. I giudici di Strasburgo – dando ragione a una cittadina italiana di origine finlandese – hanno affermato che l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche italiane viola i diritti dei due figli, di undici e tredici anni, della signora Lautsi, li «perturba emozionalmente» e nega la natura stessa della scuola pubblica che dovrebbe «inculcare agli allievi un pensiero critico». Ove tornasse in Finlandia, la signora Lautsi dovrebbe chiedere al suo Paese natale di cambiare la bandiera nazionale, dove come è noto figura una croce, con quale perturbazione emozionale dei suoi figlioli è facile immaginare. Basta questa considerazione paradossale per capire come, per qualunque persona di buon senso, la croce a scuola o sulla bandiera non è uno strumento di proselitismo religioso ma il simbolo di una storia plurisecolare che, piaccia o no, non avrebbe alcun senso senza il cristianesimo. In Italia la signora Lautsi intascherà cinquemila euro dai contribuenti – un piccolo omaggio della Corte di Strasburgo – e avrà diritto di far togliere i crocefissi dalle aule dove studiano i figli. Certo, ci sarà l’appello, e giustamente il nostro governo rifiuterà di applicare questa sentenza ridicola e folle. Ma le «toghe rosse» italiane si sentiranno incoraggiate dai colleghi europei. Che non sono tutti «stranieri» dal momento che uno dei firmatari della sentenza è il giudice italiano a Strasburgo, il dottor Vladimiro Zagrebelsky, campione – insieme al fratello minore Gustavo – del laicismo giuridico nostrano.

see u,
Giangiacomo

5 commenti:

michel ha detto...

Dichiarazione di Bernhard Scholz, presidente nazionale CDO, sulla sentenza di Strasburgo che ordina di togliere i crocifissi dalle aule scolastiche

Milano, 4 novembre 2009

Compagnia delle Opere condivide pienamente il giudizio espresso dalla Santa Sede e dalla Cei sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ordina di togliere i crocifissi dalle aule scolastiche, e ritiene giusta la decisione del Governo italiano di presentare ricorso contro la decisione.

«Con questa sentenza si tenta di imporre una irreligiosità ed un laicismo estremista che non appartengono alla storia e alla tradizione dei paesi europei» ha dichiarato il presidente di CDO, Bernhard Scholz. «Al contrario, la croce è sempre stata simbolo di una concezione dell’uomo e di una storia che hanno portato l’Europa stessa al riconoscimento della dignità inviolabile di ogni persona e della positività ultima della sua vita.

E’ paradossale che la Corte per i diritti dell’uomo voglia negare e osteggiare il segno più importante di quella tradizione senza la quale i diritti fondamentali dell’uomo, come li conosciamo oggi, non sarebbero mai entrati nella coscienza dei nostri popoli europei.

Gli stessi giudici che dichiarano la presenza della croce come una “violazione”, impongono ai giovani cittadini di accettare il “nulla” come primo riferimento. Anche da chi non crede, la croce viene accolta come rimando a una storia e a una identità che hanno sempre favorito la libertà personale e la pluralità, e hanno combattuto il rischio di un relativismo etico. Nelle scuole il crocifisso è il richiamo a una proposta che nasce dalla storia e dall’identità di un popolo, una proposta con la quale il giovane si può confrontare, che favorisce e non sminuisce la sua libertà.

Togliere un tale riferimento da un ambito educativo come la scuola, non aiuta certamente una risposta all’emergenza educativa».

Tocqueville-Acton ha detto...

La difesa della libertà religiosa non si può fare importando il modello neutrale della Francia

(La presente intervista è stata pubblicata su Il Sole 24 Ore del 04 novembre 2009)

Intervista a Luca Diotallevi di Carlo Marroni su Il Sole 24 Ore




Luca Diotallevi, 50 anni, professore di sociologia all’università Roma Tre, è tra l’altro collaboratore della Cei e autore di molti saggi sul tema della secolarizzazione in Italia, tra cui un libro in uscita dal titolo Un’alternativa alla laicità.


La Ue vuol staccare i crocifissi dalle aule.

È un vero e proprio atto di imperialismo culturale.



Non un contributo alla separazione tra Stato e Chiesa?

Ma la difesa della libertà religiosa non può essere appaltata al concetto di laicità positiva francese, che va tanto di moda. La laïcité è un concetto gemello della forma di dominio, per esempio, della politica sull’economia, che soffoca quindi ogni espressione di tipo liberale. Quella francese non è una soluzione esportabile da noi.



Ma togliere il crocifisso dalle aule non è un gesto di rispetto verso chi non crede o crede in altro? Sembra così semplice da essere banale.

È sicuramente contraddittorio: il crocifisso non è una limitazione al pensiero di ognuno ma il fondamento stesso della libertà religiosa.



Pare questa la contraddizione…

Senza punti di riferimento non esiste un consorzio umano. La croce nelle aule delle scuole, in questo caso italiane, è una garanzia per i non credenti, che in questo modo hanno la consapevolezza che esiste un “dio buono”, quello della maggioranza dei credenti della stessa società, un dio che rispetta le coscienze altrui. L’assenza di questo simbolo può creare il rischio che venga rimpiazzato da simboli violenti.



Non si può ignorare che la storia del cristianesimo abbia molti momenti bui.

Certo, ma dal punto di vista delle istituzioni è il vero limite a ogni imperialismo religioso.



Risiamo allo scontro in Italia tra laici e cattolici, ogni occasione è buona.

Lo scontro è tra poliarchici, quelli che credono in una società aperta, come i cristiani, e i monarchici, i laicisti, che vogliono imporre una visione.



Anche nel mondo cattolico c’è chi pensa che si debba puntare alla fine a uno stato confessionale.

Ma quelli noi li condanniamo e per fortuna sono una esigua minoranza.



Il governo ha annunciato che farà ricorso.

È giusto, è in atto una battaglia sul futuro dell’Europa. La difesa della libertà religiosa è un dovere, chiunque la faccia, anche se non è un cattolico.




Luca Diotallevi è membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Tocqueville-Acton

CL ha detto...

A proposito della sentenza della Corte europea sui crocifissi
UNA PRESENZA IRRIDUCIBILE

La sentenza dellaCorte europea dei diritti dell’uomo contro i crocifissi nelle
aule scolastiche ha suscitato una vasta eco di proteste: giustamente quasi
tutti gli italiani - l’84%secondo un sondaggio delCorriere della Sera - si sono
scandalizzati della decisione.
«E voi chi dite che io sia?». Questa domanda di Gesù ai discepoli ci raggiunge
dal passato e ci sfida ora.
QuelCristo sul crocifisso non è un cimelio della pietà popolare per il quale
si può nutrire, almassimo, un devoto ricordo.
Non è neppure un generico simbolo della nostra tradizione sociale e
culturale.
Cristo è un uomo vivo, che ha portato nelmondo un giudizio, una esperienza
nuova, che c’entra con tutto: con lo studio e il lavoro, con gli affetti
e i desideri, con la vita e lamorte. Un’esperienza di umanità compiuta.
I crocifissi si possono togliere, ma non si può togliere dalla realtà un
uomo vivo. Tranne che lo ammazzino, come è accaduto: ma allora è più
vivo di prima!
Si illudono coloro che vogliono togliere i crocifissi, se pensano di contribuire
così a cancellare dallo “spazio pubblico” il cristianesimo come esperienza
e giudizio: se è in loro potere -ma è ancora tutto da verificare e noi
confidiamo che siano smentiti - abolire i crocifissi, non è nelle loromani togliere
dei cristiani vivi dal reale.
Ma c’è un inconveniente: che noi cristiani possiamo non essere noi stessi,
dimenticando che cos’è il cristianesimo; allora difendere il crocifisso sarebbe
una battaglia persa, perché quell’uomo non direbbe più nulla alla nostra vita.
La sentenza europea è una sfida per la nostra fede. Per questo non possiamo
tornare con tranquillità alle cose solite, dopo avere protestato scandalizzati,
evitando la questione fondamentale: crocifisso sì, crocifisso no, dov’è
l’avvenimento diCristo oggi?O, detto con le parole diDostoevskij: «Un
uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla
divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?».
Comunione e Liberazione
Novembre 2009.
A proposito della sentenza della Corte europea sui crocifissi
UNA PRESENZA IRRIDUCIBILE

Evergreen ha detto...

Proviamo - tutti noi che ci dichiariamo cristiani solo a parole - a schiodarlo dalle pareti e ad imprimerlo nei cuori. http://blog.libero.it/MonGeneral/7958820.html

Il rancoroso ha detto...

@ evergreen
62 anni
hai fatto il tuo tempo e presto andrai nella fossa
spero che vedrai presto chi c'è nell'al di là e che per la memoria di tutti si debba tenerlo anche appeso sulle pareti

see u