domenica 20 settembre 2009

Discorso di Obama ai suoi studenti

Ragazzi, volete il successo?
Dovete studiare!


http://www.cidi.it/edicola/Obama_08set09.pdf

see u,
Giangiacomo

2 commenti:

G. ha detto...

intelligente commento!

Avvenire 13 Settembre 2009

di Domenico Delle Foglie
Il discorso di Barack Obama agli studenti americani

LA LOGICA DEL "NOI"
E DELLA FATICA
CONTRO LE SCORCIATOIE
DEI MITI TV
C’è qualcosa di nuovo, ma anche di antico, nelle parole che Barack Obama ha rivolto agli studenti americani, in occasione dell’apertura dell’anno scolastico. C’è sicuramente l’eco di un discorso passato alla storia, quello pronunciato il 20 gennaio del 1961, una vita fa, da John F. Kennedy all’atto del suo insediamento. Quel «non chiedetevi che cosa il vostro Paese può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro Paese» è il marchio doc della politica `democratica` che Obama ripercorre e riattualizza, guardando alla società di oggi e alle sue insidiose scorciatoie. Questa sua pedagogia ha un cardine indefettibile nell’etica della responsabilità e merita certamente rispetto. Se non altro perché ha il pregio, nel suo non fare sconti a nessuno, della chiarezza. Il presidente americano, in questi giorni, è sotto i riflettori dell’opinione pubblica interna che passa al setaccio la sua proposta di riforma sanitaria. Lui la difende con argomentazioni convincenti («costa meno della guerra in Iraq») e con la grinta dei giorni migliori. Tanto da procurarsi una rimonta nei sondaggi: avrebbe convinto due americani su tre. Ma quel discorso agli studenti, soprattutto per la sua capacità di impattare con le nuove generazioni a cui viene chiesto uno scatto di orgoglio e viene affidato il futuro del `sogno americano`, merita più di una riflessione. Certo, in alcuni passaggi del discorso di Obama non è mancata l’enfasi, soprattutto nel ricordare ciò che ogni generazione di americani deve a quella che l’ha preceduta, sul fronte dei diritti civili e delle scoperte scientifiche. Tuttavia, anche in questo passaggio, all’apparenza un pegno pagato alla retorica, indica un punto di approdo certo: «La nostra nazione più libera e corretta». Perché vi chiedo di studiare?», si chiede il presidente. Non per voi stessi, ma per tutti noi, per il nostro Paese. È la logica del `noi` e del prendersi carico degli altri. È l’etica della responsabilità che giustifica gli sforzi e le fatiche di oggi, sui libri o sui computer, perché domani l’America abbia ancora qualcosa da offrire al mondo. Non è la corsa individuale e solitaria, ma la forza dell’uomo e della donna consapevoli di poter raggiungere un risultato, ma a prezzo di grandi fatiche. Sì, l’etica della responsabilità mette in conto anche la fatica, gli ostacoli da superare, le bocciature inevitabili della vita e le `seconde occasioni` da non perdere. E per noi italiani, per i nostri giovani, suona ancor più profetica quella parte del discorso di Obama in cui denuncia che «a volte la tv vi dà l’impressione di poter diventare ricchi e famosi senza dover davvero lavorare, diventando una star del basket o un rapper, o protagonista di un reality. Ma è poco probabile, la verità è che il successo è duro da conquistare». È stato scritto, autorevolmente, che la società americana si fonda su due cardini: l’individualismo e la solidarietà. E che entrambi affondano le radici nell’amore per la libertà. Ora, è indiscutibile che un approccio come quello di Obama risponde a questa impostazione, ma sa porre un argine alle scorciatoie. Non fa nessuna concessione alla civiltà dell’immagine di cui la televisione è la forza moltiplicatrice e omologante. Ecco dove il giovane Obama sembra il più vecchio dei `democratici`: «La storia dell’America non è stata fatta da gente che ha lasciato perdere quando il gioco si faceva duro, ma da chi è andato avanti, ha provato di nuovo e con più impegno, e ha amato troppo il proprio Paese per fare qualcosa di meno che il proprio meglio». Un discorso così dovrebbe piacere a qualunque genitore con la testa sul collo. Purtroppo, lo si ascolta solo in America. Dove – nonostante tutto – la società è ancora aperta e, se l’ascensore sociale si ferma, è una sconfitta per tutti.

see u,
Giangiacomo

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie