Guai a quelli che non praticano la propria purezza con ferocia
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Giangiacomo
domenica 4 novembre 2012
domenica 10 giugno 2012
Quattro domande per cambiare lavoro
di Walter Passerini, Il Sole 24 Ore, 10 settembre 2008
Settembre, andiamo, è tempo di migrare. L'incipit dannunziano vale anche per il lavoro, ma la voglia di cambiare diventa spesso frustazione. Settembre è anche il mese delle buone intenioni, che non sempre riescono a diventare realtà. Il desiderio di cambiare lavoro, ora così irresistibile, per avere successo deve diventare strategia e progetto. Cambiare, sì, ma come? E perchè? E per andare dove?
Il primo passo da compiere è quello dell'analisi dele ragioni che spingono a lasciare il lavoro: insoddisfazione economica (è il principale motivo di cambiamento), rapporti con il capo (è la seconda ragione), cattive relazioni con i colleghi (è il terzo motivo). Poi vengono lo scarso riconoscimento della propria professionalità e del proprio potenziale e la sensazione del non apprendere più nulla. Il secondo passo è quello di stendere il bilancio delle ragioni che invece spingono a restare. Di solito qui prevalgono le responsabilità familiari, il pagamento di un mutuo, la rete di relazioni ambientali e il potere d'acquisto territoriale. Se infatti a spingere ad abbandonare la propria città sono i soldi, a costringere a restare sono i costi e i prezzi delle nuove possibili mete di destinazione. Il terzo passo, se si decide di cambiare, è quello di stendere il bilancio delle proprie capacità e competenze distintive. Verranno riconosciute e premiate in un'altra azienda? Oppure, mancano ancora alcuni requisiti formativi? E' forse meglio rimandare e frequentare un corso professionale avanzato?
Il quarto passo è provare a sciogliere un dilemma: ho sempre l'orizzonte del lavoro dipendente o sono disponibile a un lavoro autonomo e imprenditoriale? Ho contemplato che il lavoro può essere anche non subodinato e indipendente? Ho mai pensato di mettermi in proprio? Il quinto passo è quello di restare, ma in modo diverso. Cambiare e crescere dentro la stessa azienda. Proporre cambiamento, rendersi disponibili ad altre mansioni. Del resto, cambiare non vuole dire per forza migrare, ma riscoprire le ricchezze inespresse del luogo dove si è.
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Giangiacomo
Settembre, andiamo, è tempo di migrare. L'incipit dannunziano vale anche per il lavoro, ma la voglia di cambiare diventa spesso frustazione. Settembre è anche il mese delle buone intenioni, che non sempre riescono a diventare realtà. Il desiderio di cambiare lavoro, ora così irresistibile, per avere successo deve diventare strategia e progetto. Cambiare, sì, ma come? E perchè? E per andare dove?
Il primo passo da compiere è quello dell'analisi dele ragioni che spingono a lasciare il lavoro: insoddisfazione economica (è il principale motivo di cambiamento), rapporti con il capo (è la seconda ragione), cattive relazioni con i colleghi (è il terzo motivo). Poi vengono lo scarso riconoscimento della propria professionalità e del proprio potenziale e la sensazione del non apprendere più nulla. Il secondo passo è quello di stendere il bilancio delle ragioni che invece spingono a restare. Di solito qui prevalgono le responsabilità familiari, il pagamento di un mutuo, la rete di relazioni ambientali e il potere d'acquisto territoriale. Se infatti a spingere ad abbandonare la propria città sono i soldi, a costringere a restare sono i costi e i prezzi delle nuove possibili mete di destinazione. Il terzo passo, se si decide di cambiare, è quello di stendere il bilancio delle proprie capacità e competenze distintive. Verranno riconosciute e premiate in un'altra azienda? Oppure, mancano ancora alcuni requisiti formativi? E' forse meglio rimandare e frequentare un corso professionale avanzato?
Il quarto passo è provare a sciogliere un dilemma: ho sempre l'orizzonte del lavoro dipendente o sono disponibile a un lavoro autonomo e imprenditoriale? Ho contemplato che il lavoro può essere anche non subodinato e indipendente? Ho mai pensato di mettermi in proprio? Il quinto passo è quello di restare, ma in modo diverso. Cambiare e crescere dentro la stessa azienda. Proporre cambiamento, rendersi disponibili ad altre mansioni. Del resto, cambiare non vuole dire per forza migrare, ma riscoprire le ricchezze inespresse del luogo dove si è.
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venerdì 6 aprile 2012
Liberalizzare sì, ma chiediamoci perché
A pochi giorni dall' approvazione definitiva del decreto liberalizzazioni, il Centro Studi Tocqueville Acton esce con un commento di massima sul pacchetto di riforme ivi contenute.
L'Avv. Riccardo Gotti Tedeschi del Centro Studi Tocqueville-Acton ed il Dott. Andrea Giuricin dell'Università di Milano-Bicocca cercano di tracciare con un approccio critico ma costruttivo una prima analisi del testo, nella prospettiva che esistano le condizioni per realizzare un circolo virtuoso teso a superare resistenze e interessi di parte, ma allo stesso tempo partendo da delle premesse tese a sottolineare le specificità dell'Italia ed i suoi indiscutibili punti di forza.
Il position paper è scaricabile al seguente link.
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Giangiacomo
L'Avv. Riccardo Gotti Tedeschi del Centro Studi Tocqueville-Acton ed il Dott. Andrea Giuricin dell'Università di Milano-Bicocca cercano di tracciare con un approccio critico ma costruttivo una prima analisi del testo, nella prospettiva che esistano le condizioni per realizzare un circolo virtuoso teso a superare resistenze e interessi di parte, ma allo stesso tempo partendo da delle premesse tese a sottolineare le specificità dell'Italia ed i suoi indiscutibili punti di forza.
Il position paper è scaricabile al seguente link.
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sabato 18 febbraio 2012
Verità
Post contro i miei nemici n°1: i falsi e gli ipocriti
"Bisogna essere in dus
perchè la verità nasca:
uno per dirla
e l'altro per ascoltarla".
Henry David Thoreau
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Giangiacomo
"Bisogna essere in dus
perchè la verità nasca:
uno per dirla
e l'altro per ascoltarla".
Henry David Thoreau
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