Girovagando sul web ho incrociato un articolo molto curioso, stimolante e scorrevole
Il divertente racconto delle eccentricità di Stanley Kubrick, genio del cinema, ma con qualcosa da insegnarci anche nelle strategie di propaganda.
see u,
Giangiacomo
mercoledì 30 dicembre 2009
martedì 29 dicembre 2009
Caro Bambino Gesù...
Caro Bambino Gesù,
quest'anno ti sei portato via il mio cantante preferito, Michael Jackson,
il mio attore preferito, Patrick Swayze,
la mia attrice preferita, Farrah Fawcett,
il mio presentatore preferito, Mike Bongiorno,
la mia poetessa preferita, Alda Merini!!!
Volevo dirti che il mio politico preferito è Antonio Di Pietro...
e che l'anno non è ancora finito!
see u,
Giangiacomo
quest'anno ti sei portato via il mio cantante preferito, Michael Jackson,
il mio attore preferito, Patrick Swayze,
la mia attrice preferita, Farrah Fawcett,
il mio presentatore preferito, Mike Bongiorno,
la mia poetessa preferita, Alda Merini!!!
Volevo dirti che il mio politico preferito è Antonio Di Pietro...
e che l'anno non è ancora finito!
see u,
Giangiacomo
giovedì 10 dicembre 2009
I want, I fight
Lo spot ufficiale della Campagna di Sensibilizzazione Sociale "I WANT / I FIGHT"©.
Per maggiori informazioni visita: www.emacaluso.com
Non servono parole per descrivere oltre
Vi prego di diffondere il video
see u,
Giangiacomo
Per maggiori informazioni visita: www.emacaluso.com
Non servono parole per descrivere oltre
Vi prego di diffondere il video
see u,
Giangiacomo
domenica 6 dicembre 2009
Il partito dei minareti
di Massimo Introvigne (Libero, 3 dicembre 2009)
È ufficiale: in Europa c’è un partito dei minareti. Parte dai neo-fondamentalisti islamici alla Tariq Ramadan – lupi travestiti da agnelli, meno solerti quando si tratta di chiedere libertà di culto per i cristiani in Arabia Saudita o in Pakistan –, passa per gli eurocrati di Bruxelles e di Strasburgo – quelli del no al crocifisso e del sì invece al minareto – e arriva fino all’immancabile Gianfranco Fini. Ma frequentando, come mi capita in questi giorni, qualche dibattito e talk show assisto pure a una strana rinascita di affetto e stima per la Chiesa cattolica da parte della sinistra nostrana. Zitti – ci intimano –: “il Vaticano” ha parlato e tutti i buoni cattolici devono stringersi intorno alla difesa dei minareti. L’antico motto “Roma locuta, quaestio soluta”, “Quando Roma ha parlato la questione è risolta” è invocato da comunisti, dipietristi e persino musulmani. Fateci caso: quando la Congregazione per la Dottrina della Fede – che, lei sì, esprime la posizione ufficiale della Chiesa – afferma che sospendere l’alimentazione e l’idratazione dei malati in coma è omicidio per molti media italiani si tratta dell’“opinione del cardinal Levada”, subito contraddetta nella colonna accanto dello stesso giornale da un altro cardinale, magari in pensione, anziano e milanese. Se invece un vescovo o un collaboratore dell’“Osservatore Romano” attacca gli elettori svizzeri sui minareti ecco che “il Vaticano” ha parlato e i cattolici devono stare zitti.
Non ignoro l’opinione dei vescovi della Svizzera. Ma il loro presidente eletto si è dichiarato anche contrario al celibato dei sacerdoti, ed è difficile presentare pure questa come opinione “del Vaticano”. Se poi dai titoli passiamo alla sostanza, vediamo che si fa una gran confusione tra tre questioni diverse. La prima riguarda la libertà di culto. Questa deve essere garantita anche ai musulmani, i quali hanno diritto di radunarsi in sale di preghiera – beninteso per pregare, non per reclutare (è successo) terroristi da inviare in Afghanistan – pulite, igieniche e note alle forze dell’ordine come tali. L’Occidente, che ha una cultura giuridica diversa, garantisce la libertà religiosa anche a chi non la offre in patria ai cristiani: anche se fa bene quando gli fa notare l’esigenza di reciprocità, come il Papa stesso ha fatto parlando agli ambasciatori dei Paesi islamici a Castel Gandolfo il 25 settembre 2006.
La seconda questione riguarda i minareti. Non sta scritto da nessuna parte che per esercitare la libertà di culto ci sia bisogno del minareto. La sua funzione propria è quella di chiamare i fedeli alla preghiera – oggi in genere tramite un altoparlante – ma questo di norma non avviene in Europa dove non ci sono muezzin, neppure elettronici. Pertanto il minareto è nel migliore dei casi un ornamento estetico, nel peggiore un’affermazione identitaria, volta a segnare la conquista di un territorio: di qui la corsa a minareti più alti dei campanili cristiani. Nel secondo caso quella che si risolve in una provocazione può essere vietata dallo Stato in nome del bene comune; nel primo, se del caso, in nome della tutela dell’identità architettonica e paesaggistica delle nostre città.
Ma c’è una terza questione, che viene prima del minareto: la moschea. Purtroppo si continuano a confondere moschee e sale di culto. A differenza della sala di culto, la moschea è un’istituzione globale dove la comunità musulmana si trova per affrontare questioni non solo religiose ma giuridiche, sociali e politiche. “È dunque scorretto – ha scritto l’islamologo gesuita padre Samir Khalil Samir su “Avvenire”, un quotidiano talora presentato anch’esso (erroneamente) come “il Vaticano” – parlando della moschea, parlare unicamente di ‘luogo di culto’. Com’è scorretto, parlando della libertà di costruire moschee, farlo in nome della libertà religiosa, visto che non è semplicemente un luogo religioso, ma una realtà multivalente (religiosa, culturale, sociale, politica, eccetera)”. Non si può escludere che ci siano in Europa situazioni locali in cui – dopo avere considerato con grande prudenza chi è che la propone, la finanzia e la gestirà – le dimensioni, la rilevanza e il contesto in cui si muove una comunità musulmana rendano accettabile che si prenda in esame l’idea della moschea. Ma non sempre e non dovunque. Non abbiamo bisogno di lezioni sulla libertà religiosa né da Fini né da Rosy Bindi. Si può essere a favore della libertà religiosa ma contro le autorizzazioni indiscriminate a costruire moschee. E minareti.
see u,
Giangiacomo
È ufficiale: in Europa c’è un partito dei minareti. Parte dai neo-fondamentalisti islamici alla Tariq Ramadan – lupi travestiti da agnelli, meno solerti quando si tratta di chiedere libertà di culto per i cristiani in Arabia Saudita o in Pakistan –, passa per gli eurocrati di Bruxelles e di Strasburgo – quelli del no al crocifisso e del sì invece al minareto – e arriva fino all’immancabile Gianfranco Fini. Ma frequentando, come mi capita in questi giorni, qualche dibattito e talk show assisto pure a una strana rinascita di affetto e stima per la Chiesa cattolica da parte della sinistra nostrana. Zitti – ci intimano –: “il Vaticano” ha parlato e tutti i buoni cattolici devono stringersi intorno alla difesa dei minareti. L’antico motto “Roma locuta, quaestio soluta”, “Quando Roma ha parlato la questione è risolta” è invocato da comunisti, dipietristi e persino musulmani. Fateci caso: quando la Congregazione per la Dottrina della Fede – che, lei sì, esprime la posizione ufficiale della Chiesa – afferma che sospendere l’alimentazione e l’idratazione dei malati in coma è omicidio per molti media italiani si tratta dell’“opinione del cardinal Levada”, subito contraddetta nella colonna accanto dello stesso giornale da un altro cardinale, magari in pensione, anziano e milanese. Se invece un vescovo o un collaboratore dell’“Osservatore Romano” attacca gli elettori svizzeri sui minareti ecco che “il Vaticano” ha parlato e i cattolici devono stare zitti.
Non ignoro l’opinione dei vescovi della Svizzera. Ma il loro presidente eletto si è dichiarato anche contrario al celibato dei sacerdoti, ed è difficile presentare pure questa come opinione “del Vaticano”. Se poi dai titoli passiamo alla sostanza, vediamo che si fa una gran confusione tra tre questioni diverse. La prima riguarda la libertà di culto. Questa deve essere garantita anche ai musulmani, i quali hanno diritto di radunarsi in sale di preghiera – beninteso per pregare, non per reclutare (è successo) terroristi da inviare in Afghanistan – pulite, igieniche e note alle forze dell’ordine come tali. L’Occidente, che ha una cultura giuridica diversa, garantisce la libertà religiosa anche a chi non la offre in patria ai cristiani: anche se fa bene quando gli fa notare l’esigenza di reciprocità, come il Papa stesso ha fatto parlando agli ambasciatori dei Paesi islamici a Castel Gandolfo il 25 settembre 2006.
La seconda questione riguarda i minareti. Non sta scritto da nessuna parte che per esercitare la libertà di culto ci sia bisogno del minareto. La sua funzione propria è quella di chiamare i fedeli alla preghiera – oggi in genere tramite un altoparlante – ma questo di norma non avviene in Europa dove non ci sono muezzin, neppure elettronici. Pertanto il minareto è nel migliore dei casi un ornamento estetico, nel peggiore un’affermazione identitaria, volta a segnare la conquista di un territorio: di qui la corsa a minareti più alti dei campanili cristiani. Nel secondo caso quella che si risolve in una provocazione può essere vietata dallo Stato in nome del bene comune; nel primo, se del caso, in nome della tutela dell’identità architettonica e paesaggistica delle nostre città.
Ma c’è una terza questione, che viene prima del minareto: la moschea. Purtroppo si continuano a confondere moschee e sale di culto. A differenza della sala di culto, la moschea è un’istituzione globale dove la comunità musulmana si trova per affrontare questioni non solo religiose ma giuridiche, sociali e politiche. “È dunque scorretto – ha scritto l’islamologo gesuita padre Samir Khalil Samir su “Avvenire”, un quotidiano talora presentato anch’esso (erroneamente) come “il Vaticano” – parlando della moschea, parlare unicamente di ‘luogo di culto’. Com’è scorretto, parlando della libertà di costruire moschee, farlo in nome della libertà religiosa, visto che non è semplicemente un luogo religioso, ma una realtà multivalente (religiosa, culturale, sociale, politica, eccetera)”. Non si può escludere che ci siano in Europa situazioni locali in cui – dopo avere considerato con grande prudenza chi è che la propone, la finanzia e la gestirà – le dimensioni, la rilevanza e il contesto in cui si muove una comunità musulmana rendano accettabile che si prenda in esame l’idea della moschea. Ma non sempre e non dovunque. Non abbiamo bisogno di lezioni sulla libertà religiosa né da Fini né da Rosy Bindi. Si può essere a favore della libertà religiosa ma contro le autorizzazioni indiscriminate a costruire moschee. E minareti.
see u,
Giangiacomo
sabato 7 novembre 2009
L'Europa e il crocifisso
L’Europa e il crocefisso, la cristianofobia al potere
di Massimo Introvigne
Ci siamo. Da diverso tempo si accumulavano i segnali di un prossimo colpo delle istituzioni europee contro il cristianesimo e la Chiesa Cattolica. Qualche mese fa, il 4 marzo 2009, avevo avuto occasione di partecipare come esperto a Vienna a una conferenza dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) dove era stato lanciato l’allarme su una montante «cristianofobia», che in diversi Paesi non si limitava più alla propaganda ma si esprimeva in leggi e sentenze contro la libertà religiosa e di predicazione dei cristiani e contro i loro simboli. L’attacco anticristiano si era finora svolto in modo prevalentemente indiretto, attraverso la proclamazione di presunti «nuovi diritti»: anzitutto, quello degli omosessuali a non essere oggetto di giudizi critici o tali da mettere in dubbio che le unioni fra persone dello stesso sesso debbano godere degli stessi riconoscimenti di quelle fra un uomo e una donna. Tutelando gli omosessuali non solo – il che sarebbe ovvio e condivisibile – da violenze fisiche, ma da qualunque giudizio ritenuto discriminante ed etichettato come «omofobia», le istituzioni europee violavano fatalmente la libertà di predicazione di tutte quelle comunità religiose, Chiesa Cattolica in testa, le quali hanno come parte normale del loro insegnamento morale la tesi secondo cui la pratica omosessuale è un disordine oggettivo e uno Stato bene ordinato non può mettere sullo stesso piano le unioni omosessuali e il matrimonio eterosessuale.
La sentenza Lautsi c. Italie del 3 novembre 2009 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo segna il passaggio della cristianofobia dalla fase indiretta a una diretta. Non ci si limita più a colpire il cristianesimo attraverso l’invenzione di «nuovi diritti» che, proclamando il loro normale insegnamento morale, le Chiese e comunità cristiane non potranno non violare, ma si attacca la fede cristiana al suo cuore, la croce. I giudici di Strasburgo – dando ragione a una cittadina italiana di origine finlandese – hanno affermato che l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche italiane viola i diritti dei due figli, di undici e tredici anni, della signora Lautsi, li «perturba emozionalmente» e nega la natura stessa della scuola pubblica che dovrebbe «inculcare agli allievi un pensiero critico». Ove tornasse in Finlandia, la signora Lautsi dovrebbe chiedere al suo Paese natale di cambiare la bandiera nazionale, dove come è noto figura una croce, con quale perturbazione emozionale dei suoi figlioli è facile immaginare. Basta questa considerazione paradossale per capire come, per qualunque persona di buon senso, la croce a scuola o sulla bandiera non è uno strumento di proselitismo religioso ma il simbolo di una storia plurisecolare che, piaccia o no, non avrebbe alcun senso senza il cristianesimo. In Italia la signora Lautsi intascherà cinquemila euro dai contribuenti – un piccolo omaggio della Corte di Strasburgo – e avrà diritto di far togliere i crocefissi dalle aule dove studiano i figli. Certo, ci sarà l’appello, e giustamente il nostro governo rifiuterà di applicare questa sentenza ridicola e folle. Ma le «toghe rosse» italiane si sentiranno incoraggiate dai colleghi europei. Che non sono tutti «stranieri» dal momento che uno dei firmatari della sentenza è il giudice italiano a Strasburgo, il dottor Vladimiro Zagrebelsky, campione – insieme al fratello minore Gustavo – del laicismo giuridico nostrano.
see u,
Giangiacomo
di Massimo Introvigne
Ci siamo. Da diverso tempo si accumulavano i segnali di un prossimo colpo delle istituzioni europee contro il cristianesimo e la Chiesa Cattolica. Qualche mese fa, il 4 marzo 2009, avevo avuto occasione di partecipare come esperto a Vienna a una conferenza dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) dove era stato lanciato l’allarme su una montante «cristianofobia», che in diversi Paesi non si limitava più alla propaganda ma si esprimeva in leggi e sentenze contro la libertà religiosa e di predicazione dei cristiani e contro i loro simboli. L’attacco anticristiano si era finora svolto in modo prevalentemente indiretto, attraverso la proclamazione di presunti «nuovi diritti»: anzitutto, quello degli omosessuali a non essere oggetto di giudizi critici o tali da mettere in dubbio che le unioni fra persone dello stesso sesso debbano godere degli stessi riconoscimenti di quelle fra un uomo e una donna. Tutelando gli omosessuali non solo – il che sarebbe ovvio e condivisibile – da violenze fisiche, ma da qualunque giudizio ritenuto discriminante ed etichettato come «omofobia», le istituzioni europee violavano fatalmente la libertà di predicazione di tutte quelle comunità religiose, Chiesa Cattolica in testa, le quali hanno come parte normale del loro insegnamento morale la tesi secondo cui la pratica omosessuale è un disordine oggettivo e uno Stato bene ordinato non può mettere sullo stesso piano le unioni omosessuali e il matrimonio eterosessuale.
La sentenza Lautsi c. Italie del 3 novembre 2009 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo segna il passaggio della cristianofobia dalla fase indiretta a una diretta. Non ci si limita più a colpire il cristianesimo attraverso l’invenzione di «nuovi diritti» che, proclamando il loro normale insegnamento morale, le Chiese e comunità cristiane non potranno non violare, ma si attacca la fede cristiana al suo cuore, la croce. I giudici di Strasburgo – dando ragione a una cittadina italiana di origine finlandese – hanno affermato che l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche italiane viola i diritti dei due figli, di undici e tredici anni, della signora Lautsi, li «perturba emozionalmente» e nega la natura stessa della scuola pubblica che dovrebbe «inculcare agli allievi un pensiero critico». Ove tornasse in Finlandia, la signora Lautsi dovrebbe chiedere al suo Paese natale di cambiare la bandiera nazionale, dove come è noto figura una croce, con quale perturbazione emozionale dei suoi figlioli è facile immaginare. Basta questa considerazione paradossale per capire come, per qualunque persona di buon senso, la croce a scuola o sulla bandiera non è uno strumento di proselitismo religioso ma il simbolo di una storia plurisecolare che, piaccia o no, non avrebbe alcun senso senza il cristianesimo. In Italia la signora Lautsi intascherà cinquemila euro dai contribuenti – un piccolo omaggio della Corte di Strasburgo – e avrà diritto di far togliere i crocefissi dalle aule dove studiano i figli. Certo, ci sarà l’appello, e giustamente il nostro governo rifiuterà di applicare questa sentenza ridicola e folle. Ma le «toghe rosse» italiane si sentiranno incoraggiate dai colleghi europei. Che non sono tutti «stranieri» dal momento che uno dei firmatari della sentenza è il giudice italiano a Strasburgo, il dottor Vladimiro Zagrebelsky, campione – insieme al fratello minore Gustavo – del laicismo giuridico nostrano.
see u,
Giangiacomo
sabato 31 ottobre 2009
Gigi D'Agostino: grazie
Gigi d'Agostino...
grazie perchè mi fai vibrare
grazie perchè mi fai muovere
grazie perchè mi dai un'energia senza paragoni
e grazie per il nuovo programma "Quello che mi piace"
ogni Sabato dalle 14 alle 16 su http://www.m2o.it/!
Emozione allo stato puro… ma ogni presentazione sarebbe superflua: bisogna solo ascoltarlo!
see u,
Giangiacomo
grazie perchè mi fai vibrare
grazie perchè mi fai muovere
grazie perchè mi dai un'energia senza paragoni
e grazie per il nuovo programma "Quello che mi piace"
ogni Sabato dalle 14 alle 16 su http://www.m2o.it/!
Emozione allo stato puro… ma ogni presentazione sarebbe superflua: bisogna solo ascoltarlo!
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Giangiacomo
sabato 24 ottobre 2009
Libri faziosi
Ecco alcune prove concrete della faziosità (di sinistra) dei libri di testo scolastici.
C.Salinari, VOCABOLARIO DELLA LINGUA ITALIANA
Alla voce FOIBE si legge:"Dolina con sottosuolo cavernoso e indica particolarmente le grotte del carso nelle quali, durante la guerra '40-45, furono gettati i corpi delle vittime della rappresaglia nazista" X FALSO!! le vittime delle FOIBE furono uccise dai comunisti di Tito.
P.Ortoleva,M.Revelli, L'ETA' CONTEMPORANEA, IL NOVECENTO E IL MONDO ATTUALE, Edizioni Mondadori (pag.310)
Nell'esaltazione del culto della personalità di STALIN "si trovava anche la risposta a un bisogno di stabilità e di certezza". Per cui la figura "appariva rassicurante nella sua immensa autorità" e "il timore da essa ispirata poteva essere sentito quasi positivamente come il rispetto di una autorità giusta ma dura". Inoltre "abbattere ceti, come i Kulaki, e altre figure, poteva anche essere interpretato come la prova di una grande volomtà di uguaglianza.....Stalin diveniva, in tal senso, l'incarnazione di una rivoluzione giusta e livellatrice" Inoltre"bisogna tener conto che, nella lista dei popoli perseguitati dal regime (comunista!) compaiono solo etnie nettamente minoritarie". X VERGOGNA!! come se il genocidio fosse infame solo se ai danni di etnie maggioritarie. E inoltre non si dice che il comunismo è stato una dittatura che ha prodotto 100 milioni di morti!!
A.Camera e R.Fabietti, ELEMENTI DI STORIA-XX SECOLO, edizione Zanichelli (pag 1663 e 1683)
"l'uso sistematicamente aggressivo dei media, i ripetuti attacchi alla magistratura, alla direzione generale anti-mafia, alla banca d'Italia, alla corte costituzionale e soprattutto al presidente della Repubblica (Scalfaro!), condotti da Berlusconi o dai suoi portavoce, esasperano le tensioni politiche nel paese". D'altronde "Berlusconi aveva urgente bisogno di recuperare il potere e varare quella riforma della giustizia...che pensava l'avrebbe messo al riparo dagli avvisi di garanzia e da eventuali condanne". X VERGOGNA!! questa è solo faziosità!!
A.Camera e R.Fabietti, ELEMENTI DI STORIA-XX SECOLO, edizione Zanichelli (pag 1575)
Non si possono paragonare i lager nazisti ai gulag comunisti "perché i lager erano la conseguenza estrema di un regime che si fondava sulla disuguaglianza degli uomini....mentre in linea di principio il comunismo esprimeva l'esigenza di eguaglianza come premessa di libertà"X altro che libertà! 100 milioni di morti ha fatto il comunismo!!
E ancora:"i partigiani esercitarono le rappresaglie sempre e soltanto sui nemici nazisti e fascisti". FALSO!! si ricordi ad es. la strage di Porzus contro i partigiani non comunisti!!
[b]F.de franchis, DIZIONARIO GIURIDICO ITALIANO-INGLESE (pag.173)
Il governo Berlusconi evidenziava "l'assoluta impresentabilità della coalizione", e "si è presentato come una compagine all'altezza dei propositi: dal decreto salva ladri, al condono edilizio....". VERGOGNA!! questa è solo faziosità!!
see u,
Giangiacomo
C.Salinari, VOCABOLARIO DELLA LINGUA ITALIANA
Alla voce FOIBE si legge:"Dolina con sottosuolo cavernoso e indica particolarmente le grotte del carso nelle quali, durante la guerra '40-45, furono gettati i corpi delle vittime della rappresaglia nazista" X FALSO!! le vittime delle FOIBE furono uccise dai comunisti di Tito.
P.Ortoleva,M.Revelli, L'ETA' CONTEMPORANEA, IL NOVECENTO E IL MONDO ATTUALE, Edizioni Mondadori (pag.310)
Nell'esaltazione del culto della personalità di STALIN "si trovava anche la risposta a un bisogno di stabilità e di certezza". Per cui la figura "appariva rassicurante nella sua immensa autorità" e "il timore da essa ispirata poteva essere sentito quasi positivamente come il rispetto di una autorità giusta ma dura". Inoltre "abbattere ceti, come i Kulaki, e altre figure, poteva anche essere interpretato come la prova di una grande volomtà di uguaglianza.....Stalin diveniva, in tal senso, l'incarnazione di una rivoluzione giusta e livellatrice" Inoltre"bisogna tener conto che, nella lista dei popoli perseguitati dal regime (comunista!) compaiono solo etnie nettamente minoritarie". X VERGOGNA!! come se il genocidio fosse infame solo se ai danni di etnie maggioritarie. E inoltre non si dice che il comunismo è stato una dittatura che ha prodotto 100 milioni di morti!!
A.Camera e R.Fabietti, ELEMENTI DI STORIA-XX SECOLO, edizione Zanichelli (pag 1663 e 1683)
"l'uso sistematicamente aggressivo dei media, i ripetuti attacchi alla magistratura, alla direzione generale anti-mafia, alla banca d'Italia, alla corte costituzionale e soprattutto al presidente della Repubblica (Scalfaro!), condotti da Berlusconi o dai suoi portavoce, esasperano le tensioni politiche nel paese". D'altronde "Berlusconi aveva urgente bisogno di recuperare il potere e varare quella riforma della giustizia...che pensava l'avrebbe messo al riparo dagli avvisi di garanzia e da eventuali condanne". X VERGOGNA!! questa è solo faziosità!!
A.Camera e R.Fabietti, ELEMENTI DI STORIA-XX SECOLO, edizione Zanichelli (pag 1575)
Non si possono paragonare i lager nazisti ai gulag comunisti "perché i lager erano la conseguenza estrema di un regime che si fondava sulla disuguaglianza degli uomini....mentre in linea di principio il comunismo esprimeva l'esigenza di eguaglianza come premessa di libertà"X altro che libertà! 100 milioni di morti ha fatto il comunismo!!
E ancora:"i partigiani esercitarono le rappresaglie sempre e soltanto sui nemici nazisti e fascisti". FALSO!! si ricordi ad es. la strage di Porzus contro i partigiani non comunisti!!
[b]F.de franchis, DIZIONARIO GIURIDICO ITALIANO-INGLESE (pag.173)
Il governo Berlusconi evidenziava "l'assoluta impresentabilità della coalizione", e "si è presentato come una compagine all'altezza dei propositi: dal decreto salva ladri, al condono edilizio....". VERGOGNA!! questa è solo faziosità!!
see u,
Giangiacomo
Ottobre 1492. La scoperta dell’America
Scoperta dell'America
A fronte di ricorrenti polemiche sulla scoperta e sull'evangelizzazione dell'America, occorre contrapporre seri contenuti storici. Di queste polemiche, che hanno come principale obiettivo la Chiesa cattolica, sono protagonisti ambienti protestanti, movimenti marxisteggianti, terzomondialismi antioccidentali, nostalgici inguaribili del catto-comunismo alla patologica ricerca di nuovi complessi di colpa.
Discovery of America
We need to counter serious historical contents against the periodic controversies about the discovery and evangelization of America. The protagonists of these controversies, that mainly have as their objective the Catholic Church, are the Protestant environments, movements of Marxist area, pro-Third World and anti-occidental, incurable nostalgic of "catto-communismo" pathologically seeking new guilt-feelings.
see u,
Giangiacomo
A fronte di ricorrenti polemiche sulla scoperta e sull'evangelizzazione dell'America, occorre contrapporre seri contenuti storici. Di queste polemiche, che hanno come principale obiettivo la Chiesa cattolica, sono protagonisti ambienti protestanti, movimenti marxisteggianti, terzomondialismi antioccidentali, nostalgici inguaribili del catto-comunismo alla patologica ricerca di nuovi complessi di colpa.
Discovery of America
We need to counter serious historical contents against the periodic controversies about the discovery and evangelization of America. The protagonists of these controversies, that mainly have as their objective the Catholic Church, are the Protestant environments, movements of Marxist area, pro-Third World and anti-occidental, incurable nostalgic of "catto-communismo" pathologically seeking new guilt-feelings.
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Giangiacomo
sabato 10 ottobre 2009
Italia Old Style
Ho finito di leggere "Il cavallo rosso" di Eugenio Corti.
Un capolavoro, un sincero grazie all'Autore.
Descrive la seconda guerra mondiale, il fascismo, il comunismo, l'animo imprenditoriale lombardo e l'incancrimento e degradazione dell'Italia negli anni '60 e '70.
Quanto abbiamo perso di quell'animo umano e solidale dei nostri nonni.
Un vero imbarbarimento.
Sia perchè abbiamo perso le nostre radici cristiane sia perchè, come già anticipai in un mio vecchio post, la questione principale è l'educazione. L'Italia è piena di ignoranti (e falsi ipocriti opportunisti!).
Sottolineo soltanto un pezzo di memorie di Togliatti riprese nelle ultime pagine del libro...
"Un'infinità di cose, malgrado tanti anni di sforzi, non erano affatto socialiste in U.R.S.S. (quanti infatti sanno che il cognato di Togliatti è stato seviziato e pestato dai suoi stessi compagni russi?!?!?, n.d.r.) Certo a considerare questo, non ci si meraigliava più che il compagno Stalin se la prendesse con ogni gruppo, anzi con ogni indiiduo componente una società come quella sovietica, che ancora non si decideva a trasformarsi in socialista... Però, come ogi cosa era lontana dalle attese della sua giovinezza, quando lui e i suoi compagni di studi, in particolare Gramsci... Già, Gramsci, il gobbetto. Quello mentr'era in carcere aveva elaborato un complesso di teorie che avrebbero frose potuto evitare i massacri: secondo lui il potere andava preso non già con la violenza e le sparatorie, bensì mediante la conquista sistematica dei gangli della cmunicazione sociale e della cultur. Sì, ma anche supponendo d'arrivarci (gli intellettualli sono obiettivamente i piò riducibili a gregge fra tutti gli essere umani) come si sarebbe potuto conservarlo poi, il potere, senza ricorrere alla violenza? In Italia ci avrebbero pensato i cattolici modernisti, aveva lasciato scritto Gramsci, a cambiare la mentalità delle masse avversarie, rendendole anzitutto sanamente atee"
Dovete leggerlo tutto!!
see u,
Giangiacomo
Un capolavoro, un sincero grazie all'Autore.
Descrive la seconda guerra mondiale, il fascismo, il comunismo, l'animo imprenditoriale lombardo e l'incancrimento e degradazione dell'Italia negli anni '60 e '70.
Quanto abbiamo perso di quell'animo umano e solidale dei nostri nonni.
Un vero imbarbarimento.
Sia perchè abbiamo perso le nostre radici cristiane sia perchè, come già anticipai in un mio vecchio post, la questione principale è l'educazione. L'Italia è piena di ignoranti (e falsi ipocriti opportunisti!).
Sottolineo soltanto un pezzo di memorie di Togliatti riprese nelle ultime pagine del libro...
"Un'infinità di cose, malgrado tanti anni di sforzi, non erano affatto socialiste in U.R.S.S. (quanti infatti sanno che il cognato di Togliatti è stato seviziato e pestato dai suoi stessi compagni russi?!?!?, n.d.r.) Certo a considerare questo, non ci si meraigliava più che il compagno Stalin se la prendesse con ogni gruppo, anzi con ogni indiiduo componente una società come quella sovietica, che ancora non si decideva a trasformarsi in socialista... Però, come ogi cosa era lontana dalle attese della sua giovinezza, quando lui e i suoi compagni di studi, in particolare Gramsci... Già, Gramsci, il gobbetto. Quello mentr'era in carcere aveva elaborato un complesso di teorie che avrebbero frose potuto evitare i massacri: secondo lui il potere andava preso non già con la violenza e le sparatorie, bensì mediante la conquista sistematica dei gangli della cmunicazione sociale e della cultur. Sì, ma anche supponendo d'arrivarci (gli intellettualli sono obiettivamente i piò riducibili a gregge fra tutti gli essere umani) come si sarebbe potuto conservarlo poi, il potere, senza ricorrere alla violenza? In Italia ci avrebbero pensato i cattolici modernisti, aveva lasciato scritto Gramsci, a cambiare la mentalità delle masse avversarie, rendendole anzitutto sanamente atee"
Dovete leggerlo tutto!!
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Giangiacomo
domenica 20 settembre 2009
La strana sfida di Chavez
La strana sfida di Chavez: convertire gli indigeni venezuelani all’islam
di Massimo Introvigne (Libero, 9 settembre 2009)
«Passerella trionfale, applausi scroscianti e standing ovation»: tutta la sinistra italiana (e non solo) si è commossa per il presidente venezuelano Hugo Chavez di passaggio alla Mostra del Cinema di Venezia. Mentre sventolano le bandiere rosse, sarà bene ricordare che Chavez non è un simpatico capo di Stato esotico, ma ha una posizione e un ruolo per lo meno ambigui sul tema delicatissimo del terrorismo internazionale.
Prima di Osama bin Laden, il peggiore terrorista della storia recente è stato il venezuelano Ilich (così battezzato dal papà comunista in onore di Lenin) Ramirez Sanchez, meglio conosciuto come Carlos. Negli anni 1970 la sua organizzazione fa almeno 1.500 morti. Condannato nel 1997 a un ergastolo che sta tuttora scontando in Francia, Carlos si converte all’islam in prigione e propone l’alleanza mondiale del terrore fra comunisti puri e duri e ultra-fondamentalisti islamici. Ma già negli anni d’oro Carlos riusciva a mettere insieme il KGB e Khomeini, le Brigate Rosse e Arafat, i teologi della liberazione catto-comunisti e i primi fondamentalisti islamici in armi.
Chavez intrattiene una corrispondenza con il terrorista e lo definisce «un grande amico e un grande venezuelano». In una lettera a Carlos, Chavez scrive che «nelle profondità della nostra solidarietà sento pulsare la nostra intuizione condivisa che ogni cosa ha il suo tempo: il tempo di accumulare le pietre e il tempo di lanciarle», «un tempo in cui si combatte apertamente e un tempo in cui si resta nascosti ad aspettare in fervida attesa il momento della verità, così come Arianna lasciava dietro di sé i fili che l'avrebbero condotta fuori del labirinto».
Arianna oggi però per Chavez si chiama Ahmadinejad. In America Latina, grazie al patrocinio di Chavez, l’Iran è sempre più presente. Con forniture di armi ai governi più ostili agli Stati Uniti, con accordi economici e ora anche con la propaganda religiosa. Lontano dai riflettori, Chavez ha chiuso una vasta area tribale del Venezuela abitata da indiani goajiros ai cattolici e ai protestanti e ci ha fatto entrare solo missionari musulmani sciiti addestrati dall’Iran. Le missioni, ben finanziate, funzionano – un’intera tribù, i Wayuu, si sarebbe convertita – e l’Iran può sventolare le prime fotografie di donne indios venezuelane velate come fossero a Teheran. I maschietti, invece, si fanno chiamare “Hezbollah Venezuela” e insieme al Corano mostrano il kalashnikov. Israele sospetta che alcuni di questi neo-convertiti siano dietro a un tentato attentato alla sua ambasciata a Caracas.
Uno che lo conosceva bene, il cardinale venezuelano Castillo Lara (1922-2007), aveva definito Chavez «un dittatore paranoico», che «parla del socialismo del XXI secolo ma nella sua testa ha una specie di comunismo nella fase peggiore, concentrato di populismo e autoritarismo». È questo l’eroe, amico del terrorista Carlos e di Ahmadinejad, che la sinistra italiana applaude a Venezia.
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Giangiacomo
di Massimo Introvigne (Libero, 9 settembre 2009)
«Passerella trionfale, applausi scroscianti e standing ovation»: tutta la sinistra italiana (e non solo) si è commossa per il presidente venezuelano Hugo Chavez di passaggio alla Mostra del Cinema di Venezia. Mentre sventolano le bandiere rosse, sarà bene ricordare che Chavez non è un simpatico capo di Stato esotico, ma ha una posizione e un ruolo per lo meno ambigui sul tema delicatissimo del terrorismo internazionale.
Prima di Osama bin Laden, il peggiore terrorista della storia recente è stato il venezuelano Ilich (così battezzato dal papà comunista in onore di Lenin) Ramirez Sanchez, meglio conosciuto come Carlos. Negli anni 1970 la sua organizzazione fa almeno 1.500 morti. Condannato nel 1997 a un ergastolo che sta tuttora scontando in Francia, Carlos si converte all’islam in prigione e propone l’alleanza mondiale del terrore fra comunisti puri e duri e ultra-fondamentalisti islamici. Ma già negli anni d’oro Carlos riusciva a mettere insieme il KGB e Khomeini, le Brigate Rosse e Arafat, i teologi della liberazione catto-comunisti e i primi fondamentalisti islamici in armi.
Chavez intrattiene una corrispondenza con il terrorista e lo definisce «un grande amico e un grande venezuelano». In una lettera a Carlos, Chavez scrive che «nelle profondità della nostra solidarietà sento pulsare la nostra intuizione condivisa che ogni cosa ha il suo tempo: il tempo di accumulare le pietre e il tempo di lanciarle», «un tempo in cui si combatte apertamente e un tempo in cui si resta nascosti ad aspettare in fervida attesa il momento della verità, così come Arianna lasciava dietro di sé i fili che l'avrebbero condotta fuori del labirinto».
Arianna oggi però per Chavez si chiama Ahmadinejad. In America Latina, grazie al patrocinio di Chavez, l’Iran è sempre più presente. Con forniture di armi ai governi più ostili agli Stati Uniti, con accordi economici e ora anche con la propaganda religiosa. Lontano dai riflettori, Chavez ha chiuso una vasta area tribale del Venezuela abitata da indiani goajiros ai cattolici e ai protestanti e ci ha fatto entrare solo missionari musulmani sciiti addestrati dall’Iran. Le missioni, ben finanziate, funzionano – un’intera tribù, i Wayuu, si sarebbe convertita – e l’Iran può sventolare le prime fotografie di donne indios venezuelane velate come fossero a Teheran. I maschietti, invece, si fanno chiamare “Hezbollah Venezuela” e insieme al Corano mostrano il kalashnikov. Israele sospetta che alcuni di questi neo-convertiti siano dietro a un tentato attentato alla sua ambasciata a Caracas.
Uno che lo conosceva bene, il cardinale venezuelano Castillo Lara (1922-2007), aveva definito Chavez «un dittatore paranoico», che «parla del socialismo del XXI secolo ma nella sua testa ha una specie di comunismo nella fase peggiore, concentrato di populismo e autoritarismo». È questo l’eroe, amico del terrorista Carlos e di Ahmadinejad, che la sinistra italiana applaude a Venezia.
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L’Honduras, i cattolici e il finto golpe
di Massimo Introvigne (Articolo pubblicato su Libero del 17 settembre 2009, p. 25, con il titolo “I cattolici italiani si sono divisi pure sulla presidenza dell’Honduras”)
Per capire dove si situano le linee di faglia che dividono i cattolici italiani ogni tanto, oltre che a Fini e a Casini, sarebbe bene dare uno sguardo alla politica estera. In particolare a un Paese piccolo, bellissimo (provare per credere: io ci sono stato) e dimenticato, l’Honduras. Qui nel giugno scorso è venuto al pettine il nodo di uno scontro che da mesi vedeva contrapposti da una parte il presidente, Manuel Zelaya, dall’altra la maggioranza del Parlamento, la magistratura, l’Esercito e la Chiesa Cattolica. La materia del contendere era una modifica costituzionale che avrebbe permesso a Zelaya di farsi rieleggere presidente, cosa che la Costituzione gli vietava. Zelaya voleva imporre la modifica per decreto e farla ratificare da un referendum. Ma in realtà in Honduras il presidente non può modificare la Costituzione: può farlo solo il Parlamento. La Corte Suprema ha dichiarato illegale il decreto di Zelaya, e l’Esercito lo ha deposto e mandato in esilio, nominando capo dello Stato provvisorio il presidente del Parlamento. Si tratta dell’imprenditore di origini bergamasche Roberto Micheletti – peraltro dello stesso partito di Zelaya –, il quale ha subito indetto nuove elezioni per novembre, assicurando che abbandonerà la carica non appena sarà stato eletto un nuovo presidente.
Una virulenta campagna di stampa internazionale ha presentato il civile Micheletti come l’ennesimo militare golpista latino-americano. Dietro questa campagna c’è il presidente venezuelano Hugo Chavez, che ha perso un pezzo – l’Honduras – della sua alleanza anti-americana e filo-castrista ALBA (Alleanza Bolivariana delle Americhe), di cui con Venezuela e Cuba rimangono parte Bolivia, Ecuador, Nicaragua e le isole caraibiche di Antigua e Dominica. Zelaya, in effetti, voleva seguire Chavez sulla strada che porta a diventare presidenti a vita. Il vero golpista era lui. L’arcivescovo della capitale dell’Honduras, Tegucigalpa, cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga e i vescovi del Paese hanno giustificato la deposizione di Zelaya. Ma la propaganda di Chavez e Castro urla così forte che nessuno dà loro retta. Anche gli Stati Uniti e l’Europa esitano a riconoscere il governo provvisorio di Micheletti. E pure un certo numero di cattolici e di ecclesiastici europei critica il presunto golpe.
In Italia, mentre un bel pezzo della sinistra cattolica ha aderito a un “Comitato pro Zelaya”, altri scendono in campo contro l’ex-presidente, dalla rivista “Tempi”, vicina a Comunione e Liberazione, al blog “Comunità Ambrosiana”, la voce milanese di Alleanza Cattolica, che riprendono le posizioni dei vescovi honduregni e condannano Zelaya. Caduti altri miti rossi, come si è visto nella sua passeggiata trionfale a Venezia, quello del Sudamerica di Chavez – e dei suoi alleati – è l’ultimo sogno che scalda i cuori comunisti: e anche quelli catto-comunisti. Passa per il giudizio sull’Honduras, e su Chavez, la linea di discrimine fra i cattolici che amano la libertà e i nostalgici di Che Guevara e di Castro.
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Giangiacomo
Per capire dove si situano le linee di faglia che dividono i cattolici italiani ogni tanto, oltre che a Fini e a Casini, sarebbe bene dare uno sguardo alla politica estera. In particolare a un Paese piccolo, bellissimo (provare per credere: io ci sono stato) e dimenticato, l’Honduras. Qui nel giugno scorso è venuto al pettine il nodo di uno scontro che da mesi vedeva contrapposti da una parte il presidente, Manuel Zelaya, dall’altra la maggioranza del Parlamento, la magistratura, l’Esercito e la Chiesa Cattolica. La materia del contendere era una modifica costituzionale che avrebbe permesso a Zelaya di farsi rieleggere presidente, cosa che la Costituzione gli vietava. Zelaya voleva imporre la modifica per decreto e farla ratificare da un referendum. Ma in realtà in Honduras il presidente non può modificare la Costituzione: può farlo solo il Parlamento. La Corte Suprema ha dichiarato illegale il decreto di Zelaya, e l’Esercito lo ha deposto e mandato in esilio, nominando capo dello Stato provvisorio il presidente del Parlamento. Si tratta dell’imprenditore di origini bergamasche Roberto Micheletti – peraltro dello stesso partito di Zelaya –, il quale ha subito indetto nuove elezioni per novembre, assicurando che abbandonerà la carica non appena sarà stato eletto un nuovo presidente.
Una virulenta campagna di stampa internazionale ha presentato il civile Micheletti come l’ennesimo militare golpista latino-americano. Dietro questa campagna c’è il presidente venezuelano Hugo Chavez, che ha perso un pezzo – l’Honduras – della sua alleanza anti-americana e filo-castrista ALBA (Alleanza Bolivariana delle Americhe), di cui con Venezuela e Cuba rimangono parte Bolivia, Ecuador, Nicaragua e le isole caraibiche di Antigua e Dominica. Zelaya, in effetti, voleva seguire Chavez sulla strada che porta a diventare presidenti a vita. Il vero golpista era lui. L’arcivescovo della capitale dell’Honduras, Tegucigalpa, cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga e i vescovi del Paese hanno giustificato la deposizione di Zelaya. Ma la propaganda di Chavez e Castro urla così forte che nessuno dà loro retta. Anche gli Stati Uniti e l’Europa esitano a riconoscere il governo provvisorio di Micheletti. E pure un certo numero di cattolici e di ecclesiastici europei critica il presunto golpe.
In Italia, mentre un bel pezzo della sinistra cattolica ha aderito a un “Comitato pro Zelaya”, altri scendono in campo contro l’ex-presidente, dalla rivista “Tempi”, vicina a Comunione e Liberazione, al blog “Comunità Ambrosiana”, la voce milanese di Alleanza Cattolica, che riprendono le posizioni dei vescovi honduregni e condannano Zelaya. Caduti altri miti rossi, come si è visto nella sua passeggiata trionfale a Venezia, quello del Sudamerica di Chavez – e dei suoi alleati – è l’ultimo sogno che scalda i cuori comunisti: e anche quelli catto-comunisti. Passa per il giudizio sull’Honduras, e su Chavez, la linea di discrimine fra i cattolici che amano la libertà e i nostalgici di Che Guevara e di Castro.
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Giangiacomo
Discorso di Obama ai suoi studenti
Ragazzi, volete il successo?
Dovete studiare!
http://www.cidi.it/edicola/Obama_08set09.pdf
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Giangiacomo
Dovete studiare!
http://www.cidi.it/edicola/Obama_08set09.pdf
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"Berlusconi e Sarkozy, la democrazia del leader"
Il politologo francese Marc Lazar: «Il sistema è in mutazione, ma non siamo agli Anni Venti, il fascismo non è alle porte»
E’ un momento duro, difficile, «l’immagine dell’Italia è indebolita, ma non siamo negli Anni Venti, il fascismo non è alle porte, la società italiana è vitale e democratica». Marc Lazar è ottimista. Politologo, professore a Sciences-Po, uno dei santuari dell’intellighenzia parigina, Lazar è tornato in Francia dopo due anni vissuti in Italia dov’è tuttora docente alla Luiss. In quest’intervista riflette sulla situazione politica del nostro paese a partire dall’editoriale di Gian Enrico Rusconi sulla Stampa di martedì «Anche questa è democrazia».
Professor Lazar, pure lei pensa che la democrazia italiana sia in mutazione, come ha scritto Rusconi?
«Sì, in mutazione, come molte altre democrazie. L’Italia non è un caso anomalo. Si è verificata l’ascesa di quella che noi politologi chiamiamo la democrazia dell’opinione o del leader. Più di prima sono importanti i personaggi. I partiti non sono scomparsi, ma appaiono molto indeboliti come le tradizionali culture politiche. Gli elettori sono volatili, incerti. La televisione e Internet forniscono un’informazione continua che tiene i politici sotto pressione, ogni decisione viene presa nell’emergenza».
Chi è un leader?
«Qualcuno che sa farsi vedere, riconoscere, è uno che sa parlare direttamente al popolo. Ha una democrazia semplice, con una componente populistica. Prendiamo due campioni di questa stagione, Berlusconi e Sarkozy, hanno molti tratti comuni, entrambi hanno fondato il loro discorso sulla critica delle tradizionali élite politiche e sulla trasformazione del sistema».
Una tendenza che contagiato anche le sinistre europee che appaiono tutte in crisi?
«Hanno anche loro un problema comune: adattarsi a questo modello di democrazia, trovare il leader giusto. E sono in difficoltà perché è un modello che più si adatta alla destra perché si fonda sul principio di autorità».
Quali sono le altre caratteristiche della democrazia italiana?
«C’è un diffuso sentimento di anti-politica, una caduta di fiducia nei confronti degli uomini politici: si usa dire che sono tutti uguali, tutti corrotti. In Italia questo sentimento è più forte che altrove».
Si direbbe che la democrazia classica non funzioni più. È così?
«Io credo che la democrazia della rappresentanza sia in difficoltà, ma non sia morta. In ogni paese si cercano soluzioni. Per esempio le primarie italiane del Partito democratico sono state un modello molto studiato. E poi cresce la voglia di controllare i politici. Ci sono state grandi mobilitazioni contro la guerra, c’è un grande fermento associativo e di volontariato, lo si è visto in occasione del terremoto».
Però la democrazia italiana appare debole e secondo molti totalmente condizionata dalla televisione. Lei che ne pensa?
«Io non credo che l’Italia sia anestetizzata dalla tv e non penso che la democrazia italiana sia in pericolo. Ci sono delle ragioni storiche di debolezza, diciamo che in Italia la democrazia è più recente che in Francia o Gran Bretagna. È un dato che pesa nella coscienza collettiva, ma ultimamente si sono fatti enormi progressi».
Scendiamo al concreto del confronto di attualità: ci sono punti comuni tra il premier italiano e il presidente francese?
«L’uomo Berlusconi ha molti punti in comune con Sarkozy, ma anche alcune specificità come il conflitto di interessi. Un’anomalia pericolosa che non significa fascismo, ma provoca tensione».
Ma sul piano dell’informazione vede molte differenze?
«Sarkozy non è il proprietario ma ha tendenza a controllare le televisioni, da questo punto di vista la Francia non può certo dare lezioni all’Italia. E non dimentichiamo che un direttore di giornale è stato licenziato su richiesta del presidente, ci sono state denunce e scontri tra lui e i giornali. Il modello in questo campo semmai è l’Inghilterra. In questo momento in Italia c’è però una tensione sull’informazione che non si verifica in altri paesi. Il premier è proprietario editoriale e di televisioni. In questo il caso italiano è unico».
Lei vede un’evoluzione nelle relazioni tra i due paesi?
«Il rapporto tra Italia e Francia è solido sul piano economico e nella tradizione delle relazioni tra le due amministrazioni. Per il resto l’immagine dell’Italia è indebolita, non c’è dubbio. Pesano la questione Berlusconi, le polemiche, l’incertezza sul futuro. Come professore di Sciences-Po posso dirle che fino a due anni fa molti nostri studenti chiedevano di venire in Italia a fare l’anno obbligatorio all’estero. Ora molti meno».
A causa di un giudizio negativo su Berlusconi?
«Con significative eccezioni. Per esempio il lavoro fatto dal governo al G8 dell’Aquila è stato riconosciuto e apprezzato. Tuttavia in Francia pesa il modo schematico in cui i media riportano le polemiche politiche italiane. C’è interesse, ma l’informazione è un po’ banalizzata. La domanda che mi sento rivolgere più spesso è: come possono gli italiani votare per Berlusconi?».
E lei come risponde?
«Che in un paese in preda a una crisi fortissima, dove erano crollati i riferimenti classici, Berlusconi ha saputo affermare la sua forza di leader, anche come uomo di Stato per quanto diverso dagli altri. Ha espresso un’egemonia culturale e io considero questa una grande lezione del berlusconismo. Ha saputo tenere insieme coppie di valori che sembrano opposti: liberismo-protezionismo, conservazione-innovazione ecc. Approfittando dell’incapacità del centrosinistra, ha saputo essere il cemento di un blocco sociale in cui ci sono i forti e i deboli, gli integrati e gli esclusi: imprenditori, commercianti, gli impauriti da immigrazione, globalizzazione, Europa. Lui ha saputo incarnare tutto questo persino nell’aspetto fisico».
Gli ultimi mesi sono stati segnati dalle rivelazioni sulla sua vita privata. Quanto hanno pesato sulla sua immagine pubblica?
«Lo hanno messo in difficoltà e sono state la prima vera frattura. L’ha pagata nell’elettorato cattolico e si è visto molto nettamente nelle elezioni di primavera. Ma lui ha saputo giocare la sua carta preferita, quella del rovesciamento. Ha detto: non sono un santo. I molti italiani che peccano come lui possono averlo capito».
Lei crede che queste rivelazioni possano condizionare il suo futuro di leader?
«Sappiamo che l’uomo, quando sembra in difficoltà, sa risalire. La battaglia gli piace, è il suo vero terreno. Ha ancora tre anni di legislatura, non vedo proprio chi possa metterlo in difficoltà. Come si dice in francese, dalla foresta non è uscito nessuno in grado di contestare la sua leadership. Gianfranco Fini sta prendendo un appuntamento con il futuro. Ma per il momento non vedo alternative a Berlusconi».
Lei crede che la democrazia italiana saprà sopravvivere a questa crisi?
«Sì, non siamo sull’orlo del fascismo, non siamo negli anni Venti. Una svolta autoritaria come allora sarebbe insopportabile. Non siete minacciati, la società ha una grande vitalità, avete superato tante crisi, è un momento duro, intenso, ma io sono ottimista, anche perché, come diceva Brecht, il popolo non si può sciogliere».
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Giangiacomo
E’ un momento duro, difficile, «l’immagine dell’Italia è indebolita, ma non siamo negli Anni Venti, il fascismo non è alle porte, la società italiana è vitale e democratica». Marc Lazar è ottimista. Politologo, professore a Sciences-Po, uno dei santuari dell’intellighenzia parigina, Lazar è tornato in Francia dopo due anni vissuti in Italia dov’è tuttora docente alla Luiss. In quest’intervista riflette sulla situazione politica del nostro paese a partire dall’editoriale di Gian Enrico Rusconi sulla Stampa di martedì «Anche questa è democrazia».
Professor Lazar, pure lei pensa che la democrazia italiana sia in mutazione, come ha scritto Rusconi?
«Sì, in mutazione, come molte altre democrazie. L’Italia non è un caso anomalo. Si è verificata l’ascesa di quella che noi politologi chiamiamo la democrazia dell’opinione o del leader. Più di prima sono importanti i personaggi. I partiti non sono scomparsi, ma appaiono molto indeboliti come le tradizionali culture politiche. Gli elettori sono volatili, incerti. La televisione e Internet forniscono un’informazione continua che tiene i politici sotto pressione, ogni decisione viene presa nell’emergenza».
Chi è un leader?
«Qualcuno che sa farsi vedere, riconoscere, è uno che sa parlare direttamente al popolo. Ha una democrazia semplice, con una componente populistica. Prendiamo due campioni di questa stagione, Berlusconi e Sarkozy, hanno molti tratti comuni, entrambi hanno fondato il loro discorso sulla critica delle tradizionali élite politiche e sulla trasformazione del sistema».
Una tendenza che contagiato anche le sinistre europee che appaiono tutte in crisi?
«Hanno anche loro un problema comune: adattarsi a questo modello di democrazia, trovare il leader giusto. E sono in difficoltà perché è un modello che più si adatta alla destra perché si fonda sul principio di autorità».
Quali sono le altre caratteristiche della democrazia italiana?
«C’è un diffuso sentimento di anti-politica, una caduta di fiducia nei confronti degli uomini politici: si usa dire che sono tutti uguali, tutti corrotti. In Italia questo sentimento è più forte che altrove».
Si direbbe che la democrazia classica non funzioni più. È così?
«Io credo che la democrazia della rappresentanza sia in difficoltà, ma non sia morta. In ogni paese si cercano soluzioni. Per esempio le primarie italiane del Partito democratico sono state un modello molto studiato. E poi cresce la voglia di controllare i politici. Ci sono state grandi mobilitazioni contro la guerra, c’è un grande fermento associativo e di volontariato, lo si è visto in occasione del terremoto».
Però la democrazia italiana appare debole e secondo molti totalmente condizionata dalla televisione. Lei che ne pensa?
«Io non credo che l’Italia sia anestetizzata dalla tv e non penso che la democrazia italiana sia in pericolo. Ci sono delle ragioni storiche di debolezza, diciamo che in Italia la democrazia è più recente che in Francia o Gran Bretagna. È un dato che pesa nella coscienza collettiva, ma ultimamente si sono fatti enormi progressi».
Scendiamo al concreto del confronto di attualità: ci sono punti comuni tra il premier italiano e il presidente francese?
«L’uomo Berlusconi ha molti punti in comune con Sarkozy, ma anche alcune specificità come il conflitto di interessi. Un’anomalia pericolosa che non significa fascismo, ma provoca tensione».
Ma sul piano dell’informazione vede molte differenze?
«Sarkozy non è il proprietario ma ha tendenza a controllare le televisioni, da questo punto di vista la Francia non può certo dare lezioni all’Italia. E non dimentichiamo che un direttore di giornale è stato licenziato su richiesta del presidente, ci sono state denunce e scontri tra lui e i giornali. Il modello in questo campo semmai è l’Inghilterra. In questo momento in Italia c’è però una tensione sull’informazione che non si verifica in altri paesi. Il premier è proprietario editoriale e di televisioni. In questo il caso italiano è unico».
Lei vede un’evoluzione nelle relazioni tra i due paesi?
«Il rapporto tra Italia e Francia è solido sul piano economico e nella tradizione delle relazioni tra le due amministrazioni. Per il resto l’immagine dell’Italia è indebolita, non c’è dubbio. Pesano la questione Berlusconi, le polemiche, l’incertezza sul futuro. Come professore di Sciences-Po posso dirle che fino a due anni fa molti nostri studenti chiedevano di venire in Italia a fare l’anno obbligatorio all’estero. Ora molti meno».
A causa di un giudizio negativo su Berlusconi?
«Con significative eccezioni. Per esempio il lavoro fatto dal governo al G8 dell’Aquila è stato riconosciuto e apprezzato. Tuttavia in Francia pesa il modo schematico in cui i media riportano le polemiche politiche italiane. C’è interesse, ma l’informazione è un po’ banalizzata. La domanda che mi sento rivolgere più spesso è: come possono gli italiani votare per Berlusconi?».
E lei come risponde?
«Che in un paese in preda a una crisi fortissima, dove erano crollati i riferimenti classici, Berlusconi ha saputo affermare la sua forza di leader, anche come uomo di Stato per quanto diverso dagli altri. Ha espresso un’egemonia culturale e io considero questa una grande lezione del berlusconismo. Ha saputo tenere insieme coppie di valori che sembrano opposti: liberismo-protezionismo, conservazione-innovazione ecc. Approfittando dell’incapacità del centrosinistra, ha saputo essere il cemento di un blocco sociale in cui ci sono i forti e i deboli, gli integrati e gli esclusi: imprenditori, commercianti, gli impauriti da immigrazione, globalizzazione, Europa. Lui ha saputo incarnare tutto questo persino nell’aspetto fisico».
Gli ultimi mesi sono stati segnati dalle rivelazioni sulla sua vita privata. Quanto hanno pesato sulla sua immagine pubblica?
«Lo hanno messo in difficoltà e sono state la prima vera frattura. L’ha pagata nell’elettorato cattolico e si è visto molto nettamente nelle elezioni di primavera. Ma lui ha saputo giocare la sua carta preferita, quella del rovesciamento. Ha detto: non sono un santo. I molti italiani che peccano come lui possono averlo capito».
Lei crede che queste rivelazioni possano condizionare il suo futuro di leader?
«Sappiamo che l’uomo, quando sembra in difficoltà, sa risalire. La battaglia gli piace, è il suo vero terreno. Ha ancora tre anni di legislatura, non vedo proprio chi possa metterlo in difficoltà. Come si dice in francese, dalla foresta non è uscito nessuno in grado di contestare la sua leadership. Gianfranco Fini sta prendendo un appuntamento con il futuro. Ma per il momento non vedo alternative a Berlusconi».
Lei crede che la democrazia italiana saprà sopravvivere a questa crisi?
«Sì, non siamo sull’orlo del fascismo, non siamo negli anni Venti. Una svolta autoritaria come allora sarebbe insopportabile. Non siete minacciati, la società ha una grande vitalità, avete superato tante crisi, è un momento duro, intenso, ma io sono ottimista, anche perché, come diceva Brecht, il popolo non si può sciogliere».
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Giangiacomo
domenica 6 settembre 2009
La Chiesa sull'immigrazione
La recente polemica sulle politiche in materia di immigrazione
Quando da esponenti della Chiesa vengono parole poco sensate ...
Qual è il vero pericolo della società “multiculturale” a cui l’Europa sembra condannata.
Attualità: Islam e immigrazione
L'immigrazione massiccia verso i Paesi europei, specie verso l'Italia, fa parte di un disegno di costruire una grande comunità islamica anche in Occidente e fare progressivamente dell'Europa una terra islamica. Non bisognerà attendere molto: la sottomissione degli occidentali alla sacralità coranica è già avviata grazie ad un errata concezione di tolleranza.
Actuality: Islam and immigration
The massive immigration to European Countries, especially to Italy, is a part of a plan to build a great Islamic community in Occident too and make of Europe an Islamic land.We don't need to wait too long: the Occidental submission to the sacrality of Koran is already started thanks to a wrong conception of tolerance.
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Giangiacomo
Quando da esponenti della Chiesa vengono parole poco sensate ...
Qual è il vero pericolo della società “multiculturale” a cui l’Europa sembra condannata.
Attualità: Islam e immigrazione
L'immigrazione massiccia verso i Paesi europei, specie verso l'Italia, fa parte di un disegno di costruire una grande comunità islamica anche in Occidente e fare progressivamente dell'Europa una terra islamica. Non bisognerà attendere molto: la sottomissione degli occidentali alla sacralità coranica è già avviata grazie ad un errata concezione di tolleranza.
Actuality: Islam and immigration
The massive immigration to European Countries, especially to Italy, is a part of a plan to build a great Islamic community in Occident too and make of Europe an Islamic land.We don't need to wait too long: the Occidental submission to the sacrality of Koran is already started thanks to a wrong conception of tolerance.
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Giangiacomo
giovedì 3 settembre 2009
sabato 29 agosto 2009
Perchè D'Alema è di casa in procura
Leggo da Panorama del 25 Giugno 2009
Quel contributo di 20 milioni in Puglia
Uno dei possibili "legami" tra Massimo D'Alema (che aveva previsto questa Primavera uno scossone per il Governo) e la procura di Bari (che ha aperto l'inchiesta relativa agli incontri tra Berlusconi e la D'Addario) passa attraverso Alberto Maritati, l'ex magistrato barese che fu eletto nelle file dei Ds il 27 Giugno 1999 e che dopo un mese, il 4 Agosto, venne (con un record mai eguagliato nella storia repubblicana) promosso sottoseretario all'Interno proprio nel primo governo presieduto da D0Alema. Pochi, però, ricordano un retroscena di quella candidatura, peraltro riveltato nova anni fa da Panorama (numero 23 del 2000). Nel Giugno 1995, infatti, era stato proprio Maritati a chiedere e ottenere il proscioglimento di D'Alema in un'indagine per finanziamento illecito. Ad accusare D'Alema era stato, alla metà del 1994, il "re delle case di cura baresi" Francesco Cavallari. Costui aveva dichiarato a verbale che nel 1987, da segretario regionale del Pci pugliese, D'Alema gli aveva chiesto un "contributo di 20 ilioni di lire" e Cavallari aveva aggiungo di averlo accontentato con una busta contentente quella cifra. Secondo i giudici baresi, D'Alema, che era stato interrogato tra la fine del 1994 e la primavera del 1995, aveva "lealmente" ammesso il finanziamento illecito, non escludendo "che la somma versata dal Cavaliari fosse stata proprio dell'importo da quest'ultimo indicato". I giudici avevano poi deciso di proscioglierlo per prescrizione. Quattro anni più tardi Maritati era stato eletto nelle elezioni suppletive a Bari. Era stato votato dal 53,7 per cento degli elettori. E aveva cominciato allora una brillante carriera politica.
E bravo il moralista D'Alema...
see u,
Giangiacomo
Quel contributo di 20 milioni in Puglia
Uno dei possibili "legami" tra Massimo D'Alema (che aveva previsto questa Primavera uno scossone per il Governo) e la procura di Bari (che ha aperto l'inchiesta relativa agli incontri tra Berlusconi e la D'Addario) passa attraverso Alberto Maritati, l'ex magistrato barese che fu eletto nelle file dei Ds il 27 Giugno 1999 e che dopo un mese, il 4 Agosto, venne (con un record mai eguagliato nella storia repubblicana) promosso sottoseretario all'Interno proprio nel primo governo presieduto da D0Alema. Pochi, però, ricordano un retroscena di quella candidatura, peraltro riveltato nova anni fa da Panorama (numero 23 del 2000). Nel Giugno 1995, infatti, era stato proprio Maritati a chiedere e ottenere il proscioglimento di D'Alema in un'indagine per finanziamento illecito. Ad accusare D'Alema era stato, alla metà del 1994, il "re delle case di cura baresi" Francesco Cavallari. Costui aveva dichiarato a verbale che nel 1987, da segretario regionale del Pci pugliese, D'Alema gli aveva chiesto un "contributo di 20 ilioni di lire" e Cavallari aveva aggiungo di averlo accontentato con una busta contentente quella cifra. Secondo i giudici baresi, D'Alema, che era stato interrogato tra la fine del 1994 e la primavera del 1995, aveva "lealmente" ammesso il finanziamento illecito, non escludendo "che la somma versata dal Cavaliari fosse stata proprio dell'importo da quest'ultimo indicato". I giudici avevano poi deciso di proscioglierlo per prescrizione. Quattro anni più tardi Maritati era stato eletto nelle elezioni suppletive a Bari. Era stato votato dal 53,7 per cento degli elettori. E aveva cominciato allora una brillante carriera politica.
E bravo il moralista D'Alema...
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Giangiacomo
sabato 22 agosto 2009
14 Agosto 1480
14 agosto 1480: i turchi massacrano Otranto
Gli uomini superstiti furono messi dinanzi alla scelta: rinnegare Cristo o morire. In 800 furono martirizzati
1480: the Turks besieged Otranto. The inhabitants were obliged to deny Christ. Those men chose the death
see u,
Giangiacomo
Gli uomini superstiti furono messi dinanzi alla scelta: rinnegare Cristo o morire. In 800 furono martirizzati
1480: the Turks besieged Otranto. The inhabitants were obliged to deny Christ. Those men chose the death
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Giangiacomo
domenica 12 luglio 2009
Ho conosciuto l'ideologia in persona!
Grazie alla mia manager, ho avuto modo di partecipare Lunedì scorso, 6 Luglio 2009, all'Assemblea dei Soci dell'Unione Industriale di Torino.
Curiosa, interessante, stimolante; è stato possibile ascoltare interventi che miravano a qualcosa di concreto... in particolare soluzioni concrete alla crisi economica e finanziaria nel territorio sabaudo.
Sedevo nell'ultima fila della Sala dei Duecento e davanti a me... Giorgio Airaudo, segretario provinciale della Fiom (Cgil). Prendeva appunti.
Nel corso del suo intervento, Giorgio Carbonato, Presidente dell'Unione Industriale di Torino, ha toccato il tema delle relazioni sindacali, tendendo le mani alle rappresentanze sindacali (rsu), chiedendo una collaborazione, una responsabilità attraversando insieme le difficoltà aziendali, chi in qualità di imprenditori, chi come lavoratori.
Ultimo passaggio, chiedeva di ipotizzare modalità simili a quanto avviene già negli USA (esempio noto quello di Chrysler): associazioni di lavoratori e sindacali all'interno dei cda, board, consigli di gestione e sorveglianza delle aziende allo scopo di prendere insieme determinate decisioni sulla vita societaria.
Ho provato tristezza e una tremenda arrabbiatura vedere che questo uomo (il termine "uomo" è un complimento perchè personaggi di tale rango non arriverebbero alla più bassa casta del mondo induista indiano e non sarebbero quindi considerati persone) ostentava il suo disappunto, bofonchiando qualcosa, scuotendo con forza la testa e in ultimo alzandosi, uscendo e gesticolando nei corridoi con un altro giovane sindacalista (giovane, quasi 70 anni...) facendosi notare dal pubblico, hostess e sicurezza.
Perchè tristezza e arrabbiatura?
Perchè quella rappresentava e rappresente l'ideologia, il pregiudizio, il preconcetto, modalità umana più lontana dal mio cuore e dal mio pensiero. il falso, il male, l'errore...
Quell'essere lì dovrebbe rappresentare migliaia di lavoratori e perseguire il loro bene? partecipare a discussioni (per lui, lotte) in un periodo di mercato così nero e dove uomini (veri) e famiglie rischiano il proprio lavoro?!?
Assurdo
Ma perchè "caro" airaudo (caro perchè costi ai tesserati cigiellini...) non pensi prima alla proposta che viene elaborata da una Emma Marcegaglia (una tigre straordinaria, il suo intervento è stato straordinario duro e chiaro) e da un Giorgio Carbonato? perchè non valuti? non comprendi meglio quale può essere la trattativa più corretta, più diplomatica?
Esiste la mediazione... mediazione mirata alla ricerca del effettivo bene comune (che potrebbe non coincidere con la miglior posizione per la Fiom...)
No, non riesci proprio... l'ideologia in persona, che in te si incarna, non riesce a farti abbattere il muro mentale e a farti fare un passo in avanti...
peccato... un'ulteriore occasione mancata!
a questo punto, mi chiedo come mai non sei rimasto a dormire lo scorso lunedì mattina o non l'hai impiegata ad urlare alle masse...
tanto sei solo venuto a scaldare la sedia (già calda considerata la temperatura torinese di luglio) e con i tappi nelle orecchie...
see u,
Giangiacomo
Curiosa, interessante, stimolante; è stato possibile ascoltare interventi che miravano a qualcosa di concreto... in particolare soluzioni concrete alla crisi economica e finanziaria nel territorio sabaudo.
Sedevo nell'ultima fila della Sala dei Duecento e davanti a me... Giorgio Airaudo, segretario provinciale della Fiom (Cgil). Prendeva appunti.
Nel corso del suo intervento, Giorgio Carbonato, Presidente dell'Unione Industriale di Torino, ha toccato il tema delle relazioni sindacali, tendendo le mani alle rappresentanze sindacali (rsu), chiedendo una collaborazione, una responsabilità attraversando insieme le difficoltà aziendali, chi in qualità di imprenditori, chi come lavoratori.
Ultimo passaggio, chiedeva di ipotizzare modalità simili a quanto avviene già negli USA (esempio noto quello di Chrysler): associazioni di lavoratori e sindacali all'interno dei cda, board, consigli di gestione e sorveglianza delle aziende allo scopo di prendere insieme determinate decisioni sulla vita societaria.
Ho provato tristezza e una tremenda arrabbiatura vedere che questo uomo (il termine "uomo" è un complimento perchè personaggi di tale rango non arriverebbero alla più bassa casta del mondo induista indiano e non sarebbero quindi considerati persone) ostentava il suo disappunto, bofonchiando qualcosa, scuotendo con forza la testa e in ultimo alzandosi, uscendo e gesticolando nei corridoi con un altro giovane sindacalista (giovane, quasi 70 anni...) facendosi notare dal pubblico, hostess e sicurezza.
Perchè tristezza e arrabbiatura?
Perchè quella rappresentava e rappresente l'ideologia, il pregiudizio, il preconcetto, modalità umana più lontana dal mio cuore e dal mio pensiero. il falso, il male, l'errore...
Quell'essere lì dovrebbe rappresentare migliaia di lavoratori e perseguire il loro bene? partecipare a discussioni (per lui, lotte) in un periodo di mercato così nero e dove uomini (veri) e famiglie rischiano il proprio lavoro?!?
Assurdo
Ma perchè "caro" airaudo (caro perchè costi ai tesserati cigiellini...) non pensi prima alla proposta che viene elaborata da una Emma Marcegaglia (una tigre straordinaria, il suo intervento è stato straordinario duro e chiaro) e da un Giorgio Carbonato? perchè non valuti? non comprendi meglio quale può essere la trattativa più corretta, più diplomatica?
Esiste la mediazione... mediazione mirata alla ricerca del effettivo bene comune (che potrebbe non coincidere con la miglior posizione per la Fiom...)
No, non riesci proprio... l'ideologia in persona, che in te si incarna, non riesce a farti abbattere il muro mentale e a farti fare un passo in avanti...
peccato... un'ulteriore occasione mancata!
a questo punto, mi chiedo come mai non sei rimasto a dormire lo scorso lunedì mattina o non l'hai impiegata ad urlare alle masse...
tanto sei solo venuto a scaldare la sedia (già calda considerata la temperatura torinese di luglio) e con i tappi nelle orecchie...
see u,
Giangiacomo
mercoledì 24 giugno 2009
Lezione di moralità
Augusto Minzolini ci piace. E’ il nuovo direttore del TG1, e ieri ha spiegato a tutti perché il suo TG non si occupa delle cene a casa di Berlusconi. Sostanzialmente, perché non ci sono notizie, solo chiacchiere. Se cliccate qua potete vedervi il video.
Per quel che mi riguarda, non prendo lezioni di moralità da Repubblica, nel senso del giornale.
I loro articoli sono patetici: oggi, per esempio, Edmondo Berselli parla di “amnesia etica”, e punta l’indice, orrore orrore, verso “il mondo di Noemi, il mondo di Casoria e delle feste notturne a strascico, il mondo notturno e terminale di Berlusconi e del Berlusconismo”. E quale sarebbe, l’abisso immondo di Casoria? In che consiste? Che è?
Invece, come sappiamo, il mondo di Repubblica, quello sì, tutta virtù!
Notoriamente, Repubblica è la bandiera della morale cattolica ed indica a tutti castità, sobrietà e fedeltà coniugale. Il suo padrone, DeBenedetti, è un noto benefattore dell’umanità, lui sicuramente non ha mai fatto una festa in vita sua, tutto casa e bottega, per non parlare di Eugenio Scalfari, che quandoc’eraLui, andava in Via Veneto, e con i suoi amichetti, evidentemente, ci andava a recitare il rosario.. Le pagine di Repubblica e dei suoi inserti trasudano purezza morale, evocano valori etici ora sottoposti ad amnesia (almeno a Casoria), il paradiso dell’anima, insomma.
Ad oggi i fatti sono questi: qualcuno ha portato una prostituta (che a Repubblica chiamano escort perché sono rispettosi delle donne e poi sono tanto educati e certe brutte parole non le dicono per rispetto dei lettori) a casa di Berlusconi, le ha fatto registrare tutto il registrabile – sei nastri almeno - per poi montare una incredibile campagna di delegittimazione.
E che forse questo qualcuno ha qualcosa a che fare con chi in quindici anni ha fatto di tutto per far fuori Berlusconi, usando pure mezza magistratura italiana, e non ci è riuscito? La domanda sorge spontanea.
Certo che quei nastri dovrebbero essere abbastanza noiosi. A quanto pare Berlusconi ha fatto vedere ai suoi ospiti tutti il filmato con Bush (quindi tutto in inglese), e poi le foto con i nipotini, ha fatto cantare Apicella, ha raccontato barzellette, insomma: che eccitazione. Che eros.
E pure Famiglia Cristiana che ci va dietro. Che fantasia. Rosi Bindi e Ignazio Marino e le loro proposte di legge su famiglia e testamento biologico: Famiglia Cristiana giusto quelli si merita.
see u,
Giangiacomo
Per quel che mi riguarda, non prendo lezioni di moralità da Repubblica, nel senso del giornale.
I loro articoli sono patetici: oggi, per esempio, Edmondo Berselli parla di “amnesia etica”, e punta l’indice, orrore orrore, verso “il mondo di Noemi, il mondo di Casoria e delle feste notturne a strascico, il mondo notturno e terminale di Berlusconi e del Berlusconismo”. E quale sarebbe, l’abisso immondo di Casoria? In che consiste? Che è?
Invece, come sappiamo, il mondo di Repubblica, quello sì, tutta virtù!
Notoriamente, Repubblica è la bandiera della morale cattolica ed indica a tutti castità, sobrietà e fedeltà coniugale. Il suo padrone, DeBenedetti, è un noto benefattore dell’umanità, lui sicuramente non ha mai fatto una festa in vita sua, tutto casa e bottega, per non parlare di Eugenio Scalfari, che quandoc’eraLui, andava in Via Veneto, e con i suoi amichetti, evidentemente, ci andava a recitare il rosario.. Le pagine di Repubblica e dei suoi inserti trasudano purezza morale, evocano valori etici ora sottoposti ad amnesia (almeno a Casoria), il paradiso dell’anima, insomma.
Ad oggi i fatti sono questi: qualcuno ha portato una prostituta (che a Repubblica chiamano escort perché sono rispettosi delle donne e poi sono tanto educati e certe brutte parole non le dicono per rispetto dei lettori) a casa di Berlusconi, le ha fatto registrare tutto il registrabile – sei nastri almeno - per poi montare una incredibile campagna di delegittimazione.
E che forse questo qualcuno ha qualcosa a che fare con chi in quindici anni ha fatto di tutto per far fuori Berlusconi, usando pure mezza magistratura italiana, e non ci è riuscito? La domanda sorge spontanea.
Certo che quei nastri dovrebbero essere abbastanza noiosi. A quanto pare Berlusconi ha fatto vedere ai suoi ospiti tutti il filmato con Bush (quindi tutto in inglese), e poi le foto con i nipotini, ha fatto cantare Apicella, ha raccontato barzellette, insomma: che eccitazione. Che eros.
E pure Famiglia Cristiana che ci va dietro. Che fantasia. Rosi Bindi e Ignazio Marino e le loro proposte di legge su famiglia e testamento biologico: Famiglia Cristiana giusto quelli si merita.
see u,
Giangiacomo
domenica 21 giugno 2009
Una lezione da non dimenticare
"La società non è un'entità o un organismo al di fuori e al di sopra dell'individuo"
"Non è lo stato che rende vitali i suoi organi; è l'uomo che li vivifica, l'uomo che li mortifica, l'uomo singolo e organizzato, la persona reale effettiva, non l'ente astratto che si usa chiamare stato"
"La libertà non è divisibile; buona nella politica o nella religione e non buona nell'economia o nell'insegnamento: tutto è solidale. Vedo che certi cattolici sociali ora sarebbero disposti ad abbandonare la libertà economica e non comprendono che essi così abbandonano la libertà in tutti i campi, anche quello religioso"
"Lo stato italiano è largo e generoso: crea nuovi enti. Dal giorno che ha preso la malattia dell'entite, non si ferma più"
"Il privato impiega il denaro assai meglio dello stato; la produttività dell'impresa privata è superiore a quella dell'impresa pubblica. Per una politica di maggior impiego di mano d'opera è obbligo dello stato non solo non ostacolare l'investimento privato, ma anche favorirlo".
"Non si possono attuare grandi riforme sociali se non in clima di libertà, con reale senso di moralità pubblica, in un'economia che si risana e in una struttura statale ferma, agile e responsabile"
"Fra coloro che amano la libertà per convinzione e coloro che amano la libertà a parole vi è una divergenza sostanziale: i primi sono convinti che la libertà rimedia ai mali che può produrre, perché al tempo stesso eccita energie nuove, spinge alla formazione di libere associazioni, sviluppa contrasti politici e sociali dai quali derivano i necessari assestamenti; gli altri, invece, hanno paura della libertà e cercano sempre il modo di imbrigliarla con una continua e crescente legislazione e con un'azione politica vincolatrice, che finiscono per soffocarla"
"I popoli sotto dittatura anelano alla libertà; se manca tale anelito, cessa il senso della personalità, il desiderio del progresso, il valore dell'iniziativa. I popoli che tendono a progredire, si affermano nella libertà e per la libertà"
"Nella politica, come in tutte le sfere dell'attività umana, occorre il tempo, la pazienza, l'attesa del sole e della pioggia, il lungo preparare, il persistente lavorio, per poi, infine, arrivare a raccoglierne i frutti"
"Soprattutto, non agire da ignoranti, né da presuntuosi. Quando non si sa, occorre informarsi, studiare, discutere serenamente, obiettivamente, e senza mai credere di essere infallibili"
"La libertà è come l'aria: si vive nell'aria; se l'aria è viziata, si soffre; se l'aria è insufficiente, si soffoca; se l'aria manca si muore"
"Due cose mancano alla scuola in Italia: libertà e mezzi; ma i mezzi senza libertà sarebbero sciupati; mentre con la libertà si riuscirebbe anche a trovare i mezzi"
"Spero che l'aria di libertà che viene dall'America penetri nel nostro paese, dove la libertà scolastica non esiste affatto"
Don Luigi Sturzo
www.formazionepolitica.eu
see u,
Giangiacomo
"Non è lo stato che rende vitali i suoi organi; è l'uomo che li vivifica, l'uomo che li mortifica, l'uomo singolo e organizzato, la persona reale effettiva, non l'ente astratto che si usa chiamare stato"
"La libertà non è divisibile; buona nella politica o nella religione e non buona nell'economia o nell'insegnamento: tutto è solidale. Vedo che certi cattolici sociali ora sarebbero disposti ad abbandonare la libertà economica e non comprendono che essi così abbandonano la libertà in tutti i campi, anche quello religioso"
"Lo stato italiano è largo e generoso: crea nuovi enti. Dal giorno che ha preso la malattia dell'entite, non si ferma più"
"Il privato impiega il denaro assai meglio dello stato; la produttività dell'impresa privata è superiore a quella dell'impresa pubblica. Per una politica di maggior impiego di mano d'opera è obbligo dello stato non solo non ostacolare l'investimento privato, ma anche favorirlo".
"Non si possono attuare grandi riforme sociali se non in clima di libertà, con reale senso di moralità pubblica, in un'economia che si risana e in una struttura statale ferma, agile e responsabile"
"Fra coloro che amano la libertà per convinzione e coloro che amano la libertà a parole vi è una divergenza sostanziale: i primi sono convinti che la libertà rimedia ai mali che può produrre, perché al tempo stesso eccita energie nuove, spinge alla formazione di libere associazioni, sviluppa contrasti politici e sociali dai quali derivano i necessari assestamenti; gli altri, invece, hanno paura della libertà e cercano sempre il modo di imbrigliarla con una continua e crescente legislazione e con un'azione politica vincolatrice, che finiscono per soffocarla"
"I popoli sotto dittatura anelano alla libertà; se manca tale anelito, cessa il senso della personalità, il desiderio del progresso, il valore dell'iniziativa. I popoli che tendono a progredire, si affermano nella libertà e per la libertà"
"Nella politica, come in tutte le sfere dell'attività umana, occorre il tempo, la pazienza, l'attesa del sole e della pioggia, il lungo preparare, il persistente lavorio, per poi, infine, arrivare a raccoglierne i frutti"
"Soprattutto, non agire da ignoranti, né da presuntuosi. Quando non si sa, occorre informarsi, studiare, discutere serenamente, obiettivamente, e senza mai credere di essere infallibili"
"La libertà è come l'aria: si vive nell'aria; se l'aria è viziata, si soffre; se l'aria è insufficiente, si soffoca; se l'aria manca si muore"
"Due cose mancano alla scuola in Italia: libertà e mezzi; ma i mezzi senza libertà sarebbero sciupati; mentre con la libertà si riuscirebbe anche a trovare i mezzi"
"Spero che l'aria di libertà che viene dall'America penetri nel nostro paese, dove la libertà scolastica non esiste affatto"
Don Luigi Sturzo
www.formazionepolitica.eu
see u,
Giangiacomo
Ma non c'era il silenzio elettorale?!?
Ieri sera, sabato 20 giugno 2009, ho partecipato alla processione della Madonna della Consolata, patrona della Diocesi di Torino.
Alcune ore di preghiera per migliaia di persone, di devoti, da ogni dove, stretti stretti in Chiesa con un caldo umido soffocante.
Al termine il Cardinale S. E. Severino Poletto prende la parola allo scopo di sottolineare alcune nostre povertà per cui pregare e chiedere aiuto alla Madonna.
La prima riguarda la povertà materiale di molti di noi, considerato la crisi economica che ha colpito aziende e famiglie in particolar modo della provincia torinese, legato all'indotto dell'automotive.
La seconda qual'era? Esattamente uguale alla prima, ma espressamente dedicata agli immigrati dove il Cardinale ci chiedeva un dialogo, un rispetto, un adeguamento, ecc ecc.
E' chiaro, ed è sembrato a molti con cui mi sono paragonato, un forte monito anti Lega Nord (e anti PdL) nel giorno precedente il ballottaggio tra Antonio Saitta e Claudia Porchietto per la poltrona di Presidente della Provincia di Torino.
Due considerazioni finali.
Mi viene da sperare che il Cardinale Poletto abbia confuso Antonio Saitta con Sant'Antonio e per questo lo abbia supportato in veste ufficiale ad una cerimonia religiosa. Anche perchè, presumo che Poletto lo sappia, il primo e i suoi compagni dietro sono figli del cattocomunismo e non sono certo fedeli ai principi del cristianesimo, ai valori non negoziabili della vita, della famiglia, della proprietà e della libertà economica che la Chiesa (quella non legata a logiche di potere torinese) sostiene a spada tratta...
La seconda: ora capisco il "provvidenziale" diluvio universale di ieri sera, che ha costretto le parole di Poletto a rimanere sotto il tetto del Santuario della Consolata e non arrivare per le strade del centro torinese.
see u,
Giangiacomo
Alcune ore di preghiera per migliaia di persone, di devoti, da ogni dove, stretti stretti in Chiesa con un caldo umido soffocante.
Al termine il Cardinale S. E. Severino Poletto prende la parola allo scopo di sottolineare alcune nostre povertà per cui pregare e chiedere aiuto alla Madonna.
La prima riguarda la povertà materiale di molti di noi, considerato la crisi economica che ha colpito aziende e famiglie in particolar modo della provincia torinese, legato all'indotto dell'automotive.
La seconda qual'era? Esattamente uguale alla prima, ma espressamente dedicata agli immigrati dove il Cardinale ci chiedeva un dialogo, un rispetto, un adeguamento, ecc ecc.
E' chiaro, ed è sembrato a molti con cui mi sono paragonato, un forte monito anti Lega Nord (e anti PdL) nel giorno precedente il ballottaggio tra Antonio Saitta e Claudia Porchietto per la poltrona di Presidente della Provincia di Torino.
Due considerazioni finali.
Mi viene da sperare che il Cardinale Poletto abbia confuso Antonio Saitta con Sant'Antonio e per questo lo abbia supportato in veste ufficiale ad una cerimonia religiosa. Anche perchè, presumo che Poletto lo sappia, il primo e i suoi compagni dietro sono figli del cattocomunismo e non sono certo fedeli ai principi del cristianesimo, ai valori non negoziabili della vita, della famiglia, della proprietà e della libertà economica che la Chiesa (quella non legata a logiche di potere torinese) sostiene a spada tratta...
La seconda: ora capisco il "provvidenziale" diluvio universale di ieri sera, che ha costretto le parole di Poletto a rimanere sotto il tetto del Santuario della Consolata e non arrivare per le strade del centro torinese.
see u,
Giangiacomo
sabato 20 giugno 2009
MORTI IMPROVVISE DI BAMBINI IN USA PER PSICOFARMACI: C'E' CORRELAZIONE
Cari lettori,
in virtù dell'alto interesse di questa notizia per la salute pubblica anche in Italia, vi prego di dare la massima visibilità possibile
Pubblicati i risultati di un nuovo studio in USA finanziato dalla FDA: c’è correlazione tra l’uso di psicofarmaci per i bambini iperattivi (usati anche in Italia) e morti “improvvise ed inspiegabili”. Poma (Giù le Mani dai Bambini): “Nulla di inspiegabile, questi psicofarmaci sono metanfetamine, ovvero droghe: quindi in caso di assunzione prolungata uccidono”. Bianchi di Castelbianco (psicoterapeuta dell’età evolutiva): “Questi bambini sono esposti a rischi di morte per curare una sindrome fantasma che probabilmente neppure esiste. Effetti avversi rari, solo 1 bimbo su 10.000? Non sono loro figli, perché allora ragionerebbero diversamente”
TORINO - La Food and Drug Administration (FDA) ed il National Institute of Mental Health hanno finanziato un nuovo studio sugli effetti avversi derivanti dalla somministrazione ai bambini degli psicofarmaci utilizzati per sedare l'iperattività. I risultati sono stati resi noti in questi giorni in America: la ricerca, coordinata da Madelyn Gould, Professore di epidemiologia e Psichiatria pediatrica alla Columbia University, ha analizzato 564 casi di decessi di minori trattati per l'ADHD nel decennio tra il 1985 e il 1996, e l'esito è quello di un possibile legame esistente tra l'assunzione di medicinali contro la Sindrome da Deficit dell'Attenzione e Iperattività (ADHD, ovvero bambini troppo agitati e distratti) ed il rischio di "morte improvvisa". “Gli eventi rilevati sono ancora da approfondire e comunque rari”, ha dichiarato il coordinatore della ricerca, “meno di un bambino ogni 10.000”, e peraltro attualmente la Food and Drug Administration (l’FDA, il massimo organismo di controllo sanitario in USA) non prevede di modificare le linee guida sull'impiego di questi prodotti, autorizzati all’uso anche in Italia. “Questo studio rileva una significativa associazione, o un segnale di correlazione, tra decessi improvvisi ed inspiegabili e l’assunzione di farmaci per l’ADHD - sottolineano gli autori della ricerca - in particolare per quanto riguarda la terapia a base di metilfenidato” (Ritalin® e prodotti simili). Ed aggiungono: “I risultati di questa ricerca invitano a puntare l'attenzione sui possibili rischi per bambini e adolescenti derivanti dall’assunzione di medicinali stimolanti”. L'invito degli specialisti ai genitori preoccupati è di discutere delle eventuali perplessità con il medico, evitando di sospendere di propria iniziativa la terapia ai loro figli, anche per evitare gli effetti avversi tipici della repentina interruzione dell'assunzione di queste droghe. Luca Poma - giornalista e portavoce di Giù le Mani dai Bambini®, il più rappresentativo comitato italiano per la farmacovigilanza pediatrica - ha dichiarato: “è l'ennesimo campanello d'allarme sui pericoli derivanti dall'assunzione di questi psicofarmaci in tenera età. È sconcertante poi l'ipocrisia: qui di ‘inspiegabile’ non c'è proprio nulla, questi bambini muoiono in diretta relazione con l'assunzione di queste metanfetamine, ma i poteri forti influenzano l'FDA in USA, che trae sostentamento finanziario dalle multinazionali farmaceutiche che dovrebbe controllare, ed anche l'Agenzia del Farmaco e l'Istituto Superiore di Sanità, che seguono le ‘mode’ prescrittive americane: questi enti che dovrebbero vegliare sulla sicurezza dei nostri figli fanno come gli struzzi e nascondono la testa sotto la sabbia. D'altra parte, se ci sono gravi complicazioni solo per 1 bambino ogni 10.000 non c'è mica da preoccuparsi, dicono loro, perchè mai applicare restrizioni più prudenti?" Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva, ha dichiarato al riguardo: “Il problema è che gli psicofarmaci hanno pregi e difetti, ma perché esporre a pericolo di morte dei bambini che non avrebbero alcun bisogno di esporsi a questo rischio? Questi farmaci sono proprio necessari, dato che molti mettono addirittura in dubbio l’esistenza stessa della sindrome ‘ADHD’, che è considerata sempre più una ‘sindrome fantasma’, una moda prescrittiva del XX° secolo com’era all’epoca l’isteria femminile?”
www.giulemanidaibambini.org
see u,
Giangiacomo
in virtù dell'alto interesse di questa notizia per la salute pubblica anche in Italia, vi prego di dare la massima visibilità possibile
Pubblicati i risultati di un nuovo studio in USA finanziato dalla FDA: c’è correlazione tra l’uso di psicofarmaci per i bambini iperattivi (usati anche in Italia) e morti “improvvise ed inspiegabili”. Poma (Giù le Mani dai Bambini): “Nulla di inspiegabile, questi psicofarmaci sono metanfetamine, ovvero droghe: quindi in caso di assunzione prolungata uccidono”. Bianchi di Castelbianco (psicoterapeuta dell’età evolutiva): “Questi bambini sono esposti a rischi di morte per curare una sindrome fantasma che probabilmente neppure esiste. Effetti avversi rari, solo 1 bimbo su 10.000? Non sono loro figli, perché allora ragionerebbero diversamente”
TORINO - La Food and Drug Administration (FDA) ed il National Institute of Mental Health hanno finanziato un nuovo studio sugli effetti avversi derivanti dalla somministrazione ai bambini degli psicofarmaci utilizzati per sedare l'iperattività. I risultati sono stati resi noti in questi giorni in America: la ricerca, coordinata da Madelyn Gould, Professore di epidemiologia e Psichiatria pediatrica alla Columbia University, ha analizzato 564 casi di decessi di minori trattati per l'ADHD nel decennio tra il 1985 e il 1996, e l'esito è quello di un possibile legame esistente tra l'assunzione di medicinali contro la Sindrome da Deficit dell'Attenzione e Iperattività (ADHD, ovvero bambini troppo agitati e distratti) ed il rischio di "morte improvvisa". “Gli eventi rilevati sono ancora da approfondire e comunque rari”, ha dichiarato il coordinatore della ricerca, “meno di un bambino ogni 10.000”, e peraltro attualmente la Food and Drug Administration (l’FDA, il massimo organismo di controllo sanitario in USA) non prevede di modificare le linee guida sull'impiego di questi prodotti, autorizzati all’uso anche in Italia. “Questo studio rileva una significativa associazione, o un segnale di correlazione, tra decessi improvvisi ed inspiegabili e l’assunzione di farmaci per l’ADHD - sottolineano gli autori della ricerca - in particolare per quanto riguarda la terapia a base di metilfenidato” (Ritalin® e prodotti simili). Ed aggiungono: “I risultati di questa ricerca invitano a puntare l'attenzione sui possibili rischi per bambini e adolescenti derivanti dall’assunzione di medicinali stimolanti”. L'invito degli specialisti ai genitori preoccupati è di discutere delle eventuali perplessità con il medico, evitando di sospendere di propria iniziativa la terapia ai loro figli, anche per evitare gli effetti avversi tipici della repentina interruzione dell'assunzione di queste droghe. Luca Poma - giornalista e portavoce di Giù le Mani dai Bambini®, il più rappresentativo comitato italiano per la farmacovigilanza pediatrica - ha dichiarato: “è l'ennesimo campanello d'allarme sui pericoli derivanti dall'assunzione di questi psicofarmaci in tenera età. È sconcertante poi l'ipocrisia: qui di ‘inspiegabile’ non c'è proprio nulla, questi bambini muoiono in diretta relazione con l'assunzione di queste metanfetamine, ma i poteri forti influenzano l'FDA in USA, che trae sostentamento finanziario dalle multinazionali farmaceutiche che dovrebbe controllare, ed anche l'Agenzia del Farmaco e l'Istituto Superiore di Sanità, che seguono le ‘mode’ prescrittive americane: questi enti che dovrebbero vegliare sulla sicurezza dei nostri figli fanno come gli struzzi e nascondono la testa sotto la sabbia. D'altra parte, se ci sono gravi complicazioni solo per 1 bambino ogni 10.000 non c'è mica da preoccuparsi, dicono loro, perchè mai applicare restrizioni più prudenti?" Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva, ha dichiarato al riguardo: “Il problema è che gli psicofarmaci hanno pregi e difetti, ma perché esporre a pericolo di morte dei bambini che non avrebbero alcun bisogno di esporsi a questo rischio? Questi farmaci sono proprio necessari, dato che molti mettono addirittura in dubbio l’esistenza stessa della sindrome ‘ADHD’, che è considerata sempre più una ‘sindrome fantasma’, una moda prescrittiva del XX° secolo com’era all’epoca l’isteria femminile?”
www.giulemanidaibambini.org
see u,
Giangiacomo
domenica 14 giugno 2009
Ronald Reagan
considerato che in settimana qualche dittatore libico ne ha parlato male...
Ronald Reagan (1911-2004)
Il grande Reagan
A cinque anni dalla morte (5 giugno 2004)
"Guerra fredda": Ronald Reagan (1911-2004)
"Nei 2.765 giorni della nostra amministrazione, non un solo centimetro di terra è caduto sotto il comunismo" (Republican National Convention - 15 agosto 1988)
"Cold war": Ronald Reagan (1911-2004) "In the 2,765 days of our administration, not 1 inch of ground has fallen to the Communists" (Republican National Convention - August 15, 1988)
http://www.storialibera.it/epoca_contemporanea/comunismo_nel_mondo/guerra_fredda/ronald_reagan/
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Giangiacomo
Ronald Reagan (1911-2004)
Il grande Reagan
A cinque anni dalla morte (5 giugno 2004)
"Guerra fredda": Ronald Reagan (1911-2004)
"Nei 2.765 giorni della nostra amministrazione, non un solo centimetro di terra è caduto sotto il comunismo" (Republican National Convention - 15 agosto 1988)
"Cold war": Ronald Reagan (1911-2004) "In the 2,765 days of our administration, not 1 inch of ground has fallen to the Communists" (Republican National Convention - August 15, 1988)
http://www.storialibera.it/epoca_contemporanea/comunismo_nel_mondo/guerra_fredda/ronald_reagan/
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Giangiacomo
domenica 7 giugno 2009
No all'Eurabia
Islam ed Europa: l'islamizzazione dell'Europa
Il continente da cui è nata la civiltà è in agonia. Le vestigia che ricoprono il Vecchio Continente, e che costituiscono la dimostrazione delle sue radici, sembrano oggi le lapidi della sua decadenza.L'Europa è moribonda in una drammatica combinazione di suicidio e di omicidio: pregiudizio e allergia a tutto ciò che è cristiano e tolleranza e simpatia verso tutto ciò che è islamico.
Islam and Europe: the Islamization of Europe
The continent where civilization is born is in agony. Today the vestigia that cover the old continent, and that are the demonstration of its roots, appear as the headstones of its decline.Europe is dying in a dramatic combination of suicide and murder: prejudice and allergy to everything that is Christian and tolerance and sympathy towards everything that is Islamic.
www.storialibera.it/attualita/islam_ed_europa/
see u,
Giangiacomo
Il continente da cui è nata la civiltà è in agonia. Le vestigia che ricoprono il Vecchio Continente, e che costituiscono la dimostrazione delle sue radici, sembrano oggi le lapidi della sua decadenza.L'Europa è moribonda in una drammatica combinazione di suicidio e di omicidio: pregiudizio e allergia a tutto ciò che è cristiano e tolleranza e simpatia verso tutto ciò che è islamico.
Islam and Europe: the Islamization of Europe
The continent where civilization is born is in agony. Today the vestigia that cover the old continent, and that are the demonstration of its roots, appear as the headstones of its decline.Europe is dying in a dramatic combination of suicide and murder: prejudice and allergy to everything that is Christian and tolerance and sympathy towards everything that is Islamic.
www.storialibera.it/attualita/islam_ed_europa/
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Giangiacomo
La debolezza della Ragione
Il discorso del presidente Obama al Cairo
Il discorso del presidente degli Stati Uniti Barack Hussein Obama pronunciato all’Università del Cairo il 4 giugno 2009 (che cito dal testo ufficiale diffuso dal sito della Casa Bianca: http://www.whitehouse.gov/the_press_office/Remarks-by-the-President-at-Cairo-University-6-04-09/ ) dimostra, anzitutto, che a differenza di buona parte della stampa europea gli speechwriter del presidente americano sono attenti lettori dei discorsi di Benedetto XVI. Senza mai citare il Pontefice, alcuni passaggi sono ripresi quasi letteralmente. E tuttavia, mentre ripete la lettera di Benedetto XVI, Obama si allontana dallo spirito dei testi pontifici: e sta qui la debolezza di fondo del suo discorso.
Per un confronto, sarà sufficiente riassumere l’essenziale del magistero di Benedetto XVI in tema di rapporti con l’islam. Il Papa riconosce che è difficile che cristiani e musulmani (e anche, naturalmente, cristiani e buddhisti, induisti o atei) raggiungano un consenso sulla base dei rispettivi testi sacri o credenze in materia di religione. Il confronto interreligioso di natura teologica offre materia per interessanti congressi internazionali, ma di rado porta a un vero consenso con serie conseguenze pratiche. Questo va cercato invece argomentando non dal Corano o dalla Bibbia ma dalla ragione, che è comune a tutti gli uomini e che di per sé non è né cristiana né musulmana, né buddhista né atea. Attraverso la ragione è possibile scoprire quella legge naturale che costituisce, secondo l’espressione di Benedetto XVI, “la grammatica della vita sociale” e che consente di fissare verità condivise e regole del gioco valide per tutti. Argomentando, appunto, anzitutto dalla ragione il Pontefice – parlando ai musulmani a Castel Gandolfo dopo il discorso di Ratisbona nel 2006, in Turchia nello stesso 2006 e in Terra Santa nel 2009 – non si limita a principi generali ma mostra in concreto su che cosa, sulla base della legge naturale, cristiani e musulmani possono convenire. Si tratta anzitutto dei principi non negoziabili in materia d’inizio e fine della vita (con il no all’aborto e all’eutanasia) – su cui un certo consenso già esiste –, quindi di temi delicati, che il Papa invita l’islam ad approfondire proprio sulla base della ragione, riassunti nei tre elementi del ripudio della violenza e del terrorismo, dei diritti fondamentali garantiti agli uomini così come alle donne e della libertà religiosa. Benedetto XVI non si nasconde che il filo del dialogo fra fede e ragione – che storicamente è dialogo fra cultura religiosa ed eredità della filosofia greca – nell’islam, come aveva rilevato a Ratisbona, a un certo punto si è interrotto, perché la linea maggioritaria del pensiero islamico si è ritratta di fronte al rischio che l’uso della ragione e della filosofia portasse da una parte all’ateismo e dall’altra al panteismo. Ma auspica che questo filo possa essere riannodato, e in ogni caso il comune riferimento alla ragione è l’unica via per evitare lo scontro e il conflitto permanenti.
Al Cairo Obama riprende l’idea di una “verità che trascende nazioni e popoli – è una verità che non è nuova, che non è né nera né bianca né marrone, che non è né cristiana né musulmana né ebrea”. Declinando le conseguenze di questa verità “che trascende nazioni e popoli”, Obama segue lo stesso schema di Benedetto XVI: condanna senza appello della violenza e del terrorismo, diritti delle donne, libertà di religione. Il tono è diverso – con qualche concessione retorica all’audience musulmana che diventa errore sociologico e storico, come quando i fondamentalisti sono definiti una minoranza “piccola ma potente” (potente certo, ma non poi tanto piccola: si tratta di almeno cento milioni di persone) o s’idealizza la tolleranza dei musulmani in Andalusia e a Cordoba, confrontandola con “l’Inquisizione” cattolica – ma l’architettura rimane molto simile a quella reiteratamente proposta dal Pontefice.
E tuttavia manca qualcosa che non è secondario ma essenziale. Quando Benedetto XVI fa appello alla verità, il fondamento filosofico proposto – che è al cuore della nozione stessa di Occidente, ma nello stesso tempo è universale – è che vi siano principi e leggi iscritte nella natura stessa delle cose, che la ragione (una ragione, dunque, “forte”) è in grado di conoscere. Nel discorso di Obama non c’è nessun riferimento a una legge naturale che la ragione può discernere. Né ci potrebbe essere: perché ogni teoria della legge naturale sarebbe in aperto contrasto – meglio, in clamorosa contraddizione – con tutto quanto Obama pensa e fa in materia, per esempio, di aborto e con un atteggiamento generale che privilegia i cosiddetti “nuovi diritti” rispetto a principi morali universali e non negoziabili, di cui anzi si nega l’esistenza, che è tipico del presidente americano e del suo partito e che determina i noti contrasti con i vescovi cattolici degli Stati Uniti e con altri ambienti religiosi.
Su che cosa dunque Obama pretende di fondare una verità capace di “trascendere nazioni e popoli”? In verità tertium non datur: le due ali con cui l’uomo cerca di volare, come insegna Giovanni Paolo II più volte citato da Benedetto XVI, sono la ragione e la fede. Se non ci si vuole fondare su una nozione forte di ragione, una ragione debole finirà per fare appello alla fede, che però rischierà di essere assunta in modo confuso o di diventare fideismo. Al Cairo Obama invoca la “visione di Dio”: una visione, sembra di capire, che “conosciamo” attraverso un’analisi di quanto le scritture sacre delle grandi religioni hanno in comune. Da questo punto di vista, paradossalmente, Obama appare molto più fideista del Papa. Citando il Corano, il Talmud e la Bibbia Obama pensa di avere trovato “la singola regola che sta al cuore di ogni religione – facciamo agli altri quello che vorremmo che gli altri facessero a noi”. Questa credenza, dice Obama, “non è nuova”. In effetti non lo è. La cosiddetta “regola aurea” – non fare agli altri quello che non vorresti che gli altri facessero a te – è certamente, per alcuni versi, un antico principio di buon senso, che i cristiani condividono. Tuttavia – dal filosofo tedesco Immanuel Kant in poi – molti hanno messo in luce come si tratti di uno schema formale che dev’essere riempito: chi sono gli altri? Come facciamo a conoscerne la volontà? Questa volontà che attribuiamo agli altri è necessariamente conforme alla ragione e al bene? Se rimane uno schema vuoto, la “regola aurea” non ha conseguenze pratiche e resta solo una pia aspirazione, più o meno sentimentale, al buonismo universale.
Non potendo, per non smentire il suo relativismo in campo morale, fare appello alla legge naturale e a una ragione forte e fiduciosa di potere giungere a verità universali, Obama si trova costretto a proporre o una ragione debole – qualche cosa che ricorda i tentativi di costruire a tavolino etiche universali alla Hans Küng – o il faticoso e ultimamente sterile tentativo di partire dalle scritture sacre delle religioni per discernerne il presunto spirito comune che ci permetterebbe di conoscere la stessa “visione di Dio” per l’umanità (una prospettiva che, appunto, Benedetto XVI ha ampiamente abbandonato, sostituendola con l’appello alla ragione).
In questo fondamento debole della ricerca di consenso con l’islam – un fondamento che non persuaderà i musulmani che vogliono rimanere musulmani – sta il limite essenziale del discorso di Obama al Cairo. L’attenzione di molti si concentra, a proposito di questo discorso, su aspetti strettamente politici: la dichiarazione secondo cui l’Iran ha diritto a un “programma nucleare pacifico” (il cui trasferimento sul piano militare – che Obama condanna – potrebbe poi peraltro avvenire rapidamente e al di fuori di ogni possibile controllo, ammesso e non concesso che non sia già avvenuta), e l’appello alla soluzione dei due Stati per risolvere il conflitto israeliano-palestinese. Anche Benedetto XVI in Terra Santa ha ricordato la storica preferenza della Santa Sede per la “two-state solution” (forse anche perché opzioni diverse, al momento, appaiono politicamente ancora meno praticabili), ma non si è nascosto il rischio che, nell’attuale temperie medio-orientale, questa soluzione resti “un sogno”. Nel discorso di Obama, retorica a parte, non c’è molto di più perché, se è vero che si chiede a Israele un passo indietro sugl’insediamenti di coloni nei territori palestinesi, si esige pure da Hamas di “riconoscere il diritto d’Israele a esistere”. Dal momento che questo riconoscimento è vietato a Hamas dal suo stesso statuto, per passare dal sogno alla realtà c’è ancora molta strada da fare.
Su Afghanistan (dove dichiara di voler intensificare l’impegno) e Iraq (dove promette un cauto disimpegno, dicendosi comunque “convinto che gl’iracheni stiano meglio oggi che sotto la tirannia di Saddam Hussein”) Obama ribadisce posizioni note. La novità, semmai, sta nell’apertura di credito in bianco all’Iran e a Hamas, ingrediente obbligatorio di un messaggio che si vuole a tutti i costi nuovo, ma che non sembra per ora accompagnata da alcuna concessione da parte dei destinatari.
Tuttavia, non è per i riferimenti ai coloni israeliani e neppure al nucleare iraniano che Obama presenta il suo discorso come “storico” e occupa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. È per la pretesa di fondare una nuova ricerca di consenso tra l’Occidente e l’islam sull’appello a verità comuni. Questo consenso – come insegna Benedetto XVI – è difficile ma non è impossibile, purché si tratti delle verità di una ragione forte che si oppone a ogni relativismo. Se la ragione è debole, o cerca precari appoggi in una pretesa e sincretistica “visione comune” delle religioni, tutto l’edificio, per quanto sembri svettare orgogliosamente verso il cielo, è in realtà costruito sulla sabbia. E non potrà che cadere.
see u,
Giangiacomo
Il discorso del presidente degli Stati Uniti Barack Hussein Obama pronunciato all’Università del Cairo il 4 giugno 2009 (che cito dal testo ufficiale diffuso dal sito della Casa Bianca: http://www.whitehouse.gov/the_press_office/Remarks-by-the-President-at-Cairo-University-6-04-09/ ) dimostra, anzitutto, che a differenza di buona parte della stampa europea gli speechwriter del presidente americano sono attenti lettori dei discorsi di Benedetto XVI. Senza mai citare il Pontefice, alcuni passaggi sono ripresi quasi letteralmente. E tuttavia, mentre ripete la lettera di Benedetto XVI, Obama si allontana dallo spirito dei testi pontifici: e sta qui la debolezza di fondo del suo discorso.
Per un confronto, sarà sufficiente riassumere l’essenziale del magistero di Benedetto XVI in tema di rapporti con l’islam. Il Papa riconosce che è difficile che cristiani e musulmani (e anche, naturalmente, cristiani e buddhisti, induisti o atei) raggiungano un consenso sulla base dei rispettivi testi sacri o credenze in materia di religione. Il confronto interreligioso di natura teologica offre materia per interessanti congressi internazionali, ma di rado porta a un vero consenso con serie conseguenze pratiche. Questo va cercato invece argomentando non dal Corano o dalla Bibbia ma dalla ragione, che è comune a tutti gli uomini e che di per sé non è né cristiana né musulmana, né buddhista né atea. Attraverso la ragione è possibile scoprire quella legge naturale che costituisce, secondo l’espressione di Benedetto XVI, “la grammatica della vita sociale” e che consente di fissare verità condivise e regole del gioco valide per tutti. Argomentando, appunto, anzitutto dalla ragione il Pontefice – parlando ai musulmani a Castel Gandolfo dopo il discorso di Ratisbona nel 2006, in Turchia nello stesso 2006 e in Terra Santa nel 2009 – non si limita a principi generali ma mostra in concreto su che cosa, sulla base della legge naturale, cristiani e musulmani possono convenire. Si tratta anzitutto dei principi non negoziabili in materia d’inizio e fine della vita (con il no all’aborto e all’eutanasia) – su cui un certo consenso già esiste –, quindi di temi delicati, che il Papa invita l’islam ad approfondire proprio sulla base della ragione, riassunti nei tre elementi del ripudio della violenza e del terrorismo, dei diritti fondamentali garantiti agli uomini così come alle donne e della libertà religiosa. Benedetto XVI non si nasconde che il filo del dialogo fra fede e ragione – che storicamente è dialogo fra cultura religiosa ed eredità della filosofia greca – nell’islam, come aveva rilevato a Ratisbona, a un certo punto si è interrotto, perché la linea maggioritaria del pensiero islamico si è ritratta di fronte al rischio che l’uso della ragione e della filosofia portasse da una parte all’ateismo e dall’altra al panteismo. Ma auspica che questo filo possa essere riannodato, e in ogni caso il comune riferimento alla ragione è l’unica via per evitare lo scontro e il conflitto permanenti.
Al Cairo Obama riprende l’idea di una “verità che trascende nazioni e popoli – è una verità che non è nuova, che non è né nera né bianca né marrone, che non è né cristiana né musulmana né ebrea”. Declinando le conseguenze di questa verità “che trascende nazioni e popoli”, Obama segue lo stesso schema di Benedetto XVI: condanna senza appello della violenza e del terrorismo, diritti delle donne, libertà di religione. Il tono è diverso – con qualche concessione retorica all’audience musulmana che diventa errore sociologico e storico, come quando i fondamentalisti sono definiti una minoranza “piccola ma potente” (potente certo, ma non poi tanto piccola: si tratta di almeno cento milioni di persone) o s’idealizza la tolleranza dei musulmani in Andalusia e a Cordoba, confrontandola con “l’Inquisizione” cattolica – ma l’architettura rimane molto simile a quella reiteratamente proposta dal Pontefice.
E tuttavia manca qualcosa che non è secondario ma essenziale. Quando Benedetto XVI fa appello alla verità, il fondamento filosofico proposto – che è al cuore della nozione stessa di Occidente, ma nello stesso tempo è universale – è che vi siano principi e leggi iscritte nella natura stessa delle cose, che la ragione (una ragione, dunque, “forte”) è in grado di conoscere. Nel discorso di Obama non c’è nessun riferimento a una legge naturale che la ragione può discernere. Né ci potrebbe essere: perché ogni teoria della legge naturale sarebbe in aperto contrasto – meglio, in clamorosa contraddizione – con tutto quanto Obama pensa e fa in materia, per esempio, di aborto e con un atteggiamento generale che privilegia i cosiddetti “nuovi diritti” rispetto a principi morali universali e non negoziabili, di cui anzi si nega l’esistenza, che è tipico del presidente americano e del suo partito e che determina i noti contrasti con i vescovi cattolici degli Stati Uniti e con altri ambienti religiosi.
Su che cosa dunque Obama pretende di fondare una verità capace di “trascendere nazioni e popoli”? In verità tertium non datur: le due ali con cui l’uomo cerca di volare, come insegna Giovanni Paolo II più volte citato da Benedetto XVI, sono la ragione e la fede. Se non ci si vuole fondare su una nozione forte di ragione, una ragione debole finirà per fare appello alla fede, che però rischierà di essere assunta in modo confuso o di diventare fideismo. Al Cairo Obama invoca la “visione di Dio”: una visione, sembra di capire, che “conosciamo” attraverso un’analisi di quanto le scritture sacre delle grandi religioni hanno in comune. Da questo punto di vista, paradossalmente, Obama appare molto più fideista del Papa. Citando il Corano, il Talmud e la Bibbia Obama pensa di avere trovato “la singola regola che sta al cuore di ogni religione – facciamo agli altri quello che vorremmo che gli altri facessero a noi”. Questa credenza, dice Obama, “non è nuova”. In effetti non lo è. La cosiddetta “regola aurea” – non fare agli altri quello che non vorresti che gli altri facessero a te – è certamente, per alcuni versi, un antico principio di buon senso, che i cristiani condividono. Tuttavia – dal filosofo tedesco Immanuel Kant in poi – molti hanno messo in luce come si tratti di uno schema formale che dev’essere riempito: chi sono gli altri? Come facciamo a conoscerne la volontà? Questa volontà che attribuiamo agli altri è necessariamente conforme alla ragione e al bene? Se rimane uno schema vuoto, la “regola aurea” non ha conseguenze pratiche e resta solo una pia aspirazione, più o meno sentimentale, al buonismo universale.
Non potendo, per non smentire il suo relativismo in campo morale, fare appello alla legge naturale e a una ragione forte e fiduciosa di potere giungere a verità universali, Obama si trova costretto a proporre o una ragione debole – qualche cosa che ricorda i tentativi di costruire a tavolino etiche universali alla Hans Küng – o il faticoso e ultimamente sterile tentativo di partire dalle scritture sacre delle religioni per discernerne il presunto spirito comune che ci permetterebbe di conoscere la stessa “visione di Dio” per l’umanità (una prospettiva che, appunto, Benedetto XVI ha ampiamente abbandonato, sostituendola con l’appello alla ragione).
In questo fondamento debole della ricerca di consenso con l’islam – un fondamento che non persuaderà i musulmani che vogliono rimanere musulmani – sta il limite essenziale del discorso di Obama al Cairo. L’attenzione di molti si concentra, a proposito di questo discorso, su aspetti strettamente politici: la dichiarazione secondo cui l’Iran ha diritto a un “programma nucleare pacifico” (il cui trasferimento sul piano militare – che Obama condanna – potrebbe poi peraltro avvenire rapidamente e al di fuori di ogni possibile controllo, ammesso e non concesso che non sia già avvenuta), e l’appello alla soluzione dei due Stati per risolvere il conflitto israeliano-palestinese. Anche Benedetto XVI in Terra Santa ha ricordato la storica preferenza della Santa Sede per la “two-state solution” (forse anche perché opzioni diverse, al momento, appaiono politicamente ancora meno praticabili), ma non si è nascosto il rischio che, nell’attuale temperie medio-orientale, questa soluzione resti “un sogno”. Nel discorso di Obama, retorica a parte, non c’è molto di più perché, se è vero che si chiede a Israele un passo indietro sugl’insediamenti di coloni nei territori palestinesi, si esige pure da Hamas di “riconoscere il diritto d’Israele a esistere”. Dal momento che questo riconoscimento è vietato a Hamas dal suo stesso statuto, per passare dal sogno alla realtà c’è ancora molta strada da fare.
Su Afghanistan (dove dichiara di voler intensificare l’impegno) e Iraq (dove promette un cauto disimpegno, dicendosi comunque “convinto che gl’iracheni stiano meglio oggi che sotto la tirannia di Saddam Hussein”) Obama ribadisce posizioni note. La novità, semmai, sta nell’apertura di credito in bianco all’Iran e a Hamas, ingrediente obbligatorio di un messaggio che si vuole a tutti i costi nuovo, ma che non sembra per ora accompagnata da alcuna concessione da parte dei destinatari.
Tuttavia, non è per i riferimenti ai coloni israeliani e neppure al nucleare iraniano che Obama presenta il suo discorso come “storico” e occupa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. È per la pretesa di fondare una nuova ricerca di consenso tra l’Occidente e l’islam sull’appello a verità comuni. Questo consenso – come insegna Benedetto XVI – è difficile ma non è impossibile, purché si tratti delle verità di una ragione forte che si oppone a ogni relativismo. Se la ragione è debole, o cerca precari appoggi in una pretesa e sincretistica “visione comune” delle religioni, tutto l’edificio, per quanto sembri svettare orgogliosamente verso il cielo, è in realtà costruito sulla sabbia. E non potrà che cadere.
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Giangiacomo
SILVIO BERLUSCONI: Lettera aperta agli italiani
"Avrei voluto usare la campagna elettorale per spiegare l’importanza dell’Unione Europea e confrontarmi sul ruolo dell’Italia in Europa. Invece in queste ultime settimane l’opposizione, spalleggiata dai suoi giornali e dai suoi programmi televisivi, ha fatto una campagna basata soltanto su ignobili e scandalosi attacchi personali.
Non credevo davvero si potesse arrivare a tanto.
Mi conforta tuttavia l’affetto di tanti italiani, anche non miei elettori, che hanno capito come questa opposizione senza ideali e senza programmi, abbia tentato la carta della disperazione.
Mentre loro rimestano nel torbido, il mio governo ha continuato a lavorare per dare più sicurezza ai cittadini: dai primi di maggio abbiamo dato il via ai respingimenti delle imbarcazioni degli immigrati clandestini. Lo abbiamo potuto fare grazie allo storico accordo firmato il 31 agosto 2008 con il leader libico Gheddafi.
Questo accordo è uno dei frutti dell’autorevolezza che ci deriva dagli ottimi rapporti internazionali che abbiamo costruito in questi anni e che abbiamo messo a disposizione dell’Europa per risolvere numerose delicate situazioni: il conflitto tra Russia e Georgia, quello tra Israele e i palestinesi, la “crisi del gas” tra Ucraina e Federazione russa, lo sblocco del veto della Turchia alla scelta del nuovo segretario generale della Nato.
Sembrano fatti “lontani” ma sono invece importanti, perché la politica estera è oramai diventata politica “interna”, per le ricadute che essa ha sui destini di tutti gli italiani. Per questo motivo abbiamo dedicato un mare di tempo e di lavoro alla politica estera, in Europa e nel mondo. In questo modo siamo riusciti a difendere gli interessi italiani in Europa: il nostro governo ha rinegoziato con successo il pacchetto clima (che penalizzava fortemente le nostre aziende senza difendere l’ambiente), abbiamo ottenuto il raddoppio (da 200 a 420 milioni) dei fondi a nostra disposizione per importanti opere energetiche, abbiamo sbloccato i fondi europei per i lavori del MOSE, la barriera mobile che difenderà Venezia dal fenomeno ormai ricorrente dell’“acqua alta”.
Non appena si è profilata la crisi finanziaria globale, abbiamo convinto Europa e Stati Uniti ad affrontarla con interventi coordinati, basati su questi punti fermi: non consentire il fallimento di nessuna banca, proteggere i risparmi dei cittadini, garantire le fasce più deboli, sostenere le imprese e i lavoratori. Il nostro Governo ha dato l’esempio a tutta Europa: abbiamo messo al sicuro i conti pubblici con una legge finanziaria valida per la prima volta non per uno ma per tre anni; siamo stati i primi, il 10 ottobre 2008, a garantire che nessuna banca italiana sarebbe fallita e a proteggere i risparmi depositati nelle nostre banche.
Siamo quelli che in Europa hanno stanziato più fondi a favore delle famiglie, dei lavoratori, delle imprese e dell’economia reale, per un totale di 55,8 miliardi di euro: 17,8 miliardi per rimettere in moto le grandi opere bloccate dalla sinistra, 9 miliardi di misure a protezione dei più deboli, 2 miliardi per le imprese dei settori più colpiti, 9 miliardi nel fondo a disposizione della Presidenza del Consiglio per rilanciare le imprese in crisi, 9 miliardi per gli ammortizzatori sociali cosiddetti “in deroga”, perché estesi, per la prima volta, al di fuori della Cassa Integrazione ordinaria e straordinaria, ai lavoratori delle piccole imprese, a quelli interinali, agli apprendisti, ai collaboratori a progetto. Per la ricostruzione dell’Abruzzo, superata la fase dell’emergenza, abbiamo avviato interventi per 8 miliardi di euro e coinvolto l’Europa attraverso il Fondo di solidarietà per le calamità naturali. Abbiamo lanciato ai leader internazionali la proposta di “adottare” un’opera d’arte, un monumento storico, una chiesa da ricostruire com’era e dov’era. Abbiamo deciso di tenere la riunione del G8 a L’Aquila, per avvicinare la capitale dell’economia alla capitale del dolore.
E dalla prossima settimana iniziano i lavori per la realizzazione di abitazioni per 15 mila persone.
Questi sono fatti, non parole.
Forte di questi fatti, anche stavolta mi espongo direttamente al giudizio dei cittadini, impegnandomi come capolista in tutto il Paese, così da rappresentare l’Italia in Europa con una investitura popolare diretta che nessun altro leader europeo potrà vantare.
Per questo motivo sabato 6 e domenica 7 giugno invito gli italiani a votare per il Popolo della Libertà e a scrivere il mio cognome accanto al simbolo. Per metterci in grado di lavorare con maggior forza per il bene di tutti: più forti dell’invidia, più forti della calunnia, più forti dell’odio".
Silvio Berlusconi
see u,
Giangiacomo
Non credevo davvero si potesse arrivare a tanto.
Mi conforta tuttavia l’affetto di tanti italiani, anche non miei elettori, che hanno capito come questa opposizione senza ideali e senza programmi, abbia tentato la carta della disperazione.
Mentre loro rimestano nel torbido, il mio governo ha continuato a lavorare per dare più sicurezza ai cittadini: dai primi di maggio abbiamo dato il via ai respingimenti delle imbarcazioni degli immigrati clandestini. Lo abbiamo potuto fare grazie allo storico accordo firmato il 31 agosto 2008 con il leader libico Gheddafi.
Questo accordo è uno dei frutti dell’autorevolezza che ci deriva dagli ottimi rapporti internazionali che abbiamo costruito in questi anni e che abbiamo messo a disposizione dell’Europa per risolvere numerose delicate situazioni: il conflitto tra Russia e Georgia, quello tra Israele e i palestinesi, la “crisi del gas” tra Ucraina e Federazione russa, lo sblocco del veto della Turchia alla scelta del nuovo segretario generale della Nato.
Sembrano fatti “lontani” ma sono invece importanti, perché la politica estera è oramai diventata politica “interna”, per le ricadute che essa ha sui destini di tutti gli italiani. Per questo motivo abbiamo dedicato un mare di tempo e di lavoro alla politica estera, in Europa e nel mondo. In questo modo siamo riusciti a difendere gli interessi italiani in Europa: il nostro governo ha rinegoziato con successo il pacchetto clima (che penalizzava fortemente le nostre aziende senza difendere l’ambiente), abbiamo ottenuto il raddoppio (da 200 a 420 milioni) dei fondi a nostra disposizione per importanti opere energetiche, abbiamo sbloccato i fondi europei per i lavori del MOSE, la barriera mobile che difenderà Venezia dal fenomeno ormai ricorrente dell’“acqua alta”.
Non appena si è profilata la crisi finanziaria globale, abbiamo convinto Europa e Stati Uniti ad affrontarla con interventi coordinati, basati su questi punti fermi: non consentire il fallimento di nessuna banca, proteggere i risparmi dei cittadini, garantire le fasce più deboli, sostenere le imprese e i lavoratori. Il nostro Governo ha dato l’esempio a tutta Europa: abbiamo messo al sicuro i conti pubblici con una legge finanziaria valida per la prima volta non per uno ma per tre anni; siamo stati i primi, il 10 ottobre 2008, a garantire che nessuna banca italiana sarebbe fallita e a proteggere i risparmi depositati nelle nostre banche.
Siamo quelli che in Europa hanno stanziato più fondi a favore delle famiglie, dei lavoratori, delle imprese e dell’economia reale, per un totale di 55,8 miliardi di euro: 17,8 miliardi per rimettere in moto le grandi opere bloccate dalla sinistra, 9 miliardi di misure a protezione dei più deboli, 2 miliardi per le imprese dei settori più colpiti, 9 miliardi nel fondo a disposizione della Presidenza del Consiglio per rilanciare le imprese in crisi, 9 miliardi per gli ammortizzatori sociali cosiddetti “in deroga”, perché estesi, per la prima volta, al di fuori della Cassa Integrazione ordinaria e straordinaria, ai lavoratori delle piccole imprese, a quelli interinali, agli apprendisti, ai collaboratori a progetto. Per la ricostruzione dell’Abruzzo, superata la fase dell’emergenza, abbiamo avviato interventi per 8 miliardi di euro e coinvolto l’Europa attraverso il Fondo di solidarietà per le calamità naturali. Abbiamo lanciato ai leader internazionali la proposta di “adottare” un’opera d’arte, un monumento storico, una chiesa da ricostruire com’era e dov’era. Abbiamo deciso di tenere la riunione del G8 a L’Aquila, per avvicinare la capitale dell’economia alla capitale del dolore.
E dalla prossima settimana iniziano i lavori per la realizzazione di abitazioni per 15 mila persone.
Questi sono fatti, non parole.
Forte di questi fatti, anche stavolta mi espongo direttamente al giudizio dei cittadini, impegnandomi come capolista in tutto il Paese, così da rappresentare l’Italia in Europa con una investitura popolare diretta che nessun altro leader europeo potrà vantare.
Per questo motivo sabato 6 e domenica 7 giugno invito gli italiani a votare per il Popolo della Libertà e a scrivere il mio cognome accanto al simbolo. Per metterci in grado di lavorare con maggior forza per il bene di tutti: più forti dell’invidia, più forti della calunnia, più forti dell’odio".
Silvio Berlusconi
see u,
Giangiacomo
Basta all'elemonisa!
Basta al buonismo e continuare a dare l'elemosina per le strade!
facciamoli morire di fame questi questuanti così almeno non ci saranno più scocciatori agli incroci o durante le nostre passeggiate in centro...
rom, arabi, negri, non avevano che da non venire qui!!
see u,
Giangiacomo
facciamoli morire di fame questi questuanti così almeno non ci saranno più scocciatori agli incroci o durante le nostre passeggiate in centro...
rom, arabi, negri, non avevano che da non venire qui!!
see u,
Giangiacomo
martedì 2 giugno 2009
Insinuano? Facciamoli pagare...
Mercoledì 5 Maggio a Ballarò Franceschini ha perentoriamente richiesto “coerenza” tra comportamenti privati e pubblici degli uomini politici. E’ la “nuova frontiera” di una campagna elettorale che loro stanno davvero americanizzando, usando pesantemente, per la prima volta in Italia, uno degli aspetti più deleteri delle campagne “all'americana”: fomentare pesanti insinuazioni sulla moralità personale dell’avversario e buttargli fango addosso, cercando di screditarlo agli occhi dei cittadini.
Hanno fatto i conti senza l’oste. Andando in televisione ieri sera Berlusconi ha come al solito capovolto la situazione comunicativa a suo favore, esponendo la verità direttamente ai cittadini. A proposito di correttezza. Se digiti in Google il nome dei nostri candidati alle elezioni europee (io ho provato con Lara Comi, La Russa, Paniz, Gardini, Aprea, ecc.) appare un link sponsorizzato che porta alla pagina del sito nazionale del partito democratico, alla lista dei loro candidati e ad altre informazioni sulla campagna.
E' un trucco poco corretto, antiquato (fu usato nel 2000 negli USA), che non porta niente in termini di voti. E' un trucco da due soldi, che merita di essere ripagato con la giusta moneta, la loro. Dunque digita il nome di qualcuno dei candidati del PdL e poi clicca sul link sponsorizzato. Così noi ridiamo e loro... pagano!
see u,
Giangiacomo
Hanno fatto i conti senza l’oste. Andando in televisione ieri sera Berlusconi ha come al solito capovolto la situazione comunicativa a suo favore, esponendo la verità direttamente ai cittadini. A proposito di correttezza. Se digiti in Google il nome dei nostri candidati alle elezioni europee (io ho provato con Lara Comi, La Russa, Paniz, Gardini, Aprea, ecc.) appare un link sponsorizzato che porta alla pagina del sito nazionale del partito democratico, alla lista dei loro candidati e ad altre informazioni sulla campagna.
E' un trucco poco corretto, antiquato (fu usato nel 2000 negli USA), che non porta niente in termini di voti. E' un trucco da due soldi, che merita di essere ripagato con la giusta moneta, la loro. Dunque digita il nome di qualcuno dei candidati del PdL e poi clicca sul link sponsorizzato. Così noi ridiamo e loro... pagano!
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Giangiacomo
sabato 23 maggio 2009
Il terrorismo comunista in Italia
Le vittime del terrorismo comunista in Italia
Per molto tempo in Italia non si volle riconoscere la natura del fenomeno terroristico: a chi raccontava le cronache e agli uomini di cultura risultava fastidioso unire i concetti di terrorismo e comunismo. Non si comprese o, per meglio dire, non si volle vedere che il terrorismo nasceva dalla miscela del mito della «resistenza tradita» e della nuova cultura dei «cattivi maestri».
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Giangiacomo
Per molto tempo in Italia non si volle riconoscere la natura del fenomeno terroristico: a chi raccontava le cronache e agli uomini di cultura risultava fastidioso unire i concetti di terrorismo e comunismo. Non si comprese o, per meglio dire, non si volle vedere che il terrorismo nasceva dalla miscela del mito della «resistenza tradita» e della nuova cultura dei «cattivi maestri».
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Giangiacomo
domenica 17 maggio 2009
Perchè la Chiesa ha condannato il comunismo
1989-2009. Perché la Chiesa ha condannato il comunismo
di Massimo Introvigne
http://www.cesnur.org/2009/mi_1989.htm
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Giangiacomo
di Massimo Introvigne
http://www.cesnur.org/2009/mi_1989.htm
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Giangiacomo
sabato 9 maggio 2009
Dell'Utri: Mussolini era troppo buono
sono d'accordo con lui! leggete...
Da La Stampa, 4 Maggio 2009
Benito Mussolini visto con gli occhi di Marcello Dell’Utri. Il senatore del Pdl, tra i fondatori di Forza Italia, ne parla a lungo in una intervista alla trasmissione web-tv Klauscondicio. «Mussolini - sostiene Dell’Utri - ha perso la guerra perché era troppo buono. Non era affatto un dittatore spietato e sanguinario come poteva essere Stalin. Leggendo i diari, giorno per giorno, per 5 anni dal ’35 al ’39, cioè alla vigilia della decisione di entrare in un conflitto mondiale già iniziato, le posso assicurare - spiega - che trovo Mussolini un uomo straordinario e di grande cultura. Un grande scrittore, alla Montanelli, i suoi diari sembrano cronache di un inviato speciale, con frasi brevi e aggettivazioni efficaci come raramente ho letto».«Non è colpa di Mussolini - aggiunge l’esponente azzurro - se il fascismo diventò un orrendo regime. Ci sono testimonianze autografe del duce in cui critica i suoi uomini che hanno falsato il fascismo, costruendosene uno a proprio modo, basato sul ricatto e sulla violenza. Il suo fascismo era di natura socialista».Secondo Dell’Utri «sono state le sanzioni a costringere Mussolini a trovare un accordo con la Germania di Hitler. Se non ci fossero state le sanzioni, probabilmente non si sarebbe mai alleato con Hitler che non stimava per niente, anzi temeva. Ci sono pagine inedite, scritte da Mussolini su questi anni, che faranno discutere molto e che dimostrano la disaffezione del duce nei confronti del Furher, tanto che definisce il suo Mein Kampf un rigurgitevole testo». Quanto alle leggi razziali, «nei suoi diari - afferma il parlamentare del centrodestra - Mussolini scrive che le leggi razziali devono essere blande. Tra gli Ebrei, il duce, spiega di avere i suoi più cari amici e si chiede perché seguire Hitler con le sue idee sulle razze ariane, razze pure che non esistono» «Non ho paura - dice ancora Dell’Utri - di diventare impopolare con queste rivelazioni, perseguo solo la ricerca della verità. Io non ho alcuna intenzione di fare apologia né del fascismo né di Mussolini. Ho scoperto nei diari di Mussolini la figura di un grande uomo. Ha commesso errori ed è già stato condannato dalla storia. Ma da questi scritti viene fuori una figura diversa da quella che ci è stata propinata dagli storici dei vincitori, non era un buffone, non era un ignorante e tantomeno un sanguinario. Era un uomo buono. Mussolini era solo una brava persona che ha fatto degli errori».
see u,
Giangiacomo
Da La Stampa, 4 Maggio 2009
Benito Mussolini visto con gli occhi di Marcello Dell’Utri. Il senatore del Pdl, tra i fondatori di Forza Italia, ne parla a lungo in una intervista alla trasmissione web-tv Klauscondicio. «Mussolini - sostiene Dell’Utri - ha perso la guerra perché era troppo buono. Non era affatto un dittatore spietato e sanguinario come poteva essere Stalin. Leggendo i diari, giorno per giorno, per 5 anni dal ’35 al ’39, cioè alla vigilia della decisione di entrare in un conflitto mondiale già iniziato, le posso assicurare - spiega - che trovo Mussolini un uomo straordinario e di grande cultura. Un grande scrittore, alla Montanelli, i suoi diari sembrano cronache di un inviato speciale, con frasi brevi e aggettivazioni efficaci come raramente ho letto».«Non è colpa di Mussolini - aggiunge l’esponente azzurro - se il fascismo diventò un orrendo regime. Ci sono testimonianze autografe del duce in cui critica i suoi uomini che hanno falsato il fascismo, costruendosene uno a proprio modo, basato sul ricatto e sulla violenza. Il suo fascismo era di natura socialista».Secondo Dell’Utri «sono state le sanzioni a costringere Mussolini a trovare un accordo con la Germania di Hitler. Se non ci fossero state le sanzioni, probabilmente non si sarebbe mai alleato con Hitler che non stimava per niente, anzi temeva. Ci sono pagine inedite, scritte da Mussolini su questi anni, che faranno discutere molto e che dimostrano la disaffezione del duce nei confronti del Furher, tanto che definisce il suo Mein Kampf un rigurgitevole testo». Quanto alle leggi razziali, «nei suoi diari - afferma il parlamentare del centrodestra - Mussolini scrive che le leggi razziali devono essere blande. Tra gli Ebrei, il duce, spiega di avere i suoi più cari amici e si chiede perché seguire Hitler con le sue idee sulle razze ariane, razze pure che non esistono» «Non ho paura - dice ancora Dell’Utri - di diventare impopolare con queste rivelazioni, perseguo solo la ricerca della verità. Io non ho alcuna intenzione di fare apologia né del fascismo né di Mussolini. Ho scoperto nei diari di Mussolini la figura di un grande uomo. Ha commesso errori ed è già stato condannato dalla storia. Ma da questi scritti viene fuori una figura diversa da quella che ci è stata propinata dagli storici dei vincitori, non era un buffone, non era un ignorante e tantomeno un sanguinario. Era un uomo buono. Mussolini era solo una brava persona che ha fatto degli errori».
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Giangiacomo
domenica 29 marzo 2009
Benito
Un "mio fratello" mi scrive
il grande capo suggerisce riflessioni interessanti:
http://www.youtube.com/watch?v=wVRKDNAI-fA
a Voi riflessioni e spunti. difficile fare qualche critica...
see u,
Giangiacomo
il grande capo suggerisce riflessioni interessanti:
http://www.youtube.com/watch?v=wVRKDNAI-fA
a Voi riflessioni e spunti. difficile fare qualche critica...
see u,
Giangiacomo
sabato 28 marzo 2009
"Noi tireremo diritto" M.
Solidarietà al mio amico Maurizio, all'amica Augusta e agli amici del Fuan che la scorsa settimana non hanno potuto esercitare il diritto di parola e di espressione nel luogo "libero" del sapere, l'Università.
Rettore falso e ipocrita
anarchici e comunisti che restano intoccabili
che schifo!
see u,
Giangiacomo
Rettore falso e ipocrita
anarchici e comunisti che restano intoccabili
che schifo!
see u,
Giangiacomo
giovedì 19 marzo 2009
Onda, ti ODIO!
Dallo Tsunami ad oggi...
mi trovo sempre ad odiare l'ONDA!
è sempre anomala...
Brunetta vai avanti... ferma questi terroristi di casa nostra!!
see u,
Giangiacomo
mi trovo sempre ad odiare l'ONDA!
è sempre anomala...
Brunetta vai avanti... ferma questi terroristi di casa nostra!!
see u,
Giangiacomo
domenica 8 marzo 2009
Lost!
Venerdì la mia Office Manager, Zoe, mi ha indicato la nuova canzone, stupenda, dei Coldplay, come massima del mio stato d'animo e di agire di questo periodo...
cosa ve ne sembra?
Just because I'm losin'Doesn't mean I'm lostDoesn't mean I'll stopDoesn't mean I will crossJust because I'm hurtingDoesn't mean I'm hurtDoesn't mean I didn't getWhat I deserveNo better and no worseI just got lostEvery river that i tried to crossEvery door I ever tried was lockedOooh and I'm just waiting 'till the shine wears offYou might be a big a big fishIn a little pondDoesn't mean you wonCause along will come a bigger oneYou'll be lostEvery river that you try to crossEvery gun you ever held went offOooh and I'm just waiting 'till the fires startOooh and I'm just waiting 'till the shine wears offOooh and I'm just waiting 'till the shine wears offOooh and I'm just waiting 'till the shine wears off
Artista: Coldplay
Titolo Originale: Lost!
Titolo Tradotto: Perso
Solo perchè sto perdendo non significa che sono perso non significa che mi fermerò non significa che mi opporrò solo perchè sto ferendo non significa che io sia ferito non significa che non otterrò quello che merito niente di meglio e niente di peggio mi sono appena perso ogni fiume che ho provato ad attraversare ogni porta che abbia mai provato ad aprire era chiusa a chiave e sto solo aspettando che svanisca la luce potresti essere un pesce molto grande in un piccolo laghetto questo non significa che hai vinto perchè col tempo ne verrà uno più grande e sarai perso ogni fiume che proverai ad attraversare ogni pistola che hai tenuto in mano sparerà e sto solo aspettando che inizi il fuoco e sto solo aspettando che svanisca la luce e sto solo aspettando che svanisca la luce e sto solo aspettando che svanisca la luce
see u,
Giangiacomo
cosa ve ne sembra?
Just because I'm losin'Doesn't mean I'm lostDoesn't mean I'll stopDoesn't mean I will crossJust because I'm hurtingDoesn't mean I'm hurtDoesn't mean I didn't getWhat I deserveNo better and no worseI just got lostEvery river that i tried to crossEvery door I ever tried was lockedOooh and I'm just waiting 'till the shine wears offYou might be a big a big fishIn a little pondDoesn't mean you wonCause along will come a bigger oneYou'll be lostEvery river that you try to crossEvery gun you ever held went offOooh and I'm just waiting 'till the fires startOooh and I'm just waiting 'till the shine wears offOooh and I'm just waiting 'till the shine wears offOooh and I'm just waiting 'till the shine wears off
Artista: Coldplay
Titolo Originale: Lost!
Titolo Tradotto: Perso
Solo perchè sto perdendo non significa che sono perso non significa che mi fermerò non significa che mi opporrò solo perchè sto ferendo non significa che io sia ferito non significa che non otterrò quello che merito niente di meglio e niente di peggio mi sono appena perso ogni fiume che ho provato ad attraversare ogni porta che abbia mai provato ad aprire era chiusa a chiave e sto solo aspettando che svanisca la luce potresti essere un pesce molto grande in un piccolo laghetto questo non significa che hai vinto perchè col tempo ne verrà uno più grande e sarai perso ogni fiume che proverai ad attraversare ogni pistola che hai tenuto in mano sparerà e sto solo aspettando che inizi il fuoco e sto solo aspettando che svanisca la luce e sto solo aspettando che svanisca la luce e sto solo aspettando che svanisca la luce
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Giangiacomo
domenica 1 marzo 2009
Una settima di riforme
Anche questa settimana il governo ha portato a compimento numerose iniziative utili per l’immediato e per il futuro.
Il via libera definitivo ai cosiddetti "Tremonti bond" è un ulteriore tassello delle misure anticrisi messe in atto dal nostro governo a partire dallo scorso ottobre. Quest’ultima misura conferma il sostegno dato alle banche ma lo vincola al fatto che esse continuino a fare il loro mestiere: finanziare le famiglie e le imprese, specie le piccole e medie. Lo conferma anche la norma contenuta nel patto con le banche: chi perde il posto di lavoro o va in cassa integrazione si vedrà sospeso per 12 mesi il rateo del mutuo da pagare.
Mercoledì il Senato ha approvato definitivamente la riforma Brunetta della pubblica amministrazione. Dopo il successo della lotta ai fannulloni, questo provvedimento mette le basi per far fare un ulteriore salto di qualità a tutto il sistema del pubblico impiego. E’ una riforma giusta, come lo è quella delle norme per gli scioperi nel settore dei trasporti, approvate oggi dal Consiglio dei Ministri.
see u,
Giangiacomo
Il via libera definitivo ai cosiddetti "Tremonti bond" è un ulteriore tassello delle misure anticrisi messe in atto dal nostro governo a partire dallo scorso ottobre. Quest’ultima misura conferma il sostegno dato alle banche ma lo vincola al fatto che esse continuino a fare il loro mestiere: finanziare le famiglie e le imprese, specie le piccole e medie. Lo conferma anche la norma contenuta nel patto con le banche: chi perde il posto di lavoro o va in cassa integrazione si vedrà sospeso per 12 mesi il rateo del mutuo da pagare.
Mercoledì il Senato ha approvato definitivamente la riforma Brunetta della pubblica amministrazione. Dopo il successo della lotta ai fannulloni, questo provvedimento mette le basi per far fare un ulteriore salto di qualità a tutto il sistema del pubblico impiego. E’ una riforma giusta, come lo è quella delle norme per gli scioperi nel settore dei trasporti, approvate oggi dal Consiglio dei Ministri.
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Giangiacomo
domenica 15 febbraio 2009
La Chiesa dopo Eluana: una risposta a Giuliano Ferrara
La Chiesa dopo Eluana: una risposta a Giuliano Ferrara. "La domanda di Eliot"
di Massimo Introvigne (il Foglio, 12 febbraio 2009)
Caro Direttore, La ringrazio per avere posto con l'abituale lucidità sul Foglio dell'11 febbraio quella che è forse - dopo Eluana - l'unica domanda veramente importante: se con Eluana siano morti in Italia i valori di fede e di ragione che hanno dato all'Europa le sue radici e la sua anima, e se la Chiesa, non avendo potuto impedire questa morte, abbia imboccato la strada che porta all'irrilevanza. La domanda è ancora quella di Eliot: "è la Chiesa che ha abbandonato l'umanità o è l'umanità che ha abbandonato la Chiesa?".
Giacché però non sono un poeta ma un sociologo, sono abituato a considerare i processi sociali complessi come sempre aperti a diverse interpretazioni. Lei propone un impressionante inventario delle ragioni per cui il bicchiere della Chiesa - quando non si è più potuto dare da bere a Eluana - si è rivelato mezzo vuoto. Preti (come quelli del Friuli di cui parla lo stesso numero del Foglio), laici e anche qualche vescovo dissenzienti o colpevolmente silenziosi evidenziano un problema, le cui radici stanno nel pontificato di Giovanni Paolo II. Nessuno come il Pontefice polacco ha avuto la consapevolezza che l'Europa e l'Italia sono ormai terra di missione, bisognosa di "nuova evangelizzazione". Per questa missione Giovanni Paolo II ha privilegiato l'appello diretto ai fedeli, soprattutto ai giovani, rispetto agli atti di governo relativi all'amministrazione della Chiesa. Da un certo punto di vista la strategia ha avuto uno straordinario successo, sollevando un entusiasmo imprevedibile e diffuso, che non ho avuto bisogno di verificare con strumenti sociologici perché l'ho constatato giorno per giorno nei miei figli e nel loro amore affettuoso e contagioso per Papa Wojtyla. D'altro canto, anche gli intellettuali più vicini a Giovanni Paolo II - come George Weigel, il compianto Richard John Neuhaus o Ralph McInerny - hanno fatto notare i pericoli insiti nella scarsa attenzione rivolta al governo della Chiesa e alle nomine episcopali, alcune delle quali non sono state particolarmente felici. Non si tratta, naturalmente, di criticare Papa Wojtyla - anche perché, per molti versi, la sua strategia di contatto diretto con il popolo dei fedeli era, in una situazione di grave e diffusa scristianizzazione, l'unica possibile - ma di rilevare un problema. Nessuno ne è più consapevole di Benedetto XVI, che ha scelto di dedicare all'azione di governo della Chiesa la parte maggiore del suo tempo e delle sue energie. Ma il caso Eluana può forse suggerire, per quanto riguarda l'Italia, un'ulteriore accelerazione. Può darsi - senza pretendere, naturalmente, di voler dare suggerimenti al Papa - che non sia più sufficiente attendere che vescovi inadeguati vadano in pensione e che occorra sostituirli prima, e che su alcune situazioni particolarmente imbarazzanti la severità debba sostituire la paziente attesa di improbabili ravvedimenti.
E tuttavia, per altro verso, il bicchiere è mezzo pieno. Le statistiche ci dicono che la rilevanza della Chiesa nella società italiana - misurata dal consenso dei cittadini e anche dalla frequenza alla Messa -, per quanto certo non corrispondente a quanto il Papa o i vescovi potrebbero auspicare, è comunque assai maggiore rispetto alle vicine Francia, Germania o Spagna. Il referendum sulla legge 40 ha mostrato che la sconfitta non è l'unico esito possibile della sua azione di testimonianza ai valori non negoziabili. Il caso Eluana smentisce tutto questo? Non completamente. L'azione della Chiesa - e dei laici di buona volontà, naturalmente - ha persuaso la maggioranza degli italiani che l'alimentazione e l'idratazione non sono cure mediche, e che far morire una disabile di fame e di sete è profondamente ingiusto. Lo rivelano i sondaggi, che sono cambiati di segno rispetto agli inizi della vicenda di Eluana, e anche le reazioni di tanti politici, a cominciare da quello straordinario interprete della sensibilità comune degli italiani che è il presidente Berlusconi. Magra consolazione, si dirà, perché Eluana è morta. Certo: e tuttavia se nella maggioranza di governo la chiarezza prevarrà sulla tentazione del compromesso e del pasticcio (un rischio che come Lei ha spesso sottolineato non è mai assente, neppure all'interno del centro-destra) può darsi che questo maggioritario consenso trovi qualche eco in Parlamento e contribuisca ad allontanare l'abominio dell'eutanasia dalle nostre leggi.
Le settimane e i mesi che vengono ci diranno se il bicchiere è mezzo pieno o piuttosto, in effetti, mezzo vuoto. I bicchieri, però, non si riempiono né si svuotano da soli. Chi ha a cuore i valori della fede e della ragione che hanno fatto dell'Europa quello che è non può solo lamentarsi del fatto che i vescovi o i sacerdoti non agiscano: deve agire lui. Questo - non un presunto diritto al dissenso morale e teologico - è il vero significato dell'autonomia dei laici cattolici nell'instaurazione dell'ordine temporale di cui parla il Concilio Vaticano II. Il Papa fa, in modo ammirevole, la sua parte. A noi - senza pensare di delegare ad altri - fare la nostra. Io rappresento una piccola - ma non piccolissima - associazione come Alleanza Cattolica che da decenni giorno per giorno, settimana dopo settimana, diffonde i valori non negoziabili della vita, della famiglia, delle radici cristiane dell'Europa attraverso centinaia di riunioni, incontri, conferenze, seminari. Non ci dà certo fastidio, anzi ci fa molto piacere, che altri operino nella stessa direzione. Perché, rovesciando il proclama blasfemo di Osama bin Laden, siamo orgogliosi di amare la vita quanto gli avversari della fede e della ragione amano la morte.
see u,
Giangiacomo
di Massimo Introvigne (il Foglio, 12 febbraio 2009)
Caro Direttore, La ringrazio per avere posto con l'abituale lucidità sul Foglio dell'11 febbraio quella che è forse - dopo Eluana - l'unica domanda veramente importante: se con Eluana siano morti in Italia i valori di fede e di ragione che hanno dato all'Europa le sue radici e la sua anima, e se la Chiesa, non avendo potuto impedire questa morte, abbia imboccato la strada che porta all'irrilevanza. La domanda è ancora quella di Eliot: "è la Chiesa che ha abbandonato l'umanità o è l'umanità che ha abbandonato la Chiesa?".
Giacché però non sono un poeta ma un sociologo, sono abituato a considerare i processi sociali complessi come sempre aperti a diverse interpretazioni. Lei propone un impressionante inventario delle ragioni per cui il bicchiere della Chiesa - quando non si è più potuto dare da bere a Eluana - si è rivelato mezzo vuoto. Preti (come quelli del Friuli di cui parla lo stesso numero del Foglio), laici e anche qualche vescovo dissenzienti o colpevolmente silenziosi evidenziano un problema, le cui radici stanno nel pontificato di Giovanni Paolo II. Nessuno come il Pontefice polacco ha avuto la consapevolezza che l'Europa e l'Italia sono ormai terra di missione, bisognosa di "nuova evangelizzazione". Per questa missione Giovanni Paolo II ha privilegiato l'appello diretto ai fedeli, soprattutto ai giovani, rispetto agli atti di governo relativi all'amministrazione della Chiesa. Da un certo punto di vista la strategia ha avuto uno straordinario successo, sollevando un entusiasmo imprevedibile e diffuso, che non ho avuto bisogno di verificare con strumenti sociologici perché l'ho constatato giorno per giorno nei miei figli e nel loro amore affettuoso e contagioso per Papa Wojtyla. D'altro canto, anche gli intellettuali più vicini a Giovanni Paolo II - come George Weigel, il compianto Richard John Neuhaus o Ralph McInerny - hanno fatto notare i pericoli insiti nella scarsa attenzione rivolta al governo della Chiesa e alle nomine episcopali, alcune delle quali non sono state particolarmente felici. Non si tratta, naturalmente, di criticare Papa Wojtyla - anche perché, per molti versi, la sua strategia di contatto diretto con il popolo dei fedeli era, in una situazione di grave e diffusa scristianizzazione, l'unica possibile - ma di rilevare un problema. Nessuno ne è più consapevole di Benedetto XVI, che ha scelto di dedicare all'azione di governo della Chiesa la parte maggiore del suo tempo e delle sue energie. Ma il caso Eluana può forse suggerire, per quanto riguarda l'Italia, un'ulteriore accelerazione. Può darsi - senza pretendere, naturalmente, di voler dare suggerimenti al Papa - che non sia più sufficiente attendere che vescovi inadeguati vadano in pensione e che occorra sostituirli prima, e che su alcune situazioni particolarmente imbarazzanti la severità debba sostituire la paziente attesa di improbabili ravvedimenti.
E tuttavia, per altro verso, il bicchiere è mezzo pieno. Le statistiche ci dicono che la rilevanza della Chiesa nella società italiana - misurata dal consenso dei cittadini e anche dalla frequenza alla Messa -, per quanto certo non corrispondente a quanto il Papa o i vescovi potrebbero auspicare, è comunque assai maggiore rispetto alle vicine Francia, Germania o Spagna. Il referendum sulla legge 40 ha mostrato che la sconfitta non è l'unico esito possibile della sua azione di testimonianza ai valori non negoziabili. Il caso Eluana smentisce tutto questo? Non completamente. L'azione della Chiesa - e dei laici di buona volontà, naturalmente - ha persuaso la maggioranza degli italiani che l'alimentazione e l'idratazione non sono cure mediche, e che far morire una disabile di fame e di sete è profondamente ingiusto. Lo rivelano i sondaggi, che sono cambiati di segno rispetto agli inizi della vicenda di Eluana, e anche le reazioni di tanti politici, a cominciare da quello straordinario interprete della sensibilità comune degli italiani che è il presidente Berlusconi. Magra consolazione, si dirà, perché Eluana è morta. Certo: e tuttavia se nella maggioranza di governo la chiarezza prevarrà sulla tentazione del compromesso e del pasticcio (un rischio che come Lei ha spesso sottolineato non è mai assente, neppure all'interno del centro-destra) può darsi che questo maggioritario consenso trovi qualche eco in Parlamento e contribuisca ad allontanare l'abominio dell'eutanasia dalle nostre leggi.
Le settimane e i mesi che vengono ci diranno se il bicchiere è mezzo pieno o piuttosto, in effetti, mezzo vuoto. I bicchieri, però, non si riempiono né si svuotano da soli. Chi ha a cuore i valori della fede e della ragione che hanno fatto dell'Europa quello che è non può solo lamentarsi del fatto che i vescovi o i sacerdoti non agiscano: deve agire lui. Questo - non un presunto diritto al dissenso morale e teologico - è il vero significato dell'autonomia dei laici cattolici nell'instaurazione dell'ordine temporale di cui parla il Concilio Vaticano II. Il Papa fa, in modo ammirevole, la sua parte. A noi - senza pensare di delegare ad altri - fare la nostra. Io rappresento una piccola - ma non piccolissima - associazione come Alleanza Cattolica che da decenni giorno per giorno, settimana dopo settimana, diffonde i valori non negoziabili della vita, della famiglia, delle radici cristiane dell'Europa attraverso centinaia di riunioni, incontri, conferenze, seminari. Non ci dà certo fastidio, anzi ci fa molto piacere, che altri operino nella stessa direzione. Perché, rovesciando il proclama blasfemo di Osama bin Laden, siamo orgogliosi di amare la vita quanto gli avversari della fede e della ragione amano la morte.
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Giangiacomo
domenica 18 gennaio 2009
Gli extracomunitari paghino le tasse!
Non mi sembra che l'Italia sia Babbo Natale e debba fare caritativa...
Non male l'idea della Lega Nord di far pagare le tasse anche agli extracomunitari
Un oscuro ufficio della Cei (tale "Fondazione Migrantes") vuole parlare a nome di tutta la Chiesa?
Da cattolici rispondiamo: bene la proposta del ministro Maroni!
Perchè le tasse devono essere sempre considerate doverose quando a pagarle sono gli italiani, mentre poi a diventano "inaccettabili" quando vengono (una tantum) proposte anche agli stranieri che lavorano nel nostro Paese?
Ma ecco la "risposta teologica": esse sarebbero una penalizzazione del processo di integrazione.
Attualità: Islam e immigrazione
L'immigrazione massiccia verso i Paesi europei, specie verso l'Italia, fa parte di un disegno di costruire una grande comunità islamica anche in Occidente e fare progressivamente dell'Europa una terra islamica. Non bisognerà attendere molto: la sottomissione degli occidentali alla sacralità coranica è già avviata grazie ad un errata concezione di tolleranza.
Actuality: Islam and immigration
The massive immigration to European Countries, especially to Italy, is a part of a plan to build a great Islamic community in Occident too and make of Europe an Islamic land.We don't need to wait too long: the Occidental submission to the sacrality of Koran is already started thanks to a wrong conception of tolerance.
see u,
Giangiacomo
Non male l'idea della Lega Nord di far pagare le tasse anche agli extracomunitari
Un oscuro ufficio della Cei (tale "Fondazione Migrantes") vuole parlare a nome di tutta la Chiesa?
Da cattolici rispondiamo: bene la proposta del ministro Maroni!
Perchè le tasse devono essere sempre considerate doverose quando a pagarle sono gli italiani, mentre poi a diventano "inaccettabili" quando vengono (una tantum) proposte anche agli stranieri che lavorano nel nostro Paese?
Ma ecco la "risposta teologica": esse sarebbero una penalizzazione del processo di integrazione.
Attualità: Islam e immigrazione
L'immigrazione massiccia verso i Paesi europei, specie verso l'Italia, fa parte di un disegno di costruire una grande comunità islamica anche in Occidente e fare progressivamente dell'Europa una terra islamica. Non bisognerà attendere molto: la sottomissione degli occidentali alla sacralità coranica è già avviata grazie ad un errata concezione di tolleranza.
Actuality: Islam and immigration
The massive immigration to European Countries, especially to Italy, is a part of a plan to build a great Islamic community in Occident too and make of Europe an Islamic land.We don't need to wait too long: the Occidental submission to the sacrality of Koran is already started thanks to a wrong conception of tolerance.
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Giangiacomo
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