lunedì 23 giugno 2025

ChatGPT fa male al cervello? di Federico Fubini - Il Corriere della Sera, 20 giugno 2025

Riporto un articolo abbastanza sensazionale per il momento in cui viviamo, a firma di Federico Fubini I sorprendenti risultati di uno studio del MIT di Boston sul «debito cognitivo» L’intelligenza artificiale ci rende stupidi? Un’analisi del Massachussets Institute of Technology mette in guardia dall’uso massiccio per compiti di scrittura di questi strumenti , che possono ridurre la connettività cerebrale del 55%. I rischi (e i possibili «antidoti») Più conformisti, dissociati dalle nostre stesse idee, meno capaci di pensare in modo autonomo e soprattutto meno capaci di apprendere. L’intelligenza artificiale ci rende stupidi? È una domanda legittima dopo la pubblicazione (preliminare) di un nuovo studio sperimentale del Media Lab del Massachusetts Institute of Technology sugli effetti dei «large language models». Il titolo del paper Il paper ha un titolo esplicito: «Il tuo cervello e ChatGPT: accumulazione di debito cognitivo nell’usare un assistente di intelligenza artificiale per compiti di scrittura». A guidare lo studio è Natalia Kosmyna, una ricercatrice con un dottorato in informatica che lavora sull’interazione fra i computer e il cervello umano. Il modello di ricerca di Kosmyna e dei suoi colleghi, fra i quali vari neuroscienziati e studiosi del linguaggio, è stato del tutto sperimentale. I tre gruppi che compongono il campione Kosmyna ha formato tre gruppi da un campione di 54 volontari, incaricando ciascuno dei componenti di scrivere tre brevi testi per tre sessioni successive su temi predefiniti, per un periodo esteso su un trimestre. Il primo gruppo («Brain-only») poteva scrivere solo sulla base delle proprie risorse mentali, senza accesso né a internet né a uno schermo. Il secondo gruppo aveva accesso al motore di ricerca di Google. Il terzo gruppo invece aveva accesso all’intelligenza artificiale generativa, in particolare ChatGPT di Open AI. Il cervello dei partecipanti a tutti e tre i gruppi è stato analizzato, connettendolo a degli elettrodi per un elettroencefalografia mentre svolgevano il compito richiesto. La connettività celebrale I risultati sono sorprendenti. Lo sono sia nell’immediato che negli effetti successivi dell’esperimento sui comportamenti e le capacità mentali delle persone sottoposte al test. In primo luogo, nello stesso processo di scrittura i componenti dei tre gruppi hanno manifestato un’attivazione molto diversa delle loro menti. Rispetto al livello del gruppo che scriveva senza supporto digitale, il gruppo con accesso al solo motore di ricerca ha registrato una connettività cerebrale fra il 34% e il 48% più bassa; il gruppo con accesso a ChatGPT (nella forma di GPT-4o) ha mostrato una connettività cerebrale del 55% più bassa. In sostanza, più consistente è il supporto e più si riduce l’ampiezza dell’attività del cervello. Le aree del cervello interessate Era forse prevedibile che andasse così. Ma anche la qualità del lavoro cambia. Il gruppo «Brain-only» evidenzia un’attivazione delle aree del cervello connesse con l’ideazione creativa, con l’integrazione dei significati fra loro e con l’automonitoraggio: le funzioni necessarie a generare contenuti, pianificarli e rivederli. Invece chi usa Google fa lavorare soprattutto la corteccia occipitale e visuale: le aree che presiedono ad assimilare tramite la vista l’informazione ottenuta sullo schermo e poi raccoglierla. Infine, chi usa ChatGPT attiva soprattutto le aree per funzioni pressoché automatiche e entro un’impalcatura esterna. Che cosa succede con l’Ai I lavori prodotti sono risultati molto vari e diversi gli uni dagli altri nel caso del gruppo «Brain-only», ma estremamente omogenei e simili fra loro per il gruppo che ha usato l’intelligenza artificiale. In sostanza, affidarsi all’AI genera conformismo di pensiero e messaggi. Qui però è arrivata una sorpresa ulteriore: nell’83% dei casi, chi aveva lavorato con ChatGPT ha poi avuto difficoltà nel citare frasi dai propri stessi testi già pochi minuti dopo averli consegnati; come se chi aveva scritto con ChatGPT non avesse sviluppato nessun senso di appartenenza riguardo al contenuto del proprio lavoro e tutta l’attenzione fosse andata solo a come riprodurre passivamente informazioni generate all’esterno. Al contrario, pressoché tutti coloro che avevano lavorato da soli sono riusciti a citare frasi dai testi appena scritti quasi esattamente, mostrando molta più attenzione al contenuto e al senso del lavoro svolto (non solo alle modalità). I concetti non vengono assimilati In sostanza, l’uso dell’intelligenza artificiale ha reso le persone sottoposte al test dei semplici assemblatori di concetti che non vengono assimilati dai loro stessi autori. I testi poi sono stati esaminati come piccoli saggi scolastici. I valutatori basati sull’intelligenza artificiale hanno assegnato voti più alti di testi scritti con la stessa intelligenza artificiale. Invece i valutatori umani, gli insegnanti, hanno subito riconosciuto quali erano i testi scritti con l’intelligenza artificiale e li hanno valutati meno degli altri. L’inversione dei gruppi Ma quel che è accaduto dopo dà ancora di più da riflettere. C’è infatti stata una quarta sessione del test, nella quale le parti si sono invertite. Al gruppo che aveva sempre usato l’intelligenza artificiale è stato chiesto di comporre un testo a tema fisso senza alcun supporto digitale; al contrario, chi aveva scritto fino ad allora senza supporto ha potuto usare ChatGPT. Si crea un debito cognitivo Il risultato è destinato ad aprire un dibattito sulla pericolosità dell’uso dell’intelligenza artificiale. Chi si era abituato ad usare ChatGPT ha mostrato difficoltà a ricreare il tipo di robusta attività cerebrale, ricca di connessioni, che occorre per sostenere un’attività di creazione autonoma di contenuti. Fra loro si è evidenziato quello che Kosmyna definisce un «debito cognitivo». Il tema dello scritto richiesto era uguale a quello di scritti precedenti, ma coloro che si erano abituati a ChatGPT sono riusciti a citare un elemento qualunque appena due su dieci, ora che potevano contare solo sulla propria mente. Invece chi aveva contato solo sul proprio cervello all’inizio, allenandolo in modo autonomo, è riuscito a produrre testi più ricchi e precisi proprio grazie all’uso dell’AI nella sessione finale. Attivazione cerebrale più debole Anche l’elettroencefalografia ha confermato i risultati. Chi era abituato a contare su ChatGPT ha mostrato comunque un’attivazione cerebrale più debole quando è rimasto senza supporto digitale, come se la mente fosse divenuta più pigra e incapace di creatività, giudizio di merito e memoria profonda. Invece chi aveva già imparato a pensare e produrre lavoro in autonomia ha potenziato le proprie capacità cognitive con ChatGPT. Le conclusioni Conclude lo studio: «Quando i partecipanti (al test, ndr) riproducono dei suggerimenti (dell’intelligenza artificiale, ndr) senza valutarne l’esattezza o la pertinenza, rinunciano non solo ad appropriarsi delle idee espresse, ma rischiano di interiorizzare prospettive superficiali o distorte». In altri termini, diventano individui più manipolabili da ogni sorta di propaganda o interesse. Le implicazioni per la democrazia e per la scuola o l’università non potrebbero essere più grandi: una società di persone libere e capaci di elaborare idee e un giudizio autonomo usa sì l’intelligenza artificiale; ma solo dopo aver allenato molto bene - e a lungo - quella naturale.

mercoledì 14 dicembre 2016

Apologia della cravatta

Eccezionale http://www.eleganzadelgusto.com/apologia-della-cravatta/ see u, Giangiacomo

sabato 19 settembre 2015

Le tre regole di lavoro - Albert Einstein

"Non possiamo pretendere che le cose cambino , se continuiamo a fare le stesse cose 1. Esci dalla confusione, trova semplicità. 2. Dalla discordia, trova armonia. Nel pieno delle difficoltà risiede l'occasione favorevole. 3. È nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. L'immaginazione ė più importante della conoscenza. La creatività è contagiosa. Trasmettila Ogni minuto che passi arrabbiato sono 60 secondi di felicità che hai perso" Albert Einstein

lunedì 29 dicembre 2014

One Direction - I Lived

Hope when you take that jump, You don't fear the fall. Hope when the water rises, You built a wall. Hope when the crowd screams out It's screaming your name Hope if everybody runs You choose to stay Hope that you fall in love And it hurts so bad The only way you can know You give it all you have And I hope that you don't suffer But take the pain Hope when the moment comes, you'll say I.....i I did it all I.....i I did it all I owned every second that this world could give I saw so many places The things that I did Yeah, with every broken bone I swear I lived Hope that you spend your days But they all add up And when that sun goes down Hope you raise your cup Oh, oh I wish that I could witness All your joy And all your pain But until my moment comes I'll say I...i.I did it all I...i.I did it all I owned every second that this world could give I saw so many places The things that I did Yeah with every broken bone I swear I lived Oh whoa oh oh oh oh oh (x3) With every broken bone I swear I lived With every broken bone I swear I I....I did it all I....I did it all I owned every second that this world could give I saw so many places The things that I did Yeah with every broken bone I swear I lived Oh whoa oh oh oh oh oh (x2) I swear I lived Oh whoa oh oh oh oh oh (x2) see u, Giangiacomo

domenica 27 ottobre 2013

"Se", Rudyard Kipling

Da una persona speciale, 6 Aprile 2010 Se (Lettera al figlio, 1910) Con questa lettera, datata 1910, Rudyard Kipling cercò di insegnare al figlio a distinguere fra il bene e il male Se riesci a conservare il controllo quando tutti Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa; Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio; Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare, O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne, O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio, E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio; Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone; Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo; Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina E trattare allo stesso modo quei due impostori; Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante, E piegarti a ricostruirle con strumenti logori; Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite E rischiarle in un colpo solo a testa e croce, E perdere e ricominciare di nuovo dal principio E non dire una parola sulla perdita; Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti, E a tener duro quando in te non resta altro Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!". Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù, E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente, Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro, Se tutti contano per te, ma nessuno troppo; Se riesci a occupare il minuto inesorabile Dando valore a ogni minuto che passa, Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa, E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio! Rudyard Kipling see u, Giangiacomo

domenica 25 agosto 2013

Non soffiare sul fuoco tra Europa e Usa

Riporto l'editoriale di Angelo Panebianco dello scorso Venerdì 5 Luglio 2013 su Il Corriere della Sera Una relazione indispensabile Per chi crede che la storia si riduca a una successione di complotti, la crisi dei rapporti euro-americani innescata dalle rivelazioni di Edward Snowden sullo spionaggio statunitense ai danni dell'Europa, è solo una conferma. Per i patiti dei complotti, cinesi e russi hanno manovrato la marionetta Snowden per mettere nei guai Obama e suscitare un'ondata di sdegno antiamericano in Europa. L'obiettivo? Compromettere le trattative per l'accordo di libero scambio fra Stati Uniti e Europa, la Ttip (Transatlantic trade and investment partnership) un accordo che, in prospettiva, potrebbe dare un salutare colpo di frusta all'economia euro-atlantica ma anche, forse, contribuire a falsificare le più cupe profezie sul «declino dell'Occidente» e l'inarrestabile ascesa dell'Oriente. Per chi non crede alle teorie del complotto, semplicemente, Snowden e le sue rivelazioni sono un regalo del cielo, una opportunità insperata, che russi e cinesi hanno sfruttato e sfruttano. La condotta giusta da tenere è quella indicata dal nostro ministro degli Esteri, Emma Bonino: da un lato, esigere con fermezza spiegazioni dall'Amministrazione Obama e, dall'altro, tenere a bada coloro che soffiano sul fuoco per aggravare la crisi in atto nei rapporti euro-americani. Una crisi che, probabilmente, prima o poi, verrà in qualche modo ufficialmente superata (tutti hanno troppo da perdere), ma che lascerà comunque dietro di sé una scia di veleni. Rendendo ancora più difficile di quanto già non apparisse in partenza (prima delle rivelazioni di Snowden) portare a compimento l'accordo sulla Ttip. Ricordiamo cosa è in gioco e anche perché un fallimento dell'accordo sarebbe assai gradito alle potenze extraoccidentali. In gioco, prima di tutto, c'è lo slancio che l'accordo potrebbe dare all'economia euro-americana. Gli economisti calcolano quanti posti di lavoro in più, e quanti punti in percentuale del Pil in più, la costruzione di un mercato unico (o di qualcosa che, per lo meno, vi si avvicini) frutterebbe sia agli europei che agli americani. Ma al di là delle previsioni sui numeri ci sarebbe soprattutto un effetto psicologico le cui conseguenze economiche non possono essere quantificate in anticipo. Come ha scritto, fra gli altri, Giuliano Amato ( Il Sole 24 Ore , 23 giugno), l'accordo creerebbe un clima di fiducia e di ottimismo generalizzati, spingerebbe centinaia e centinaia di operatori economici ad allargare i loro orizzonti, a scommettere sul futuro. In breve, potrebbe rinvigorire i languenti «spiriti animali» del capitalismo occidentale. I probabili effetti economici positivi avrebbero potenti ripercussioni politiche. L'area euro-atlantica riacquisterebbe, nei tanti tavoli ove deve trattare con la Cina, con la Russia e le altre potenze già emerse o emergenti, una forza che negli ultimi anni ha perduto. Si consideri anche un altro aspetto. Obama è il presidente degli Stati Uniti culturalmente più lontano dall'Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. Ma anche lui ha constatato quanto inconcludente sia stata una politica che, mentre snobbava i vecchi alleati europei, privilegiava il rapporto con le potenze autoritarie (Cina) o semi-autoritarie (Russia) nella speranza di stabilire durevoli relazioni di cooperazione e di fiducia. Giocava l'errata convinzione che la natura dei regimi politici (o dei movimenti politici: vedi l'atteggiamento verso i Fratelli Musulmani egiziani) sia irrilevante ai fini della cooperazione internazionale. Ma non lo è. Già prima del caso Snowden, la tensione fra gli Stati Uniti e la Russia di Putin era arrivata alle stelle (Siria, scudo missilistico in Europa, eccetera). Ed è ormai chiaro che le relazioni con la Cina sono destinate a diventare sempre più competitive e tese. Riaprire agli europei era dunque, per Obama, necessario. Da qui il progetto della Ttip. Un progetto con tanti nemici su entrambe le sponde dell'Atlantico. Nemici economici: coloro che, nei vari comparti (industria culturale, agricoltura, eccetera), guadagnano dal mantenimento di barriere. Nemici burocratici: le amministrazioni nazionali che difendono una discrezionalità e una capacità di regolazione che verrebbero indebolite dal mercato unico. Nemici politici: un mondo variopinto che comprende gli isolazionisti statunitensi e i tanti antiamericani per principio sparsi per il Vecchio Continente. Il presidente Hollande, campione del protezionismo culturale francese, e uno dei più zelanti nel minacciare di affondare l'accordo, coltiva con evidente tenerezza questi diversi tipi di nemici. Obama riapre all'Europa e poi scivola sul Datagate. Dovrà ricucire e rassicurare. Ma anche agli europei non conviene esasperare troppo i toni. Perché se Obama, alla fine, ha scoperto che gli Stati Uniti non possono fare a meno dell'Europa, di sicuro gli europei non possono fare a meno dell'America. Per tre ragioni. La prima ha a che fare con la sicurezza: senza la cooperazione americana, l'Europa non è in grado di proteggersi dalle minacce (terroristiche in primo luogo). La seconda è che l'Europa, contando sulle proprie sole forze, non ha saputo fare di meglio che incartarsi politicamente rischiando l'autodistruzione. Se la storia degli ultimi sessanta anni insegna qualcosa, essa mostra che quando la comunità euro-atlantica è coesa anche l'integrazione europea si rafforza. Quando i legami euro-atlantici si sfilacciano, i rapporti interni alla Unione europea seguono la stessa sorte. La terza ragione è geopolitica. Nel mondo si giocano complesse partite per il potere e l'egemonia internazionale. Rilanciare la comunità euroatlantica, facendo leva sull'accordo per il libero scambio, è, anche per l'Europa, il solo modo disponibile per partecipare a quelle partite con qualche buona carta in mano. see u, Giangiacomo

domenica 6 gennaio 2013

Roccella replica a Riccardi: i principi non negoziabili urgenti


«I principi non negoziabili non sono un’urgenza?». Roccella replica a Riccardi

La deputata del Pdl controbatte all’uscita dell’ex ministro montiano. Ed elenca i «fatti concreti» (caso Englaro, Ru486, pma ed eterologa) che può ricordare «a testa alta»

In una nota la deputata del Pdl Eugenia Roccella ha scritto che «l’amico Andrea Riccardi ribadisce che i principi non negoziabili, benché importanti, non sono un’urgenza, e ritiene che prendere posizione su questi temi comporti il rischio di “ideologizzare” l’agenda Monti. Ma rendere espliciti i concetti di vita, di persona, di famiglia su cui si baseranno le proprie politiche è solo un indispensabile elemento di chiarezza e onestà nei confronti dei cittadini chiamati a votare. Inoltre ritenere “non urgenti” le questioni di biopolitica vuol dire non aver capito di cosa si tratta».
«Lo stesso governo Monti – prosegue rocella – ha dovuto affrontare, nel proprio brevissimo arco di vita, alcuni problemi, e non ha potuto schivarli tutti, pur essendo un governo tecnico, nato con una missione limitata. Penso per esempio alla sentenza europea sulla legge 40, una legge che Monti ha scelto di difendere: avrebbe potuto fare lo stesso in un’alleanza con Bersani? Le scelte antropologiche si intrecciano quotidianamente, nell’azione di governo, con quelle economiche e sociali, e evitare di prendere posizione vuol dire solo mantenere la vecchia politica delle mani libere, impedendo agli elettori di scegliere con consapevolezza».

La stessa parlamentare, commentando una lettera di Renato Schifani ad Avvenire ha detto che il del presidente del Senato ha fatto bene a ricordare «come la nostra maggioranza abbia tradotto i valori non negoziabili in concreta azione politica. Alla vicenda di Eluana Englaro, riportata dal presidente del Senato in tutta la drammaticità di quei giorni, vorrei aggiungere almeno alcuni altri risultati».

E qui, Roccella inizia l’elenco: «In primo luogo la legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, che si è bloccata a un passo dalla conclusione parlamentare, con l’insediamento del governo tecnico, sostenuto da una nuova maggioranza; la battaglia sulla pillola abortiva RU486, che ha impedito la diffusione dell’aborto a domicilio nel nostro paese; l’applicazione delle normative europee alla procreazione assistita, che impedirà altri incidenti come quello in cui sono andati distrutti embrioni umani in un ospedale romano; la modifica delle normative sulle biobanche del precedente governo Prodi, che ha evitato la commercializzazione di parti del corpo umano, confermando invece la tradizione italiana del dono solidale; la circolare di tre ministri (Maroni, Sacconi, Fazio) che ha ribadito la non validità dei registri comunali dei testamenti biologici; il sostegno del nostro governo all’Austria, in sede europea, per difendere il divieto di quel paese alla fecondazione eterologa: un atto non dovuto, ma voluto, per sostenere anche in sede europea una precisa concezione di famiglia; il no alla legge sull’omofobia, perché il no alle discriminazioni deve essere per tutti. Sono solo alcuni dei fatti, concreti, che ricordiamo a testa alta».

see u, Giangiacomo