Benedetto XVI ha fatto sua la recente nota del consiglio permanente della Cei contro i progetti di legalizzazione delle coppie di fatto e ha definito il Family Day «una grande e straordinaria festa di popolo».
Il Papa è intervenuto ieri all’assemblea generale dei vescovi italiani, dopo averli incontrati personalmente tutti nei mesi scorsi. Ha detto che la Chiesa del nostro Paese è «una realtà di popolo, capillarmente vicina alle persone e alle famiglia», un «grande fattore unificante» per la nazione e ha spiegato che «c’è ancora tanta ricchezza, tanta vitalità di fede».
Per quanto riguarda, invece, i problemi esistenti, Benedetto XVI ha aggiunto: «Avvertiamo quotidianamente, nelle immagini proposte dal dibattito pubblico e amplificate dal sistema delle comunicazioni, ma anche, sebbene in misura diversa, nella vita e nei comportamenti delle persone, il peso di una cultura improntata al relativismo morale, povera di certezze e ricca invece di rivendicazioni non di rado ingiustificate».
Il Papa ha ribadito che «nel pieno e cordiale rispetto della distinzione tra Chiesa e politica», i vescovi non possono non preoccuparsi «di ciò che è buono per l’uomo», cioè «del bene comune dell’Italia», la nota della Cei sui Dico è «una chiara testimonianza» di questa attenzione, presa «in piena consonanza con il costante insegnamento» della Santa Sede.
Quindi Ratzinger ha accennato al Family Day, sottolineando che si è svolto «per iniziativa del laicato cattolico ma condivisa anche da molti non cattolici», ed è stata «una grande e straordinaria festa di popolo, che ha confermato come la famiglia stessa sia profondamente radicata nel cuore e nella vita degli italiani». Un evento, ha aggiunto, che «ha certamente contribuito a rendere visibile a tutti quel significato e quel ruolo della famiglia nella società che ha particolarmente bisogno di essere compreso e riconosciuto oggi, di fronte a una cultura che si illude di favorire la felicità delle persone insistendo unilateralmente sulla libertà dei singoli individui». Per questo, «ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere apprezzata e incoraggiata».
Ma il Papa ha assicurato che la stessa attenzione si «esprime nel servizio quotidiano alle molte povertà, antiche e nuove, visibili o nascoste» e ha chiesto ai vescovi di insistere in queste iniziative perché «tutti possano toccare con mano che non esiste separazione alcuna tra la Chiesa custode della legge morale», e la Chiesa che «invita i fedeli a farsi buoni samaritani, riconoscendo in ciascuna persona sofferente il proprio prossimo».
Il tema centrale dell’intervento papale è la missione, l’invito ad «annunciare e testimoniare il medesimo Gesù Cristo, sia i popoli che si stanno per la prima volta aprendo alla fede, sia i figli di quei popoli che ora vengono a vivere e a lavorare in Italia, sia anche la nostra gente» sottoposta «alla pressione di quelle tendenze secolarizzatrici che vorrebbero dominare la società e la cultura in questo Paese e in tutta l’Europa».
Dunque anche gli immigrati devono essere considerati destinatari dell’annuncio cristiano, perché la stima e il rispetto verso le altre religioni e culture, ha spiegato Benedetto XVI, «non può diminuire la consapevolezza dell’originalità, pienezza e unicità della rivelazione del vero Dio che in Cristo ci è stata definitivamente donata, e nemmeno può attenuarsi o indebolirsi la vocazione missionaria della Chiesa».
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Giangiacomo
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