mercoledì 20 febbraio 2008

Elezioni: non "giocare" con tesoretto e nomine

"L'extragettito fiscale e le nomine di primavera delle aziende pubbliche vanno tenuti fuori dal 'mercatino' elettorale che certa classe politica, irresponsabilmente, sta allestendo". E' il monito di
Edoardo Lazzati, presidente di Federmanager, in merito alle voci su possibili modifiche dell'ultim'ora al cosiddetto decreto milleproroghe ed ai rinnovi dei consigli di amministrazione delle societa' partecipate dallo Stato. "Sul primo punto - spiega Lazzati - le indiscrezioni che raccogliamo sembrano confermare un'improvvisa generosita' del Governo dimissionario verso i lavoratori dipendenti, tutelati da quei sindacati confederali che, guarda caso, hanno minacciato manifestazioni di piazza in piena campagna elettorale. Si parla, insomma, di improvvisi sgravi fiscali da inserire nel decreto milleproroghe. Lungi da ogni polemica relativa a chi spetti il 'tesoretto' e ben contenti se andra' a chi ne ha piu' bisogno - prosegue Lazzati - ci limitiamo, come federazione rappresentativa di oltre 160mila manager, quadri e ceti professionali, a ricordare che proprio da queste categorie produttive e' venuto un bel po' di extragettito fiscale e non certo come recupero dell'evasione, ma attraverso l'inasprimento del prelievo fiscale, visto l'aumento di 3 punti della pressione fiscale nei confronti dei ceti a reddito medio-alto. Allora, si poteva aprire un dibattito nel Paese su quale fosse il modo migliore per utilizzare questo 'tesoretto' (ricerca scientifica, export, innovazione, formazione professionale,ecc.) ma sembra che si stia scegliendo la strada demagogica della dilapidazione di queste risorse al primo 'vento' elettorale. "Stesso discorso, a leggere i quotidiani, sembra interessare le nomine delle societa' partecipate dallo Stato. Invece di gestire con la massima discrezione i rinnovi dei consigli di amministrazione in scadenza di societa' quotate e presenti sui mercati internazionali, se ne fa pubblica dichiarazione, si teorizza la prevaricazione politica a scapito di competenza e professionalita' e si ammette che le indicazioni sulle liste di maggioranza siano decisioni del 'Palazzo'. Come Federmanager - ribadisce Lazzati - non possiamo che inorridire di fronte a questo 'mercato delle vacche' che ha di fatto
soppiantato un serio ragionamento sui risultati conseguiti dai top manager delle societa' in questione, sugli accordi internazionali sottoscritti, sulle capacita' gestionali dimostrate. Siamo alla tragedia che finisce in farsa, alla fine di una legislatura che invece di chiudere con dignita' - conclude il presidente di Federmanager - sta dando l'ennesima dimostrazione di irresponsabilita' politica e di cattivo esempio amministrativo".

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Giangiacomo

martedì 19 febbraio 2008

Di Pietro viene risarcito dal PD...

"Il Pd risarcisce Di Pietro"

Stefania Craxi, intervistata da "Il Giornale", parla della scelta del Pd di allearsi con Di Pietro.

Nella sezione Verità Storica, la telefonata incorsa tra Antonio Di Pietro e Carlo De Benedetti (editore de "la Repubblica", tessera n°1 del Partito Democratico).

www.giovaneitalia.it

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Giangiacomo

giovedì 14 febbraio 2008

Non c’è bene comune senza tensione al Bene

La caduta del Governo Prodi ci consegna la fotografia di un Paese che negli ultimi due anni ha fatto più passi all’indietro che in avanti.

Nella primavera del 2006 esprimevamo la nostra posizione sulle elezioni politiche parlando di correnti radicali e massimaliste, che rischiavano di mettere a tacere le posizioni moderate, e di uno “statalismo rigido” che avrebbero causato gravi danni sui temi dell’economia, della famiglia, della politica internazionale, della scuola, del welfare.
Nell’immediato post-voto, constatando che le urne avevano disegnato un Paese diviso a metà, avevamo chiesto che le forze riformiste di entrambi gli schieramenti si mettessero insieme per mettere mano alle riforme necessarie per il Paese. Ma non è successo; e oggi ne paghiamo le conseguenze. Ora si torna ai nastri di partenza, appesantiti da due anni di Governo che hanno creato un clima sociale da “tutti contro tutti”, una ostilità verso la politica e una maggiore distanza della politica dai problemi dei cittadini, un freno allo sviluppo economico dettato da politiche fiscali preoccupate soprattutto di punire (in omaggio a quella grossolana ossessione di giustizia
sociale esplicitamente dettata dal motto “anche i ricchi piangano” e a un’ostilità ideologica verso le piccole e microimprese, e il popolo delle partite Iva) con tutto ciò che ne consegue in termini di peggioramento del benessere del Paese
.
C’è davvero da augurarsi che il prossimo Governo sia più amico del popolo, delle imprese, della famiglia, di chi costruisce il bene per sé e per tutti.

Ma le speranze per il nostro futuro non sono appese alla formazione del nuovo Parlamento e del nuovo esecutivo. Come ci siamo ripetuti altre volte, non è dalla politica che possiamo aspettarci il cambiamento.
Nell’Allocuzione per l’incontro con l’Università di Roma La Sapienza, il Papa sottolinea il rischio di una prassi politica in cui prevalgano logiche dettate da interessi particolari invece che la ricerca della verità. Scrive il Papa: ”Essi [i partiti politici] avranno immancabilmente di mira soprattutto il conseguimento di maggioranze e con ciò baderanno quasi inevitabilmente ad interessi che promettono di soddisfare; tali interessi però sono spesso particolari e non servono veramente all'insieme. La sensibilità per la verità sempre di nuovo viene sopraffatta
dalla sensibilità per gli interessi. Io trovo significativo il fatto che Habermas parli della sensibilità per la verità come di elemento necessario nel processo di argomentazione politica, reinserendo così il concetto di verità nel dibattito filosofico ed in quello politico”. E’ in questa tensione alla verità che sta la nostra speranza: una tensione alla verità che si esprime in ogni cosa che si fa, e quindi innanzitutto nel lavoro.
Ed è proprio da questo punto che nasce e rinasce continuamente l’esperienza di Compagnia delle Opere. Come ci siamo ricordati all’Assemblea Generale di CDO dello scorso novembre, se vogliamo dare un senso nuovo alla realtà, se vogliamo una vita nuova, dobbiamo ritornare alla ricerca del destino in ogni cosa che si fa, per cui ogni circostanza è plasmata nel suo significato, realizzata quindi nel modo più vero, più leale, più utile. Perché la vita umana diventi più vera, più leale, più utile. Diventi migliore.
Questa tensione è la nostra responsabilità nel momento che il Paese sta attraversando: non c’è bene comune senza la tensione di ciascuno al Bene.

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Giangiacomo

domenica 10 febbraio 2008

Meritocrazia!

Le ultime settimane sono state esempio, per il sottoscritto, di un'Italia colabrodo: riesce a trattenere le infinite incoerenze e situazioni di ipocrisia del Paese (si vedano anche le ultime decisioni dei partiti di centrodestra a livello locale torinese e piemontese) e lasciarsi sfuggire le genialità e i punti di forza.
Tra questi, il dibattito aperto da Luca Cordero di Montezemolo e ripreso da altre realtà (Toqueville, Cisl, ecc) sullo stato di salute del sistema Paese.

La produttività è l'unica strada per aumentare i livelli retributivi dei lavoratori.

La meritocrazia non può più essere ignorata perchè è una leva vitale per chiunque voglia continuare a crescere!

Una ricerca citata dall'Economy di questa settimana e curata dalla società di consulenza Towers Perrin evidenza la difficoltà delle aziende grandi e piccole italiane nel mettere a segno un piano retributivo corretto.

Non vi è quello che in gergo si chiama "allineamento".

Il 42% dei 637 responsabili risorse umane interpellati ha ammesso di non avere sistemi efficaci per identificare e quindi premiare una performance elevata rispetto ad una mediocre. Ne risulta che i sistemi d'incentivazione, quando esistono, sono concessi a pioggia: con l'aggravante che il ritorno degli investimenti su questo fronte resta pressochè sconosciuto. Mancanza di misurazione efficaci, demotivazioni delle risorse più brillanti.

Quello che fanno i più è aggiungere o eliminare la parte variabile della retribuzione e ampliare o ridurre la fascia d'idoneità degli incentivi, basandosi su un unico dato: la disponibilità di cassa. Con buona pace della vera meritocrazia!

La personalizzazione dei sistemi premianti è poco applicata nelle aziende italiane. Non solo. La maggioranza delle aziende ha cambiato marginlmente i sistemi di incentivazione, focalizzandosi sugli indicatori di performance aziendale, dimenticandosi di curare la coerenza fra il contributo effettivo dei dipendenti al business e i risultati aziendali.

Misurare la performance, questo è il dilemma!

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Giangiacomo

Politiche 2008: come funziona la legge elettorale

La legge elettorale vigente, con la quale si tornerà al voto, prevede un sistema, che riprende alcune caratteristiche del sistema proporzionale (in particolare il voto di lista per il partito) ma le subordina al principio fondamentale del sistema maggioritario (chi prende un voto in più ha vinto). Approvato a dicembre 2005 nella precedente legislatura a maggioranza di centrodestra, il sistema elettorale è definito spesso ‘‘Porcellum’’ perchè il suo stesso ideatore, il leghista Roberto Calderoli, parlando della sua legge a Matrix nel marzo 2006, dichiarò: ‘‘si dovrà riscrivere. Glielo dico francamente, l’ho scritta io ma è una porcata’’. In seguito, tuttavia, Calderoli sostiene che la definizione si riferiva alle modifiche apportate alla legge, su intervento del Capo dello Stato, riguardo al premio di maggioranza. In effetti, le elezioni del 2006 hanno dimostrato che uno dei problemi di questa legge è proprio che il premio di maggioranza al Senato scatta a livello regionale, rendendo difficile una maggioranza solida. Anche la Corte Costituzionale, il 30 gennaio di quest’anno, nel giudizio di ammissibilità dei referendum, ha segnalato che la legge ha in sé delle “carenze”, in particolare per quanto riguarda il premio di maggioranza. Peraltro è proprio la Costituzione a stabilire che il Senato è costituito su base regionale.
Il Capo della coalizione - Le coalizioni sono identificate dal nome del loro capo (che nel 2006 erano Romano Prodi per l’Unione, Silvio Berlusconi per la Cdl). Il fine della legge è, infatti, quello di aggregare le coalizioni prima del voto, e di indicare al Capo dello Stato la persona da nominare Presidente del Consiglio, assieme alla maggioranza di governo che lo dovrà sostenere. Nel 2006 le liste collegate a Prodi, per la Camera, ebbero circa 25.000 voti in più di quelle collegate a Berlusconi, determinando la vittoria dell’Unione.

Partiti e coalizioni - L’elettore vota per il partito che sceglie; in questo modo, però, indica implicitamente anche la coalizione di governo preferita e la persona che dovrà guidare il governo. Non è ammessa la possibilità di votare per un partito e scegliere una coalizione diversa (come accade invece per i sindaci, i presidenti di provincia e delle regioni).

Premi di maggioranza - La coalizione che ha ricevuto più voti ha diritto al premio di maggioranza, pari al 55 per cento dei seggi (se non abbia già diritto, in base ai voti ricevuti, ad una percentuale più alta). Il premio è applicato su base nazionale alla Camera (con esclusione della Val d’Aosta), ed equivale a 340 seggi su 630, che vengono ripartiti fra i partiti in proporzione ai voti ottenuti (mentre i partiti sconfitti si dividono gli altri). Per il Senato, il premio di maggioranza è assegnato regione per regione: la coalizione che vince prende il 55 per cento dei seggi. Non è prevista alcuna soglia minima da raggiungere per avere diritto al premio: è su questo punto che la Corte ha segnalato al Parlamento l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi. È da notare che, secondo la legge vigente, il premio di maggioranza può essere assegnato sia alla lista sia alla coalizione: è sbagliato credere che venga assegnato solo alla coalizione. Ciò è stato ricordato esplicitamente nella sentenza della Corte Costituzionale del 30 gennaio scorso.

Sbarramenti - Alla ripartizione dei seggi sono ammessi solo i partiti che abbiano superato gli sbarramenti previsti; questi non sono uguali per tutti, perchè concepiti in maniera da premiare i partiti che si coalizzano a discapito di quelli che si presentano al di fuori delle coalizioni principali.

Alla Camera - I partiti coalizzati sono ammessi alla ripartizione dei seggi se hanno avuto almeno il 2 per cento dei voti; ma è previsto anche il ripescaggio del partito più votato fra gli esclusi di ciascuna coalizione. Cosi, ad esempio, nel 2006, nell’Unione fu ripescata l’Udeur, che aveva avuto l’1,4 per cento; mentre nella Cdl fu ripescata la lista comune fra Nuovo Psi e Dca, che aveva avuto solo lo 0,7 per cento. Per i partiti non coalizzati, la soglia di sbarramento sale al 4 per cento. Se tuttavia una coalizione non raggiunge il 10 per cento, i suoi partiti sono esclusi comunque.

Al Senato - valgono principi analoghi, ma le soglie sono diverse, e sono sempre considerate su base regionale: 3 per cento per i partiti coalizzati (senza ripescaggi); 8 per cento per i non coalizzati; 20 per cento per le coalizioni.

Eletti all’estero – Nella Circoscrizione Estero sono eletti i 12 deputati e 6 senatori riservati agli italiani residenti all’estero, ma i relativi voti non entrano nel calcolo dei premi di maggioranza.

Quote rosa - La legge elettorale non prevede alcuna riserva di candidature né altri meccanismi per promuovere la presenza di donne in parlamento.

Preferenze - Non è ammessa la possibilità di indicare la preferenza fra i candidati (cosiddette liste bloccate): i candidati vengono eletti in base all’ordine di presentazione.


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Giangiacomo

Huckabee, il colpo di coda del pastore

Il predicatore battista è stato la grande sorpresa del supermartedì. E ora sogna un posto da vice McCain. L'unico tema della sua campagna è la lotta all'aborto. E dice: "Perché separare religione e politica?" «Romney ha detto che quella repubblicana è una corsa a due? Ha ragione: è fra me e McCain». Così, dopo il super-martedì, Mike Huckabee. Ora Romney, avviandosi a sospendere la sua campagna, sembra dargli ragione.
Huckabee, ex governatore dell'Arkansas, martedì ha vinto in cinque Stati fra cui la Georgia, che è difficile liquidare come una terra di contadini e montanari perché un terzo dei suoi elettori vive ad Atlanta, una città ultramoderna sede della Cnn e della Coca Cola. Certo, alla fine la spunterà McCain, anche perché è l'unico candidato repubblicano che secondo i sondaggi oggi batterebbe sia Obama sia Hillary Clinton.
Tuttavia, sommando non i delegati (assegnati tra i repubblicani in molti Stati con un sistema per cui chi vince li prende tutti) ma i voti di Romney e di Huckabee, il totale è superiore ai voti di McCain, il che dimostra che l'anima conservatrice tra i repubblicani è tuttora maggioritaria In una summa appena pubblicata sul conservatorismo americano, il politologo Critchlow ricorda che questo consiste di tre segmenti che non è facilissimo mettere insieme: chi vuole una politica estera aggressiva, chi vuole poche tasse, e chi si batte per quelli che Benedetto XVI (ma anche molti leader protestanti e dell'ebraismo ortodosso) chiamano «valori non negoziabili» su vita e famiglia. I tre candidati repubblicani sono tutti per un'America con poche tasse e forte in politica estera. Il punto su cui si distinguono davvero sono i valori non negoziabili. Nella carriera politica di McCain non sono mai stati una priorità, anche se oggi propone alcune limitazioni all'aborto.
Romney invece è un devoto mormone, e la sua comunità religiosa è certamente contro l'aborto, l'eutanasia e qualunque riconoscimento delle unioni omosessuali. Per farsi eleggere governatore del liberale Massachusetts Romney si era concesso qualche apertura, ma ora era tornato all'ovile conservatore. Quanto a Huckabee, afferma che «quando mi si dice di separare la politica dalla religione, rispondo che una separazione totale è impossibile». Se Romney - un uomo d'affari miliardario, figlio di un governatore del Michigan - ha studiato ad Harvard e il soldato McCain all'Accademia navale, Huckabee, il cui padre faceva il pompiere, ha preso una laurea in teologia presso la semisconosciuta Università Battista Ouachita dell'Arkansas.
Prima di darsi alla politica, è stato pastore di congregazioni battiste di paesini i cui nomi sono ignoti a chi non vive nell'Arkansas. Eppure, è riuscito a costruirsi una solida base politica locale, a farsi eleggere governatore del suo Stato e - dopo essere diventato famoso per un libro dove spiega come ha perso cinquanta chili - a presentarsi all'anima religiosa del Partito repubblicano come un candidato credibile. Qualche settimana fa mi è capitato di seguire la campagna di Huckabee in Arizona (dove ha perso) e nel Tennessee (dove ha vinto). Mi ha colpito la quasi totale assenza di riferimenti alla politica estera, il suo punto debole.
La sua è quasi una «lista di scopo» - qualche cosa di cui si comincia a parlare anche in Italia - che raccoglie voti principalmente su un singolo tema: l'opposizione all'aborto. La tenuta dell'anima conservatrice nel super-martedì dei repubblicani e il successo di Huckabee non porteranno l'ex governatore dell'Arkansas alla Casa Bianca. Ma costringeranno McCain, se vuole vincere, a fare i conti con la base repubblicana ostile all'aborto. Magari con Huckabee come candidato alla vicepresidenza.

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Giangiacomo

sabato 9 febbraio 2008

Nuove formazioni verso il maggioritario

Alle elezioni del 13 e 14 Aprile, Forza Italia e Alleanza Nazionale si presenteranno unite nella lista del Popolo della Libertà, che avrà queste caratteristiche:
1) La lista è aperta a tutti i partiti del centrodestra, compresa l'UDC.

2) La Lega sarà unita al Popolo della Libertà da un patto federativo.
3) Il programma elettorale sarà composto di dieci punti sintetici, per rimediare ai guasti prodotti dal governo Prodi e ai problemi strutturali del Paese.
4) In Parlamento saranno formati gruppi unitari del Popolo della Libertà.
Berlusconi ha poi precisato che la decisione di correre alle elezioni sotto il simbolo del Popolo delle Libertà non è una contromossa alle decisioni di Veltroni, ma un ulteriore passo in avanti verso un un'unica forza politica che unisca tutti i cittadini italiani che non si riconoscono nella sinistra e che condividono i valori che hanno consentito lo sviluppo della libertà, per la quale Berlusconi sta lavorando da tempo.


D'altronde quella di Veltroni è stata una scelta obbligata. Dopo la pessima prova del governo dell'Unione, ripresentarsi con la sinistra radicale sarebbe stato un autentico suicidio. Con il Partito Democratico, Veltroni tenta la carta del "nuovo". Un nuovo per modo di dire, come mostra questo filmato che puoi vedere su Youtube:
http://it.youtube.com/watch?v=JJ4buh4Q5Co

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lunedì 4 febbraio 2008

Scuola di Formazione Politica Luigi Sturzo

La "Scuola di Formazione Politica Luigi Sturzo" in collaborazione con il "Centro Studi Tocqueville-Acton" e la "Fondazione Novae Terrae" ha organizzato un interessante Corso di formazione residenziale "Una politica nuova per rilanciare l'Italia" che si terrà a Castellanza (VA) da venerdì 7 a domenica 9 marzo 2008.
L'occasione vuole rappresentare anche l'inizio per una collaborazione stimolante e vivace fra "giovani pensanti" che si riconoscono nella tradizione del cattolicesimo liberale.
All'interno di una accogliente struttura universitaria -l' Università Carlo Cattaneo- per tre giorni i partecipanti saranno stimolati al confronto durante lezioni frontali, tavole rotonde e proiezioni.
Oltre alla presenza di docenti di varie Università del territorio nazionale, saranno presenti conosciute personalità del campo politico, economico ed imprenditoriale.
Sul sito www.formazionepolitica.eu potrete trovare il bando di partecipazione, la scheda del corso e la domanda di partecipazione.

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domenica 3 febbraio 2008

"Eminence" Don Camillo docet

Strepitosa intervista Lunedì sera a Otto e mezzo.
Ospite di Giuliano Ferrara, il Card. Camillo Ruini, che ha parlato a lungo sulla questione aborto, chiarendo molto tutta la faccenda della moratoria promossa da Ferrara, sulla quale ultimamente si è letto di tutto e di più.In attesa di avere on line il link all'intervista, qua c'è una sintesi:
www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=17781&sez=HOME_INITALIA

Che cosa ha detto Ruini?
1. Che la legge sull'aborto è "intrinsecamente cattiva". Certamente. Ogni legge che regolamenti l'aborto, anche la più restrittiva, non può che essere di per sé, intrinsecamente cattiva, ingiusta, perchè autorizza la soppressione di un essere umano vivente. Così come ogni omicidio, anche se per legittima difesa, è sempre un omicidio. Su questo c'è differenza con Giuliano Ferrara, che nell'intervista che ha rilasciato al settimanale "Grazia" ha definito la 194 una legge "sacrosanta", e che in uno speciale del TG1 condotto da Riotta ha ribadito per due volte che il mondo è migliore da quando c'è la 194. Ma d'altra parte fin dall'inizio Ferrara lo ha sempre detto e ripetuto, in tutte le lingue e in tutte le salse, che non aveva nessuna intenzione neanche di parlare della 194, e che la sua iniziativa era tutt'altro (poi ne parliamo). Chi ha aderito alla moratoria di Ferrara pensando di attaccare la legge 194, quindi, ha aderito alla moratoria sbagliata.
2. Ruini ha spiegato che "Il punto su cui insistiamo è l'attuazione della legge 194 almeno nella parte che riguarda la difesa della vita, che si faccia di tutto per aiutare le donne ad accogliere il proprio figlio". Questo la Chiesa lo sta chiedendo da anni, e su questo c'è accordo con Giuliano Ferrara, ma non solo, anche con tanta altra gente che giudica positivamente la legge. Questo è un grande punto di lavoro.
3. Che lui, il Card. Ruini, personalmente, non usa la parola "omicidio" quando si parla di aborto, perchè ha connotazione di ostilità. Parla di soppressione di essere umano vivente. "E per essere chiari e non confondere la realtà non si deve nemmeno parlare di interruzione volontaria di gravidanza. Il linguaggio non deve occultare la realtà. La Chiesa non ha un atteggiamento persecutorio e ostile, ma caritatevole. L'aborto è un dramma per la donna, per il marito, per tutta la famiglia ed è questo il modo corretto di porsi di fronte a ciò". Un gioco di parole? No, un loro uso consapevole e cristiano, che dovrebbe far riflettere. Ruini ha ripetuto mille volte la parola "accoglienza", ha parlato di "famiglie", dicendo che tutti sono coinvolti, in un aborto (nella ferita come nella colpa). Ruini descrive limpidamente l'atto - la soppressione di un essere umano vivente - ma non colpevolizza le donne.
Ferrara usa toni più accesi, dice che l'aborto è un omicidio ma che le donne non sono assassine, si è definito - sempre nell'intervista a Grazia - contemporaneamente pro-choice e pro life (io sono "pro-life", contrario all'aborto. E sono anche "pro choice": spetta alla donna scegliere. Ma quando bisogna decidere, ritorno "pro life" - ha detto). Anche qui, chi ha aderito alla moratoria pensando che le donne che abortiscono dovrebbero essere sanzionate, dovrebbe fare qualche comunicato per spiegare che si è sbagliato.
Il Card. Ruini usa un linguaggio e un tono cristiani - ovviamente - ed è limpido nel giudizio: giudica l'atto, esclude la condanna.
Ferrara usa parole ed espressioni più forti, ma poi, come molti, giudica positivamente la legge.
Io sono d'accordo con Ruini: non credo che la 194 sia sacrosanta, e non penso che potrà mai esistere una legge "giusta" sull'aborto. Potranno esistere leggi migliori e peggiori, se paragonate fra loro, a seconda di quanto siano orientate a minimizzare il numero degli aborti. In questo senso si parla di leggi più o meno buone, sull'aborto: non certo come valore in sé, ma nel loro paragone. Basta non essere in malafede, per capirlo.
4. La moratoria di Giuliano Ferrara.
La moratoria proposta da Giuliano Ferrara, partita come battaglia della ragione, è diventata una proposta rivolta all'Onu, e guarda soprattutto a quei paesi dove l'aborto è un mezzo di controllo delle nascite, spesso reso obbligatorio da una legge dello stato. Ferrara chiede un cambiamento nella formulazione della dichiarazione dei diritti dell'uomo, inserendo il diritto alla vita fin dal concepimento. Come si fa a non essere d'accordo? Qua ci siamo tutti.

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Giangiacomo