martedì 8 aprile 2008
Manifesto per le nuove generazioni
In questi giorni la delicata e confusa situazione politica che, da qui al 13 Aprile, ci condurrà ad una nuova tornata elettorale, impone una riflessione ed un contributo da parte di tutti coloro che stanno lavorando per un effettivo cambiamento della società italiana. Cambiamento che parta innanzitutto dalla politica e che cambi il modo stesso di fare politica: un rinnovamento creativo ma concreto.Da più parti, ormai, come un perfetto slogan elettorale, non si fa che parlare di ricambio generazionale, di liste "giovani", spazio per i giovani, idee giovani etc etc. Gli “under 30” vengono inseguiti come i campioni del calciomercato estivo, come un brand vincente, facile da piazzare.Il rischio e’ che tutto questo non sia altro che uno specchietto per le allodole: si candidano dei giovani, pochi in posizione sicura, per dimostrare che la politica "pensa ai giovani". Il ricambio deve avvenire dando spazio a chi è seriamente convinto di prendere parte allo sviluppo della nostra società, capace di saper scardinare, influenzare e migliorare quei meccanismi della politica che non apprezziamo, non condividiamo e contestiamo fortemente. Non servono tanto “nuovi politici”, ma politici nuovi, capaci di realizzare politiche nuove, di essere protagonisti di una nuova stagione di partecipazione, eletti per le loro competenze, per l’impegno profuso nel servire un Paese come l’Italia, che, oggi più che mai, ha bisogno di persone che si mettano a disposizione della collettività. Per questo occorre valorizzare coloro che già operano sul campo, promuovere i giovani con esperienze associative, che abbiano imparato l'ascolto e la mediazione nella realtà quotidiana e che sappiano vivere la politica come un'esperienza di servizio non finalizzata all’interesse personale. In Italia questi giovani ci sono: speriamo che tutti coloro che verranno eletti, giovani e meno giovani, sappiano interpretare la loro voglia di “rinnovamento”. Superfluo ricordare che questa legge elettorale di fatto impedisce ai cittadini la scelta dei propri rappresentanti in Parlamento e quindi, l’immediata modifica, da più parti invocata, è un fondamentale punto di arrivo a cui i prossimi governanti non posso sottrarsi.
Tematiche e programmi devono essere a misura del bene comune del Paese, e dunque anche dei giovani.
Importante quindi investire:
- Su un Dipartimento per le politiche giovanili presso la Presidenza del Consiglio che si occupi di Politiche Giovanili e metta in rete le diverse competenze che vari ministeri hanno in materia.
- Sulla partecipazione attiva delle giovani generazioni. In attuazione del Libro Bianco dell'Unione Europea sulla Partecipazione Giovanile (2001), è necessario dar vita a Forum e Consulte territoriali attraverso cui applicare il concetto di "co-gestione", fra rappresentanze giovanili e istituzioni, per le materie inerenti le politiche giovanili.
- Sulla Formazione scolastica e professionale. Un Paese vitale si misura anche attraverso la qualità del sistema scolastico. Abbiamo bisogno di scuole ed università capaci di dare un’offerta formativa ampia ma di qualità, un’offerta formativa che sia collegata con il mondo del lavoro. Serve una scuola esigente, che dia opportunità e al tempo stesso richieda impegno e dedizione.
- Sulla ricerca. Più fondi alla ricerca vuol dire più possibilità di futuro per il nostro Paese. Vuole investire sulle idee innovative, sui giovani talenti. Investire sulla ricerca è impedire la fuga dei cervelli. E’ investire sullo sviluppo.
- Sulle Pari opportunità di accesso ai servizi. Il mondo del lavoro non può essere un muro così come, dar vita ad una famiglia, comprare una casa, viaggiare e vivere le opportunità che esistono fuori dalla pareti domestiche. Flessibilità e mobilità non devono corrispondere a precarietà. Serve per questo avviare una seria discussione sulla riforma degli albi professionali.
- Sulle Politiche per l’Integrazione. Un Paese vitale è capace di integrare chi, straniero, decide di lavorare e vivere in Italia. Un Paese vitale vede l’immigrazione come un’opportunità, come un’occasione di accoglienza, pur nel rispetto della legge.
- Sulla Laicità delle istituzioni come valore. Dove sia salvaguardata la libertà di espressione di tutte le componenti della società italiana.
- Sull’accesso al credito. Servono politiche di accesso al credito che scommettano sulle capacità e sulla progettualità dei giovani, il loro vero capitale di futuro. Facilitare l’accesso al credito è scommettere sui giovani. - Sulle Politiche abitative. La casa è bene primario per la costruzione di nuove famiglia. Servono politiche per gli affitti, capaci di contenere un mercato degli affitti fuori controllo, servono politiche per facilitare l’acquisto della prima casa. - Su una riforma delle Pensioni che tuteli gli interessi dei giovani. Rispetto alla previdenza i giovani sono sicuramente uno dei soggetti deboli. Rivedere le pensioni nell’ottica delle giovani generazioni significa avere il coraggio di affrontare una riforma che pensi a chi andrà in pensione tra 30 anni, a chi vive il mercato del lavoro da precario, a chi gode di pochissime tutele nel mondo del lavoro.
C’è bisogno di investire sui giovani non in quanto specificità ma in quanto parte integrante della società.
Il Forum Nazionale dei Giovani, lavora per promuovere attività e offrire opportunità per la crescita personale e l’integrazione delle nuove generazioni. Il suo ruolo consultivo e propositivo in tema di Politiche Giovanili è finalizzato a rappresentare tutti i giovani.
Crediamo in una rigenerazione del nostro sistema politico; noi giovani, dobbiamo essere il mezzo, non il fine del cambiamento.
see u,
Giangiacomo
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3 commenti:
Cari Amici,
l’appuntamento elettorale del 13 e 14 aprile rappresenta un’occasione unica per salvare il nostro Paese dal declino economico, sociale e morale in cui il governo Prodi l’ha condannato.
Chiediamo la fiducia degli Italiani perché i programmi ed i valori che condividiamo sono quelli di sempre che vanno dall’amore per l’Italia, all’orgoglio di essere Italiani e alla volontà di garantire un grande futuro al nostro Paese e ai nostri figli.
Vogliamo un’Italia sicura, libera da immigrati clandestini, che hanno fatto esplodere il tasso di criminalità nelle nostre città e minacciano la libertà e la vita dei cittadini. Vogliamo aiutare le famiglie italiane, cellule fondanti della nostra società, con aiuti veri, concreti, come il quoziente familiare, privilegiando soprattutto quelle con figli. Vogliamo aiutare le piccole e medie imprese, vero motore dello sviluppo economico del Paese con misure serie, concrete e realizzabili.
Vogliamo dare voce alla maggioranza degli Italiani che non vogliono più essere rappresentati e governati da una sinistra che offende il Tricolore, che preferisce stare con i no-global e mettere sotto accusa Polizia e Carabinieri, una sinistra che preferisce lo spinello al manganello.
Vogliamo stare dalla parte delle vittime e non da quella dei delinquenti, che escono troppo in fretta dalla galera.
Noi siamo pronti, determinati e preparati a riportare l’Italia fuori dalla palude in cui la sinistra l’ha cacciata. Solo con il voto al Popolo della Libertà sarà possibile far rialzare l’Italia.
Siamo pienamente d'accordo con te, ma nei partiti quanto la pensano nello stesso modo?
Un saluto.
Troppi giovani sono vecchi dentro
di Stefano Zecchi
Troppi giovani sono vecchi dentro: questa è la considerazione del Papa, che sottolinea una realtà drammatica del nostro tempo. Drammatica perché sono i giovani la linfa vitale di una società che può camminare verso il futuro se possiede la saggezza degli anziani insieme all’entusiasmo e alla spregiudicata volontà di oltrepassare il presente che è, generalmente, una caratteristica del mondo giovanile. Giovani vecchi dentro significa che in tutti noi c’è qualcosa di malato che consuma forza ed energia, che brucia entusiasmi e coraggio.
La considerazione del Papa è condivisibile, mentre non sono d’accordo con le visioni catastrofiste di chi vede ormai l’animo dei ragazzi dominato da un nichilismo che annienta i più elementari valori della convivenza, che distrugge le amicizie e i rapporti familiari. Questa è l’immagine che ci presentano i mezzi di informazione, più disposti a raccontare i disastri che la normalità, quella, cioè che riguarda la stragrande maggioranza dei giovani che fanno il loro dovere nella scuola, nel lavoro, in famiglia.
Ma proprio a costoro si rivolge l’attenzione del Papa nell’esprimere quel giudizio. E allora c’è da chiedersi cosa accada nell’animo di ragazzi perbene, che appaiono così segnati al punto da apparire vecchi.
Sono convinto che l’unico modo per capire un ragazzo sia quello di guardare la sua famiglia e la scuola in cui studia. È inutile perdersi in dotte e complicate disquisizioni sociologistiche: dietro al comportamento di un giovane ci sono i genitori e gli insegnanti. Tutto il resto è secondario.
La caratteristica costante dell’educazione, sia che provenga dalla famiglia che dalla scuola, è difensiva. E se ne comprendono facilmente i motivi, dettati da un desiderio di protezione del giovane, affinché rimanga con i piedi per terra. La paura di pensare al futuro, la sfiducia nella possibilità di realizzare le proprie aspirazioni che attanagliano i genitori si riverberano quindi, inevitabilmente, sui figli.
Da parte sua, la scuola non è in grado di trasmettere agli studenti quel principio etico che è alla base di qualsiasi percorso di apprendimento, cioè: se studi e sarai bravo, ti farai strada nella vita. Questo fondamentale principio etico è continuamente trasgredito da una società che non premia il merito, che esalta gli aspetti effimeri della persona, che si genuflette di fronte al denaro e al potere.
Un giovane disincantato (ma, si badi bene, corretto e disposto al rispetto della scuola) si fa una risata quando il professore gli dice di studiare per raggiungere un posto di riguardo nella società. Lui continuerà ad impegnarsi, ma sa che il mondo non avrà molta considerazione del suo impegno.
Si comprende allora perché i genitori più consapevoli, che tirano avanti dignitosamente ma senza avere ricchezze e potere, proteggano i propri figli da entusiasmi, aspirazioni, speranze che, se deluse, prostrerebbero malamente i loro ragazzi. Meglio il sano realismo «dell’accontentarsi»: niente sogni, molto pragmatismo.
Nella scuola gli insegnanti capaci si comportano nello stesso modo: concretezza didattica e occhio alle richieste del mercato del lavoro.
Questa è la vecchiaia dei nostri figli: è la nostra vecchiaia che come un virus trasmettiamo a loro. Difficile, allora, sconfiggere il virus con le tre uniche, vere ed efficaci medicine: la speranza, il coraggio, il rischio. Sperare significa oltrepassare la realtà esistente per guardare faccia a faccia senza paura il futuro, con il coraggio di affermare le proprie aspirazioni. Rischiare testimonia il piacere di avventurarsi in territori sconosciuti dove si può incontrare il «nuovo» da conquistare.
Ecco, allora, noi adulti, invece di crogiolarci nel nichilismo continuamente evocato da giornali e televisione, che ci appare come l’unica realtà e condizione di vita del nostro tempo, proviamo ad essere noi stessi e ad insegnare ai nostri figli (che, torno a dire, prevalentemente sono moralmente sani) a non aver paura. Proviamo ad invertire la tendenza: aiutiamoli ad inseguire un loro sogno, aiutiamoli a trasformare questo sogno in un’idea e l’idea in realtà.
Stefano Zecchi
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