sabato 12 luglio 2008

11 luglio 2005 – 2008. Tre anni fa, le bombe a Londra

11 luglio 2005 – 2008. Tre anni fa, le bombe a Londra
L’errore politico di tollerare la predicazione islamica nella società inglese.La denuncia della Fallici inglese, Melanie Phillips: dal progressismo alla condanna del multiculturalismo

July 11, 2005 – 2008. Three years ago, the bombing in London
The political mistake to tolerate the Islamic preaching in English society.The accusation of the English Oriana Fallaci, Melanie Phillips: from liberal to the condemnation of multiculturalism

see u,
Giangiacomo

1 commento:

G. ha detto...

Melanie PHILLIPS

Se non vuole scomparire, l'Occidente ritrovi la propria identità e abbatta la «dittatura multiculturale delle minoranze»

tratto da: Tempi, 15.06.2006, n. 25, p. 19.


L'apatia politica sta trasformando la Gran Bretagna in uno stato terrorista. E' la denuncia di Melanie Phillips, giornalista inglese che dei liberal è stata icona e ora è fiera avversaria.
Intervista di Mauro Bottarelli


Malanie Phillips è una giornalista del Daily Mail, scrittrice e - stando alle parole del Times - «voce della coscienza di un paese smarrito». Da pochi giorni nelle librerie britanniche e americane è disponibile il suo ultimo libro, 'Londonistan', durissimo atto d'accusa nei confronti della Gran Bretagna e della sua incapacità di guardare in faccia un nemico che, negli anni, è cresciuto nel suo grembo svezzandosi con l'odio fino all'atto di distacco finale, gli attentati del 7 luglio 2005 a Londra. 'Tempi' ha raggiunto telefonicamente la Phillips nella sua casa londinese e con lei ha parlato dell'ultima fatica letteraria ma anche di attualità, partendo dal raid antiterrorismo di Forest Gate fino all'eliminazione di Al Zarkawi in Irak.

Mrs. Phillips, il sottotitolo del suo libro è "Come la Gran Bretagna sta costruendo uno stato terrorista al suo interno". Un duro atto d'accusa: chi è responsabile di questo? La politica? Il popolo?

Melanie PHILLIPS: Ovviamente la prima e più diretta responsabilità è quella dell'establishment politico che ha voltato lo sguardo altrove quando questa gente arrivava nel nostro paese nel 1990, fuggendo soprattutto dall'Afghanistan in guerra. Era, almeno in parte, gente molto pericolosa ma si è fatto finta di nulla per un supposto senso di accoglienza ad oltranza, se così vogliamo chiamarla. Li si è lasciati liberi di predicare l'odio nel nostro paese, di unirsi a organizzazioni del terrore che con il passare del tempo hanno trovato terreno fertile in Gran Bretagna per diventare home-made organizations. E nella fase finale, addirittura di reclutare cittadini con passaporto britannico per operazioni di terrorismo, anche suicida. La questione vede quindi la politica come principale responsabile. Ora, però, le cose stanno andando, se possibile, in maniera ancora peggiore: continuare a chiudere gli occhi, come accade, dopo l'11 settembre, l'11 marzo e il 7 luglio, è criminale, non solo politicamente miope. Inoltre paghiamo un deficit di conoscenza nel confronti della minaccia che dobbiamo affrontare: non sappiamo chi sono e abbiamo paura di scoprire cosa vogliono veramente queste persone, ovvero islamizzare l'Occidente. Così non possiamo sconfiggerli.

Quale può essere quindi un nuovo approccio verso la minaccia terroristica e verso le minoranza etniche che vivono all'interno dei nostri paesi? Come possiamo conciliare società multirazziali e sicurezza?

Melanie PHILLIPS: E' un problema che non ha una soluzione facile, ma se devo dire realmente ciò che penso, allora le dico che il mondo occidentale potrà salvarsi solo se riaffermerà la propria identità. Senza vergogna, senza timore. Devono succedere tre cose, principalmente. Primo, i musulmani presenti nei nostri paesi devono smetterla una volta per tutte di negare l'esistenza del problema e affrontarlo senza ipocrisia. Devono denunciare, condannare ed estirpare l'estremismo e gli estremisti dalle loro comunità: senza questa condizione, nulla è possibile. Tantomeno una convivenza pacifica. Il problema è che a mio avviso siamo distanti da questa prospettiva poiché i cosiddetti islamici moderati scelgono di sottostare alle regole della propria comunità, tra cui il silenzio. Secondo, gli Stati occidentali devono da un lato applicare politiche di accoglienza per rendere noto ai musulmani che sono benvenuti se vogliono praticare in pace e secondo la legge la loro religione. Ma, contestualmente, bisogna essere durissimi riguardo ogni piccola violazione del nostro sistema non solo penale ma anche di valori: mai più vengano tollerati predicatori d'odio, estremisti, fanatici. Mai più. Terzo, dobbiamo dar vita a un nuovo patto sociale con l'immigrazione islamica nei nostri paesi, un patto che parta dai bambini, dalle giovani generazioni che devono crescere nella coscienza della propria identità ma anche nella suprema consapevolezza del rispetto delle leggi, siano esse britanniche, italiane, francesi e così via. Il multiculturalismo non deve più essere una scusa come è stato fino ad ora: bisogna smettere di pensare che i diritti delle minoranze debbano dettare legge sulla maggioranza per una malintesa political correctness, quasi per un senso di colpa nei confronti degli immigrati. Ma quale senso di colpa, quale? Dobbiamo riaffermare le nostre identità nazionali, non possiamo accettare questo attacco a livello mondiale verso i nostri valori, primo fra tutti la libertà.

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Giangiacomo