Rassegniamoci. L'Italia non è e non sarà mai un Paese normale. Ne prendano atto tutti quelli che, in questi mesi, hanno invocato un bipolarismo maturo, meno rissoso e basato sull'alternanza. Un bipolarismo che abbia a cuore, soprattutto, il bene comune. Ne prendano atto: questo è possibile ovunque, ma non in Italia. La colpa, però, non è della politica. O perlomeno non è di quella parte della politica che, responsabilmente, in queste settimane ha deciso di mettersi seduta attorno ad un tavolo per cercare di stilare, insieme, le regole del gioco. Una novità che molti, troppi, hanno letto come un'anomalia. Evidentemente qualcuno ha temuto di dover rimettere in discussione le proprie rendite di posizione. Così, immediatamente, da destra e da sinistra si è gridato all'inciucio. Strana concezione della politica. Se in Germania Schroder e la Merkel decidono di governare insieme si tratta di un esempio da seguire, se in Italia dialogano i leader dei due principali partiti è un inciucio. Poco male. La denigrazione è un'ottima arma per chi non ha argomenti politici validi. Un'arma che, però, si è rivelata insufficiente. Così ecco, puntuale, arrivare la magistratura. Il film è quello già visto mille volte. Si comincia a parlare di elezioni. I sondaggisti danno in consistente vantaggio uno schieramento ed ecco, puntuale, la macchina della giustizia che si mette in moto. Un grande quotidiano, senza che il diretto interessato sappia niente, anticipa indiscrezioni su fantomatiche ipotesi di reato e indagini. Il tutto, ovviamente, condito dalle solite intercettazioni. Il gioco è semplice. Fin troppo. Difficile non notare la coincidenza dei fatti. E difficile non sottolineare come, ancora una volta, la politica abbandoni le aule del Parlamento per entrare in quelle di un tribunale. Poco importa se, come sempre successo in passato, dopo anni di indagini e spreco di risorse pubbliche, tutte le accuse di dimostreranno infondate, l'importante è denigrare l'avversario, metterlo in cattiva luce, tagliarlo fuori dal dibattito pubblico. C'è già chi, dal suo piccolo podio, punta il dito contro la "cattiva politica". Ma non sa che la "cattiva politica", quella che gli italiani vorrebbero smettere di vedere, è quella che fa del sospetto, dell'indiscrezione, dell'intercettazione, della chiacchiera, il fulcro della propria azione. La cosa peggiore è che tutto ciò avviene mentre il Paese è immobile. Immobile negli investimenti, immobile nello sviluppo. L’Italia non cresce e, ogni giorno, esplodono problemi. Quello che sta succendendo nel settore dell’autotrasporto è emblematico. La politica non può rimanere immobile a guardare. Ma, soprattutto, non può continuare a ragionare con vecchie logiche. Serve un rinnovamento. Servono forze politiche capaci di rispondere ai bisogni dei cittadini. Capaci di assumersi responsabilità. Quello che sicuramente non servono sono i veleni, le procure che decidono chi vince e chi perde, la giustizia ad orologeria. Per una volta dimostriamo che anche l’Italia è un Paese normale.
see u,
Giangiacomo
sabato 29 dicembre 2007
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
da Toqueville-acton.org
Perchè per l'Italia non va bene l'attuale sistema bipolare
di Rocco Pezzimenti – Savino Pezzotta
I primi teorici della democrazia moderna avevano ben chiara un’evidenza che, oggi, è scarsamente presa in considerazione. La democrazia è sicuramente la migliore forma di governo che abbiamo inventato, ma non per questo è immune da rischi o, più in generale, da difetti che ne possono compromettere l’effettivo funzionamento. Tocqueville aveva addirittura il timore di vedere il sistema democratico trasformarsi in tirannia della maggioranza, in modo più o meno consapevole. Questa mancanza di consapevolezza, la dice lunga sul fatto che la democrazia possa scivolare sulle sue contraddizioni senza che i cittadini ne possano avvertire il pericolo.
Questa inconsapevolezza porta spesso alcuni artefici della politica a cercare rimedi che sono più dannosi dei mali da curare. Si pensa, infatti, che un sistema politico istituzionale che funziona bene in un determinato paese, si possa esportare in qualunque altro. Montesquieu avvertiva sull’impossibilità di una simile presunzione. Le leggi, come le istituzioni, sono realtà vitali, hanno una vera e propria anima. Si tratta di una identità quasi “personale” che non può essere trasferita senza rischiare di creare seri danni.
Il sistema elettorale rientra tra quegli elementi che qualificano una democrazia, ma che possono anche comprometterla in modo decisivo. Oggi, ad esempio, si fa un gran parlare del sistema bipolare dimenticando che il bipolarismo funziona nel mondo anglosassone, ma è pressoché ignorato nel resto dei grandi paesi europei. Questo è certamente un dato di fatto che non possiamo eludere, ma che dobbiamo cercare di spiegare.
Nei paesi in cui il bipolarismo funziona, la tradizione politica è assai diversa da quella dell’Europa continentale. Sono tantissimi i pensatori che, nel corso degli ultimi due secoli, hanno puntualizzato un’evidenza così solare. Tra i tanti, Tocqueville e Acton ritenevano, ad esempio, che il bipartitismo americano era possibile perché, in una simile realtà, c’era un forte senso religioso che determinava una serie di valori condivisi sui quali era costruito il sistema politico. Tocqueville cercò di spiegare perché le rivoluzioni europee non erano state in grado di generare un sistema realmente democratico, capace di far convivere eguaglianza e libertà. Arrivò alla conclusione che gli europei, avendo sostituito il senso religioso con le chimere utopiche, avevano elaborato progetti di una società perfetta basata su presupposti indiscutibili. In poche parole erano stati vittime delle ideologie.
Tutto ciò aveva determinato una irreparabile frattura nella società civile europea incapace di confrontarsi, in una prospettiva basata sul principio di alternanza, tipica di un classico sistema bipolare. Per uscire da questa situazione che ancora oggi interessa gran parte del vecchio continente, si deve incoraggiare un sistema che eviti la frantumazione politica e nello stesso tempo evidenzi le differenze e cerchi di attenuare quelle ideologie che, malgrado la crisi di cui tutti parlano, sono ancora presenti nel nostro agone politico. Niente di meglio, quindi, di un sistema proporzionale con sbarramento. Un tale sistema facilita alleanze politiche più omogenee, riduce i piccolissimi partiti, evita il loro ricatto politico e isola i residui, non certo deboli, delle ideologie che distruggono un sano realismo politico.
Tutto questo deve essere accompagnato dal senso migliore della tradizione politica europea ed italiana in particolare: il recupero di quell’associazionismo e l’autonomismo locale sul quale si fonda, non solo il senso di responsabilità, presupposto di ogni libertà, ma anche una reale partecipazione politica che prepara la futura classe dirigente. Occorre, infatti, mettersi in testa che, nel fare politica, non ci si può improvvisare. Ci si deve formare in una palestra che non può certamente essere solo teorica. Infatti, anche se nessuno può negare il valore della teoria, va tenuto però sempre presente che è dal continuo rapporto con la “verità effettuale” che si verifica il valore di una politica e delle forze che la portano avanti.
*tratto da Il Riformista del 29.12.2007
Posta un commento