mercoledì 27 giugno 2007

Adesso Al Qaida si spacca tra le strade infuocate di Beirut

di Massimo Introvigne, Il Giornale, 27 giugno 2007

Dietro le quinte di quanto sta succedendo in Libano e in Palestina c’è uno scontro interno ad Al Qaida fra gli uomini di Bin Laden e quelli del suo vice egiziano Zawahiri. Ne sono convinti molti analisti statunitensi e israeliani, che ne trovano conferma nell’ultimo numero della pubblicazione clandestina di Al Qaida, L’eco del Jihad, dove è pubblicato un lungo articolo firmato dall’ideologo saudita Akram Hijazi dal titolo «Il confronto decisivo fra i salafiti jihadisti e i Fratelli Musulmani». Non solo Hijazi è vicinissimo a Osama Bin Laden, ma l’intelligence israeliana è a conoscenza di un nuovo video del numero uno di Al Qaida, che circola fra le cellule terroriste e sarà presto reso pubblico.
L’articolo di Hijazi risponde a una serie di comunicati di Zawahiri dove si afferma che, nonostante le divergenze, Al Qaida non prenderà mai le armi contro altre formazioni sunnite che combattono i «crociati» americani e gli «ebrei» israeliani. In concreto, Zawahiri invita i militanti di Al Qaida che cominciano ad avere una presenza consistente a Gaza a non attaccare Hamas, e i terroristi irakeni a risparmiare nei loro attentati i politici e le milizie sunnite vicine ai Fratelli musulmani, che pure collaborano con il governo di Bagdad. Zawahiri non è certamente per una linea morbida nei confronti dei Fratelli musulmani. Anzi, è l’autore di Cavalieri sotto la bandiera del Profeta, che resta un libro di riferimento per ogni «buon» militante di Al Qaida. Il testo denuncia come revisionista la linea scelta dai Fratelli musulmani, la casa madre del fondamentalismo internazionale che negli ultimi anni ha espresso dubbi e perplessità su forme spettacolari di jihad globale come quelle dell’11 settembre 2001, preferendo concentrarsi sugli scenari locali, dove opera con pragmatismo alternando la violenza alla partecipazione alle elezioni e alla vita parlamentare, come avviene in Irak o in Giordania. Zawahiri ha più volte criticato anche la branca palestinese dei Fratelli musulmani, Hamas. Ma non ha mai invitato a colpirla con gli attentati.
Ora Hijazi - cioè, sembrerebbe Osama bin Laden - prende una posizione più dura. Afferma che nei confronti dei Fratelli musulmani e delle loro derivazioni è finito il tempo della critica ideologica ed è iniziato quello delle condanne a morte. Queste, assicura, saranno eseguite nei confronti degli esponenti dei Fratelli che siedono nel parlamento di Bagdad, ma anche dei dirigenti di Hamas «che non sono meglio di quelli apostati di Fatah» e che secondo Hijazi si preparerebbero a proporre a Israele la cessazione o almeno una lunga tregua sul fronte degli attentati suicidi. Né agli occhi di Hijazi e dell’ala dura di Al Qaida trovano grazia i gruppi libanesi che non prendono sul serio l’appello - peraltro diffuso dallo stesso Zawahiri - a scatenare un attacco in armi contro le truppe dell’Unifil, che in effetti sta iniziando in questi giorni.
Non sfugge nell’articolo di Hijazi l’estrema cautela nei confronti degli Hezbollah. Se molti esponenti della cosiddetta seconda generazione di Al Qaida - che pure Bin Laden manovra contro Zawahiri - considerano tutti gli sciiti non musulmani, la cupola sa bene che senza l’Iran sciita e senza gli Hezbollah sciiti in Libano è difficile fare arrivare le armi ai terroristi, e quindi si astiene dall’attaccarli. Per vincere la partita contro la linea Zawahiri - e contro i Fratelli musulmani - Bin Laden ha però bisogno di attentati spettacolari. Il contingente italiano in Libano è avvertito.

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Giangiacomo

L'anima cattolica dell'Europa

Un libro di Hilaire Belloc
L'ANIMA CATTOLICA DE L'EUROPA (Europe and Faith)

Presentazione con parole dell'apologista: Io dico con intenzione la "coscienza" cattolica della storia: parlo di "coscienza", cioè di conoscenza intima raggiunta attraverso l'identità che l'intuizione lascia scorgere tra l'oggetto della conoscenza e chi conosce, non di un "punto di vista cattolico sulla storia". Questo indugiarsi su "punti di vista" è cosa moderna e perciò segno e manifestazione di decadenza; cosa falsa perciò effimera; errore quindi che eviterò con cura. Renderò pertanto un omaggio più reale alla verità dicendo che non vi è un "punto di vista" cattolico sulla storia europea. Vi può essere un punto di vista protestante come ve n'è uno ebraico, o mussulmano, o giapponese: perché tutti questi considerano l'Europa dal di fuori. Il cattolico invece guarda l'Europa dall'interno: non può esistere quindi un "punto di vista" cattolico della storia europea allo stesso modo che una persona non può avere un punto di vista su se stessa.

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Giangiacomo

martedì 26 giugno 2007

Sette imprese su dieci bocciano Prodi! ... non male!!

Oltre sette imprese italiane su dieci bocciano, a tredici mesi dall’insediamento, il governo Prodi. È un sondaggio-choc per l’esecutivo, quello pubblicato dal Sole 24 Ore: il mondo imprenditoriale, in larghissima maggioranza, mostra infatti grande sfiducia nel governo. Rispetto allo scorso febbraio il giudizio è peggiorato, con la percentuale di insoddisfatti che è cresciuta dal 60% al 73% del campione. Neppure il miglioramento del quadro economico viene attribuito dagli imprenditori al governo: sono infatti convinti che la ripresa sia merito di chi produce.
Fiducia nell’economia, sfiducia nel governo. È questo il mix di sentimenti che caratterizza il sondaggio Ipsos fra gli imprenditori. E tale è la sfiducia che, secondo l’81% degli intervistati, se si votasse oggi prevarrebbe il centrodestra. Soltanto quattro mesi fa, in febbraio, gli imprenditori orientati a votare il centrosinistra raggiungevano il 29%, contro il 42% favorevole al centrodestra e un 29% di incerti. Ora i numeri sono cambiati: i potenziali votanti del centrosinistra sono scesi al 21%, i favorevoli al centrodestra sono saliti al 61%, mentre gli indecisi è scesa al 19%. Un dato, rileva il sondaggio, omogeneo nelle diverse aree del Paese: anche in Toscana e in Emilia chi fa impresa voterebbe, in larghissima parte, per il centrodestra. In soli quattro mesi il 20% dei consensi si è spostato verso destra.
Il «voto» degli imprenditori alla politica economica del governo Prodi è molto negativo. Si salva la «lenzuolata» di liberalizzazioni bersaniane, che piace al 62% del campione, anche se sui taxi e sui servizi bancari la maggior parte degli intervistati non vede alcun segnale di miglioramento; e il 60% (una percentuale a dire la verità non molto elevata, trattandosi di una riduzione di tasse) reputa utile il cuneo fiscale. Ma per tutto il resto, i giudizi sono molto negativi. L’imputazione principale rivolta al governo è di non riuscire a prendere decisioni: non piace, ad esempio, l’esitazione mostrata dal governo su opere pubbliche fondamentali come la linea Tav Torino-Lione. Per la metà degli imprenditori l’esecutivo avrebbe dovuto andare avanti anche senza il consenso degli abitanti della Val di Susa. La bocciatura è, comunque, generale. C’è delusione per la lotta all’evasione fiscale, caratterizzata da grandi proclami e da scarsi risultati; c’è irritazione per i costi crescenti della politica, per l’insicurezza e la politica sull’immigrazione. Ma soprattutto le imprese italiane bocciano senza appello la politica fiscale messa in atto da Prodi e Visco: è negativa per il 78% del campione. Non solo. Il 60% degli imprenditori valuta in modo negativo anche il miglioramento della finanza pubblica, molto probabilmente per il fatto che è stato raggiunto agendo non sui tagli di spesa ma inasprendo il prelievo fiscale. Critiche diffuse, infine, all’apparato burocratico che frena le imprese, anzichè aiutarle. Solo sulle pensioni, l’esecutivo si salva visto che le imprese approvano il metodo della concertazione.
Il governo Prodi non riesce, dunque, a trarre profitto in termini di consenso dalla migliorata situazione economica. Trova consensi l’idea che la ripresa sia frutto esclusivo delle forze di mercato, e dei miglioramenti messi in atto dalle imprese in termini di investimenti, ammodernamento, produttività. «La ripresa siamo noi», dicono in sostanza gli imprenditori, un sentimento intercettato da Luca di Montezemolo nella sua relazione all’assemblea della Confindustria, che infatti è stata contestata dal governo e dalla maggioranza di centrosinistra. Gli imprenditori sono più critici verso il governo rispetto alla totalità dei cittadini, che pure mostrano umori assai negativi: il campione preso in considerazione nello stesso sondaggio Ipsos-Il Sole 24 Ore mostra un 55% che boccia in generale il governo del Professore, e un 63% di giudizi negativi sulla politica fiscale.
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Giangiacomo

lunedì 25 giugno 2007

Abisso tra aborto e 5 per mille

Due fatti recenti hanno messo in luce le capacità di iniziativa del mondo sociale italiano. Uno è il Family Day, di cui si è già molto parlato. L’altro è riportato dal Centro ricerche e documentazione economica e finanziaria. E’ stato rilevato che la netta maggioranza dei contribuenti italiani (15.854.201 su un totale di 26.391.595 dichiarazioni) ha devoluto il 5 per mille. In contesto le Onlus hanno fatto la parte del leone: le preferenze a loro favore sono state 9.418.595. Si può affermare che è stato un plebiscito a favore di una welfare society, e quindi di una sussidiarietà in atto, contro i rigurgiti e i pregiudizi ideologici a favore dello statalismo che permangono in molti editorialisti, politici, intellettuali.

Eppure, altri dati ci mostrano che i due fatti citati possono essere una sorta di fioritura senza radici, segno di una tensione verso una positività che non poggia spesso su una solidità umana speciale. Per esempio, i risultati di un’indagine presentata dalla Rete europea dell’Istituto di Politica familiare il 9 maggio scorso al Parlamento europeo, dicono che i matrimoni sono in enorme calo: il loro numero tra il 1980 e il 2005 nei 27 Paesi europei, è sceso del 22,3%. I divorzi e le separazioni sono cresciute del 55% fino a una media di uno ogni 30 secondi.
Dal 1980 al 2005 si contano 13.753.000 fallimenti matrimoniali con il coinvolgimento di 21 milioni di figli. Ancora, nel 2004 ci sono stati 1.235.517 aborti (uno ogni 25 secondi): l’aborto è diventato la principale causa di mortalità, ben al di là di incidenti stradali, infarti, tumori.

E l’Italia in queste graduatorie purtroppo spesso compare ai primi posti. Si potrebbe obiettare che questo riguarda gli “altri”. E’ una pura illusione: sia perché i dati sulla famiglia riguardano anche parte del popolo del Family day o del 5 per mille, sia soprattutto perché la storia e l’esperienza personali ci hanno insegnato a diffidare di quel manicheismo che fa sentire a posto perché attribuisce il male sempre e solo agli altri.

Non ci si può accontentare di motivazioni sociologiche, economiche, tanto meno politiche: c'è bisogno di una quotidiana "educazione del popolo", di esperienze vissute in maniera creativa in cui si riscopra il significato di rapporti tra persone e cose, dettato dal desiderio di dare risposte al bisogno di verità, bellezza, giustizia che alberga nel cuore dell'uomo.
C'è bisogno di opere che esprimano questo desiderio, di corpi sociali dove nascano forme di vita nuova per l'uomo.
Illudersi che possa esserci una consistenza che non si basi su questo lavoro educativo significa rifare gli errori commessi da chi, nella Prima Repubblica, ha pensato che l'impegno dei cattolici si esaurisse in forma partitiche, smettendo di educarsi e di costruire alla base della società.
L'appello "al più società meno stato", lanciato da don Giussani a partire dal discorso della Dc lombarda 20 anni fa, è oltre modo attuale.

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Giangiacomo

26 Giugno, giornata contro la droga

Martedì 26 giugno, in occasione della Giornata mondiale contro la droga, i giovani di Forza Italia hanno organizzato eventi di sensibilizzazione rivolti ai ragazzi e alle famiglie in ogni Regione del Paese.
A Roma, dalle ore 18.30 alle ore 23.00, si terrà un concerto a Piazza Farnese per dire no alla droga e all'abuso di alcol. Sarà una serata di festa durante la quale si alterneranno sul palco concerti di musica dal vivo, dj e testimonianze-interventi di sensibilizzazione di giovani delle comunità terapeutiche e di operatori di settore.

Ci racconta uno dei responsabili di Forza Italia Giovani in Piemonte: "Abbiamo deciso di mobilitarci nelle piazze italiane per una campagna dei giovani per i giovani contro la droga, perché riteniamo che il problema dell'uso e dell'abuso di sostanze e di alcol non sia affrontato nel nostro paese nel modo giusto, così come l'esponenziale crescita dell'uso di droghe non può più giustificare attendismi o sterili dibattiti culturali. Come giovani di Forza Italia chiediamo al Ministro Livia Turco e al Governo Prodi una strategia coerente, fatta di azioni concrete, per informare e aumentare la cultura della responsabilità tra i giovani. Rifiutiamo le misure schizofreniche proposte in questi ultimi mesi dal Governo, che non hanno fatto altro che aumentare la confusione tra i giovani. Il Governo Prodi ci deve dire chiaramente da che parte sta: se da quella dei giovani o da quella di vecchi politici che ancora vivono nei falsi miti degli anni'70 e che usano la bandiera della liberalizzazione delle droghe come un facile strumento di ricerca del consenso elettorale".

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Pezzotta, il politico senza famiglia

È il momento di Savino Pezzotta, l'ex segretario nazionale della Cisl e portavoce del Family Day. Un po' in tutta Italia nutriti gruppi di cattolici lo incontrano con curiosità e speranza. Tutti lo intervistano e, per spiegarsi più ampiamente, Pezzotta fa uscire un libro, I cattolici e la politica. Annuncia un movimento «parapolitico», che non dovrebbe essere un partito. Intanto, però, dice la sua su tutto, dalla riforma elettorale alla giustizia penale. Radio Radicale paventa la nascita di un «partito di Mussi dei cattolici». Sandro Bondi teme che qualcuno s'illuda che sia di nuovo possibile l'unità politica dei cattolici, che invece è definitivamente caduta insieme con il Muro di Berlino.

Che cosa vuole Pezzotta? Va chiesto anzitutto a lui, ma a partire da una seria riflessione sul Family Day. Con la giornata del 12 maggio è finita la pretesa di rappresentare il mondo cattolico italiano avanzata da quel cattolicesimo democratico che, ispirato dalle tesi di Dossetti (il cui più conseguente allievo oggi è Prodi), punta le sue carte sull'alleanza con la sinistra e pensa che si possano sacrificare i principi in tema di vita e di famiglia sull'altare di coalizioni giustificate in nome dell'equità sociale. La piazza del Family Day ha bocciato questa posizione.

A proposito della crisi dei cattolici democratici Pezzotta si trova in una posizione curiosa. Da una parte - e lo dice francamente - si sente un cattolico democratico: è questa, non altra, la sua storia e su tutta una serie di problemi economici, fiscali, sociali, internazionali sembra più vicino al centro-sinistra che al centro-destra. Dall'altra - e dopo l'eccellente lavoro per il Family Day non c'è ragione di dubitare che sia sincero - Pezzotta afferma di condividere la tesi di Benedetto XVI secondo cui la vita e la famiglia costituiscono priorità non negoziabili, così che non ci si può alleare - neppure in nome di principi condivisi in tema di economia o di giustizia sociale - con chi questi valori minaccia o nega. I cattolici democratici italiani guidati da Prodi hanno deciso di non seguire Benedetto XVI, sacrificando i valori non negoziabili della vita e della famiglia all'esigenza di tenere in piedi la coalizione con la sinistra. Pezzotta non li segue, e infatti invita a non entrare nel Partito democratico. Ma sembra che ritenga la scelta di considerare i temi etici secondari rispetto a quelli economici e sociali un errore occasionale di Prodi e dei suoi. Mentre è un vizio strutturale della dottrina cattolico-democratica.

Se Pezzotta è consapevole di questo vizio ideologico - non riformabile - del cattolicesimo democratico italiano, non può che operare per traghettare verso le sponde del centro-destra quei cattolici che hanno votato Prodi ma non vogliono entrare nel Partito democratico. Lo dica apertamente, e da questa parte gli daremo un caloroso benvenuto. Se invece pensa di tenere insieme cattolicesimo democratico e insegnamento del Papa sui principi etici, Pezzotta sbaglia: le due cose non possono stare insieme. E l'errore dottrinale diventerebbe errore politico, vana ricerca di una «terza via» fra centrodestra e centrosinistra che, come dimostrano tanti precedenti da Martinazzoli a Follini, non porta da nessuna parte e finisce per essere riassorbita dalle sinistre. In questo caso Pezzotta non sarebbe una risorsa, ma un problema. In un'Italia dove le terze vie sono morte da tempo, Pezzotta scelga: o con Prodi o con l'opposizione, o di qua o di là. Se ne gioveranno il mondo cattolico e il Paese.

Massimo Introvigne, Il Giornale, 25 Giugno 2007

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domenica 24 giugno 2007

Svelati i brogli delle elezioni politiche

Mi rendo conto che ormai ad un anno dalle elezioni, è assurdo riprendere un discorso usato e strausato, inflazionato e ormai poco credibile, ma...

Finalmente un libro serio e documentato!
Si tratta del libro "Nel segreto dell'urna. Un'analisi delle elezioni politiche del 2006", a cura del prof. Luca Ricolfi.
Ricolfi, professore universitario e studioso dichiaratamente di sinistra, fondatore della rivista di cultura politica Polena
, nel libro analizza i dati e spiega per esempio come i brogli avvengano a livello della singola sezione elettorale, dove solitamente è la sinistra ad avere la maggiore "abilità" in questo senso.
Intervista esclusiva di Ricolfi nei commenti.

Leggere Ricolfi è musica per le nostre orecchie e uno stimolo a continuare dentro e fuori dal Parlamento la battaglia per il riconteggio dei voti.


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Giangiacomo

sabato 23 giugno 2007

Dal "veltronismo" le elezioni anticipate?

L’investitura di Walter Veltroni come leader del Partito Democratico apre uno scenario che ci riporta al 1998. L’Unione, consapevole che Prodi e il suo governo li sta portando al disastro (e assieme alla sinistra al disastro sta portando l’intero Paese) punta a una rimozione del professore, utilizzando un "uomo nuovo", cioè l’ex segretario dei DS, l’ex vicepremier di Prodi, l’ex ministro dei beni culturali, attuale sindaco di Roma e, soprattutto, capace uomo di marketing, l’ideale, secondo loro, per rimuovere nella mente dei cittadini la negativa immagine di Prodi.

Veltroni leader del PD rende concreta la possibilità di elezioni nel 2008, come chiede Silvio Berlusconi, al massimo nel 2009. Infatti è difficile credere che il sindaco di Roma voglia esser cotto a fuoco lento assieme al governo Prodi, vanificando ogni residua speranza di poter recuperare una situazione che vede la sinistra in forte minoranza tra gli elettori. Per questo motivo sotto il veltronismo non c’è solo capacità di marketing e pessima amministrazione di Roma, appoggio della stampa "che conta" e inconsistenza di un uomo politico del quale non si sa che posizione abbia su nessuno dei grandi temi, economici, politici e morali, della nostra epoca. Sotto il veltronismo c’è molto di più: la possibilità di mettere fine al governo Prodi, di ridare la parola agli elettori e di sbloccare le istituzioni e la vita economica e sociale del nostro paese.


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Che cosa è la politica?

Un bambino domanda al padre
"Papà, che cos‘è la politica?"

Il padre risponde:
"Io porto i soldi a casa, per cui sono il Capitalismo;
Tua madre gestisce il denaro, quindi è il Governo;
Il nonno controlla che tutto sia regolare, per cui è il Sindacato;
La nostra cameriera è la Classe operaia;
Noi tutti ci preoccupiamo solo che tu stia bene. Perciò tu sei il Popolo.

E il tuo fratellino, che porta ancora i pannolini, è il Futuro".

"Hai capito figlio mio?"
Il piccolo ci pensa su e dice a suo padre che vuole dormirci sopra una notte.

Nella notte il bambino viene svegliato dal fratellino che piange perchè ha sporcato il pannolino.
Visto che non sa cosa fare, va nella camera dei suoi genitori.
Lì c‘è sua madre che dorme profondamente e lui non riesce a svegliarla.
Così va in camera della cameriera, dove trova suo padre che se la spassa con lei, mentre il nonno sbircia dalla finestra!!!!
Tutti sono così occupati che non si accorgono della presenza del bambino.
Perciò il piccolo decide di tornare a dormire.


Il mattino dopo il padre gli chiede se ora sa spiegargli in poche parole che cosa sia la politica.
"Sì" risponde il figlio.

Il capitalismo approfitta della classe operaia
Il sindacato sta a guardare

Nel frattempo il governo dorme
Il popolo viene completamente ignorato
E il futuro è nella merda!

Questa è la politica!


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Giangiacomo

How to save a life

Il nick su MSN di una "certa" persona mi ha fatto incuriosire e così sono andato a scoprire il gruppo (The Fray) e il testo della loro canzone del momento.
Leggendolo, mi è sovvenuto immediatamente un episodio della scorsa settimana, in un cortile di una cascina di campagna, proprio con questa "certa" persona...

How To Save A Life (lyrics) - The Fray

Step one you say we need to talk
He walks you say sit down it's just a talk
He smiles politely back at you
You stare politely right on through
Some sort of window to your right
As he goes left and you stay right
Between the lines of fear and blame
And you begin to wonder why you came

Where did I go wrong, I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life

Let him know that you know best
Cause after all you do know best
Try to slip past his defense
Without granting innocence
Lay down a list of what is wrong
The things you've told him all along
And pray to God he hears you
And pray to God he hears you

Where did I go wrong, I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life

As he begins to raise his voice
You lower yours and grant him one last choice
Drive until you lose the road
Or break with the ones you've followed
He will do one of two things
He will admit to everything
Or he'll say he's just not the same
And you'll begin to wonder why you came

Where did I go wrong, I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life

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giovedì 21 giugno 2007

Italia: scene da una dittatura...

De Gennaro dopo Speciale...

Intercettazioni che appaiono e scompaiono
Articoli di giornali che screditano una parte politica, un certo settore economico a scapito di un altro fedele e vicino al potere e al partito democratico
Perquisizioni in casa del Capo di Stato della Finanza mentre questi era in altro luogo
Il Capo della Polizia sostituito e sfiduciato a pochi giorni dalle naturali dimissioni

che sceneggiatura!
che spettacolo osceno!!

valutate voi...

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Giangiacomo

L’Europa ha voglia di destra

Un bilancio delle elezioni di due Paesi di lingua francese può cominciare, una volta tanto, con un neologismo spagnolo: «derechisacion».
L’ha coniato, un paio di mesi fa, un giornalista del quotidiano madrileno El Pais, come titolo dell’analisi di un politologo specializzato in «tendenze».
In italiano lo si può tradurre soltanto, credo, con un neologismo ancora più brutto, «destrizzazione», ma descrive con sufficiente esattezza la direzione in cui muovono quasi tutti i Paesi europei in un momento particolarmente delicato per il Vecchio Continente. L’esempio più fresco e più noto è senz’altro quello della Francia, confermato dalle elezioni di ieri per l’Assemblea Nazionale, che hanno ribadito il successo dell’Ump, ultima sigla in un lungo elenco che accompagna da più di sessant’anni gli sviluppi e la capacità di adattamento di quello che Oltralpe si chiama ancora gollismo.
Il risultato ha confermato il successo di Nicolas Sarkozy nella gara per l’Eliseo di sei settimane fa e ha «corretto» le indicazioni di due settimane fa, quelle del primo turno delle legislative. Fedeli e sostenitori di Sarkozy hanno ottenuto una chiara maggioranza, non il plebiscito che sondaggi e opinione unanime avevano indotto qualcuno ad attendersi.
La Francia resta un Paese bipartitico, i socialisti si sono ripresi dalla depressione seguita alla sconfitta di Ségolène Royal, sono crollati i comunisti fino a perdere il diritto a formare un loro gruppo parlamentare. Fra le prime conseguenze ipotizzate c’è una «depersonalizzazione della politica francese», uno spostamento di interesse dal «culto» del nuovo inquilino dell’Eliseo alla solidità di impianto della sua parte politica, che gli assicura una maggioranza parlamentare per le riforme che egli si è impegnato a fare.
Ma la tendenza in un contesto europeo, che è quello che qui ci interessa, è non solo confermata, ma anche resa più comprensibile e più «traducibile» negli altri linguaggi politici.La costellazione di forze alla Camera di Parigi, per esempio, è più evidentemente simile a quella creatasi in seguito a un risultato elettorale molto meno seguito all’estero, ma che è invece molto indicativo: la perdita della maggioranza in Belgio da parte della coalizione di centrosinistra (o social-liberale) che la deteneva da un decennio e uno spostamento a destra che consentirà, anzi imporrà il passaggio del timone al partito classico dei moderati di Bruxelles, i cristiano-sociali.
Insomma, il centrodestra. Forse con la partecipazione dei socialisti nel ruolo di junior partner: di nuovo una conferma, perché è quello che è successo in Germania. Risultati analoghi si sono segnalati negli ultimi mesi quasi ovunque nel nostro continente, non soltanto in quella «nuova Europa» che è uscita o sta uscendo dai postumi della tremenda esperienza del comunismo sovietico e neppure unicamente nei Paesi in cui la destra o il centrodestra hanno prevalso.
Quello che è quasi assente nella geografia politica paneuropea è una convincente indicazione a sinistra. Come italiani conosciamo bene i limiti della microvittoria di Romano Prodi e dell’asmatica coalizione che egli da poco più di un anno guida o incolla.
Ma anche in Spagna Zapatero ha dovuto incassare gravi delusioni negli ultimi mesi e il suo Partito socialista viene ridimensionato rispetto al «picco» del 2004, il tempo di una sua vittoria a sorpresa unicamente dovuta alla disapprovazione per la guerra americana in Irak e allo choc per la strage perpetrata a Madrid dai sicari di Al Qaida.
Ricordiamo che anche Gerhard Schröder deve il «regalo» del suo secondo quadriennio a un voto anti-Bush; ma in Germania, in Spagna, in Francia è passato il tempo in cui si potevano evadere i temi centrali dell’economia e della politica e montare intere campagne elettorali e di opinione pubblica sulla impopolarità personale di un presidente Usa.
L’Europa si sta avvicinando a un bivio, uno dei tanti della sua lunga storia. Forse vi è già entrata. Forse non ha ancora trovato una risposta a tutto.
Ma sta imparando che la strada da battere, da tentare è opposta a quella confusamente indicata dalla sinistra. La «destrizzazione» è questo. Niente di più, ma anche niente di meno.


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Giangiacomo

mercoledì 20 giugno 2007

La strana morale sessuale nell’intransigente Iran

Chi ha letto i quotidiani in questi giorni sarà rimasto colpito dal contrasto fra il Gay pride di Roma e la stretta decisa dagli ayatollah iraniani in materia sessuale. Il Consiglio dei Guardiani - una sorte di Corte costituzionale - ha chiesto che sia applicata la legge che per gli omosessuali prevede la fustigazione, il carcere e, in caso di recidiva, la condanna a morte.
Il Parlamento di Teheran ha anche votato una legge che punisce registi e attori di film porno con la pena capitale; un’attrice è già stata lapidata. La legge tra l’altro è retroattiva, e minaccia dive iraniane per peccati di gioventù.
In una trasmissione radiofonica qualcuno, disturbato dalle immagini del Gay pride, mi ha suggerito che forse in Iran non hanno tutti i torti: «ha da venì l’ayatollah» insomma, versione aggiornata, ma non meno ingenua, dell’antico «ha da venì Baffone». Non è così: e non solo perché la nostra morale cattolica distingue fra peccato e peccatore, rifiuta l’istituzionalizzazione del legame gay, ma rispetta la persona dell’omosessuale. Ma perché le posizioni iraniane vanno considerate nel loro contesto, dove la tutela della moralità lascia parecchio a desiderare. Gli ayatollah, anzitutto, rimangono affezionati alla pratica sciita del «matrimonio temporaneo» (che non esiste nell’islam sunnita). Chi non ha raggiunto il numero coranico di quattro mogli può sposare una donna anche per un’ora; se in quell’ora ha rapporti con lei né viola i precetti dell’islam né commette peccato. È evidente che questo può essere un sistema per legalizzare la prostituzione. Di qui nasce la controversia fra le istituzioni internazionali e l’Iran sul tema. Secondo statistiche indipendenti l’Iran è fra i primi dieci paesi dell’Asia per numero di prostitute, mentre per Teheran la prostituzione è quasi inesistente.
Ma c’è di peggio. Il Consiglio dei Guardiani continua a respingere qualunque proposta di rivedere le leggi che autorizzano il matrimonio per le bambine a partire dall’età di nove anni. Alcune delle cosiddette «femministe islamiche» che si battono contro questa pratica sono state incarcerate. Secondo i manuali medici internazionali i rapporti con bambine sotto gli undici anni sono, tecnicamente, pedofilia. In Iran è del tutto legale, sulla base della tradizione secondo cui lo stesso profeta Muhammad sposò la moglie Aisha in giovane età.
Per alcune «femministe islamiche» Aisha aveva sedici anni, secondo altre interpretazioni ne aveva meno. Ma, al di là delle controversie storiche, gli ayatollah sono rigidissimi sulla lettera della tradizione. Le organizzazioni femminili denunciano l’alto tasso di suicidi fra le spose bambine. Ma è tutto inutile. Se è certo legittimo criticare i peccati dell’Occidente, chi pensa che in paesi come l’Iran la morale sia meglio tutelata dovrebbe cominciare a chiedersi di quale morale esattamente si tratti.


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lunedì 18 giugno 2007

Orrore a Bologna! Santoro ha divelto i muri della buona condotta e ora...

Rischia di passare alla storia come di uno degli eventi di cui si è più parlato, anche se nessuno lo ha visto. Ma sullo spettacolo «La Madonna piange sperma», che doveva andare in scena il prossimo 29 giugno negli spazi di Vicolo Bolognetti, sede del quartiere San Vitale di Bologna, è già calato il sipario. La decisione è stata presa sulla scia delle furiose polemiche scatenate dalla programmazione della rappresentazione, per molti (spero tutti!!) considerata blasfema.
Dopo le critiche della Curia, della Cdl e persino dell'assessore alla Cultura, Angelo Guglielmi, anche il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, ha bocciato l'evento, promosso dall'associazione gay «Carni scelte». Cofferati ha parlato di «inaccettabile volgarità che offende credenti e non credenti». (dobbiamo pensare che Cofferati si sia convertito sulla via di Damasco o si sia soltanto reso conto di un nuovo rispetto verso il prossimo??).
Alla fine è arrivato anche la «revoca del patrocinio» - all’intera manifestazione - da parte del ministero delle Politiche giovanili e dello Sport, guidato da Giovanna Melandri (bella, ma stupida!). Non era previsto, come ha spiegato il ministero, «l'erogazione di alcun contributo». Il patrocinio era stato concesso, recita la nota ufficiale, «sulla base di un programma che non conteneva alcun riferimento all'iniziativa che ha innescato le proteste e le discussioni delle ultime ore».


Ora cari amici,
- potremmo forse procedere in sede legale e, impugnando il codice penale art. 403, così come l'On. Gargagnani vorrebbe procedere, potremmo accusarli di vilipendio;
- potremmo chiedere le dimissioni del Ministro Melandri (bella, ma stupida!), come consiglia Roberto Calderoli: «Anche solo a leggere la frase la Madonna piange sperma ti viene subito la pelle d’oca e ti si stringe lo stomaco. Ma adesso tutti coloro che si sono macchiati di una simile vergogna, compresi coloro che hanno dato il patrocinio, dimostrino un minimo di dignità e coraggio e, dal ministro Melandri fino agli assessori regionali e comunali competenti, si dimettano subito. Io mi sono dimesso per una maglietta, che tra l’altro nessuno ha visto, riportante Maometto sorridente seduto su una nuvoletta. Chi ha ideato o ha dato il patrocinio ad uno spettacolo del genere non può non fare altrettanto e forse - conclude Calderoli - dovrebbe dire anche qualche preghiera per salvarsi l’anima...»;
- potremmo chiedere le dimissioni dello staff della Melandri: un patrocinio per una manifestazione del genere sarebbe stato consono chiederlo al Ministero per i Beni culturali (Rutelli! la Melandri era il ministro della cultura nel primo governo Prodi!!), ma un patrocinio richiesto e accordato dal Ministero dello Sport e Politiche Giovanili... non si capisce proprio! magari il primo Ministero l'aveva negato e hanno chiesto al secondo per affinità?!? e certo che se non accontenti gli omosessuali, di questi tempi, è facile beccarsi immediatamente denunce di razzismo, ecc
- potremmo raccoglierci in preghiera come la comunità diocesana bolognese ha deciso, celebrando una Santa Messa, alle 18,30, nel Santuario della Madonna di San Luca;
- potremmo organizzare e pensare ad altri milioni di strumenti e azioni, ma la questione è sempre la solita:

EDUCAZIONE EDUCAZIONE EDUCAZIONE

ogni giorno che passa non posso che pensare, così come già aveva indicato un sacerdote di Milano, mancato 2 anni fa, che la battaglia principale a cui mi sento chiamare è quella dell'educazione.
Non vorrei sembrare troppo saccente o primo della classe, ma mi sento chiamato ad un'educazione a partire dai miei familiari, amici, rapporti, colleghi di lavoro.
O qui si cambia o qui si cambia!

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Giangiacomo

L'essenza diessina è il compromesso tra potere e società

La questione comunista non si è chiusa con la fine dell'impero sovietico (...purtroppo...) !
Come alternativa alla libertà, il comunismo non è finito. In esso vive l'odio alla civiltà cristiana e occidentale, e quindi alla Chiesa cattolica come radice storica di essa, in moltissime forme, spesso dissimulate. Il comunismo non è in essenza la proprietà collettiva dei beni materiali, è la collettivizzazione dell'uomo spirituale in antitesi al filone fondamentale dell'incivilimento umano, che è appunto quello cristiano e occidentale. La fine dell'Unione Sovietica ha reso possibile una linea di alternativa all'Occidente che può essere oggi automotivata, senza dover fare i conti con la struttura unica del grande impero russo: e può così produrre molteplici linguaggi e molteplici modelli. Il postcomunismo è quindi un fenomeno mondiale. Anche la situazione italiana può essere analizzata con la categoria del postcomunismo. Si può cioè sostenere che la politica italiana è stata dominata all'interno dal postcomunismo sin dalla crisi dell'89, quando cadde il muro di Berlino. Quando si obbietta a Berlusconi che parlare di comunismo in Italia oggi è un non senso, si pensa al comunismo sovietico. E ciò fa parte del linguaggio «politicamente corretto» in Italia, ma proprio così si dimentica un'altra tesi del «politicamente corretto»: che cioè il Pci fu cosa diversa dal partito sovietico e sviluppò, all'interno della famiglia comunista, un esito che non poteva non essere democratico in obbedienza agli accordi di Yalta tra russi e americani.
Il modello comunista italiano, in fedeltà alla direttiva sovietica, si sviluppò all'interno della zona occidentale. Se mantenne a lungo il carattere di quinta colonna del potere militare sovietico, unì al tempo stesso la capacità di stabilire compromessi con tutti i poteri sociali, economici e politici in Italia, raggiungendo con essi un concordato che non comportasse alcun mutamento in quei poteri, ma solo la delega alla cultura e alla politica comunista di rappresentarli. Così avvenne nella cultura, nell'università, nella magistratura, nella burocrazia, nella Chiesa. Diversamente da un partito socialdemocratico, il comunismo italiano non puntò su una riforma ma su un compromesso. Il punto di riferimento non erano la classe operaia o gli interessi sociali, ma il rapporto di ogni organizzazione e potere nel paese con il Pci. Quello che il Pci aveva imparato dalla lezione leninista e lo differenziava da un partito socialdemocratico, era che il tema essenziale non era il governo e il programma, ma il potere e il partito. È con questa linea che si spiega come storia unitaria il Novecento italiano della Repubblica,in cui l'elemento comunista fu la principale forza agente. Tra il '92 e il '94 vi fu il tentativo del «golpe bianco» mediante l'eliminazione del Psi e dei partiti democratici di governo. Berlusconi impedì che l'operazione avvenisse ma ciò non ha tolto il fatto che il gruppo dirigente comunista si sia costituito in un solo partito, il Ds, in cui viveva il concetto che la presa del potere e il controllo della società attorno al partito sia il tema essenziale. È quello che veniva chiamato il ‘leninismo debole' e che è tuttora l'essenza del Ds.

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Giangiacomo

Cari progressisti, com'è che i pedofili vi fanno schifo?

Cari progressisti e libertari, com'è che i pedofili vi fanno schifo?

Invettiva contro i moralisti teorici dell'amoralità di Francesco Agnoli

E allora parliamo di pedofilia! Visto che i sostenitori dell'eugenetica, i fautori dell'aborto, i paladini delle mamme-nonne, degli ibridi e delle chimere, della poligamia come "fatto biologico", si scandalizzano, sbuffano e si sbracciano contro i pedofili ecclesiastici.
Sì, tra gli uomini di chiesa, vi sono dei pedofili, e anche dei briganti, dei ladri, dei bugiardi, dei simoniaci. Tutta gente che Dante metterebbe all'Inferno. Tutta gente che a mio parere passerà davanti, in Paradiso, a Santoro, Augias, Odifreddi e a tanti altri."Ladri e prostitute - ha detto Gesù - vi precederanno nel Regno dei Cieli". Noi cattolici lo sappiamo, di essere peccatori, temiamo l'inferno, ci confessiamo e ci battiamo il petto. Però viva ladri e prostitute, viva i pedofili, quelli che lo fanno di nascosto, che se ne vergognano, e che poi,giustamente, pagano. Meglio loro, nel segreto delle loro stanze, nel putridume del loro cuore, nell'abominio del loro segreto vizio,degli intellettuali progressisti e farisei che negano per iscritto il diritto naturale, che avversano il matrimonio dalleloro cattedre ben pagate, che esaltano ogni tipo di libertinaggio, per divenire improvvisamente acidi moralisti. In nome di cosa condannano la pedofilia? I greci non erano spesso pedofili? Il relativismo culturale non è necessario, per essere al passo coi tempi? La morale naturale non è una invenzione della chiesa? Se i sensi sono cinque, perché non possono diventare sei? Se il bambino è un "perverso polimorfo", perché non può da subito soddisfare i suoi istinti? Se l'incesto non è contro natura, come sostiene Dacia Maraini, sulla scia di filosofi illuministi che lopraticavano persino con i figli, in base a cosa, per Dio, la pedofiliasarebbe cattiva? Non ci avete insegnato questo, in tanti anni? Non ci avete detto, a partire dal 1968, che l'unica regola è che non ci sono regole, che è "vietato vietare"? Non avete clamorosamente taciuto di fronte alla nascita del partito pedofilo in Olanda? Perché diventate ora, a un tratto, così reazionari, bigotti, oscurantisti? Suvvia riscoprite altre radici, riabbracciate un passato più laico. La chiesa non può vantare, tra le sue file, teorici della pedofilia, il pensiero progressista sì. Ricordate la rivoluzione del 1968? Ricordate Gerd Koenen? Scriveva: "Negli asili> infantili più radicali leattività sessuali divennero parte integrante dei giochi". In quegli stessi anni Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Michel Foucault, Jack Lang, futuro ministro francese, firmarono una petizione in cui si reclamava la legalizzazione dei rapporti sessuali coi minori. Daniel Cohn-Bendit, capogruppo dei Verdi a Bruxelles, raccontò addirittura di avere sperimentato> e favorito lapedofilia e il sesso coi minori a scuola, come insegnante. Oggi Aldo Busi, forse il più venduto autore omosessuale italiano, spesso ospite di programmi televisivi e radiofonici,candidato nelle liste radicali, scrive: "E' probabile che nella mia> omosessualità ci sia una forma di attrazione non verso i maschi, ma verso l'odio che mi suscitano tutti gli uomini, odio che il fare sesso con loro non fa che aumentare.". Dopo di che spiega che l'età per rapporti omosessuali che lui ritiene lecita è a partire dai tredici anni, in quanto a questa età un ragazzo, secondo lui, sarebbe adulto, e libero di decidere di avere rapporti con un altro uomo ("Manuale per ilperfetto papà", Mondadori). Il grande Nichi Vendola, governatore della Puglia, in una intervista del 1985 a Repubblica affermava: "Non èfacile affrontare un tema come quello della pedofilia adesempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una lorosessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti, e trattarne con chi la sessualità l'ha vista sempre in funzione della famiglia.". Caro Santoro, facci vedere il filmato ciofeca sui preti pedofili, dicci che è tutto vero, e spiegaci quello che pensi:che per una volta sei d'accordo con la chiesa, che si è finalmente aperta, che è divenuta comprensiva. e spiega ai cattoliciprogressisti che, per fortuna, i preti non sono tutti come Ruini e Bagnasco. Poi tornatene a Strasburgo, dove ti eri fatto eleggere.
(C) Il Foglio, 26 Maggio 2007

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Giangiacomo

domenica 17 giugno 2007

Che Italietta!

In questi giorni non puoi che riconoscere che popolo siamo... un paese di sciocchi, buontemponi e co...ioni!

Si affronta la questione "tesoretto" e del DPEF in un clima disteso?? figurati! la sinistra estrema vuole aiutare i finti poveri, qualcuno vuole aumentare le pensioni, ma le stramaledette riforme che Fassino e Rutelli spingono vengono continuamente bloccate! e ovviamente l'Italia ne avrebbe un forte bisogno!

Passano le liberalizzazioni alla Camera, ma ovviamente le lobby si fanno sentire e il decreto si annacqua!!

La situazione più clamorosa sono le intercettazioni.
Cosa è successo alla magistratura di Milano?? E' cambiato il vento? I garantisti dove sono?
E D'Alema, preso con le mani in pasta più che mai, sentenzia da giudice del mondo, sopra tutti e tutto, che qualcuno pagherà per ciò che è successo??
Mi sembra che lui sia ministro degli esteri e non della giustizia!
Mi viene da pensare ad un messaggio per non so chi inviato tramite ansa per seppellire tutto...
Ma chi si crede di essere?? Come si permette un ministro della repubblica, della mia repubblica a minacciare pubblicamente qualcuno???????

Infine a destra... è un disastro!
nessuno riesce a prendere in mano la situazione, nessuno che riesca a ripartire, nessuno che proponga una nuova idea, così come quella proposta nel 1994 da Berlusconi. un'idea che raccogliesse il popolo e le sue esigenze. nessuno che riesca ad inquadrare contenuti vincenti e sentiti, ma solo slogan e attacchi alla parte opposta.

L'Italia, l'Italietta va in pezzi... Proviamo a costruire per favore!!!
Io sono a disposizione.

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Giangiacomo

Regione Piemonte - disegno di legge per la famiglia

La Regione Piemonte, regione unica in Italia, nonostante un governatore (meglio dire Governatrice, altrimenti si arrabbia... poveretta, è isterica!) rosso e ateo, grazie ad un'opposizione serrata, sopratutto dell'amico Giampiero Leo, ha formulato un disegno di legge per la promozione della famiglia.
I firmatari appartengono a schieramenti opposti, alcuni anche della Margherita...

Relazione alla Proposta di legge regionale n. 302

Proposta di legge regionale n. 302 - promozione della famiglia

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Giangiacomo

C’era una volta la superiorità morale dei DS

La pubblicazione delle intercettazioni telefoniche tra Fassino, D’Alema, Consorte, Ricucci ha portato lo scompiglio in una Unione già allo sbando dopo la sconfitta alle elezioni e il caso Visco-Speciale.
Da un punto di vista politico quelle telefonate dimostrano con chiarezza almeno due cose:
a) La sedicente e autoproclamata superiorità e diversità morale degli eredi di Berlinguer è una favola, buona solo per imbonire i militanti;
b) Sono i DS il vero partito-azienda, come dimostra l’intreccio di politica e affari tra partito, Unipol, cooperative, ecc. che ancora una volta viene confermato da questa vicenda.

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Giangiacomo

Le intercettazioni sul caso Unipol

Depositata la perizia sulle 73 telefonate che riguardano i politici, tra cui i vertici dei Ds. Consultabile solo dagli avvocati, è già pubblica. Vi propongo oggi la parte, pubblicata da 'Il Giornale' il 12 giugno, e relativa al colloquio del 14 luglio 2005 tra D'Alema e l'ex capo di Unipol Consorte.

"Piero, grazie per l'aiuto..." (pubblicata nei commenti)

La telefonata tra D'Alema e Consorte
D’Alema. Lei è quello di cui parlano tutti i giornali?Consorte. Guardi, la mia più grande s... io volevo passare inosservato ma non riesco a farcela.D’Alema. Eh... inosservato, sì!Consorte. Massimo, ti giuro, il mestiere che faccio io più si passa inosservati e meglio è... niente Massimo, sto provando a farcela... Con l’ingegnere abbiamo chiuso l’accordo questa sera.D’Alema. Ah!Consorte. Nel senso che loro ci danno tutto. Adesso mi manca un passaggio importante e fondamentale. Sto riunendo i cooperatori perché sono tutti gasati... Gli ho detto, però, dovete darmi i soldi, non è che potete solo incoraggiarmi.D’Alema. Di quanti hai bisogno ancora?Consorte. Di qualche centinaio di milioni di euro.D’Alema. E dopo ce la fate da soli?Consorte. Sì, sì.D’Alema. Tutto da soli.Consorte. Sì, Unipol, cinque banche, quattro popolari e una banca svizzera.D’Alema. Ah, ah.Consorte. E... eh... (parola incomprensibile) lì poi andiamo avanti. Ah no! C’è Hopa, anche Hopa che lo fa. E andiamo avanti, facciamo tutto noi. Avremo il 70% di Bnl.D’Alema. Ho capito.Consorte. Secondo te Massimo ci possono rompere i c... a quel punto?D’Alema. No, no, no. Sì, qualcuno storcerà il naso, diranno che tu sei amico di Gnutti e Fiorani.

La conversazione del 5 luglio 2005
Fassino. Gli... gli altri cosa fa? Perché mi ha chiamato Abete. Consorte. Sì.Fassino. Chiedendomi di vederci, non mi ha spiegato, cioè voglio parlarti, parlarti a voce, a voce, viene tra un po’.Consorte. Uhm. Fassino. Su quel fronte lì cosa succede?Consorte. Mah, guarda, su quel fronte lì... eh noi con... però tu... ma questa... eh...non gliela devi dire a lui...Fassino. Ma io non gli dico niente, voglio sapere, voglio solo avere elementi utili per il colloquio.Consorte. No, no, no. No, no. Ti sto infatti...Fassino. Sto abbottonatissimo.Consorte. Eh. No, ma ti dico anche quello che puoi dire e non dire, solo questo.Fassino. Ecco meglio così. Dimmi tu.Consorte. Noi, sostanzialmente con gli spagnoli un accordo l’abbiamo raggiunto.Fassino. Sì. Consorte. Anzi, non sostanzialmente ma di fatto proprio, concreto. Uhm! Naturalmente ci siamo riservati di sentire i nostri organi. (..)Fassino. Ma sarebbe un accordo che si configurerebbe come? Consorte. L’accordo si configura che noi aderiamo alla loroOps (Offerta pubblica di scambio, ndr)...Fassino. Eh. Consorte. Loro ci danno il controllo di Bnl Vita.

Il leader Ds: "A Montezemolo ho detto: ora basta, se volete la guerra l'avrete" (pubblicata nei commenti)

"Ho parlato con Consob, sono tranquilli, va bene"
(...) Fassino. Ho visto che mi avevi cercato, ma ero occupato...Consorte. Si perché oggi è stata una giornata... E lo sapevano perché so che sei andato anche alla manifestazione lì a Roma.Fassino. Com’è andata?Consorte. Ma è andata bene oggi ho incontrato Cardia con tutti lì i dirigenti della Consob e io gli ho spiegato quello che vogliamo fare. Gli ho detto che diciamo ci sono i presupposti per un accordo e che poi... ci stiamo orientando, anche se non c’è una decisione, a fare una contro Opa cash. Loro molto tranquilli contenti. Mi hanno detto va bene.Fassino. Scusa, domanda domanda da profano.Consorte. Sì.Fassino. Il ratios l’avete guardato ovviamente. Siamo tranquilli su quel fronte lì?Consorte. Il... scusa?Fassino. Il ratios.Consorte. Sì, sì, sì.Fassino. Siamo tranquilli.Consorte. Ah, ma noi lanciamo quando abbiamo in mano il 51.Fassino. Mmm.Consorte. Eh se no non lo facciamo, Piero. Noi abbiamo già in mano il 51. Per cui se ci danno 0 o 49 diciamo... Dovrei augurarmi che mi danno il meno possibile perché sborso meno soldi.Fassino. Ho capito.Consorte. Capito?Fassino. Va bene.Consorte. Se no non ci saremmo sbilanciati. Quindi, noi diciamo lunedì siamo a Roma caso mai facciamo un salto. Se sei libero ti veniamo a trovare.Fassino. Lunedì ci sono, ci sono anche lunedì.Consorte. Perfetto, allora lunedì ti veniamo a trovare.Fassino. Fino a un certo punto, quando avete un attimo...Consorte. Sicuramente, sicuramente. Grazie di tutto.Fassino. No, niente, speriamo di andare in porto.Consorte. Eh oh, Piero, ce la stiamo mettendo tutta.Fassino. Siamo in piena guerra. Poi bisogna che parliamo perché siamo in piena guerra con Siena Siena.Consorte. Ah Siena è un casino eh Piero, veramente. Io ‘sta gente veramente...Fassino. Ieri è scoppiato un casino, sull’intervista hanno scatenato un casino. Ma qui siamo in piena guerra.Consorte. Ma cosa vogliono? Cioè...Fassino. Ma non lo so. Bisogna ragionare perché...Consorte. Cioè sono...Fassino. Bisogna passare al contrattacco.Consorte. Sì, perché sono agitati, ma noi non stiamo facendo niente.Fassino ridacchia.Consorte. È una roba veramente incomprensibile.Fassino. Veramente incomprensibile. Vabbè.

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Giangiacomo

venerdì 15 giugno 2007

SALVIAMO I CRISTIANI - Appello di Magdi Allam

Per aderire all'appello di Magdi Allam basta scrivere a salviamoicristiani@gmail.com
Aderite e diffondete!!!

"La grande persecuzione dei cristiani nel mondo arabo"
Salviamo i cristiani del Medio Oriente. Stiamo assistendo in modo pavidamente e irresponsabilmente inaccettabile alla persecuzione e all'esodo massiccio di centinaia di migliaia di cristiani che sono i veri autoctoni della regione.
Alla vigilia della conquista araba e islamica nel settimo secolo, i cristiani costituivano il 95% della popolazione della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo. Oggi, con 12 milioni di fedeli, sono precipitati a meno del 6% e si prevede che nel 2020 si dimezzeranno ancora.
Dalla prima guerra mondiale circa 10 milioni di cristiani sono stati costretti a emigrare. Una fuga simile alla cacciata degli ebrei sefarditi che, da un milione prima della nascita dello Stato di Israele, si sono assottigliati a 5 mila. Si tratta della prova più eloquente della tragedia umana e dell'imbarbarimento civile in cui è precipitato il mondo arabo musulmano, in preda al fanatismo ideologico degli estremisti islamici e all'intolleranza religiosa delle dittature al potere.
Il caso più grave è quello che colpisce i cristiani in Iraq. Da circa un milione e mezzo prima dell'inizio della guerra scatenata da Bush il 20 marzo 2003, si sono ridotti a circa 25 mila. Un «accorato appello» per la «preoccupante situazione in Iraq» e per le «critiche condizioni in cui si trovano le comunità cristiane», era stato lanciato dal papa Benedetto XVI nel corso del suo incontro con Bush sabato scorso. Proprio ieri, in una dichiarazione raccolta da Avvenire, il vescovo ausiliare di Bagdad, monsignor Shlemon Warduni, ha alzato il tiro denunciando che anche «i cristiani non stanno facendo nulla mentre qui si muore si viene rapiti costretti a convertirsi all'islam o a pagare per ottenere protezione, a cedere le proprie figlie a dei delinquenti per evitare ritorsioni o a fuggire lasciando tutto il lavoro di una vita. Dagli Usa e dall'Europa solo silenzio». Dal canto suo il nunzio apostolico in Iraq e Giordania fino al 2006, monsignor Fernando Filoni da poco nominato sostituto Segretario di Stato del Vaticano, in un'intervista a Tracce si era detto pessimista: «Fin quando durano la guerriglia e gli attentati c'è poco da fare. Solo la pace potrà riportare la speranza». Lo scorso maggio sul sito
http://iraqichristians.ne/petitionir.php era stato lanciato un vibrante appello alla comunità internazionale per porre fine alla «più feroce campagna di assassni, sequestri, esproprio di beni e case, cacciata e dispersione, liquidazione dei diritti religiosi e civili da parte di gruppi estremisti religiosi per il semplice fatto che non siamo musulmani».
Insieme all'Iraq l'altra grande tragedia dei cristiani orientali è nei territori palestinesi. All'inizio dello scorso secolo i cristiani rappresentavano un quarto della popolazione araba; nel 1948 erano il 20%; con l'avvento al potere dell'Autorità nazionale palestinese di Yasser Arafat nel 1994 si registra la fuga di tre quarti dei cristiani, vittime di persecuzioni e del drastico calo del tenore di vita. Ed è così che i cristiani, perfino nelle città sante cristiane, sono diventati minoranza. A Betlemme erano 185% della popolazione nel 1948, oggi sono solo il 12%. A Gerusalemme dal 53% della popolazione nel 1922, sono precipitati al 2%.Quanto al Sudan si tratta di un vero e proprio genocidio, con una sanguinosa guerra civile - scatenava dai regimi islamici di Khartum - che ha provocato l'eccidio di circa un milione e mezzo di cristiani e animisti, colpevoli di non sottomettersi alla sharia, la legge coranica. Così come fu genocidio il massacro, di 1,5 milioni di cristiani armeni in Turchia, dove oggi non rimangono che circa 100 mila cristiani. Il Libano, che dal 1840 ha registrato quattro guerre intestine a sfondo confessionale, ha visto il numero dei cristiani crollare dal 55% della popolazione dall'indipendenza nel 1932, a circa il 27% odierni. Con il risultato che rispetto al milione e mezzo di cristiani residenti in Libano, ci sono circa 6 milioni di cristiani profughi dispersi nel mondo. La situazione è molto pesante anche in Egitto, dove i copti - che rappresentavano il 15-20 % della popolazione all'inizio dello scorso secolo, oggi sono soltanto circa il 6%. La repressione e le violenze contro i copti sono esplose nel decennio di Sadat quando, alleandosi con i Fratelli Musulmani, lasciò loro mano libera nel promuovere un nefasto processo di islamizzazione forzata della società. In Siria le comunità cristiane che rappresentavano circa un quarto della popolazione all'inizio dello scorso secolo, oggi sono calate a circa il 7%.
Più in generale, in quasi tutti i paesi musulmani, dall'Algeria al Pakistan, dall'Indonesia alla Nigeria, dall'Arabia Saudita alla Somalia, i cristiani sono vittime di vessazioni e discriminazioni. E si tratta di una catastrofe per tutti: certamente per le vittime cristiane, ma anche per i musulmani che si ritrovano a essere sottomessi all'arbitrio di spietati carnefici e di tiranni che si fanno beffe della libertà religiosa. Ebbene non possiamo più continuare ad assistere inermi a queste barbarie. Ecco perché propongo di indire una manifestazione nazionale a difesa dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e altrove nel mondo, da svolgersi a Roma e che potrebbe coincidere con il 30 giugno, la festa liturgica dei protomartiri romani. Una grande manifestazione per la vita, la dignità è la libertà dei cristiani e per
il riscatto dell'insieme della nostra civiltà umana.
Magdi Allam
Corriere della Sera, 13 Giugno 2007
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Giangiacomo

Cristiani perseguitati

Sempre in Medio Oriente si sta consumando un'altra tragedia, quella dei cristiani, perseguitati e cacciati nella sostanziale indifferenza del resto del mondo.
Il coraggioso Magdi Allam - uno che quando lo leggi diventi subito a favore della clonazione - ha lanciato un appello dal Corriere: una manifestazione per i cristiani perseguitati "propongo di indire una manifestazione nazionale a difesa dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e altrove nel mondo, da svolgersi a Roma e che potrebbe coincidere con il 30 giugno, la festa liturgica dei protomartiri romani. Una grande manifestazione per la vita, la dignità e la libertà dei cristiani e per il riscatto dell'insieme della nostra civiltà umana".
www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2007/06_Giugno/13/magdi.shtml

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Giangiacomo

Situazione nella striscia di Gaza

A Gaza infuria la guerra fra le fazioni di Hamas e Fatah. Ma c'è qualcuno che si stupisce? Chi è pronto a farsi esplodere negli autobus, chi non si ferma di fronte alla mattanza di civili innocenti, chi non ha mai voluto riconoscere la legittimità dello Stato d'Israele e ha sempre dichiarato di volerne la distruzione, e di voler buttare a mare tutti gli ebrei, perchè non dovrebbe massacrare anche i non ebrei?

Questa è Hamas, ne fanno parte quelli che prendono il cuoco di Abu Mazen, lo legano mani e piedi, lo portano in cima a quindici piani e lo scaraventano di sotto. Questa è Hamas, che ha vinto le elezioni, votata dal popolo, Hamas che ha cacciato al Fatah, insieme hanno fatto 100 morti in tre giorni, e oggi c'era ancora chi cercava disperatamente di trovare un qualche tank israeliano che fosse colpevole di aver ucciso qualche palestinese, perchè si sa, i morti hanno due pesi e due misure: quelli uccisi dagli ebrei pesano molto di più di quelli trucidati dai "fratelli" palestinesi.

Questi sono quelli di Hamas, incappucciati, armati fino ai denti (ma non erano così poveri e disperati che potevano solo farsi saltare in aria, perchè avevano solo i loro corpi? abbiamo letto per mesi stronzate del genere sui giornali, e giù, tutti a crederci), che catturano i soldati di Fatah, li spogliano e li passano per le armi, impunemente.

Già c'è qualcuno che dice che la colpa è di Israele: ma certo, si ammazzano fra loro, vogliono due stati palestinesi separati, e la colpa è di Israele. Israele a cui l'Europa ha sempre chiesto di "dialogare" con Hamas, con Fatah, con tutta questa bella gente che non riesce neanche a governare la striscia di Gaza.
Ma sapete quanto misura la striscia di Gaza? 360 Kmq. Diconsi trecentosessanta Kilometri quadrati (circa 10 Km larga per trentasei lunga). Per far capire quant'è, pensate che la provincia di Terni (Terni) fa 2122 Kmq. Cioè la superficie della striscia di Gaza è circa il 17% di quella della provincia di Terni.

Non riescono a governare un territorio che è il 17% della provincia di Terni.

E chiedono più terra per farci uno stato. Da dare a chi? A loro? Sul sito del corriere della sera, leggo stupefatto che "secondo D'Alema serve innanzitutto un sostegno di carattere economico «per poter aprire una concreta prospettiva politica e la nascita di uno Stato palestinese».". Sostegno economico a chi? Uno Stato palestinese governato da chi?

La tragedia del popolo palestinese è proprio quella di non aver mai saputo esprimere una classe dirigente. E mentre la popolazione palestinese langue nei campi profughi - ostaggio di fatto di tanti "fratelli" arabi - , mentre generazioni di palestinesi hanno conosciuto solamente lo squallore e la miseria dei campi profughi, mentre miliardi di dollari hanno foraggiato capi-popolo palestinesi violenti e corrotti e interessati a tutto tranne che al benessere della propria gente, la pace in quella terra si allontana sempre più.

Qua alcuni articoli a commento della vicenda, da Il Foglio, Il Riformista, Il Giornale:
www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=20852

Per seguire le vicende di quella terra, vi segnalo il blog di Fiamma Nirenstein:
www.fiammanirenstein.com

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Giangiacomo

martedì 12 giugno 2007

Politica italiana dei giorni nostri

Lo sfascio della politica è sotto gli occhi di tutti. E non sto parlando semplicemente del governo, ma proprio della cosiddetta classe dirigente.
A sinistra i partiti si stanno letteralmente liquefacendo, ogni testa è un gruppetto, un parapartitino, una formazione, un nonsoche che si prepara a fare un nonsocosa.
A destra invece vanno forte i tacchi a spillo: la rossa Michela Vittoria Brambilla (MVB) è stata in qualche modo incoronata futura promessa di Forza Italia, in quattro e quattr'otto ha messo su un giornale e una tv. Guardate come la presentavano tre anni fa. Ora è presidente dei circoli della libertà: www.circolodellaliberta.it/chi_siamo.php
mentre Laura Ravetto, avvocato, deputato di Forza Italia e controparte bionda (come le veline) pare metta su un'università: www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=183187

Sicuramente fanno miglior figura di Mussi, Pollastrini e D'Alema messi insieme!!

Ma una domanda sorge spontanea: chi rappresentano? Cosa pensano MVB e la Ravetto, tanto per dirne una, del family day? E sulla scuola, che idea hanno? Quali progetti? Qual è l'idea di università della Ravetto? Quali sono gli snodi intorno a cui si gioca il futuro delle nostre università, secondo lei? Su cosa puntare? Cosa pensa dell'immigrazione MVB? E sulla politica internazionale, come siamo messi? E sull'economia sopratutto?

...
Il fatto è che non solo di MVB e della Ravetto, ma anche di molti altri ignoriamo le idee, e soprattutto SE hanno una qualche idea su dove si voglia andare. Proprio sulla situazione politica, un duro editoriale di oggi di Sergio Romano, sul Corriere, e anche se da tale pulpito certe prediche ci fanno ridere, questo pezzo vale comunque la pena leggerlo (titolato "Se la politica è solo potere" l'ho inserito nei commenti).

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Giangiacomo

lunedì 11 giugno 2007

Qualcuno spieghi a Woodcock che essere massoni non è reato

L’attacco del solito giudice Woodcock contro alcune espressioni della massoneria italiana - che all’inizio sembrava limitato a singole logge tutto sommato periferiche e minori - si sta trasformando, a credere a certe ricostruzioni giornalistiche, in qualche cosa di diverso. Al magistrato si attribuiscono dichiarazioni secondo cui «costituire strutture associative di tipo massonico» sarebbe di per sé un reato.
Mi occupo di massoneria dal punto di vista storico e sociologico da circa vent’anni. Come cattolico, condivido la posizione espressa nel 1983 dalla Congregazione per la dottrina della fede, presieduta dall’allora cardinale Joseph Ratzinger e con l’esplicita approvazione di Giovanni Paolo II, in una «Dichiarazione» in cui ribadiva che il metodo massonico è «inconciliabile con la dottrina della Chiesa», così che l’appartenenza di cattolici alla massoneria «rimane proibita». La Chiesa, infatti, basa la sua dottrina su dogmi e principi non negoziabili, mentre la massoneria non accetta principi dogmatici e insegna che tutto può e deve essere sottoposto alla discussione e alla mediazione. Tuttavia, altra è la critica dottrinale che la Chiesa formula nei confronti della massoneria all’interno, per così dire, di un libero mercato delle idee, e altra è l’eventuale pretesa dello Stato di vietare le «strutture associative di tipo massonico». Parliamoci chiaro: può avvenire che logge massoniche siano una semplice copertura per affari poco puliti. Questo può capitare tanto più facilmente in un paese come l’Italia dove il nome «massoneria» - a differenza di quanto avviene in Gran Bretagna o negli Stati Uniti dove è riservato dalla legge a specifiche organizzazioni - può essere ed è di fatto usato da decine di realtà diverse, alcune delle quali davvero di dubbia origine e natura. In questi casi i magistrati hanno certo il diritto e il dovere d’intervenire.
Ma, se sono esistiti massoni e logge massoniche che hanno commesso reati, essere massoni non è di per sé reato. Il modello di struttura associativa che caratterizza la massoneria - ma che si ritrova anche altrove - è stato definito dai sociologi come quello non di una società segreta ma di una società che (non importa se a torto o a ragione) si afferma detentrice di un segreto di natura iniziatica o filosofica. La sua portata da una parte è ampiamente simbolica - giacché questo cosiddetto segreto, date le dimensioni non piccolissime dell’organizzazione, è in realtà facilmente conoscibile anche dai non iniziati - dall’altra ispira una certa riservatezza. Mettere fuori legge questo modello associativo, ampiamente diffuso in tutto il mondo libero e utilizzato anche da associazioni le cui idee sono lontanissime dalla massoneria, significherebbe conferire allo Stato il diritto di sorvegliare le attività culturali e spirituali dei cittadini con un grado d’ingerenza tipico di uno Stato di polizia.
Non si deve poi neppure nascondere che, fin dai tempi della P2, abbiamo assistito troppo spesso a indagini bizzarre che distinguevano massoni «buoni» - cioè quelli impegnati politicamente a sinistra - e massoni «cattivi», che di sinistra invece non erano. Per evitare che la storia si ripeta, occorre ribadire con fermezza che si ha il diritto (se si è cattolici, anche il dovere) di criticare il metodo e le idee della massoneria sul piano della dottrina, resistendo però nello stesso tempo a uno statalismo che, quando attacca un’intera categoria di associazioni, mette in pericolo la libertà di tutti.

di Massimo Introvigne (il Giornale, 10 giugno 2007)

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domenica 10 giugno 2007

When You Say Nothing At All

Sempre dedicato ad Elisabetta
Ho ascoltato la colonna sonora di "Notting Hill" andando in auto ad Albenga Venerdì sera e...
ho scoperto il testo significativo di Ronan Keating

It's amazing
How you can speak
Right to my heart
Without saying a word,
You can light up the dark
Try as I may
I could never explain
What I hear when
You don't say a thing

The smile on your face
Lets me know
That you need me
There's a truth
In your eyes
Saying you'll never leave me
The touch of your hand says
You'll catch me
Whenever I fall
You say it best
When you say
Nothing at all

All day long
I can hear people
Talking out loud
But when you hold me near
You drown out the crowd
Try as they may
They can never define
What's been said
Between your
Heart and mine

(You say it best
When you say
Nothing at all
You say it best
When you say
Nothing at all)

The smile on your face
The truth in your eyes
The touch of your hand
Let's me know
That you need me

(You say it best
When you say
Nothing at all
You say it best
When you say
Nothing at all)

The smile on your face
The truth in your eyes
The touch of your hand
Let's me know
That you need me

(You say it best
When you say
Nothing at all
You say it best
When you say
Nothing at all)

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Giangiacomo

Un vincitore a Roma

Bush è un leader forte, che ha guidato l’occidente in una guerra giusta

Benvenuto a un presidente forte, che non avrà paura di restare se stesso fino all’ultimo giorno, e poi sarà la democrazia americana a decidere.
Bush ha vinto in Afghanistan e in Iraq, dopo il trauma dell’11 settembre. Ha portato violenza liberatoria e impegno di ricostruzione democratica dove regnava una violenza terroristica che incubava schiavitù per tutti noi.
Dopo di lui non ci sarà un presidente americano così folle da riconsegnare al radicalismo islamista armato il governo degli equilibri di forza nel grande medio oriente, dagli altopiani che fanno da corona a Kabul al triangolo sunnita intorno a Baghdad, fino alle minacce prenucleari iraniane che offendono la sicurezza di Israele.
Chi lo ha duramente contrastato ha già pagato il prezzo dell’irrilevanza, da Kofi Annan all’ex presidente francese Jacques Chirac. Nonostante le chiacchiere della nuova maggioranza congressuale democratica, le truppe, che un presidente deve avere il coraggio di impegnare quando è in gioco la sicurezza del suo paese e delle sue alleanze, resteranno dove sono finché sarà opportuno, secondo il modello storico coreano se necessario.
Questa è la vittoria strategica di George W. Bush e della sua amministrazione, aver reagito dandosi i mezzi imperiali per reagire con un uso democratico decisionista del potere esecutivo, e una simile eredità non cancella gli errori, e il costo di impopolarità di ogni grande impresa, ma li rende pressoché trascurabili.
Bush ha tagliato le tasse, e ha governato in tempi di vacche magre una crescita conquistata giorno dopo giorno nei mercati mondiali, così preziosa perché diversa dalla bolla speculativa dell’era Clinton.
La sua America ha impegnato risorse generose nel programma compassionevole di un conservatorismo liberale che trova nell’evoluzione sociale e tecnologica del paese, come ha notato Karl Rove, l’architetto della presidenza, la propria giustificazione.
Un giorno gli avversari ortodossi del big government, come gli ideologi pavidi di fronte alle repliche della realtà e della storia, neoconservatori pentiti e realisti troppo stanchi e pigri, capiranno che alla politica di Bush non c’era alcuna alternativa seria. Ma Bush e il suo magnifico staff hanno avuto anche il coraggio di portare alla Casa Bianca gli embrioni scartati, adottati e cresciuti bambini per una storica photo-opportunity.
Hanno tenuto duro sui fondi federali per le staminali embrionali, fino a farsi dare ragione non soltanto dall’umanità ma anche dai progressi della scienza, che non ha bisogno se ben guidata di sacrifici umani. Hanno intaccato il tabù dell’aborto vietando la tortura del feto attraverso la tecnica barbarica della nascita parziale.
Hanno punito i secondini sadici di Abu Ghraib. Hanno costruito una Corte Suprema che non si farà dettare le sentenze dall’ultimo numero del New Yorker, e cercherà di fare cultura e costume attraverso una nozione severa del diritto costituzionale.
Hanno continuato a cambiare l’America, un processo lungo, quello della right nation, cominciato tanti anni fa, e che è destinato a continuare come una grande ondata di rivoluzione politica, forte delle ragioni profonde della cultura e della fede di un popolo pioniere, anche con (eventuali) future presidenze liberal.

da Il Foglio, 9 Giugno 2007

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Lo sfregio di Prodi

Cacciare il comandante della Gdf per evitare un voto, brutto precedente

Romano Prodi ha chiesto al vertice dei segretari dei partiti della maggioranza il mandato per chiudere la vicenda che ha al centro le polemiche sulle pressioni che il viceministro Vincenzo Visco avrebbe esercitato l’anno scorso per far trasferire alcuni ufficiali della Guardia di finanza dalla sede milanese.
Il modo che ha seguito per sciogliere, o per cercare di sciogliere, il nodo è un esempio da manuale di come non si deve comportare un uomo di stato. L’interesse pubblico in questa vicenda è evidentemente quello di fare chiarezza, in modo da fugare la sensazione che un importante membro del governo abbia usato di delicatissimi poteri per una meschina vendetta di partito, oppure che il massimo esponente di un corpo dello stato, il comandante generale delle Fiamme gialle, Roberto Speciale, abbia mentito ai magistrati per danneggiare il suo superiore politico.
L’interesse di Prodi, invece, era solo quello di evitare il rischio di una sconfitta nella votazione delle mozioni sulla vicenda nella seduta del Senato di mercoledì prossimo.
Naturalmente l’interesse politico del presidente del Consiglio ha prevalso sull’interesse pubblico, e così si è imposto a Visco di rinunciare “spontaneamente” e soprattutto temporaneamente alla delega sulla Guardia di finanza, dandogli “in cambio” la destituzione, ovviamente del tutto immotivata, del comandante generale delle Fiamme gialle.
Così con un atto di prepotenza senza precedenti (e che non è escluso che faccia la stessa fine della destituzione del rappresentante del Tesoro nel consiglio Rai, sospeso da una delibera del Tar) che suona oltraggio a un corpo dello stato, si è bilanciata una rinuncia richiesta a Visco che, se ingiustificata, è altrettanto arrogante.
Che cosa ha guadagnato Prodi da questo blitz? Forse la sicurezza di non andare in minoranza tra dieci giorni. Ma nella maggioranza oggi tutti sanno che basta che mezza dozzina di senatori minaccino la dissidenza perché Prodi sia costretto a operazioni al limite dell’incredibile.
E’ un esempio che, è facile prevederlo, troverà molti imitatori. Quello che bisognerebbe evitare è che per evitare di cadere nelle numerosissime trappole che si stanno apprestando sul suo percorso finale, Prodi produca altri danni istituzionali.
Destituire il comandante generale della Guardia di finanza per recuperare due o tre voti al Senato è un esempio di questi sfregi alle istituzioni che potrebbero, anch’essi, ripetersi.

da Il Foglio, 2 Giugno 2007

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venerdì 8 giugno 2007

Chi è l'autore di "Sex Crimes and the Vatican": Colm O'Gorman, un senatore omosessuale bocciato dagli elettori irlandesi

Colm O’Gorman, l’autore del documentario Sex Crimes and the Vatican sui preti pedofili che si è fatto notare per i suoi interventi esagitati ad Annozero, è stato presentato da Michele Santoro come un coraggioso giornalista che da bambino è stato vittima di abusi da parte del famigerato prete pedofilo irlandese Seán Fortune. Come tale merita certamente comprensione e simpatia, anche se Fortune si è suicidato nel 1999 prima del processo, e manca dunque a rigore un accertamento giudiziario del ruolo preciso di O’Gorman in queste tristi e tragiche vicende. Santoro, tuttavia, ha commesso qualche peccato di omissione nel presentare Colm O’Gorman, che è anzitutto un militante omosessuale e un uomo politico. Il più antico rotocalco gay irlandese lo presenta come un gay politician, un “politico gay”.
Il 3 maggio 2007 è stato nominato membro del Senato irlandese dal Primo Ministro,
ed è tuttora senatore. Il Senato della Repubblica d’Irlanda non è eletto dal popolo, e O’Gorman fu nominato dal premier Bertie Ahern, del partito Fianna Fáil, che aveva allora bisogno dei Democratici Progressisti, il partito di O’Gorman, come partner della sua coalizione. Alle elezioni del 24 maggio 2007 per il Dáil Éireann, cioè la Camera dei Deputati, i Democratici Progressisti hanno avuto risultati disastrosi, passando da otto a due seggi.
Nelle stesse elezioni politiche gli elettori irlandesi del collegio di Wexford hanno mostrato che cosa pensano di O’Gorman – che, secondo una prassi comune in Irlanda, si è candidato al Dáil Éireann pur essendo senatore e senza doversi dimettere dal Senato – infliggendogli una sconfitta davvero imbarazzante. O’Gorman
ha raccolto solo 2.162 voti, pari al 3,2%. Resta senatore – una carica, ripetiamolo, non elettiva – ma ha dovuto rimettere nel cassetto i sogni di farsi eleggere come deputato.
Per finire – o per riassumere – una domanda: se anziché come “coraggioso giornalista della BBC” Santoro avesse correttamente presentato O’Gorman come “un senatore gay irlandese che ha appena subito un’umiliante sconfitta elettorale” l’effetto sarebbe stato lo stesso?

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giovedì 7 giugno 2007

Cattolici in campo per l'Italia, il nuovo movimento di Pezzotta

Una minestra riscaldata?
Un quinto polo? prima o poi banderuola-mastella, georgeclooney-casini, harrypotter-follini, si dovranno prima o poi mettere d'accordo!
un altro sindacalista che si ricicla in politica: Cofferati, D'Antoni e molti altri!

Savino Pezzotta lancia un suo "movimento para-politico" per dare voce ai cattolici in politica, visto che i Popolari dando vita al Partito democratico hanno posto fine "alla storia del cattolicesimo in politica". Il nuovo movimento darà voce al popolo del Family day, e non si occuperà solo di temi bioetici ma di tutti le questioni che stanno portando il paese al declino: dalla riforma elettorale a quella istituzionali, fino al nuovo welfare. La sfida è stata lanciata durante un convegno organizzato dai Teodem con alcuni organizzatori del Family Day, che hanno tutti sottolineato la difficoltà del centrosinistra e del Pd a sintonizzarsi con questo popolo. Fino alla lapidaria frase di Andrea Riccardi: "la luna di miele con Prodi è finita". Il portavoce dei Teodem, Enzo Carra, entra subito "in medias res": il Family day, domanda, deve diventare un soggetto politico? Alcuni degli organizzatori della manifestazione del 12 maggio, come Andrea Olivero, presidente delle Acli, Salvatore Martinez, coordinatore di Rinnovamento dello Spirito, Riccardo Bonacina, direttore di "Vita", rispondono chiaramente "no". Il popolo del Family day, spiega Olivero, "va guardato non solo come una riserva etica, ma anche civile. E' un offerta fatta a tutti coloro che vogliono confrontarsi, non solo ai cattolici". Giuliano Ferrara tenta di smuovere le acque: "i cattolici sono a disagio in questo sistema bipolare", e chiede che "si dia rappresentanza a quella maggioranza nata sulla legge 40 sulla procreazione", e scesa in Piazza a San Giovanni. Il direttore del Foglio chiede anche che "questa rappresentanza mantenga un raccordo con i gruppi laici interessati a un ruolo civile del pensiero religioso". E Ferrara invita pure a "una battaglia culturale interna al mondo cattolico", quella con i cattolici democratici. Andrea Riccardi, leader della comunità di S. Egidio, coglie la provocazione. Il popolo del Family day "é una realtà che i politici cattolici, specie quelli 'adulti' - dice alludendo a Prodi - credono di conoscere. Ma non è quello con cui sono partiti negli Anni Settanta o Ottanta". "Nel centrodestra - ammette Riccardi - si è capito di più l'importanza dei valori per la gente". Quanto al Centrosinistra "forse con il primo Prodi, quello dell'Europa e dell'Euro, c'é stato un momento di luna di miele, ma è finita. E ora questo popolo non è attratto dal Pd". Il motivo? "il laicismo che ha scaldato la platea del congresso Ds a Firenze". Comunque il popolo del Family day non si tradurrà in un partito: "dovrà essere un lievito di un soggetto sociale che vuole creare spazi nuovi". Arriva il turno di Pezzotta: il Family day, spiega, è l'espressione "del sentire della società italiana che non emerge mai e che la politica fa fatica a capire". L'ex leader della Cisl sembra smentire le aspettative di un annuncio che poi invece arriverà, quando dice di lasciare il proprio ruolo di portavoce del Family day. "La mia carriera l'ho già fatta - dice - non sono un condottiero con l'esercito della piazza di San Giovanni". Quello che occorre fare è "favorire il ritorno in campo della dimensione dei cattolici" di fronte alla crisi della politica e al "fallimento della seconda Repubblica". Così come nel dopoguerra i cattolici con la Dc "costruirono la democrazia per tutti", allo stesso modo oggi "possono farsi carico di ridare speranza a un paese in declino". L'agenda indicata da Pezzotta è ricchissima: riforme istituzionali, nuova legge elettorale per superare l'attuale "autoritarismo elettorale", riforma del welfare e temi bioetici. "Con il Pd - ha aggiunto Pezzotta - finisce la storia del cattolicesimo politico perché in esso i Popolari hanno rinunciato alla propria identità, scegliendo invece il meticciato". "Non penso a un partito - ha quindi spiegato - ma a un movimento para-politico che tenga in piedi questa tradizione. Credo che ci sia la necessità di un movimento che tenga viva questa storia - ha concluso - perché è utile non tanto ai cattolici quanto al paese". Il ministro Beppe Fioroni, in prima fila non crede alle proprie orecchie: "Savino si è spiegato male: così tradisce la propria storia e si ritorna al 'non expedit'. Ma c'é Clemente Mastella che annuncia che alla festa dell'Udeur di Telese "ci saranno anche gli amici promotori del Family day".

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Vogue Usa lancia la “tendenza-Lapo”

Il patinato mensile arriva addirittura a definire il rampollo l’uomo meglio vestito al mondo

È “tendenza-Lapo”: Vogue America, la bibbia della moda, ha incoronato il rampollo di casa Agnelli definendolo “l’uomo meglio vestito del mondo”. Lo si apprende dal sito style.com, che anticipa l’articolo in uscita sul patinato mensile.
A
Lapo è dedicato un servizio realizzato dal fotografo Mario Testino a Rio de Janeiro. Al suo fianco, la modella Doutzen Kroes, che indossa una serie di costumi da bagno firmati da diversi stilisti. Il nipote prediletto dell’Avvocato è ritratto invece con gli occhiali da mille euro di Italian Indipendent (la linea di oggetti di lusso da lui fondata) e degli abiti personali, alcuni dei quali ereditati dal nonno.
L’articolo incorona il 29enne Lapo come l’uomo più elegante e degno erede di Gianni, di cui nel testo si parla diffusamente. Il Lapo-style viene descritto come un sapiente cocktail di sartorialità da vecchio gentiluomo sdrammatizzata da un piglio contemporaneo, quello dei colori e dei tocchi casual-sportivi che ci siamo abituati a vedere nel suo guardaroba.
Nel loft newyorkese del giovane Agnelli, in cui è stata fatta l’intervista, non ci sono maggiordomi e lui stesso serve il caffè al giornalista. Al posto delle valigie, zaini militari: “Non credo nel lusso imposto – si spiega Lapo – il lusso di massa non è il mio lusso”. Sarà…


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mercoledì 6 giugno 2007

Il j'accuse di Padoa Schioppa

un rapido riassunto dell'intervento del Ministro Padoa Schioppa al Senato per la vicenda Visco, il golpe Visco.

Gestione ''opaca'' e ''personalistica'' della Guardia di Finanza, mancanza di lealta' nei riguardi dell'autorita' politica: questo il ''j'accuse'' del ministro del Tesoro Tommaso Padoa-Schioppa in Senato nei riguardi dell'ex generale della Guardia di Finanza Roberto Speciale. Il piglio del titolare di via XX Settembre, che ha giocato in attacco e non in difesa, ha spiazzato la Cdl che ha reagito con una rumorosa contestazione al ministro, il quale non ha mancato di rintuzzare con un paio di brevi ma sferzanti battute.
Padoa Schioppa e' partito con un tono basso dicendosi consapevole del ''grave passo'' compiuto con la sostituzione del comandante delle Fiamme Gialle. E poi e' passato a sottolineare ''la legittimita' sostanziale e formale'' dell'atto del governo. L'obiettivo dell'avvicendamento, ha spiegato, e' quello di ''ridare serenita' e fiducia al corpo della Guardia di Finanza'', elementi che sono venuti a mancare invece proprio per i comportamenti del generale Speciale. E qui e' iniziato l'atto di accusa di Padoa-Schioppa.
La prima ''manchevolezza'' da parte di Speciale e' stata ''l'assenza di una comunicazione serena, di trasparenza, di prudenza e di riservatezza'', fino all'''inammissibile'' decisione di far sentire con il viva-voce le telefonate di Visco ai suoi collaboratori. Insomma da parte dell'alto ufficiale sono ''venute meno le regole etiche e deontologiche''.
Questa ''mancanza di lealta''' verso l'autorita' politica si e' manifestata anche nelle sue affermazioni sulle minacce subite da parte Visco: ''Minacce che - ha detto il ministro - se fossero state vere avrebbero dovuto essere denunciate subito''.
''Il nesso con Unipol e' inesistente - ha insistito Padoa Schioppa - e se ci sono prove in contrario si producano e le prenderemo in considerazione''.La seconda ''manchevolezza'' attribuita all'ex comandante delle Fiamme Gialle e' quella piu' inaspettata alle orecchie dei senatori. Il ministro ha accusato Speciale di una gestione ''opaca e personalistica'' del personale della Gdf, con un uso disinvolto di trasferimenti, premi, encomi. il ministro ha citato il caso dell'aiutante in campo del generale Speciale, che ha al suo attivo ''un numero rilevante di encomi'' nonostante ''penda sul suo capo un procedimento per falso''.
Due volte Padoa Schioppa ha replicato alle contestazioni della Cdl: ''So che gli italiani - ha detto verso la fine - sentono la mia voce e non questi schiamazzi, per questo continuo'': parole che hanno sollevato un vero boato dai banchi del centrodestra. E il ministro ha voluto anche dare una lezione di dottrina politica alle opposizione: ''La' dove sono i generali o i colonnelli a determinare la sorte dei governanti e non viceversa siamo fuori della democrazia e dalla Costituzione''.

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